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Fratellanze segrete. Dottrina e catechismo rosacrociana, l’immortalità. I.N.R.I. (col Fuoco la natura interamente si rinnova e ringiovanisce). Un pontefice


IL COLLEGIO INVISIBILE DEI ROSACROCE: MORALS & DOGMA. I 5 elementi essenziali del simbolismo della Confraternita dei fratelli della Rosacroce.

di Michele Allegri

Riprodotta vi è una storica immagine rosacrociana, il frontespizio di un’edizione della Tabula Smaragdina Hermetis del 1500, con riferimenti astrologici e alchemici. Alchimia (Al-Kimiya) è una parola medievale latina di origine araba che significa “arte della pietra filosofale”. Quest’arte è nata in Egitto nel I° sec. d.C., precede la nascita della chimica moderna e si occupa innanzitutto della trasmutazione dei vili metalli in oro. Nel campo dei culti misterici e delle società esoteriche riservate però le si attribuisce anche un doppio significato, simbolico e allegorico:

  1. il neofita attraverso un cammino iniziatico di vita-morte-rinascita opera la trasmutazione di sé stesso.
  2. L’iniziato prende coscienza dell’importanza della Conoscenza e diventa un mago in grado di trasmutare la realtà fattuale che lo circonda.

Nella dottrina rosacrociana la materia prima è eterna: “nulla si crea, nulla si distrugge ma

Il caduceo del dio Mercurio

tutto si trasforma” come avrà modo di dire, in epoca illuminista, lo scienziato Lavoisier, padre della chimica moderna. Anche gli esseri viventi non muoiono veramente ma, attraverso il processo di putrefazione, si rigenerano e si trasformano. Per questo motivo, secondo la dottrina dei rosacroce, l’immortalità dell’uomo è anche immortalità della famiglia umana e del creato.

D.N.A

Il fuoco, poi, è l’elemento principe per effettuare queste trasmutazioni, gli alchimisti del rinascimento infatti dicono: “Esso si cela dappertutto, abbraccia la Natura, produce, rinnova, divide e consuma. Il fuoco, che è principio della vita, è contemporaneamente la causa operante della sua distruzione e della sua trasformazione”. Nel catechismo rosacrociano il tetragramma I.N.R.I. che fu posto dai romani sulla sommità della croce di Gesù significa Igne Natura Renovatur Integra ossia “col Fuoco la natura interamente si rinnova e ringiovanisce”. La dottrina dei Rosacroce fa propria la visione sapienziale della ciclicità e della stagionalità della materia prima, secondo lo schema ternario di vita, morte e rinascita.

Per tornare al frontespizio di questa versione rinascimentale della Tabula Smaragdina Hermetis-Verba Secretorum Hermetis (o Tavola di Smeraldo di Ermete), che è un testo sapienziale egiziano di Ermete Trimegisto per la creazione della Grande Opera alchemica, tradotto in latino nel 1250, possiamo notare alcuni elementi essenziali del simbolismo della Confraternita dei fratelli della Rosacroce:

  1. la coppia antinomica degli opposti che si attraggono cioè il sole e la luna, che riversano i loro fluidi energetici, mascolini e femminili, nella coppa del Graal, quella dell’immortalità e della vita eterna.
  2. due globi speculari.
  3. due mani benedicenti speculari, a destra e a sinistra, che spuntano fuori dalle nuvole, che rappresentano i fumi dell’opera alchemica.
  4. una catena d’unione di metallo che lega alcuni blasoni nobiliari.
  5. la presenza dei pianeti Venere e Giove, che fanno riferimento all’attività e di Marte e di Saturno che invece sono messi in relazione con la limitazione.

Tutt’attorno campeggia la scritta latina: Visita Interiora Terrae Rectificando invenies Occultum Lapidem. Visita l’interno della Terra, purificando, troverai la Pietra nascosta. Nella dottrina rosacrociana questa frase spesso si presenta sottoforma dell’acronimo V.I.T.R.I.O.L. che fa riferimento al vetriolo, l’acido che dissolve la materia.

La pietra da trovare, nascosta nelle viscere della Terra, là in basso, nelle profondità più oscure, è la Pietro Filosofale che altro non è che la celebre Lapis Excillis, la pietra caduta dal cielo che il cavaliere Perceval “cerca” nei suoi viaggi interminabili, così come è raccontato nei romanzi medievali della letteratura del Graal. Per trovare la Pietra della conoscenza o Graal, infatti, il cavaliere deve compiere un percorso astruso, un cammino iniziatico impervio, disseminato di ostacoli che lo portano dall’oscurità della terra alla luce della conoscenza, secondo lo schema delle tre fasi della Grande Opera alchemica: Nigredo, Albedo e Rubedo.

