Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

Settimanale d’informazione senza pubblicità, indipendente e non a scopo di lucro Tel. 350.1018572 blog@trucioli.it

Il carcere in provincia di Savona, cartina di tornasole del saccheggio e abbandono del territorio di Cengio e dintorni


Sono una pensionata con parenti e amicizie in Val Bormida, dove trascorro le vacanze nel verde, e scrivo la presente lettera in relazione all’articolo di Trucioli.it del 27 aprile 2023: “Il carcere di Savona si è impantanato nella melma della politica” di Gianfranco Barcella.

di Carla Rossi

Vorrei affrontare il tema da un diverso punto di vista. Alcuni dei qualificati e autorevoli personaggi che oggi giustamente sollecitano con urgenza la costruzione del carcere sul territorio savonese, dando per scontata la sua localizzazione in quel di Cairo Montenotte, probabilmente non hanno seguito la vicenda della “scelta dell’area” per l’edificazione (che fino a un biennio fa dava quasi per certa la location in Cengio, area ex ACNA), e forse sono troppo giovani per ricordare la storia recente e passata, che ha marchiato quel territorio (ed evidentemente ancora lo marchia, dato quanto emerge proprio in relazione alla costruzione del carcere).

Dopo che nel 2021, facendo seguito a sopralluoghi della commissione apposita, si prospettava una decisione a favore di Cengio – a più riprese definita in pole position quale area più adatta – sulla vicenda della costruzione del carcere è sceso repentinamente un silenzio pressoché tombale protrattosi per circa due anni. Degno di nota che in un articolo comparso su Trucioli.it il 5 novembre 2020 (“Carcere di Savona, se il ministro è muto. Cengio si offre dal 2017. Il Pd suona la sveglia?…”), si riferiva che lo stesso Orlando indicava nella Val Bormida il “sito di riferimento” . Vi si legge che “il 20 luglio 2019 i sindaci della valle Bormida piemontese appoggiano l’idea del 2017 del sindaco di Cengio Marengo di collocare nella zona il nuovo carcere della provincia”.

On. Giacomino (Mino) Taricco del Pd

Prima dell’ oblio temporaneo seguitone, si erano levate più voci altisonanti. Il 17 febbraio 2021 era intervenuto il senatore Giacomino Taricco, che con una interrogazione parlamentare si rivolgeva ai ministri Cartabia e Giovannini denunciando l’assenza di alcuni interventi residui post bonifica del sito ex ACNA. Subito, alla sua potente voce si univa un coro di parlamentari con una petizione di supporto.
Gli onorevoli firmatari erano numerosi e quasi tutti discendenti da un contesto politico culturale – l’antico glorioso PCI – che un tempo si ergeva a difesa della classe dei lavoratori e dello sviluppo socioeconomico e produttivo radicato sul territorio e su quelle rivendicazioni aveva costruito le proprie fortune. Oggi, a quanto si constata, i nuovi esponenti di quella stessa parte – nel porre il veto senza preoccuparsi minimamente di dare una qualche alternativa – perseguono scelte oggettivamente volte al protrarsi di una desertificazione socioeconomica e produttiva che da decenni sottrae lavoro e risorse vitali al territorio e ai suoi abitanti. nel generale e totale disinteresse dei politici e degli amministratori competenti.
Infatti nell’oblio delle premesse e delle promesse che è seguito alle pressanti petizioni contro il progetto del carcere a Cengio, (unica possibilità concretamente prospettata per Cengio e dintorni), non una sillaba si è udita da costoro sulla necessità di risarcire i danni fatti a quel territorio del quale si andavano riesumando le devastazioni patite. Anzi, a gettare benzina sul fuoco sopraggiungevano titoli del genere “Un nuovo carcere a Cengio? Lì c’era la “fabbrica della morte”(Il Dubbio, 7 agosto 2019). Il garante regionale dei detenuti boccia il progetto di un carcere nell’ex Acna di Cengio (La Stampa 30 dicembre 2020) ecc.

Francesco Dotta sindaco

Mentre dal profondo Piemonte giungevano inquietanti proclami “Valle Bormida pulita”: tutti i timori sulla costruzione del carcere nell’ex Acna di Cengio”, che miravano a tacitare le rassicurazioni vecchie e nuove dei sindaci Marenco e Dotta (evidentemente considerati non degni di credibilità e considerazione). Contemporaneamente partiva una campagna denigratoria “a orologeria” del territorio tra Cengio e Saliceto si veda ad esempio l’articolo de Il Post del 23 luglio 2018, che ri-pubblicava un articolo vecchio di alcuni anni, e in cui – con toni allarmistici ingiustificati nell’attualità – si rinvangava “La nube tossica dell’ACNA, 30 anni fa”.
Di tutt’altro tenore era il 17 dicembre 2020 la seria disamina, oggettiva e problematica di Trucioli.it sulla questione “carcere savonese “: Savona carcere qui, carcere là. Quanti esperti a litigare! C’è chi incolpa i giudici: lo vogliono vicino al tribunale. Albenga no. Quiliano, Cengio, Cairo, Carcare?” Uno dei suoi pregi era peraltro quello di spostare in Liguria un dibattito su cui disparati soggetti erano venuti a dettar legge dal Piemonte e dalla capitale.

