Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Vado Ligure. Un’insegna seminascosta e bizzarra. Un medico a tavola in riva al mare: Il Gagollo ovvero il tornasole dello spirito


È uno di quei posti che dipende da quando ci vai, con chi vai, che umore hai. Se ci vai un mezzogiorno di maggio col sole e un po’ di vento, sarai felice.

di Paolo Geraci

Vado Ligure, un allegra esibizione ripresa da una foto d’archivio

Se ci vai una sera d’agosto affollatissima e sgangherata, sarai nervoso, soprattutto se qualche commensale non è pronto all’impatto traumatico. Se quella sera di agosto, poi, l’equipaggio “napoleonico” (la citazione completa è qui censurata) è in ammutinamento, allora sarà meglio scappare o praticare gli esercizi di rilassamento ben noti ai seguaci dello yoga.

Il nome di questo posto è Il Gagollo, termine dialettale savonese con cui si indica un mollusco di mare, il Bolinus Brandaris o Murex Brandaris, cioè il Murice spinoso, che ha tanti nomi quanti
sono i porti dall’Adriatico al Tirreno. È un cosiddetto “ittiturismo” dove in teoria mangi quel che è stato pescato durante l’uscita in mare di ipotetici turisti accompagnati da professionisti delle onde. Ma di questa fase di approvvigionamento non so nulla e neppure mi sono mai informato; sul menu sta scritto che il pesce è freschissimo, mai surgelato, e viene da questo lembo di mare.
Eccone il racconto, frutto di numerosissime visite in ogni circostanza e con diverse compagnie.
C’è forse un po’ di narcisismo in quell’omone grande-panza, grande barba grigia, braghe multicolori, occhiali multipli da prof., modi spicci e burberi da uomo di mare che si schernisce dietro uno snobistico fare da intellettuale scapigliato. Conoscendolo si coglie, ben mascherato, un abbozzo di sorriso ironico quando il burbero fulmina un cliente pignolo o tontolone. Si diverte, insomma, come un consumato attore sul palcoscenico.

Emilio Scarsi l’eccentrico ristoratore di successo

Emilio si chiama. Emilio Scarsi. Un nome che evoca una strada antica, la via Aemilia Scauri che, giusto un secolo prima di Cristo, arrivava proprio qui a Vada Sabatia prima di inerpicarsi sui valichi dell’Appennino verso Dertona.

Iddu, il nostro Emilio, non è loquace, se non quando è ispirato e con le persone che gli aggradano. Un viaggiatore con il nord Africa nel cuore. Mauritania, Marocco, tra il nomadismo e il sedentario (Scaglione 2019). Sembra il capo, “quale è e fu”. Intorno a lui un piccolo stuolo di donne e ragazzi. Agili, pronti a guizzare tra i tavoli sconnessi.

