I medici di famiglia stanno diventando una specie rara; mancano attualmente 4000 sanitari di famiglia, secondo i dati elaborati dal Ministero della Salute. Senza dimenticare i medici dei Pronto Soccorso dove si impara a conoscere un girone infernale.
di Gianfranco Barcella
La professione non è più attrattiva. La politica ha addirittura ritenuto di non dover investire nel territorio per il benessere dei cittadini. Ha chiuso ospedali a favore della Sanità privata convenziona (in dieci anni e ridotto al minimo i posti letti, chiudendo 125 nosocomi ben l’’11% degli presidi ospedalieri sul territorio. In compenso ‘ingrassano‘ gli ‘industriali della sanità‘. Si pensi che un Senatore leghista, assente al 99% delle sedute, possiede un impero dal Sud al Nord Italia. Antonio Angelucci senatore leghista eletto deputato per quattro legislature ed è conosciuto anche per il suo ruolo di editore con 3 quotidiani nazionali (Il Giornale, Libero, Il tempo), oltre ad uno giornale regionale, Corriere dell’Umbria. Angelucci, 81 anni, non dà interviste, non partecipa al dibattito pubblico.
Ed anche dopo il covid nella Sanità pubblica si è tornati a tagliare i posti letto. Pure i medici condotti hanno fatto una brutta fine. Di questa mala gestio della politica sanitaria in Italia e direi di più, la mancana di rispetto per la vita umana oltre che del primo diritto tutelato e garantito dalla Costituzione, quello della salute appunto, ne ha fatto esperienza mia moglie. Ah, dimenticavo: nell’ultimo decennio sono venuti a mancare otto mila pediatri, medici di famiglia e guardie mediche.
Ma andiamo con ordine; trascorriamo il mese di agosto in un paesino sulle alture di Mondovì ai confini con la Francia. Poco dopo Ferragosto, mia moglie accusa violenti spasmi addominali; respinge ogni cibo, beve pochissimo, ha continui conati di vomito. Il giorno dopo scorgo sul suo volto una lieve aurea giallastra così come nelle pupille. Il subittero è palese! Devo provvedere. Chiedo l’intervento di un medico e intanto penso al peggio. In un paese limitrofo c’è un medico di base in pensione che risulta irreperibile. L’albergatore mi suggerisce il nome di un suo medico di fiducia ma non può proprio dedicarsi a noi. E’ troppo preso dal lavoro. Intanto la situazione non accenna a migliorare. Mi confermano che al Pronto soccorso dell’ospedale di Mondovì ci sono 42 persone in astanteria. Esclamo: “Pazienza in Liguria che soprattutto nei fine settimana dobbiamo prenderci cura dei turisti piemontesi ma qui…”. La voce stentorea subito mi blocca: “Ma dobbiamo anche accogliere i Liguri che vengono da noi!”. Intanto continuo a somministrare a mia moglie il plasil per sedare i conati ma purtroppo non riesce più a tenere niente sullo stomaco. Non mi resta che affidarmi alla Guardia Medica perché intanto è sopravvenuto sabato. Non posso lasciare che il tempo passi ulteriormente tra digiuni non penitenziali e notti insonni con un episodio di sincope vasovagale. Non ci resta che affidarci al medico delle Terme di Lurisia che ci aveva visitato per prescriverci alle cure dei fanghi. “Si accomodi , la visito subito– dice gentilmente la dottoressa e stila la diagnosi: “Potrebbe essere una epatite che, come viene se ne va. Se non ha a febbre alta potete stare tranquilli. Beva molto, per il cibo c è tempo”. Il fatto è che mia moglie si regge in piedi a stento, e per farla bere è un calvario. Tollera solo un po’ di tè al mattino ed una tisana alla sera. E le urine cominciano a scurirsi. E’ sabato e non mi resta che affidarmi alla Guardia Medica che ora scopro dal centralino, sotto la dicitura:< Servizio di Continuità Assistenziale>. Evviva il burocratese! La Guardia Medica dopo le prime chiamate infruttose nel primo mattino, non si nega. Dopo aver declinato le mie generalità alla signorina -filtro mi si chiedono i motivi della chiamata e dove risiedo. Faccio fatica a spiegarle che è l’unico albergo nel paesino di circa duecento anime; poi finalente mi passa al telefono, il medico di turno il quale mi dice: “Noi possiamo intervenire solo con una iniziezione di plasil per fermare il vomito. Mi richiami verso le 11 e vediamo se migliora” Alle undici richiamo per comunicare che mia moglie si aggrava e vorrei un loro parere per trasportarla direttamente a Savona. La risposta è: “Mi consulto con la mia collega e vediamo”. Nell’interminabile ora di attesa i bagagli erano già chiusi e caricati in macchina. Arrivano due ragazzi giovanissimi che mi permettono di portare via mia moglie dopo aver effettuato l’iniezione e lasciata la siringa usata sul tavolino della camera. Mia moglie mi sussurra: Lasciami morire piuttosto che soffrire inutilmente. Lo vedi quanto è difficile curarsi oggi, in Italia… le rispondo. La bellezza esiste se è bellezza che resiste. E partiamo.
A Savona chiediamo una risonanza magnetica privatamente ma la prima data possibile è per l’8 di ottobre. “Ma neanche a pagamento ci si può curare in questo Paese in rovina!”, esclamio io. Il giorno dopo arrivano i risultati delle analisi del sangue, urine, feci e subito il nostro nedico di famiglia prescrive il ricovero d’urgenza. Sul cartaceo saranno pronti invece per il 6 Settembre. Mentre provvedo subito a pagare la prestazione dei prelievi a domicilio (45 euro) rammento ciò che mi ha detto l’infermiera prima di congedarsi: “Qui vicino a lei c’è un laboratorio di analisi che ha la stessa tariffa del pubblico e vi consegna i risultati in giornata. Speriamo che non ne abbiate più bisogno, ma non si sa mai…” Intanto la prognosi è infausta: quel male che nessuno osa nemmeno pronunciare. Chiedo ad una farmacista: “I chemioteraici oggi non sono così distruttivi come una volta; sono più mirati”. La risposta: “Ho studiato tanti anni fa e non le so rispondere”. Per quella patologia è più opportuno l’ospedale di Verona e fuggire da Savona. Chissà se ci sarà un ritorno. La malattia di mia moglie mi contagia di profonda tristezza ma mi pervade anche l’amarezza al pensiero che si spendano miliardi in armi…
Gianfranco Barcella
RICEVIAMO- Condivido tutto. Sanità da terzo o quarto mondo.