Trucioli

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Savona alle urne e memoria storica. La ‘mistificazione dell’appartenenza’ addirittura rievocando Sandro Pertini


 In una fase di transizione come quella che la nostra Città sta attraversando, anche in previsione delle prossime elezioni comunali, il tema della memoria storica assume una grande importanza al fine di contribuire a far sì che si assumano corretti orientamenti collettivi.

di Franco Astengo

La memoria non può essere forzatamente arruolata all’interno di un qualche schieramento politico. Così come non può essere oggetto di strumentalizzazione di parte la rievocazione dei personaggi che, nel passato, hanno contribuito alla crescita economica, culturale, di coesione sociale della nostra Città e soprattutto sono stati protagonisti della fase di ricostruzione dalle macerie della guerra,

Fatta salva la constatazione di limiti e contraddizioni che hanno attraversato l’intera storia dell’amministrazione cittadina la differenza tra il periodo compreso tra il 1945 e il 1993 e quello successivo dal 1998 ad oggi, almeno dal punto di vista del riferimento politico – culturale rappresentato dalla conduzione del Comune di Savona, può essere riassunta come residente nella concezione dell’interesse generale e nella differenza di rapporto con gli interessi costituiti dalle diverse corporazioni, non soltanto imprenditoriali.

Nella diversità di opinioni politiche, di strumentazione culturale, di impegno professionale e sociale gli esponenti delle più importanti attività cittadine (dall’industria al commercio, dalla sanità alla cultura) esercitarono il confronto dialettico del loro tempo proprio all’interno di quel quadro di “concezione dell’interesse generale” cui si è fatto cenno.

Il governo della Città fu assicurato, per la gran parte di questo periodo, dalla sinistra e segnatamente dal PCI rappresentante diretto della classe operaia e dei portuali in una situazione fortemente contraddistinta dalla presenza dell’industria.

Alla base del percorso di ricostruzione stava però l’afflato unitario realizzato con la Resistenza tra comunisti, socialisti, cattolici, azionisti: quell’afflato, nella durezza della lotta politica del dopoguerra, resistette e permise di fare in modo che tutti contribuissero alla Ricostruzione.

Una città capace di coralità “alte” come nella fase della difesa delle fabbriche e nella resistenza al terrorismo.

Ciascheduno dei protagonisti del passato deve quindi essere collocato con esattezza nella dimensione del suo percorso di vita sul piano culturale, politico e sociale e non può essere “assegnato” ad una parte attraverso un criterio di “mistificazione dell’appartenenza” (come è accaduto recentemente al proposito – addirittura – della rievocazione di Sandro Pertini).

La memoria storica di una Città come la nostra non può essere oggetto di forzature propagandistiche.

Un libero confronto su ciò che è stato deve servire per porre al centro un’idea di rafforzamento della democrazia nella Città.

La Città resta il luogo in cui si elaborano ( e si irradiano) le idee, i costumi, i nuovi bisogni: tanto più che stiamo vivendo un’epoca nella quale l’emergenza sanitaria ha stravolto canoni consueti, abitudini, stili di vita consolidati nella realtà delle relazioni umane.

La Città deve però rimanere il prodotto più sofisticato dell’attività umana, un insieme di storia e di divenire: una luogo di relazioni e di integrazione e soprattutto un luogo di contraddizioni e di conflitti.

Anche qui a Savona, nella lontana periferia dell’Impero, non possiamo dirci estranei ai fenomeni più profondi e radicali della modernità.

La nostra storia però non ci permette di fermarci alla crisi e alla trasformazione del modello culturale “classico” nel senso dell’anonimato, della non appartenenza, della solitudine, di una frustrazione che diventa senso comune di invivibilità e estraneità.

Appare allora fondamentale rievocare fatti e persone che vissero e operarono in una Città nella quale si accompagnarono, nelle difficoltà di un secolo e nelle temperie di un drammatico dopoguerra, sviluppo, emancipazione, urbanità.

Abbiamo un’urgenza: essere migliori del nostro tempo.

Franco Astengo

L’AGENDA DI MARCO RUSSO /

SABATO 26 GIUGNO ORE 17 c/o la SMS Fornaci – Serenella – Corso Vittorio Veneto 78 – Savona.

Al centro della discussione l’affinamento del nostro documento “Savona 2021 – Visione e Progetto” anche in relazione con la “AGENDA” presentata dal nostro Candidato Sindaco Marco Russo come base programmatica per le elezioni comunali che si svolgeranno all’inizio dell’autunno.

Inoltre sarà necessario sottoporre alla più ampia discussione pubblica possibile anche la forma che potrà essere assunta nel caso di una presentazione elettorale da svilupparsi nell’ambito della coalizione democratico – progressista e del documento unitario sottoscritto il 14 giugno scorso da “Il rosso non è il nero”, Sinistra Italiana, Rifondazione Comunista, Rete a Sinistra, Linea Condivisa, Europa Verde – Verdi, da parte di quante/i si sono riconosciuti, in questi mesi, nel lavoro svolto attorno ai contenuti del Progetto.

Inutile sottolineare l’importanza dell’incontro di sabato prossimo. In attesa di incontrarvi di persona ricordo l’elenco nominativo dei primi firmatari del documento “Savona 2021 – Visione e Progetto”.

Primi Firmatari : Sergio Acquilino, Renato Allegra, Franco Astengo, Alba Barabino, Marina Bertolini, Maria Bolla, Monica Bonifacino, Maria Gabriella Branca, Michele Brosio, Giovanni Burzio, Maria Teresa Carbone, Gabriele Catalano, Daiana Cauteruccio, Gianni Cazzola, Alberto Delfino, Mirella De Luca, Fulvio De Lucis, Irma Dematteis, Franca Ferrando, Antonio Ferro, Biagio Giordano, Jacopo Marchisio, Mimmo Marchisio, Bruno Marengo, Emanuela Miniati, Mario Noberasco, Francesco Pisano, Pino Raimondo, Donatella Ramello, Adalberto Ricci, Claudio Tagliavini, Giancarlo Torello, Sergio Tortarolo, Antonio Vallarino, Dilvo Vannoni, Mario Vignola, Maria Rita Zanella.

LE RUSPE

di Franco Astengo

Il Comune di Savona ha mandato le ruspe per segnalare la “banalità dell’indifferenza” nell’applicazione di un regolamento che si vorrebbe come razionalizzazione per quella “legge ed ordine” un tempo patrimonio dei benpensanti. Forse non c’entra neppure la prossima campagna elettorale e la voglia di spargere un po’ di populismo esorcizzante per una raccolta di consenso a buon mercato.

Nell’epoca della complessità si è inteso sottolineare soltanto la paura del “diverso”, l’allontanamento di uno spettro, la forzatura nella collocazione di un segnaposto. Tocca adesso alla “Città Silente” considerarsi non semplicemente attorcigliata alle cifre del deficit di bilancio ma di dimostrarsi capace di pronunciarsi nella difficile ricerca della dimensione degli “altri”.

Di fronte a ciò che è accaduto non si tratta di esercitare la “pietas” ma di trovare nell’analisi del nostro vivere comune la risorsa morale per proclamare una necessaria “diversità”,logicamente contrapposta a una troppo facilmente reclamata “normalità” di cui le ruspe sono figlie legittime. Sappiamo che sarà complicato proclamare noi stessi “diversi” ma sarà necessario farlo. Ben oltre la ricerca, nel frangente, delle possibili soluzioni tecniche di “riduzione del danno”.


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F.Astengo

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