Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Molini di Triora dove Giulia scopre Juanin Lanteri pastore brigasco. Solo a 85 anni.Vive come gli antenati. Lo scoop de ‘Il Ponente’


Il Ponente  titola: “Giovanni (Juanìn) Lanteri, ultimo pastore brigasco. Il tempo sembra essersi fermato. Vive nella grande casa di pietra dei suoi antenati, a Grattino, frazione di Molini di Triora. Occupa una sola stanza dove mangia e dorme ed ha resistito alla modernizzazione”.

Drego e Passo della Mezzaluna  nel Comune di Molini di Triora. Dalla Valle Argentina, prima di Molini di Triora, si svolta per il piccolo paese di Andagna.

Un esemplare ed interessante reportage giornalistico a firma di Giulia Chiuso. Decine i commenti social. Tra ammirazione e quasi incredulità, tanti apprezzamenti per una vita (pastorizia) che come trucioli.it ha spesso descritto con altre storie di pastori delle nostre Alpi Marittime, tutti esaltano, nei fatti ‘dimenticati’ nella dura vita di ogni giorno, 360 all’anno, senza feste e riposi. Il gregge va accudito dall’alba al tramonto, al pascolo e nella stalla, ora a mungere, ora far crescere agnellini e caprette. Quanti aiuti concreti e finanziamenti ricevono i nostri pastori dalla Regione e dello stato ? Quante incombenze burocratiche e normative! Quante difficoltà a cui deve far fronte una vera minoranza quasi in via di estinzione ! A cominciare dalle problematiche sui pascoli della transumanza per chi ancora la pratica. Agli obblighi e ai controlli sanitari Asl, perfino fiscali se si ha un piccolo laboratorio di produzione di formaggi e derivati dai latticini. Non va meglio per chi ha una mandria di mucche. Anzi c’è il problema del latte e della remunerazione dei costi quando si vende ai caseifici. Stesso discorso per i vitelli destinati alle macellerie, con la concorrenza dei capi provenienti da altri paesi dell’Unione Europea. I nostri pastori che non sono tra le categorie che possono beneficiare di privilegi, di cui si scrive e ci si occupa eccezionalmente. Non fanno notizia si direbbe. Neppure quando il pastore con il gregge più numeroso della Liguria (1200 capi tra pecore, capre, poche mucche) Aldo Lo Manto si vede rifiutare da anni il permesso a trasferirsi, dal ‘Boschetto di Bastia d’Albenga’, in un suo terreno, alla periferia Sud di Ortovero, dove ha chiesto di ristrutturare un fatiscente edificio, da destinare ad abitazione e soprattutto laboratorio. Neppure al Tar ha sbloccato il ‘rifiuto’. E dire che il paese da anni è amministrato da leghisti. Quelli del ‘fare’. Pastori liguri che non beneficiano di lobby e protettori. Ma neppure sponsor che contano nel potere locale. (l.c.)

di Giulia Chiuso
DREGO – Giovanni Lanteri, per tutti “Juanìn”, classe 1935, é uno degli ultimi veri brigaschi: la sua famiglia, infatti, é originaria di Briga Marittima, terra brigasca, grande borgo a cavallo tra le Alpi francesi e liguri, oggi terra francese ma fino al 1947 provincia italiana. (Briga Alta, con Piaggia, Upega e Carnino, invece è in provincia di Cuneo ndr).
Un pastore d’altri tempi: Giovanni Lanteri, origini brigasche, intervistato da Giulia Chiuso per Il Ponente, vive a Grattino, frazione di Molini di Triora (IM), pascoli in locali Drego

Juanìn é l’ultimo pastore di un’antica famiglia dedita alla pastorizia, fin dal Medioevo: Lanteri é un cognome molto diffuso nell’Alta Valle Argentina e la sua famiglia da lì non si é mai mossa. Nemmeno quando la montagna ha iniziato a spopolarsi, i pastori a scomparire e Juanìn a rimanere sempre più solo.

“La mia memoria arriva fino all’età napoleonica, grazie ai racconti dei miei genitori e dei miei nonni, che sempre mi raccontavano di quanto i loro antenati vivessero bene e in pace: fino alla fine dell’Ottocento le montagne erano vive e le regole della natura rispettate, secondo un ordine non scritto ma sacro; le famiglie più ricche davano da lavorare nei propri campi a chi ne aveva bisogno, alla giornata“.

