Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

Settimanale d’informazione senza pubblicità, indipendente e non a scopo di lucro Tel. 350.1018572 blog@trucioli.it

Halloween e cristianesimo di oggi
Un obiettivo unico: indurre la massa anonima e pecorona a spendere, spendere


Il numero scorso di trucioli.it conteneva notizie di cronaca, da varie località, dal mare ai monti del ponente ligure e Basso Piemonte (vedi…..) sul prorompente boom dei festeggiamenti in onore di Halloween. In passato coinvolgevano giovani da discoteche. Ora siano arrivati ai bambini  degli asili, ai ragazzi delle elementari e medie. Alle famiglie, perlopiù giovani coppie con papà e mamma travolti dalla psicosi del ‘macabro’. Manifesti promozionali, pagine pubblicitarie di giornali cartacei e on line,  manifesti con simbologia di chiese e campanili, croci e brividi. Consumismo senza freni ? Con quale risultato educativo ? Formativo ? E di fronte a esibizioni provocatorie di simboli religiosi. I valori dei cattolici si portano avanti con Halloween ? Abbiamo chiesto ad un sacerdote progressista della nostra Liguria una sua riflessione. Halloween nei giorni in cui si ricordano i defunti e si visitano i camposanti.

di Paolo Farinella, prete

Uno dei tanti manifesti che per Halloween utilizza il simbolo di chiede, campanili e croci, evento riservato a bambini e ragazzi dai 6 anni.

Il culto dei morti è antico quanto l’umanità. Fin dalla preistoria è stata la prima forma di religiosità, all’inizio inconscia, poi via via sempre più consapevole, man mano si sviluppava l’evoluzione e quindi la comprensione della connessione tra eventi, fatti, circostanze, persone, prima e dopo la morte. Seppellire i morti è sempre stato un atto di «píetas», intriso del desiderio di riunirsi ai propri «avi». Nessuna civiltà, finora conosciuta ne è immune. La commemorazione dei defunti sopravvive alle epoche e ai culti, all’ateismo e all’indifferentismo: dall’antica Roma alle civiltà celtiche, dal Messico alla Cina, dalla notte dei tempi fino ad oggi; in questi giorni i cimiteri diventano luoghi di mesto pellegrinaggio, di visite alle tombe, ovunque con un solo obiettivo: consolare in qualche modo le anime dei defunti perché proteggano al vita dei viventi sulla terra. Con il passare del tempo questa ricorrenza, come sempre avviene nelle tradizioni umane, diventò un momento pagano, senza alcun riferimento religioso, espressione di esorcismo delle paure che il lungo inverno con il suo messaggio di morte porta con sé.

Fin dalle origini, la liturgia cristiana è anche una ripresa di riti e culti preesistenti, adattati alla propria teologia. Il 13 maggio del 610, per celebrare la memoria dei cristiani ammazzati per la fede, papa Bonifacio IV istituì la solennità di Tutti i Santi, nella speranza di integrare e assorbire il culto pagano dei morti che aveva grande influsso sui cristiani. Nell’835 Papa Gregorio II (669-731) o Gregorio III (731-741) spostò la ricorrenza dal 13 maggio al 1° novembre, pensando in questo modo di dare un nuovo impulso alla ricorrenza ormai divenuta pagana. Il suffragio dei morti, nasce in oriente nella Chiesa di rito bizantino; tale ricorrenza veniva celebrata nel sabato precedente la domenica di Sessagesima (prima della riforma liturgica del concilio Vaticano II, si chiamava così la domenica che precede di due settimane la Quaresima), che cadeva in un giorno compreso tra la fine di gennaio e la metà di marzo. In occidente, invece, la ricorrenza ha origini monastiche. Nel 998 Odilòne, abate di Cluny, fissava al 2 novembre nel calendario monastico la commemorazione di tutti i monaci defunti: le campane dell’abbazia dovevano suonare con rintocchi funebri dopo i «Vespri» del 1° novembre, e l’Eucaristia del 2 novembre doveva essere celebrata «pro requie omnium defunctorum». Lentamente il rito si estese a tutta la Chiesa e in modo ufficiale la ricorrenza apparve nel Messale Romano nel sec. XIV. La possibilità concessa ad ogni prete di celebrare in questo giorno tre messe, nel 1748 e fino al 1915, era riservata alla Spagna; dal 1915 Benedetto XV la estese a tutta la Chiesa universale.

In epoca contemporanea, la morte è banalizzata e rimossa dalla convivenza, come se fosse un fatto inevitabile, ma staccato dall’ordito della vita. La conseguenza è tragica: i defunti non sono più amici e protettori, ma pericolo e spiriti maligni da tenere a bada. In questo contesto è la tradizione celtica quella che meglio esprime questa realtà e può essere considerata la «madre» della restaurata ricorrenza di Halloween. Intorno al sec. V d.C. quando i Celti della Britannia e della Gallia e della Cornovaglia furono evangelizzati da San Patrizio e San Niniano, vi fu anche la cristianizzazione dei riti e delle usanze per cui si trova una ricorrenza, detta Hallowmass: Santificazione/Messa in onore dei Santi. Si vegliava nella notte per condividere la vita con martiri, santi e defunti in genere, considerati i protettori della famiglia, del gruppo, del clan, ecc.

Oggi, in epoca post-capitalista globalista, si è trasformata in un espediente economico per meglio sfruttare le paure ancestrali a scapito di una riflessione seria e spirituale sulla morte e sulla vita. Lo stesso si deve dire per la «festa della mamma» oppure della «donna», o anche «del papà» e ora anche dei «nonni». Non passerà molto che il capitalismo di mercato illiberale inventerà la «festa della zia» e via di questo passo. Obiettivo unico e assoluto: indurre «la gente», cioè la massa anonima e pecorona a spendere, spendere, spendere.

Poiché si ha paura della morte, Halloween intendeva «spaventare» i morti, in nome del capovolgimento della situazione. Per spaventare i morti ci si mascherava da santi, da angeli, diavoli, guerrieri, streghe con maschere di zucche, essiccate e svuotate, per esorcizzare la paura accendendo grandi falò che illuminavano la notte e sconfiggevano il buio, costringendo i morti a stare lontano dai «viv». In alcune zone, come in Abruzzo, in Italia, vi era la credenza che nella notte tra il 1° e il 2 novembre i morti facessero visita ai loro cari, attraversando processionalmente i loro villaggi. Anche qui s’intagliavano le zucche preparandole con candela incorporata, forse per segnalare il percorso processionale (cf Lamberto De Carolis, Bisenti, storia, leggenda, cultura, tradizioni, Ed. Edigrafital, 1970).

Da questi pochi e rapidi passaggi possiamo evidenziare che non bisogna mai fermarsi alle apparenze, ma bisognerebbe essere in grado di andare «alle origini» delle tradizioni e degli usi per capirne il senso, la trasformazione per averne insegnamento e non subire supinamente tutto quello che il mercato propina per renderci meno liberi, o meglio, «servi volontari» (Ètienne de La Boétie, Discorso sulla servitù volontaria, Jaca Book, Milano 1979).

don Paolo Farinella


Avatar

P. Farinella

Torna in alto