Quei ragazzi che vogliono imporre alla società occidentale, italiana e democratica, le loro pretese e apparenze, all’Università di Torino come altrove, a sostegno di una semplice e arretrata way-of-life, travestita subdolamente da spirito umanitario e di pace, riflettano prego su quanto segue. E così le loro famiglie e gli organismi politici.
di Sergio Bevilacqua
Dal 1095 al 1274 furono be otto le guerre organizzate contro l’Islam per la difesa della cristianità e l’identitario accesso libero alla Santa Terra di Gerusalemme e ai luoghi simbolici e reali della storia di Gesù di Nazaret (con o senza H finale, come insegna Andrea Sartori nel suo bellissimo romanzo storico su Maria, madre del “nazareno”, “La Vergine di Nazaret”, IBUC 2022).
In quelle terre, il ceppo monoteista aveva tenacemente vegetato oltre mille anni prima dell’avvento cristiano grazie alla civiltà ebraica. Il distinguo che la storia ci rimanda rispetto all’ebraismo è emblematico del senso innovativo di un legame tra Dio e Uomo, prima destrutturato ma univoco, come nella radice ebraica della Torah, del Talmud e del nostro Antico Testamento comune anche all’Islam, poi strutturato e reso solido da un progetto comune, in fieri ma articolato intorno allo sponsale evento del suo figlio fatto uomo, declamato dai Vangeli. L’ebraismo trova comunque un senso simbolico nel Cristo, e lo tratta nella sua ermeneutica, mentre il Cristo è negato oggettivamente dal Corano.
E mentre gli ebrei, segreta e fortissima linfa dell’Occidente, spinti da un escatologico istinto di sopravvivenza, seminano intelligenza (da “intelligere”, latino per “capire”) nel mondo della loro faticosa e fertilissima diaspora e, in un raccordo di realismo filosofico e pratica realizzativa, presentano all’umanità un progetto antropologico di miglioramento e cura dell’intera natura della specie, l’Islam mette il freno a mano.
Geniale la costruzione maomettana per il millennio che precede il mezzo millennio già compiuto dalla rivoluzione scientifica… Un dispositivo che Henri Pirenne qualifica con la lucidità del grande storico quando dice, più o meno, in quel libro straniante che è “Maometto e Carlomagno” che il patriarcato coranico, proprio di tutti gli islamismi (sciti, sunniti, e altri) è stata la forma più efficiente dell’umanità ginecofaga patriarcale, vera quasi fino a oggi, e ormai decisamente inaccettabile, biecamente oscurantista, palesemente violenta e intrinsecamente pericolosa e criminale.
Perché? Perché a differenza degli altri patriarcati sulla terra (tutta) quei mille (e, oggi, in più quattrocento) anni di Sharia configurano un patriarcato giudiziario, ove il potere costituito si fa carico attraverso la Legge (nel Corano, codice o ispirazione coattiva) di fare rispettare la proprietà di fatto, e di diritto in certo modo, del maschio sulla femmina. Riguardo a Pirenne sono andato a memoria, e, in fondo, è meglio così, perché la verità di quel testo è relativa, ma quanto gli attribuisco (e che Pirenne comunque sostiene…) è proprio ciò che ha voluto scrivere il grande storico francofono belga.
Ebbene, i tempi sono cambiati, e che oggi ci si dimentichi che l’Occidente da 500 anni guida il mondo, perché ha saputo superare i vincoli posti dal Potere alla Conoscenza che sempre porta turbative allo status quo, è davvero una bestemmia. E, come dice la Segre, è una bestemmia pure parlare di genocidio a Gaza. La guerra fa schifo, ma non si può accusare chi si difende da un attacco bellico multiassassino per poi fare astutamente la vittima… e sollevare così un mondo confuso e opportunista che spesso vuole solo apparire e non capisce che, se fosse per il solo Islam (con qualche modesta in fondo variazione sul tema) noi avremmo ancora le donne schiave, andremmo in calesse e baceremmo l’anello a padri di famiglia e sceicchi.
La Crociata ha senso. E dev’essere prima di tutto combattuta dentro di noi.
Sergio Bevilacqua