L’autore della tavola smeraldina, l’egiziano Ermete Trismegisto, letteralmente tre volte grandissimo, è figura primaria di riferimento per la Confraternita dei Rosacroce. Egli fu sacerdote, scriba, profeta, filosofo, legislatore, re, mago, alchimista ed esoterista di somma levatura. Ed è proprio seguendo le orme di Ermete, protettore delle arti e delle scienze, che i fratelli della Rosacroce si dedicarono allo studio profondo dell’astronomia, dell’astrologia, dell’aritmetica, della geometria, della chimica, della medicina sviluppando contemporaneamente la pratica della magia e la contemplazione delle filosofie mistiche, ermetiche, soprattutto quelle cabalistico-ebraiche.

Si pensi per esempio all’opera inglese Chymical Collection, una serie di opere sull’alchimia pubblicate nel 1650. Nel frontespizio del primo libro è presente un’immagine che riproduce “l’albero cabalistico della vita”, la Sephirot: nella parte destra ci sono oggetti in rapporto all’attività militare, nella parte sinistra oggetti per le attività intellettuali e nel corpo centrale oggetti dei principi religioso-esoterici. In alto gli immancabili opposti che si attraggono, il sole e la luna con la presenza del dio Mercurio con in mano il caduceo: i due serpenti che si baciano, attorcigliati intorno ad un bastone, simbolo dell’arte medica e farmacologica. Nel pensiero gnostico egiziano, i serpenti erano simboli della conoscenza e non certo della malizia! Sarà un caso ma il caduceo ha la stessa forma del D.N.A. degli esseri viventi!

I rosacroce, quindi, formarono un’associazione segreta scientifica, dedicandosi alla chimica e alla medicina secondo gli antichi precetti egiziani ma, nel contempo, praticando le scienze occulte, in particolar modo la magia, anch’essa nel pantheon delle antiche concezioni egiziane. Questa società invisibile che fa della conoscenza il suo metro di azione, nel tempo, inevitabilmente, si scontrò con i dogmi della religione rivelata della Chiesa cattolica. A causa di ciò, i rosacroce vissero ed operarono nell’ombra e la Chiesa cattolica li bollò come “maghi, seguaci dell’Arte nera”. Giovanni XXII, papa avignonese, condannò la pratica dell’alchimia, intesa come magia nera, con un decreto, Spondent nonnullus del 1317 ed una bolla Cum inter nonnullus del 1323.

Tra le file della Confraternita rosacrociana ci furono molti alchimisti-scienziati ed alcuni dotti filosofi, noti all’epoca. Adepti inglesi come il filosofo Francesco Bacone, autore del trattato Nuova Atlantide nel quale si occupò del rapporto tra microcosmo e macrocosmo, il medico Robert Fludd, autore della Storia dei due mondi e del Trattato apologetico in difesa dell’integrità della Confraternita dei Rosacroce, l’alchimista Elia Ashmole, fondatore dell’Ashmolean Museum di Oxford, città nella quale visse il chimico Robert Boyle, anch’egli della fratellanza segreta. Fu proprio quest’ultimo a fondare il Collegio Invisibile dei Rosacroce, che fu il nucleo nascosto della Royal Society, la grande accademia delle scienze della quale fecero parte l’alchimista sir Robert Moray e John Byrom, per esempio. Byrom fu tra i fondatori del Cabala Club di Londra e divenne grande esperto di cartografia, diagrammi e disegni geometrici, fra cui la pianta e l’architettura della chiesa dei Templari di Londra.

Sul continente europeo, tra i rosacrociani più in vista, ci fu il tedesco Michael Maier, medico paracelsiano dell’imperatore Rodolfo, e Franz Anton Mesmer, teorico del magnetismo e dell’ipnotismo. Poi Stellatus, autore nel 1618 di Pegaso, ossia introduzione alla sapienza degli antichi, un tempo definita magia degli egizi ma ora chiamata pansofia dei Rosacroce, e Florentinus de Valentia, autore di Rosa in Fiore. In Francia ci fu Guglielmo Naudé, segretario del Cardinale Mazzarino. Il gruppo rosacrociano europeo contava una casa alchemica all’Aia nel 1622 ed un’altra a Parigi, cui fu poi affiliato Giovan Teofilo Desguliers, fisico e matematico che, il 24 giugno del 1717, riunì nella Taverna del Melo, nel mercato Covent Garden, i membri di quattro logge massoniche londinesi, facendo nascere la Fra-Massoneria moderna.

Proprio in Francia nel 1623, cominciò a circolare il libello Istruzione alla Francia sulla vera storia dei fratelli della Rosacroce, in cui si denunciava il potere magico e stregonesco della Confraternita, capace di infiltrarsi nei gangli del potere del regno. Ed è in questo periodo che accanto alla rosa e alla croce compare il simbolo rosacrociano del pellicano che colpisce col becco il suo petto tanto da far zampillare un rivolo di sangue col quale nutre i suoi figli. Nell’alchimia, il pellicano significa che la materia prima basta a sé stessa e che ha in sé ogni forma di sostentamento e di capacità di trasformazione.