Un cartello azzurro fissato con mollette in zona cucina avverte: «Coop di pesca Il Gagollo”: se trovate le nostre collaboratrici poco accomodanti è perché ancora non conoscete il presidente [l’Emilio, appunto] e le cuoche. Si avvisa la spett.le clientela che non facciamo conti separati o alla romana!»
Su ogni tavolo una tovaglia di carta da pacchi, un tempo ingentilita con un disegno, fatto dalla più artista delle giovani, di un pesce con il numero del tavolo e il nome della prenotazione. Ora non serve più perché al tavolo ti conduce – come nei ristoranti stellati – l’addetta alla rustica “reception”, che potremmo chiamare (l’ossimoro è inevitabile!) “accoglienza gagollesca”.
Si deve prenotare, possibilmente con un whatsapp che riceverà conferma. È sempre strapieno per cui in estate e di venerdì o sabato sera bisogna farlo con larghissimo anticipo. Vige un democratico ordine cronologico che si ritrova, un po’ più confuso, al momento delle ordinazioni, curate personalmente dal gigione burbero che interroga i presenti: “chi è primo?”.
Il consiglio è di arrivare presto (la sera, massimo alle 20). Il parcheggio si trova a levante della spiaggia in uno spiazzo enorme predisposto per ospitare i grandi numeri dei croceristi. Sempre
libero, gratis dopo le 20. Se si tarda ai tavoli, si aspetta un po’ e l’olio di frittura è passatello. L’ambiente è quello di una spiaggia libera tra l’Aurelia in alto e il mare che sta al suo ineccepibile livello. A ridosso del muro lato Aurelia sta una spianata di cemento, un baracco che fa da cesso (quest’anno – miracolo – c’è anche la luce funzionante), sotto la scala d’accesso in metallo (cesso, accesso, che meraviglia!). Un altro, più grande e aperto, sul lato opposto, fa da cucina. Da un lato – tra la “sala da pranzo open air” e il cesso, una catasta di sedie ripiegate e adagiate, pronte per l’uso. Non c’è silenzio né scroscio di onde; la spiaggia è larga e l’acqua è a una trentina di metri. I tavoli sono di plastica o, sgangherati, di legno; idem le sedie. Alcuni fortunati hanno una panca a disposizione: che è – o forse era (non ho controllato perché cerco di evitarlo) – un asse di legno appoggiato su due sassi e instabile, ma nelle palestre di città si paga per esercizi di equilibrio: qui solo due euro di coperto.

Emilio è cartesiano nel suo fare e nel suo dire: l’acqua è gasata ma non minerale (come scritto sul foglio del menu è depurata, carbone + u.v.), il vino è quel che sembra perché i gusti sono
soggettivi. Un po’ di filosofia etico-naturalista e un bloc-notes di carta sostituito, negli ultimi anni, da un tablet che trasmette in tempo reale la comanda. Su questo l’Emilio è implacabile.
Se una tavolata tentenna o qualcuno si mostra desincronizzato sull’avanzare degli ordini, si mostra visibilmente alterato. È una recita, ovviamente, a uso dei clienti che lo sanno. Ma quelli che non lo sanno o che sono sprovvisti del minimo sense of humor «s’incazzano» come i Francesi nel Bartali di Paolo Conte. E giù improperi su Tripadvisor!
Emilio è onesto e rigoroso: quando gli gira, avverte che le porzioni sono abbondanti e non si deve esagerare. L’antipasto misto comprende sugarelli, peperoni, tomini e acciughe, cavalla o spada sott’olio (eccellenti entrambi). Una porzione può bastare per due. I primi sono trenette o trofie o tagliolini con pesto, con ragù di pesce, con bottarga: non so dire della qualità (da anni mi astengo) ma
anche qui le porzioni non scherzano. Il fritto misto – che forse è il top delle preferenze – consiste in una montagna di pesce (tra cui gamberetti, polipetti, acciughe) di solito ben fritto: una porzione può bastare per due. Le patate fritte – quando la cucina è in vena – sono strepitose, tagliate a dischetti sottilissimi e croccanti come quelle dei sacchetti industriali (il che sembra un paradosso, ma non lo è). Anche il misto ferri non scherza, sempre che i cuochi e l’olio siano in forma. Pochi vini evocativi del pensiero anarcoide dell’Emilio. Per esempio un vino rosso di origine piemontese, che il Che du belìn, etichetta “Libertario anarchico”. C’è anche un brut pas dosè (direi fuori luogo, ma a Emilio, che si proclama astemio, deve piacere). In lista anche la mitica e obsoleta spuma al cedro o all’arancia: qui siamo al narcisismo puro. E l’anarchico attempato che riposa in me confessa che – festeggiando spesso il compleanno a queste tavole con amici fedelissimi e sciure un po’ viziatelle – si porta da casa (previo consenso esplicito dell’Emilio) già refrigerate le sue bottiglie di bollicine garantite. E la serata è salva.
Il conto che – come mi piace ricordare– è la somma delle parti (mica per niente i Francesi lo chiamano l’addition) lievita facilmente se si esagera. Facilmente si arriva ai cinquanta euro, e oltre.
E allora perché ce lo consigli, o incauto turlupinatore?
Perché a me piace, anche quando non è la sera giusta. E poi, al momento del conto, la musica anni ’60 che l’Emilio attinge dalla sterminata play-list è così ammaliante che non guardi proprio
la somma, perché sono i Pink Floid o Peppino di Capri che fanno la differenza. E se, qualche volta, l’Emilio è assente per motivi suoi, ci manca… pensate un po’… ci manca. In fondo, la Callas e Pavarotti non hanno mai dato buca alla Scala. E l’Emilio perché sì?
Il mare sta là in fondo e commuove la vista al pensiero di altre acque e di un altrove vissuto e imminente. Una barca sulla spiaggia ricorda che qui si pesca e si è pescato. Le navi attraverso la linea dell’orizzonte scura tra cielo e mare, che sono bianchi, fanno pensare a viaggi e ad approdi non lontani.
E Il Gagollo che fa? Che dice? Tra un piatto rovesciato, un gabbiano – forse “Riccardo” – che aspetta gli avanzi, ti regala un po’ di serenità. E la Citrosodina non servirà a farti dormire beato sognando la prossima volta. Eccovi servito il mio parere su questo posto controverso che riceve pareri controversi sulla cloaca di Tripadvisor.
Ebbene vi dico: questo posto è il tornasole dello spirito. E chi ha la puzza sotto il naso e i pensieri cupi è bene che stia alla larga. Alla larga, alla larga e vada su da Claudio, che troverà un altro tipo di narcisismo, in grado di ribaltare l’umore con un po’ più di salamelecchi e forse anche di palanche. Qui è tutto – in senso etimologico e filologico – straordinario (extra ordinarium) ed eccezionale nel senso di eccezione rispetto agli altri.

