Trucioli

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Peagna: Santa Maria Belfiore non è un lager. Una brutta storia smentita da Cooperarci! Scoop di SavonaNews: 40 diseredati in sciopero della fame


“Peagna, 40 giovani in sciopero della fame”. La cooperativa: “Sediamoci attorno a un tavolo e parliamone”. Da quasi 10 giorni i  migranti di molteplici etnie ospiti della struttura di accoglienza di Peagna (Ceriale) sono in sciopero della fame. I più “vecchi” (metaforicamente) sono presenti nel complesso di Santa Maria Bel Fiore dal 2015, qualcuno dal 2016, per la maggior parte dal 2017. C’è una ragione dei tempi lunghi ? Chi deve provvedere ? La rappresentanza più numerosa proviene dalla Nigeria, ma anche dal Senegal, Gambia, Bangladesh, Ghana, Pakistan, Mali. Leggi anche: Peagna ieri e oggi, i ricordi di un cronista e l’ultimo addio a Mauro Merlino, il gigante buono, morto a 96 anni.

SAVONANEWS A FIRMA DI ALBERTO SGARLATO – 2 MARZO 2021 –

Il cartello della protesta appeso all’ingresso del complesso Santa maria Bel Fiore di proprietà della Diocesi di Albenga Imperia dato in affitto pluriennale, con obblighii, alla cooperativa savonese Cooperarci

La notizia ci giunge dal Coordinamento Antifascista Savonese, che spesso si è occupato di collaborare con questi ragazzi, organizzando ad esempio delle lezioni di lingua italiana. Ci spiegano dal Coordinamento Antifascista: “I quaranta ragazzi sono ospiti di una struttura alberghiera che dispone di una cucina professionale da 40 metri quadri e di una sala per la consumazione del cibo da 200 metri quadri. Spazi vasti che consentivano loro di evitare ogni forma di assembramento nella preparazione dei loro pasti. Ora, invece, è stato negato loro l’accesso alle cucine con motivazioni che noi del coordinamento non riteniamo plausibili”.

Proseguono nella spiegazione dal Coordinamento Antifascista: “Intanto è stata eliminata loro la colazione e non capiamo perché. Poi arriva loro un unico pasto giornaliero al mattino che devono farsi bastare per pranzo e cena. Inoltre non avendo accesso alle cucine non è possibile alcuna modalità di conservazione. Nei giorni scorsi abbiamo avuto delle temperature miti, quando arriveranno i primi caldi primaverili, come si conserverà quest’unico pasto dal mattino alla sera senza accesso a un frigo?

Inoltre sono passati dalla gestione della cucina ad avere a disposizione due soli microonde (poi scesi a uno) per scaldare i pasti. Questo sì che genera assembramento, perché si formano code lunghissime. Da oltre 4 mesi gli ospiti della struttura hanno ravvisato una graduale e drastica riduzione dei pasti, con la soppressione graduale anche del pane e della frutta e con ritardi nella consegna del pocket money, indispensabile per le piccole spese di coloro che sono in cerca di occupazione. Inoltre talvolta devono acquistare di tasca loro coperte e lenzuola e spesso non viene fornito, all’arrivo, nemmeno il kit di accoglienza che comprende prodotti igienici di immediata necessità, come bagnoschiuma, shampoo, spazzolino e dentifricio”.

Spiegano dal Coordinamento Antifascista Savonese: “Siamo seriamente preoccupati per la salute di questi ragazzi. Molti di loro lavorano in campagna e percorrono decine di chilometri in bicicletta con tante ore di fatica sulle spalle e senza niente nello stomaco”.

Noi di SavonaNews abbiamo presenziato a una vera e propria “tavola rotonda” in struttura (gli ampi vani ci hanno concesso di rispettare il massimo distanziamento, indossando tutti la mascherina). Erano presenti un portavoce per ciascuna etnia, una rappresentanza del Coordinamento Antifascista e alcuni esponenti di Cooperarci, nella figura di un delegato appositamente giunto da Savona e tre operatori della struttura. I ragazzi ospiti del centro ci hanno mostrato una vaschetta di riso bianco, una latta di fagioli e una di tonno, spiegandoci che questo è il razionamento che ricevono quotidianamente e che, attraverso lo sciopero della fame, si stanno rifiutando di mangiare. I giovani ci parlano anche di altri disagi: come il mancato accesso a cure mediche e odontoiatriche (un ragazzo ci mostra la gengiva dopo essersi estratto un dente da solo per il dolore insopportabile), i malfunzionamenti alle docce (ci spiegano in inverno di scaldare l’acqua per lavarsi – quando hanno accesso alle cucine – o, in alternativa, di fare la doccia fredda) e il fatto che talvolta siano costretti a ricorrere al loro pocket money (75 euro mensili complessivi su card prepagata) per comprare beni di prima necessità, come abbigliamento, scarpe, ricariche telefoniche e accessori per la camera. Infine i ragazzi denunciano di essere stati apostrofati in tono minaccioso: “Qui sei ospite, se non ti va bene così te ne vai”.

