Nato a Bonn (Germania) , 250 anni fa, Beethoven crebbe in un ambiente culturale e familiare tutt’altro che propizio. Figlio di un padre violento e ubriacone, tacciato dagli storici di esser stato un maldestro cantante, capace solo di sperperare i pochi guadagni in grado di racimolare.
di Luciano Bona
La madre, donna umile ma giudiziosa e onesta, appare segnata da una salute cagionevole. Ebbe sette figli, quattro dei quali morti prematuramente. Il temperamento di Ludwig van Beethoven, nato il 16 o 17 dicembre 1770, si trova dunque ben presto gettato nell’arena della sopravvivenza, forte solo del suo precoce talento notato da coloro che sarebbero diventati i suoi mecenati. A nove anni inizia studi più regolari con Christian Neefe, organista di Corte, a quattordici è già organista della Cappella del principe elettore (l’anno prima perde la madre, evento che lo traumatizza) e poco dopo, polistrumentista come il fratello in musica Amadeus, suona nell’orchestra del teatro, ma il vero mecenate di Beethoven in quel periodo adolescenziale fu il conte Ferdinand von Waldstein che lo presentò al grande musicista Joseph Haydn che lo volle con se nella capitale austriaca .
“Caro Beethoven lei parte finalmente per Vienna per soddisfare un desiderio a lungo vagheggiato – scrisse il conte Waldstein in una celebre lettera – Sia lei a ricevere , in grazia di un lavoro ininterrotto,lo spirito di Mozart dalle mani di Haydn” Nel 1792 lascia Bonn per recarsi nella più vivace Vienna, la città che più lo avrebbe apprezzato e in cui poi si sarebbe fermato per il resto della vita. Le sue capacità improvvisative, basate su aggressioni premeditate al finora esile pianoforte alternate a inaudite dolcezze, scioccano l’uditorio. Le sue opere, dapprima influenzate dai classici di sempre (Haydn, Mozart) ma già marchiate da soverchia personalità, poi sempre più audaci e innovative, scuotono il pigro andazzo della vita artistica, seminano il panico estetico, gettano chi ha orecchie e cuore per intendere, nei terribili abissi della coscienza. Mentre viene idolatrato, in primis dai nobili del tempo che fanno a gara per assicurargli vitalizi e vedersi omaggiati nei frontespizi delle opere, anche se scrive musica secondo le sue esigenze espressive e non secondo commissioni (primo artista della Storia), compare una crepa, uno scollamento tra traguardo artistico e pubblico che diverrà sempre più incolmabile.
Le ultime opere, scritte già in completa sordità, venivano ascoltate, “godute” da Beethoven solamente attraverso le vibrazioni del pianoforte … Il tarlo auditivo lo colpisce già in giovane età, causando crisi al limitare del suicidio e intensificando il suo orgoglioso distacco dal mondo, frutto non di banale “ disprezzo” ma dell’umiliazione di non poter godere in modo semplice della compagnia altrui. Solo le passeggiate in campagna gli danno un po’ di pace ma col tempo, per comunicare con lui, gli amici dovranno rivolgergli le domande per iscritto, edificando per i posteri i celebri “quaderni di conversazione”. Anche l’amore, cercato fra le blasonate di sangue blu (frequentatrici del suo ambiente abituale), non gli fu propizio: forse per insipienza da parte delle amate, immobili come gazzelle ipnotizzate davanti a quel leone indomabile, o forse per insuperabili pregiudizi sociali, la nobile non potendosi accoppiare col borghese, con l’umile servitore delle sette note…
Il 7 maggio 1824, a Vienna, Beethoven appare in pubblico per l’ultima volta, per l’audizione della sua celebre “Nona Sinfonia”. Il pubblico prorompe in applausi fragorosi. Seduto accanto al direttore d’orchestra, le spalle rivolte al pubblico, il compositore sfoglia la partitura, materialmente inibito a sentire ciò che lui stesso ha partorito. Devono costringerlo a voltarsi perché possa constatare l’immenso successo riportato dalla sua opera.
Il 26 marzo 1827 cede ai mali che lo tormentano da tempo (gotta, reumatismi, cirrosi epatica), alza il pugno al cielo, come vuole una famosa immagine romantica, e muore di idropisia. Il suo funerale è fra i più colossali mai organizzati, in un angolo, fra le orazioni funebri di Grillparzer e di eminenti esponenti della politica e della cultura, una figura anonima e meditabonda, avendo eletto il genio di Bonn a suo nume tutelare, osserva la scena: è Franz Schubert. Raggiungerà il nume l’anno dopo, a soli 31 anni, pretendendo di esservi sepolto accanto.
In soli 45 anni Beethoven ha composto circa 750 opere.Da ricordare almeno una tra le meravigliose “Sinfonia del destino” (sinfonia n. 5) o l’ “Eroica” (n. 3), oppure una delle sue numerose sonate per pianoforte, come la “Sonata al chiaro di luna”, o la sua composizione per pianoforte “Per Elisa”. O ancora … la “Nona sinfonia”, eseguita per la prima volta a Vienna il 7 maggio 1824. Ufficialmente la direzione dell’orchestra fu affidata a Michael Umlauf, anche se Beethoven condivise il palcoscenico con lui. Si racconta che il grande compositore cercò di riprodurre il contenuto espressivo della musica compiendo dei gesti selvaggi, agitandosi con le mani e con i piedi. I musicisti, però, ignoravano il comportamento di Beethoven, che a quel tempo era divenuto quasi completamente sordo: non riusciva più a sentire la sua musica e certamente non poteva dirigerla.
Luciano Bona