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Liguria e Basso Piemonte

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Quanto spendono gli stranieri in Liguria e nelle altre regioni


Un confronto tra le regioni italiane e la spesa media dei turisti stranieri sostenuta nel loro periodo di permanenza (vedi….). La Liguria è al settimo posto, prima della Campania. Complessivamente, nel 2012, il numero complessivo degli stranieri che hanno soggiornato è stato di 3.102.000, con una spesa di 797.000.000. A maggio la Regione Liguria – assessore al turismo Angelo Berlangieri, già albergatore di Finale Ligure e ex componente di giunta del centro destra –  ha stanziato incentivi  pari a 2 miliardi di euro per la qualificazione e lo sviluppo dell’offerta turistica extraalberghiera.

I soldi  pubblici sono destinati alle piccole  e medie imprese che esarcitano attività in strutture non ricettive. Dunque anche gli stabilimenti balneari l’unica vera e potente lobby che riesce a farsi ascoltare in sede locale, regionale e nazionale, in particolare dagli organi di informazione pubblici (Rai, radio) e giornali, web privati.

Ci sono numerosi stabilimenti acquistati da persone e società proventi da fuori Liguria, un investimento dunque di capitali. C’è chi sostiene, a torto o ragione, con molto nero. Infatti è stata a lungo una delle poche attività dove l’evasione era una porta spalancata.

Si entrava, ad esempio, nella proprietà di una concessione demaniale (pagate a peso d’oro), creando una società, poi chi doveva vendere si ritirava e rimaneva solo il neo acquirente. Un gioco da ragazzi ‘pro evasione’. Tra i titolari di stabilimenti ci sono stati ufficiali e sottufficiali in pensione delle Fiamme gialle, dell’Arma dei carabinieri, dell’Ufficio Imposte ed altri apparati dello Stato.  Si calcola – voce di anziano bagnino – che  solo un 10 per cento delle concessioni in provincia di Savona e probabilmente di Imperia siano gestite da unici imprenditori del settore. Visto che nelle società proprietarie figurano persino industriali del Nord, commercialisti, professionisti vari, ex artigiani piemontesi e lombardi.

Certo la crisi  mondiale e del Bel Paese pare abbia sfalfito profitti ed corsa all’acquisto della ‘gallina d’oro’, ma nel frattempo sono stati escogitati altri metodi di incasso. Affitto ed ampliamenti dei chioschi bar, creazione di zone ristoro o ristanti, qualche locale pizzeria e per lo svago.

A sentire la loro campana – peraltro legittima se non si trattasse di un bene demaniale per la Costituzione Italiana  ed Europea – si fanno tante ore di lavoro, c’è un gran numero di occupati e sarebbe una tragedia nazionale mettere all’asta le concessioni. Il solo rinvio di qualche anno, stessa fonte, avrebbe scatenato la fuga da investimenti. In pratica, dunque, come è successo per gli alloggi al mare e per il turismo straniero che si riteneva un mulino a vento senza sosta, gli stabilimenti balneari dovrebbero perdere di valore. Se qualcuno può dimostrarlo si faccia avanti e ci metta la faccia, dimostrandolo con i numeri come avviene per le agenzie immobiliari.

Dopo le gli albergatori, nel loro complesso e nella loro forza sono stati superati, dalle lobby delle agenzie, degli stabilimenti balneari, è partita la corsa al ‘turismo di quantità”, anzichè di qualità. Più gente, anche se spende meno, alla fine è il numero dello bocche da ‘sfamare’ che conta e fa la cassa vera, non quella ufficiale.

Ecco perchè hanno acquistato peso soprattutto nelle associazioni di categoria chi ha fatto o fa affari con il comparto immobiliare. C’erano presidenti, sindaci e altri che sostenevano pubblicamente: “Per fortuna che abbiamo tante seconde case, ci salvano dal tracollo delle presenze alberghiere”. Ecco il segreto del successo politico di alcuni gnomi o se volete al femminile, che ci hanno portato in tanti anni al disastro della qualità della vita in Riviera, a partire dai prezzi, ai servizi pubblici. C’è da fare un monumento ai pochissimi che ancora rischiano ed investono. E mettono a repentaglio la loro professionalità. 

(da Voce Arancio)

 

 

 


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