Sull’onda della petizione romana, la memoria di quella distruzione che ebbe il suo epicentro nel territorio di Cengio, anzichè per dar vita a proposte riparatorie, veniva riesumata dalla stampa locale ligure-piemontese per impedire a quel territorio – da allora abbandonato e desertificato di attività produttive – di tentare in qualche modo di risollevarsi, abbracciando l’unica salvifica prospettiva offertagli: il carcere!. (quando non hai altre chances praticabili ti attacchi a tutto!…). Al coro denigratorio si univano anche associazioni benemerite della tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini, e ovviamente dei carcerati stessi, che avrebbero tratto grave nocumento da quella “terra avvelenata” …tutti da tutelare, tranne gli abitanti, i quali parevano a ben vedere immuni da ogni contaminazione e

Questo scritto non mette in dubbio né la necessità, né l’urgenza di fare un carcere nel Savonese, né l’adeguatezza di Cairo Montenotte a tal fine, ma mira a porre in luce che il motivo che si è palesato prevalente del ritardo nella fase attuativa è stato il black out susseguente alle petizioni romane contro la scelta dell’area di Cengio. Da quel momento ogni dibattito e scelta decisionale si è paralizzata. Il progetto di costruire il carcere nell’ex ACNA, che era – fino ad allora – una quasi certezza si è eclissato, dissolvendosi nel biennio “ silenziato” che ne è seguito.. Ed è parso “naturale”, con il concorso del fattore tempo, fare tabula rasa delle premesse (e promesse) per riprendere ex novo la discussione, da cui Cairo Montenotte, per i suoi molti e riconosciuti pregi, ne è uscita prescelta. E tuttavia svariati sono gli interrogativi che si aprono, dopo che la decisione pare ormai essere “naturalmente” addivenuta a maturazione.

Vediamone alcuni.

a) E’ proprio vero che Cairo avrebbe un reale vantaggio dalla costruzione del carcere a ridosso della scuola per agenti penitenziari o non rischia forse di trasformarsi – stanti le sue dimensioni – in una “cittadella carceraria”? E’ una domanda che si basa su constatazioni oggettive. Per un verso un dato appare manifestamente positivo, perché in Cairo verrebbero a convivere sia la scuola per gli agenti carcerari e sia le carceri, e questo in teoria sarebbe un bene, ma tale forte caratterizzazione carceraria che ne deriva per il territorio – date le dimensioni ridotte della cittadina – potrebbe avere una incidenza e un impatto sociale problematico (è uno spunto per il dibattito, che non può limitarsi a un “punto di vista”, ma va affrontato perché comprende aspetti ambientali, sociali, economici, urbanistici ecc. da vagliarsi seriamente).

b) Ampliando la domanda di cui sopra: è razionale dal punto di vista territoriale l’aver concentrato sistematicamente gli

Sergio Marengo

insediamenti carcerari nell’area cairese e l’aver cancellato ogni prospettiva di scelta in altre aree dei territori circostanti delle quali erano pur state prese in considerazione le candidature ? Già il 20 luglio 2019 i sindaci della valle Bormida piemontese appoggiavano l’idea del 2017 del sindaco di Cengio Sergio Marengo di collocare nella zona il nuovo carcere della provincia. L’amministrazione comunale infatti aveva identificato e proposto ben quattro aree disponibili, fornendo pertanto altre tre localizzazioni che potevano ancora essere considerate alternative, ma su cui è calato il silenzio, a riprova della non volontà di compensare il malessere sociale persistente (poiché dalla vicenda dell’ACNA ha tratto e a tutt’oggi trae gravi danni socioeconomici e di reputazione pure il più vasto territorio circostante che sconfina nel basso Piemonte). A questo riguardo, non ci si può stupire se la politica, (che a partire dagli anni ’70 ha abdicato a ogni pianificazione e programmazione a scala socioeconomica territoriale per coltivare interessi elettorali e di potere), non si rivela in grado neppure di pianificare e gestire un territorio ristretto come quello che gravita attorno a Cengio. D’altra parte la programmazione, con le sue finalità sociali, i suoi obiettivi socioeconomici e i criteri e metodi con cui attuarli, è stata bandita ovunque dall’agire politico, optando per logiche sempre più strumentali e pragmatiche, dagli esiti sistemici sempre più irrazionali ed entropici.