Pelicano dei Rosa + Croce

L’interessamento per l’ermetismo, lo gnosticismo, l’alchimia e le scienze del 1500-1600, periodo nel quale vissero i personaggi già citati, era iniziato già nel medioevo ma aveva avuto un grande impulso nell’epoca umanista sotto la signoria dei Medici di Firenze. Grazie a loro si cominciarono a raccogliere saperi esoterici diversi. Nel 1460, Cosimo il Vecchio fece tradurre da Marsilio Ficino il leggendario Corpus ermetico del saggio sacerdote egizio Ermete Trimegisto: una raccolta di trattati sulla magia ermetica. Nel Corpus si faceva riferimento alla sacralità del corpo e della sessualità, un’inversione di rotta rispetto alle concezioni cristiano-medievali, espressa nella frase “se odi il tuo corpo, figlio mio, non ami te stesso”.

Furono fatti arrivare in Firenze, da Bisanzio, anche molti manoscritti del filosofo greco Platone, che furono tradotti dal greco al latino. Nel periodo dell’umanesimo e poi del rinascimento, infatti, il pensiero platonico fu rivalutato proprio in funzione della portata del suo pensiero iniziatico ed esoterico. Sempre a Firenze, Pico della Mirandola diede il più importante contributo del tempo per lo studio della scienza cabalistica ebraica. I suoi libri, soprattutto La strega, dove si parla di un culto femminile fondato su orge sessuali, attirarono però l’attenzione della Chiesa, ragion per cui vennero messi all’Indice da papa Innocenzo VII. Papa Borgia divenne invece suo protettore.

Quel pontefice spagnolo s’interessava degli antichi culti egiziani, tanto da far decorare il suo appartamento in Vaticano con raffreschi raffiguranti temi mitologici relativi alla dea Iside. Per i dotti umanisti e rinascimentali erano gli egiziani ad avere la chiave per aprire lo scrigno della sublime conoscenza superiore ed in particolare era la divinità femminile Iside ad aprire le porte per accedere alla parte più nascosta del pensiero e della personalità umana. Il rosacrociano Heinrich Cornelius Agrippa nel De occulta philosophia scrisse che è “il furore che vien dalla dea a trasmutare lo spirito dell’uomo in un dio attraverso l’ardore dell’axsessualità”.

Salone della Rosacroce: Dante ha gli abiti di Hugues De Payns, fondatore dell’Ordine templare

Già nel medioevo Dante Alighieri, il sommo poeta fiorentino, ispirato dalla letteratura dell’Amor Cortese, era entrato a far parte del circolo dei “Fedeli d’Amore” che era una filiazione del movimento dei trovatori della Linguadoca. I “Fedeli d’Amore” furono una confraternita elitaria di dotti letterati tesa a raggiungere un equilibrio culturale tra mistica, aspirazioni intellettuali ed istanze sessuali. Nel concetto di Dante, le Dame sono simulacri dell’idea del femminino sacro intese come saggezza e sapienza. La celebre “candida rosa” appare al sommo poeta solo alla fine del suo viaggio iniziatico della Divina Commedia. Come dirà Eliphas Levi, “il cielo dantesco si compone di una serie di cerchi cabalistici divisi da una croce come il pentacolo di Ezechiele, nel centro della croce fiorisce una rosa e noi vediamo apparire per la prima volta, pubblicamente, il simbolo della Confraternita dei Rosacroce”.

Il lavoro degli alchimisti rosacrociani tra il 1300 e il 1600 si muoveva su dunque due livelli: una parte riguardava gli esperimenti chimici con i metalli vili per creare l’oro e una parte riguardava la trasmutazione dell’adepto al fine di acquisire la vera Illuminazione attraverso pratiche di magia sessuale. L’alchimista Nicolas Flamel riteneva infatti che la magia sessuale donasse la longevità ai corpi.

Immagine alchemica: amore tra Sole e Luna

Nelle raffigurazioni rosacrociane dell’epoca rinascimentale, la Grande Opera, cioè l’unione carnale dei principi maschile e femminile, è ben rappresentata dall’Ermafrodito, che è l’unione tra il dio Hermes e la dea Afrodite. Ed è in questo periodo infatti che la raffigurazione del  Bafometto templare assume le caratteristiche di un ermafrodito: divinità maschile con le mammelle e con testa di animale, molto simile alla divinità gnostica Abraxas.

Si noti come il Bafometto templare alzi ed abbassi le braccia in maniera speculare, con l’indice destro verso il cielo e quello sinistro verso la terra, come nel segno di riconoscimento degli iniziati alla Fraternità dei rosacroce, nel senso gnostico di “come in alto, così in basso”.

Dio gnostico Abraxas

Nel catechismo rosacrociano, poi, la croce per eccellenza è quella ansata, quella egiziana, portata in processione durante le feste in onore di Iside e Osiride. Anch’essa ha in sé un richiamo sessuale-magico: è formata da un triplice fallo maschile e un’asola che rappresenta l’organo femminile, la vulva.

La croce egiziana, l’Ank

Nell’allegoria rosacrociana rinascimentale diventa la Rosa. La studiosa Barbara Walker scrive a tal proposito che La Rosa era il Fiore di Venere per i romani. “Le parole dette sub rosa, cioè sotto la rosa, erano parte dei misteri sessuali di Venere che non dovevano essere rivelate ai non iniziati”.

continua…

Michele Allegri


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