I suoi occhi azzurrissimi scrutano i pascoli intorno a lui, diventano lucidi e riflettono il cielo, inondato di luce estiva. “La mia famiglia ha iniziato circa 400 anni fa a costruire la casa in cui vivo a Grattino da quando sono nato: Briga ormai era scomoda per i lenti spostamenti a piedi e dai pascoli di Drego, tra Andagna e Grattino,

Valentina Pulinetti scrive: ho avuto piacere incontrare Juanin col suo gregge al Ciotto di S. Lorenzo. In Francia, sulle alpi, già territorio italiano, si trovano ancora  pastori brigaschi

portavano una pietra per volta nei Valloni di Grattino; hanno completato la casa i miei genitori e lì, dove ora vivo solo, eravamo in oltre dieci“.

Juanìn parla perfettamente l’italiano e usa il dialetto solo quando ricorda qualcosa di troppo doloroso e denso di ricordi, e allora occorre usare la lingua del cuore per esprimerlo. Ti guarda dritto negli occhi quando parla e ti ascolta pazientemente quando non é lui ad essere interpellato: nel suo sguardo s’indovina una lunga esistenza fatta di fatica, tanti chilometri macinati a piedi, solitudine e un arcano amore per le sue montagne, che ha imparato ad amare senza riserve, ma senza alcun attacco emotivo a cose, persone e animali. Perché lui sa che il ciclo della vita si compie per tutti gli esseri viventi e la spietata legge della natura, secondo cui unicamente vive, non lascia spazio ai sentimentalismi. Forse per questo non si é mai sposato e non ha avuto figli.

Foto ripresa da Il Ponente

Ma come ha trascorso la sua vita? Giovanni ama parlare: soprattutto dopo non aver visto anima viva, durante gli oltre due mesi di lockdown, mentre si è tenuto aggiornato attraverso la radio. “Da bambino mi svegliavo alle 3.30 del mattino: mi caricavo il formaggio preparato la sera prima dai miei genitori e andavo al mercato di Imperia a venderlo, partendo da Grattino e attraversando le montagne a piedi. Avevamo tante pecore. Poi ho vissuto sulla mia pelle il passaggio da un’epoca ad un’altra, completamente diversa: dai muli si é passati alle auto, dai lunghi sentieri da percorrere a piedi alle strade asfaltate, dalla possibilità di vivere secondo natura alle soffocanti restrizioni“. Poi prosegue: “Sono ormai anziano, ho 85 anni: ho difficoltà a tenere le pecore, seppur in numero molto inferiore rispetto al passato, ma questa é da sempre la mia vita“.

Questo mondo moderno va troppo veloce per chi pratica la pastorizia e vive nello stesso, antico, modo da secoli. E così, quelle attività agro-pastorali che suscitano oggi tanto interesse, in realtà non trovano più spazio per essere praticate come una volta.

Juanìn, solo nella sua grande casa di pietra a Grattino — di cui sfrutta un’unica stanza, in cui mangia e dorme — un tempo piena di vita e di persone, non chiede nulla, anche se avrebbe diritto a tanto, dato il grande patrimonio storico-antropologico di cui é custode, che grava sulle sue spalle senza eco. Per tutta l’estate vive in una baracca di lamiera, che gode di un piccolo pannello solare per alimentare la cucina e la luce, circondato da casoni di pietra costruiti dai suoi antenati — mentre parla, mi mostra il piú recente, che sulla porta di ingresso ha chiaramente inciso “1922”, data di completamento della struttura ad opera di suo padre, all’epoca diciannovenne —. “Quando ero bambino ricordo questo stesso paesaggio, ma completamente pulito grazie al lavoro con la falce”. E sorride: ancora non esistevano i comodi decespugliatori e l’erba si tagliava a mano.

Mentre chiacchieriamo mi offre il caffè: arricchito da tre cucchiai di zucchero, un dito di grappa e dal latte di capra appena munto, fatto precedentemente bollire per sterilizzarlo. Gli mostro sul cellulare un documentario del 2004 in cui compare sui pascoli di Cima Marta, interrogato insieme ad altri pastori sulle grandi difficoltà in cui versava la pastorizia già allora. Senza bisogno di occhiali da vista, si riconosce subito e i suoi occhi azzurri si riempiono di ricordi.

Giulia Chiuso

Giulia Chiuso è laureta all’Università di Genova – Facoltà di Lettere e Filosofia. E’ collaboratrice di Sanremocantanapoli, Il Foglio Italiano e Il Ponente. E in precedenza Festivalnews. Ha frequentato il liceo classico Cassini e vive a Bussana

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