Paolo Geraci

Nota di Trucioli. Paolo Maria Geraci medico, già rianimatore all’Irccs San Matteo di Pavia; da pensionato scrittore e studioso. Resterà negli annali la sua ‘enciclopedia’ ricca di storia, racconti, curiosità, usi, costumi, aneddoti, centinaio di personaggi noti o sconosciuti ai più. “Loano Isola del Ponente’, due tomi di oltre mille pagine, dal Ponente Ligure al Levante, da Genova, al Piemonte, all’Italia e all’Europa dei secoli passati. Un’opera documentata di facile lettura o consultazione. Anche per conoscere le nostre origini tra etnie, ceppi, tribù. Disponibile nelle librerie di Loano, Albenga e acquistabile direttamente dalla casa editrice.

2/ERA L’15 LUGLIO 2012- IL SECOLO XIX-Gli rubano l’iPhone, lo trova grazie al Gps.

Emilio Scarsi esultante nella foto del Secolo XIX del 15 luglio 2012

Savona – «Noi pescatori ormai siamo sempre più tecnologici, ma se ho recuperato il mio iPhone devo ringraziare quel genio di Steve Jobs che ha ideato questo gioiellino e le sue straordinarie applicazioni». A parlare è Emilio Scarsi, titolare della Coop di pescatori “Il Gagollo di Bergeggi, mentre impugna, felice, il suo iPhone che solo pochi giorni fa gli era stato rubato.

«A un certo punto – racconta Scarsi – non trovavo più il telefonino, ma grazie a un’applicazione che mi consente di rintracciare il mio iPhone mi sono accorto che era ad Albissola e che stava viaggiando in direzione Genova: a quel punto, visto che il mio cellulare non è in grado di camminare da solo, ho capito che me lo avevano rubato».

Scatta così un inseguimento culminato a Genova, a Fegino, dove i ladri sono stati braccati dalla polizia e il prezioso iPhone è stato recuperato e restituito al legittimo proprietario.

«Probabilmente – ha detto Scarsi – i ladri avevano mangiato qui, nel mio ristorante, ma ormai, non sono più arrabbiato, mi sento solo di consigliare a tutti di installare questa applicazione che, come ho visto, può risultare utilissima anche come antifurto».

 


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P. Geraci

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