I ragazzi hanno prodotto una lettera con le loro esigenze, firmata da tutti gli ospiti della struttura. “Siamo assolutamente unanimi e compatti nelle nostre richieste”, ci spiegano. E conclude il Coordinamento Antifascista: “Il problema dei pasti, emerso adesso, è solo una punta d’iceberg di una vicenda che evidentemente ha troppi aspetti pregressi che meritano chiarezza. E non crediamo che i ragazzi avrebbero attivato misure estreme come uno sciopero della fame o la richiesta di incontro con un giornalista in modo superficiale, se non ci fosse del vero malessere. Abbiamo raccolto la lista delle loro richieste e l’abbiamo consegnata all’avv. Alessandra Ballerini. Chiederemo in tempi brevi un incontro con il Prefetto di Savona, con il sindaco di Ceriale e con il neo-insediato Comandante della stazione dei Carabinieri per accertarci che si ponga fine a ogni eventuale situazione di disagio, che riguardi il cibo, il vestiario, le cure mediche o qualsiasi altra cosa”.

SECCA REPLICA DI COOPERARCI PUBBLICATA SEMPRE DA SAVONANEWS:

ABBIAMO AFFIDATO AD UN LEGALE LA NOSTRA TUTELA. CI SONO GLI ESTREMI DELLA DIFFAMAZIONE ?

La prima delle tre foto diffuse da Cooperarci

“Apprendiamo per mezzo stampa, di pesanti accuse rivolte alla Cooperaci, in qualità di Ente gestore del centro collettivo di accoglienza di Peagna, rivolteci da parte degli ospiti del centro e da esponenti del coordinamento antifascista savonese. Ci preme sottolineare che la Cooperarci ha già provveduto ad avviare le azioni opportune, tramite il patrocinio di uno studio legale, per tutelare la professionalità della cooperativa e degli operatori. Ciò premesso cerchiamo di fare chiarezza sulle questioni che ci vengono contestate: In data 23/02/2021, dopo aver dato comunicazione agli organi competenti, abbiamo iniziato a veicolare i pasti ai beneficiari della struttura di Peagna da una cucina accreditata che ci fornisce l’intera giornata alimentare. Tutti gli utenti erano già stati informati del cambiamento in data 06/02/2021 proprio per dar loro tempo e modo di abituarsi.

Dal 01/01/2021 abbiamo sottoscritto un accordo quadro con la Prefettura di Savona a seguito del bando pubblicato sul sito del Ministero (tra l’altro aperto a tutti — essendo appunto un bando pubblico) il 24/06/2020. Il capitolato di gara prevede che, per i Centri Collettivi, i pasti vengano: O preparati in struttura da personale qualificato in possesso dell’idoneità all’attività di ristorazione, O veicolato e trasportato in idonee vaschette monoporzione a sigillatura ermetica da una cucina accreditata con le già esposte qualifiche. In un modo o nell’altro comunque gli utenti non potrebbero più accedere alle cucine.