c) E inoltre una è la domanda cruciale da porsi riguardo alle petizioni poste all’epoca circa la pericolosità per la salute del sito ex ACNA, che hanno poi determinato la scelta a favore di Cairo Montenotte. Quali fondamenti di realtà aveva l’iniziativa dell’autore dell’interrogazione parlamentare, dato che non forniva nuovi dati aggiornati al 2021 e validati da supervisioni ufficiali, segnalando soltanto che allo stato la procedura di valutazione dell’impatto ambientale doveva essere reiterata e che le operazioni di bonifica e di messa in sicurezza non parevano completate? Ebbene né prima, né dopo mai nessuno si è preoccupato di fare verifiche (molto più facile è stato risolvere l’impasse dislocando tout court altrove il progetto del carcere). Le dichiarazioni rassicuranti e circostanziate fatte dai due sindaci di Cengio (vedasi ad es.:Marenco su La Stampa del 21 Febbraio 2017 e Dotta a più riprese su alcuni giornali della provincia ) ci dicono tutto il contrario. Ma se pure fossero necessari completamenti della bonifica (attualmente non indicati), questo potrebbe dirlo solo una valutazione mirata e scientificamente fondata, non certo allarmismi privi di dati scientifici. E, soprattutto, di questa fantomatica bonifica, mai acclarata si parla e straparla, ma – qualora previa verifica emergesse la necessità di farla – non vi è ombra di intenzione di procedere in taal senso..

d) L’ultimo interrogativo che si apre vede Cengio non solo come propaggine periferica del degrado della provincia savonese, perché la drammatica vicenda dell’ACNA non è mai stata una questione “provinciale”, e questo attuale capitolo “carcerario” della sua storia ne rivela la portata emblematica a livello nazionale. In questa ottica si pone come paradigma del fallimento delle scelte e decisioni incentrate su quelle “ politiche ambientali” sbandierate da quella stessa parte portatrice della petizione che – avendo decennali responsabilità di governo – è responsabile dell’abbandono in cui un intero territorio, fulcro di un modello di sviluppo scellerato, è stato lasciato in abbandono. senza alternative.

Concludendo, la questione del carcere per Cengio ha costituito un duplice fallimento, non solo per le speranze prima alimentate e poi tradite, infatti, nemmeno in questa occasione, da parte dei solerti politici intervenuti a vario titolo, ci si è posti il problema prioritario di “RISARCIRE” con urgenti e concreti interventi per lo sviluppo economico-produttivo gli abitanti di Cengio e dei paesi circostanti per il DANNO sanitario/esistenziale/ economico/ambientale/sociale loro inflitto per molti decenni (pre e post ACNA, poiché alla chiusura dello stabilimento è seguito un totale abbandono da parte dei politici e degli amministratori competenti ad intervenire).
Va poi ribadito che in questa occasione si è ripresa la trista abitudine di agitare su Cengio e i paesi contigui, liguri e piemontesi, lo spettro della “fabbrica dei veleni” (citando la definizione riapparsa sugli articoli citati ad esempio), “diffamando” tout court – è il caso di dirlo – un territorio in mancanza di dati aggiornati sulla situazione reale delle bonifiche intercorse, e attizzando nel contempo le preoccupazioni localmente sopite circa lo stato dei luoghi, mentre la vivibilità sperimentata nel presente, (in cui nei paesi circostanti si fa villeggiatura nel verde), era già considerata pressoché acquisita,

Non è il caso di fare in questa sede ricostruzioni “storico/sociologiche/ ambientali”, in quanto il
disastro all’epoca prodotto da politiche industriali ed economiche che hanno devastato Cengio, penalizzando a 360 gradi la popolazione locale, sono arcinote. Per rinfrescarsi la memoria basta leggere alcuni pareri e considerazioni del Sindaco di Cengio Dotta, pubblicate a più riprese, che rimarcano l’attuale situazione di desertificazione socioeconomica e produttiva della cittadina dintorni. Sia ben chiaro, non si mettono in dubbio i requisiti di Cairo Montenotte per l’insediamento del carcere. A ben vedere Cengio meritava e merita qualcosa di molto più di un carcere, e subito. Roma permettendo.
Carla Rossi

(Casalinga e pensionata. Diploma magistrale, impegnata in varie associazioni di volontariato torinesi)

 


Avatar

Trucioli

Torna in alto