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Savona al voto: la coalizione dominante e l’aggiustamento di tiro. Le comparazioni


Voto Savona 2021: coalizione dominante, opinione, scambio. L’analisi del voto savonese sviluppata dal momento dell’elezione diretta del Sindaco (legge 81/93) ad oggi, in previsione del turno elettorale che dovrebbe svolgersi in primavera, indica la necessità per gli eventuali candidati alla carica di primo cittadino di ricostituire un blocco elettorale guardando soprattutto alla perdita complessiva di voti validi fatta registrare in questi 27 anni.

di Franco Astengo

La sfida elettorale vinta dall’ing. Francesco Gervasio, fratello muratore in loggia, con il il dr. Aldo Pastore (foto archivio trucioli.it e scattata dal compianto fotografo Salvatore Gallo)

In una città rimasta sostanzialmente stabile dal punto di vista della popolazione residente i voti validi nell’elezione del Sindaco e del Consiglio Comunale sono progressivamente discesi dai 47.707 del 1994 ai 30.204 del 2016: in tutte le 5 tornate seguite a quella nella quale era stato eletto Francesco Gervasio il calo è stato costante. Nel 1998, 41.119 voti validi; 2002, 38.191; 2006, 35.522; 2011, 34.292; 2016, 30.204.

Naturalmente si è progressivamente abbassata la quota di voti necessaria per eleggere il Sindaco/a, salvo che nell’occasione del 2006: una crescita dovuta, in quella circostanza, ad un fatto tecnico, considerato che le altre candidature si erano numericamente ridotte a 2 (ed entrambe collocate sullo stesso versante politico – programmatico).

Andando per ordine:

1994: Francesco Gervasio eletto con 22.761 voti al ballottaggio (al primo turno 22.507) superando Aldo Pastore con 20.246 voti al ballottaggio (20.665) al primo turno. Erano presenti altri 4 candidati che raccolsero 4.615 suffragi.

1998: Carlo Ruggeri eletto al primo turno con 21.683 voti (meno 1.078 rispetto a Gervasio’94) superando lo stesso Gervasio fermo a 15.246. Gli altri 4 candidati assommarono 4.190 voti.

2002: Carlo Ruggeri eletto al primo turno con 19.915 voti (un calo di 1.668 preferenze rispetto a quattro anni prima. Poi Ruggeri non completerà il mandato). Cuneo, candidato del centro destra, si fermò a 11.675 voti perdendo, rispetto a Gervasio’98, ancora 3.571 voti). Erano presenti altre 6 candidature (un record) raggranellanti 6.661 voti, con un indice di dispersione nella media.

2006: Federico Berruti eletto al primo turno: la candidatura fa registrare un’inversione di tendenza. Il candidato del centrosinistra raccoglie infatti 21.142 voti (1.227 in più di Ruggeri’02). Si registrano, in questo caso, due elementi: la riduzione nel numero dei candidati a 2 con complessivamente 2.032 voti (inalterato l’indice di dispersione) mentre rimane pressoché inalterata la quota della candidatura di centro destra (Delfino) con 11.338 voti. In questo caso si può dire che la riduzione nel numero delle candidature abbia evidentemente premiato il centro sinistra.

2011: Conferma al primo turno di Federico Berruti con 19.886 voti (un calo di consensi, nei 4 anni, di 1.256 unità) e drastico ridimensionamento della candidatura di centro destra (Marson) con 8.978 voti. Cominciava a mordere, anche a Savona, la frantumazione del sistema politico. In lizza c’erano altri 5 candidati che raccolsero complessivamente 5.422 voti.

2016: Il sistema politico savonese mostra davvero segni di sfrangiamento che vanno in parallelo al declino della Città. I voti validi si riducono a 30.204 e al ballottaggio Caprioglio e Battaglia ci vanno con un patrimonio complessivo di 17.639 voti, entrambe al di sotto di quota 10.000. Anche la candidatura 5 stelle tocca i 7.583 suffragi: le tre principali candidature assommano quindi a 24.322 unità con un indice medio di rappresentatività complessiva inferiore al 50%. Al ballottaggio le contendenti salgono complessivamente a 23.980 voti (Caprioglio 12.842; Battaglia 11.138) con l’indice al di sotto del 50%. Di conseguenza il sindaco di Savona nel 2016 è stato eletto con meno di un quarto dei voti sull’intero corpo elettorale.

Ai candidati che saranno in lizza in questo 2021 tocca quindi il compito prioritario di risollevare l’indice di rappresentatività.

Savona è stata retta a lungo da una “coalizione dominante” capace di superare una storica divisione centro/periferia (ben attiva durante la lunga fase del sistema dei partiti e dell’elezione del sindaco in consiglio comunale) e di sfruttare al meglio il peso elettorale residuo che nonostante la chiusura dei partiti di massa è stata per un certo periodo ancora utilizzata da eredi più o meno impropri.

Non a caso l’elezione di Gervasio nel 1994 fu dovuta principalmente alla inedita collocazione del Partito Popolare in alleanza con Lega e Forza Italia: esperimento poi rimasto senza seguito.

Successivamente gli eredi del PCI, partito egemone dal dopoguerra e fortissimo nelle periferie operaie, con un’abile combinazione di interessi immediati di natura imprenditoriale emersi nella fase di transizione della Città nella fase post-industriale e portando avanti un intreccio tra antico voto di appartenenza e logica di scambio avevano formato una sorta di “coalizione dominante” che, pur mostrando segni di declino,era stata premiata nel 1998, 2002, 2006, 2011 con i sindaci tutti eletti al primo turno.

Una stagione che si è conclusa anche per via di ragioni non strettamente legate alla realtà cittadina (sfrangiamento del sistema politico,alta volatilità elettorale, crescita nel peso della logica del voto di scambio) e di vero e proprio esaurimento della formula “deindustrializzazione/speculazione edilizia.

Nel 2016 infatti (oltre a una debolezza della capacità delle candidature a esercitare un’adeguata attrazione su diversi settori della Città) si è avuto un vero e proprio “crollo” del sistema politico savonese, con la significativa perdita delle periferie da parte del tradizionale meccanismo di appartenenza dell’elettorato lì residente: appartenenza sostituita da una logica di “scambio” reclamante una maggiore attenzione da parte dell’amministrazione comunale.

Il senso di abbandono delle periferie (se analizziamo a fondo i dati elettorali di allora) hanno causato la richiesta di un immediato cambio di rotta e quindi dell’abbandono massiccio del tradizionale voto d’appartenenza.

Adesso è necessario un vero e proprio “aggiustamento di tiro” nel senso della ricostruzione di un blocco elettorale che racchiuda le diverse parti della città all’interno di una visione complessiva cercando di spostare la richiesta di immediata corresponsione a determinati bisogni (anche corporativi) a una domanda di “progetto” che richiede un richiamo ad un consenso di opinione progressivamente radicato nella realtà di Savona.

Si tratta, prima di tutto di un compito di carattere culturale complesso da affrontare per gli eventuali candidati/e tanto più che, nel frattempo, è emersa una difficoltà di presenza dei corpi intermedi. Sarà utile quindi analizzare anche il percorso elettorale compiuto dalle singole forze politiche nel corso di questi anni, ma ci sarà l’occasione per farlo in seguito.


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F.Astengo

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