A seguito di questa premessa vogliamo semplicemente ribadire che tutto è comprovato da bolle, fatture, registri erogazione firmati dagli stessi utenti e da foto che avremmo preferito non dover mostrare. In data 01/03/2021, gli operatori in struttura hanno partecipato ad una riunione organizzata da una rappresentanza di beneficiari, un giornalista e una rappresentante dell’associazione, riunione che era stata organizzata all’ interno della struttura, e quindi in proprietà privata, senza nessun preavviso e senza alcuna autorizzazione, da parte dei responsabile del centro, che avrebbe dovuto consentire l’ingresso in struttura da parte di persone esterne. A quel punto gli operatori presenti hanno ritenuto necessario partecipare, visti i toni molto aggressivi sia verbali che fisici di alcuni beneficiari: un utente ha lanciato letteralmente una scatola di fagioli addosso a un operatore. Venendo alle questioni che ci vengono contestate proviamo a rispondere punto per punto:  “è stata eliminata la colazione”… La colazione è un pasto essenziale e, non solo non sarebbe umano privare chiunque a prescindere del colore della pelle ,ma come già più volte ribadito abbiamo tutte le bolle di consegna delle stesse. La colazione è organizzata con la distribuzione della stessa da parte degli operatori periodicamente, come è stato anche comunicato tramite circolare appesa in bacheca, che purtroppo è stata strappata dai beneficiari più volte riappesa dagli operatori. 

Continuiamo… “un unico pasto al giorno” abbiamo tutte le bolle di consegna a prova che vengono erogati 2 pasti al giorno entrambi contenenti primo e secondo. La scelta del menù è differente per il semplice motivo che le abitudini alimentari sono differenti e abbiamo optato per seguire la linea che richiedevano gli stessi beneficiari quando facevano la lista per le derrate alimentari. Se vogliono cambiare menù siamo assolutamente a disposizione a fare le modifiche che preferiscono e glielo abbiamo più volte comunicato. 

“Come si conserveranno i pasti dal mattino alla sera senza accesso a un frigo?” in struttura c’è un frigo ogni 3 beneficiari. Direi che non serve aggiungere altro su questo punto. “Due soli microonde” questo è vero e ci siamo resi disponibili a implementare il numero se necessario ma continuando con le accuse che ci sono state mosse: “poi scesi a uno”, sono scesi a uno per il semplice motivo che l’altro è stato rubato. Ci siamo già recati c/o la stazione dei carabinieri e ci hanno dato appuntamento il 04/03/2021 per sporgere formale denuncia…verso ignoti ovviamente. 

“Negli ultimi 4 mesi vi è stata una drastica riduzione del cibo consegnato” … il cibo è stato ridotto in base al numero di ospiti che sono usciti durante il periodo; inoltre più di una volta gli operatori hanno trovato alcuni ospiti del centro con borsoni pieni di derrate alimentari che passavano ai loro amici fuori dal cancello. Ovviamente è sempre stato segnalato tutto tramite comunicazioni ufficiali agli organi competenti. “Soppressione graduale del pane e dello frutta”… ribadiamo quanto riferito in merito all’ erogazione delle colazioni.  “i beneficiari devono acquistare di tasca loro coperte e lenzuolo e non viene nemmeno fornito il kit dei prodotti igienici come bagnoschiuma, shampoo, spazzolino e dentifricio”: premesso che di tutto abbiamo il registro erogazione controfirmato per ricezione dai beneficiari; inoltre tutti gli effetti letterecci vengono consegnati a richiesta e per quando riguarda il kit igienico vi è un erogazione costante e mensile a tutta la comunità. 

“Mancato accesso o cure mediche e odontoiatriche… Un ragazzo si è estratto un dente in autonomia per il male.” leggendo accuse e diffamazioni di questa portata rimaniamo veramente sconcertati. Ogni ragazzo è iscritto al sistema sanitario nazionale e ha il suo medico curante; ogni ragazzo ha la sua cartella medica costantemente aggiornata; ogni ragazzo riceve farmaci necessari e visite specialistiche dietro, ovviamente prescrizione medica; il tutto con registri erogazioni sempre controfirmati.  “i beneficiari sono costretti a ricorrere al loro pocket-money per comprare beni di prima necessità come abbigliamento, scarpe, ricariche telefoniche e accessori per la camera” come accessori per la camera non capiamo sinceramente a cosa si riferiscano mentre per quanto concerne il kit di primo ingresso (vestiario e scheda telefonica) viene erogato, come da definizione e come da capitolato, al primo ingresso. 

Concludendo non intendiamo assolutamente dire che non ci possano essere criticità dovute alla gestione di un servizio così complesso, amplificate anche dalla situazione pandemica, ma come qualunque altra realtà odierna. Siamo disponibili, come sempre, ad affrontare problemi e cercare di risolverli, ma senza minacce, violenza o atti intimidatori e denigratori nei confronti della Cooperarci e degli operatori operanti nel servizio, che svolgono ogni giorno il proprio lavoro garantendo a tutti i beneficiari tutti i loro diritti e anche però cercando di far rispettare le regole della Struttura. Perché di regole si tratta: non di “sfruttamento, schiavismo o ghettismo”.

Queste sono accuse molto gravi e assolutamente non appartenenti alla Cooperarci che da anni lavora con serietà e professionalità nell’ambito dell’ accoglienza. Queste accuse sono puramente strumentali. Non si può solo dire vogliamo e dovete… dove possiamo provvediamo molto volentieri; ma dove ci sono delle regole e delle normative si devono seguire.  Alla presente si ad allegano 2 tipi di foto: le prime 2 inerenti ai pasti pronti per l’uscita; le altre, scattate tutti i giorni dal 23/02/2021 che documentano la quantità di cibo buttata e sprecata. 

Concludendo la Cooperarci si confronterà, da subito, con gli organi competenti per dimostrare la professionale e corretta erogazione del servizio. Non accettiamo accuse infondate e strumentali che sono solo finalizzate a screditare il lavoro della Cooperativa e degli operatori per ottenere qualcosa che la Cooperativa non può erogare, come l’auto preparazione dei pasti da parte dei beneficiari. La modalità di erogazione pasti utilizzata viene fatta a tutela e nel rispetto delle norme oltre che delle persone ospitate. Perché alla fine è di rispetto che tutti parlano. Ma il rispetto deve essere reciproco”. 

PEAGNA SEMPRE PIU’ ‘FORESTA’ E CON GLI ULTIMI TESTIMONI STORICI –

DUE SETTIMANA FA, L’ADDIO A MAURO, IL DECANO E UN TEMPO GIGANTE BUONO

A LUI SI RICORREVA QUANDO BISOGNAVA FAR RICORSO ALLA SUA GRANDE FORZA DI BRACCIA E SCHIENA

E’ la frazione dove solo un manipolo di persone può  ancora raccontare gli anni lontani, la sua storia bellica, tra una dignitosa miseria, sacrifici e privazionI per far crescere i figli con il duro lavoro, il sudore nei campi, operai nella ‘Terra Rossa’  di Acconero (poi Rossi), si scavava e il materiale finiva sui treni merci diretti a fabbriche di mattoni in Francia. Una frazione di oneste famiglie e laboriose, dei primi pastori transumanti dalle Alpi Marittime. Per la storia il primo nucleo fu la famiglia Pelassa (in frazione Ranzi di Pietra Ligure, poi a Toirano, quinsi a Peagna dove arrivarono i Dolla e i Dani dall’alta Val Tanaro brigasca).

Don Pietro Menini era un peagnolo purosangue

La fede, tanta fede. Un parroco peagnolo purosangue (don Pietro Menini). Un solo campo da bocce, ricavato lungo una stradina pubblica, come svago maschile domenicale.  L’acqua potabile solo alla fontanella nella piazzetta davanti la chiesa parrocchiale. Il lavatoio (troggiu) di Anthia dove si lavavano i panni e un’altra parte era abbeveratoio per ovini. Il ‘bucato si faceva nel grande tino, con la cenere riscaldata. La stufa a legna per riscaldarsi nelle giornate invernali e autunnali. Il forno a legna in ogni casa per in pane, le torte di patate o di bietole, quelle dolci solo nella ricorrenza di Pasqua, Natale e del Santo Patrono, San Giovanni Battista. E molte famiglie (183 abitanti nel periodo più popoloso) avevano il frantoio e il torchio, la bestia da soma, perlopiù mulo, bue o asino, utilizzati anche per arare campi coltivati ed oliveti.

La maestra delle elementari arrivava da Loano, in pullman fino a Ceriale e a piedi fino a Peagna, venti minuti a passo lesto, con il bel tempo, ma anche con le burrasche di pioggia e vento,  durante le rare nevicate. Il giorno più solenne, con l’infiorata del paese, su strade e pareti, dove si snodava ala processione del Corpus Domini. Preghiere e canti, paramenti solenni, le Figlie di Maria e la Confraternità di San Giovanni, le tuniche e i copricapo (rosa per le pie donne). Alla Messa domenicale non mancavano cantoria e chierichetti. I giorni con la chiesa più addobbata erano nella ricorrenza della Settimana Santa. Le famiglie concorrevano portando fiori e vasi, petali. Nel triduo pasquale i bambini suonavano la troccola, la corda delle campane restava legata. A San Giovanni l’usanza e tradizione del gran falò in strada, per la notte di San Pietro, il bianco d’uovo fresco di giornata si trasformava in un recipiente di vetro in ‘barca’ filata del Santo primo discepolo di Cristo: ‘Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa…’ Quel cantico latino si imparava a memoria: “Tu es Petrus. Et super hanc petram aedificabo ecclesiam meam. Et portae inferi non praevalebunt adversus eam….”.

La festa di popolare era quella della Madonna delle Grazie, nella vecchia e piccola chiesetta, la festa radunava migliaia di fedeli dall’intero comprensorio e almeno cinque parroci oltre al predicatore che spesse veniva da fuori, ma ricordiamo con nostalgia quel sermone di don Morchio, origini a Pieve di Teco, una sacerdote santo anche senza l’onore postumo degli altari. Ora a poca distanza sorge il santuario voluto da Don Gerini, oltre 60 anni nella sua Peagna, lui originario di Vessalico, gran economo diocesano, sepolto nella tomba del camposanto di Ceriale con i genitori.

Peagna, la povera cucina dei primi pastori della Valle Arroscia (Mendatica) che giunsero a Peagna: sulla bandia nella casa du Finun, poi dal 1926 nell’edificio della famiglia genovese Girardenghi che non l’ha mai abitato, ma lo ebbe in eredità. I coniugi Pietro Pelassa (sette anni di fanteria al fronte della prima grande Guerra) e Francesca Porro, soprannominati Peantugnin e Cicchetta. Un nipote è Luciano Corrado, unico giornalista professionista della storia del paesino. Che ebbe anche un sindaco democristiano a Ceriale, Carlin Vacca; un comandante dei vigili urbani a Borghetto S.S. Modesto Costa. Le altre famiglie di pastori transumanti erano i Dolla (due figlie e un figlio) e di Angelo Dani e Pasqualina Pastorelli, origini a Viozene, Upega e Carnino. Lui era famoso perchè con le sue mani riusciva a mitigare le ‘storte'(slogature) agli arti o alla schiena, ‘toglieva’ l’insolazione acuta. Lei protagonista in un articolo scritto in terza pagina dal Secolo XIX  dall’inviato speciale Riccardo Badino e che fu ripreso da altre pubblicazioni, dal titolo’ Là dove volano le aquile…’. Peagna ebbe anche un giovane direttore alla Banca Popolare,  Giampiero Rosso.

Come dimenticare gli anni in cui a Peagna, non accadeva di rado, arrivasse da lontano un povero, quasi sempre sull’imbrunire. E tutti lo indirizzavano a raggiungere la parte alta dove abitava una famiglia di pastori (Casa Girardenghi) di Mendatica: Peantugnin e Cichetta. C’era sempre un piatto di pastasciutta per pranzo e di sera il minestrone, formaggio nostrano, pane casalingo, mezzo litro di vino. E poi il giaciglio nel fienile in legno, nel soppalco della stalla di ovini e caprini. Dove ora è stata ricavata la biblioteca. Cichetta che di buon mattino presto col il secchio sul capo, avvolto da una sciarpa a corona, pieno di latte fresco, raggiungeva una latteria di Ceriale. Un appuntamento per 360 giorni l’anno. E spesso un canestro tenuto al braccio con il formaggio, la ricotta o la quagliata.

Come dimenticare i peagnoli che hanno fatto fortuna: si sono trasferiti nella fertilissima pianura, tra Ceriale e Albenga. Dai campi a cielo aperto alle prime serre in legno per primizie. Qui operava il primo (e più intraprendente)  grossista di frutta e verdura di ceppo locale (Costa u Merlettu). Comprava nelle campagne e raggiungeva ogni mattina all’alba il mercato all’ingrosso dell’ortofrutta di Alessandria.

Con la fine degli anni ’50 l’arrivo di una giovanissimo parroco (don Gerini), ricchissimo di idee ed impegno, risultati per la parrocchia e comunità, quasi un collante sociale che si è andato disgregando fino ai nostri giorni. Addio tradizioni, peagnoli della vecchia guardia addio, ci si ritrova e non sempre al camposanto per la

Aldo Valgiraldo (1924-1988) tra i mitici personaggi, emigrato in Francia tornò a casa e si fece una nomea perchè camminava senza scarpe in ogni condizione, sulle spine come sui carboni accesi. Un nipote Ivo è stato presidente della Coldiretti cerialese e consigliere comunale dimissionario per protesta alle promesse non mantenute dalla allora giunta comunale

ricorrenza dei morti o un funerale. Una società senza vasi comunicanti, senza un catalizzatore che faccia tesoro degli insegnamenti dei nostri antenati. Quando non c’erano neppure i balocchi e le bambole erano realizzate  mano con semplici avanzi di lana, cottone, lino. Quando il primo svago era il gioco a nascondino. Nel periodo pasquale si raccoglievano le ‘purasse’ che compravano ambulanti che veniva da fuori ed utilizzate per colorante. In primavera ragazzi e ragazze raggiungeva la valle di Ibba, la parte bassa, per raccogliere le primule, ma anche scavare con  le mani o lo ‘zappino’ alla ricerche di pregiate conchiglie marine, un cimelio da portare a casa.

Al punto che solo domenica scorsa, in mattinata, da ex peagnoli, abbiamo incontrato a Ceriale un conoscente. “E’ vera la storia dei migranti in sciopero della fame..tirano la cinghia e non solo…”. Risposta fino a prova contraria sincera: “Non ho saputo nulla, ormai i peagnini sono in estinzione e ci si incontra raramente…..perchè non telefoni all’assessora che abita a Peagna….!”. E un paio di giorni prima al Mercatò di Ceriale, un extracomunitario che stazione all’ingresso, a domanda di come si sta a Peagna… Finge di non capire, pare imbarazzato, non ci conosce e teme… …’…io Peagna… non parlare, non capisco…’. Per chi ci aveva scambiato ? Col senno del poi e dopo a notizia letta dallo scoop di SavonaNews,  viene un dubbio. Meglio l’omertà e non rischiare ?

Ma gli abitanti del paese sapevano ? Ignoravano ?  Qualche telefonata via cellulare: lo apprendiamo solo dal tuo messaggio. Chi sapeva invece ha miseramente taciuto ? Eppure è una comunità (la maggioranza è foresta, ma non straniera) che, al di là della fede politica, non è mai apparsa ostile alla convivenza multietnica e  umanitaria anche se non sono mancate, negli anni, alcune lagnanze e problematiche, soprattutto quando il complesso di Santa Maria Bel Fiore (fondato da don Angelo Denegri)  era più affollato. Frequenti ricambi di ospiti, chi rincasava nella notte, saltando i recinti del grande parco. Qualche schiamazzo, il sospetto della droga. Mai un episodio di razzismo, ma civili rimostranze, in passato, per tramite l’Amministrazione comunale. E persino ad una rimpatriata serale agostana, con la cena in piazza ‘fai da te’, erano presenti extracomunitari che cooperavano.

Peagna che il 20 febbraio, nel Santuario della Madonna della Grazie, ha celebrato il funerale del suo figlio decano (il più longevo nei nostri ricordi), il galantuomo per antonomasia: una vita di lavoro e dedizione alla famiglia, risparmi, Mauro Merlino, a sua volta immigrato dalla cittadina di Garessio (CN), 96 anni, che prima aveva perso l’unico e adorato figlio (vedi articolo di trucioli del 21 settembre 2017….), Nico e poi la fedele moglie Delina. La famiglia abitava nella vecchia ex canonica nel vecchio centro del paese. Mauro è stato l’uomo più alto e forte del paese. Lascia un nipote (Andrea), un pronipote (Dominik) e la nuora (Maristella) che l’ha assistito con amore. Senza dimenticare la compagnia di un compaesano delle Muragne, ora nel ‘regno’ di Peagna (nella casa che fu della nonna una pia donna benvoluta da tutti) il mitico Franco Costa.

Per noi, ultimi testimoni di una Peagna che non c’è più, ormai in attesa dell’ultima ‘chiamata’, restano i ricordi, quelli dell’infanzia soprattutto. La conta di chi c’era e chi è rimasto. Il pensiero ai nostri avi che non ci avrebbero voluti così divisi, incomunicabili, travolti da una civiltà che conosce il progresso e la corsa al denaro. E nella tomba tutti ci accomuna.  (Luciano Corrado)

Mauro Merlino, con la cappa della Confraternita di San Giovanni Battista, al camposanto per la sepoltura di Giampiero Rosso, stroncato da infarto, da poco tempo pensionato, funzionario di banca stimatissimo

 


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