Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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L’occasione è perduta
Il treno energetico della green economy


Il prossimo 31 dicembre l’Italia dovrà presentare a Bruxelles il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC). Obiettivi assegnati dall’UE al 2030: l’Italia dovrà ridurre le emissioni nei settori non ETS del 33% rispetto ai valori 2005. Per il comparto ETS non è previsto come un obiettivo nazionale, ma come un’omogenea riduzione del 43% (vs 2005) a livello Europeo.

      di Giampiero Cardillo

 Tre sono i “motti” che caratterizzano il piano:

  • IL CITTADINO AL CENTRO DELLA TRANSIZIONE ENERGETICA ITALIANA DESTINATARIO E PARTE ATTIVA DELLA POLITICA SUL CLIMA E L’AMBIENTE;
  • UNA SOCIETÀ I CUI BENEFICI SONO CORRELATI ALL’AMBIENTE SECONDO UN’OTTICA DI ECONOMIA CIRCOLARE;
  • ENERGIE PULITE COME ALLEATE PER UNA RICONVERSIONE INDUSTRIALE ED ECOLOGICA DEL NOSTRO PAESE;

Gli estensori definiscono il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima come:  “L’INIZIO DI UN IMPORTANTE CAMBIAMENTO NELLA POLITICA ENERGETICA E AMBIENTALE DEL NOSTRO PAESE”. Inoltre gli estensori dichiarano che Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima dovrà raggiungere e superare gli obiettivi dell’UE: EFFICIENZA E SICUREZZA ENERGETICA; UTILIZZO DI FONTI RINNOVABILI; MERCATO UNICO DELL’ENERGIA E COMPETITIVITÀ, CON IL CITTADINO AL CENTRO DELLA TRANSIZIONE ENERGETICA ITALIANA DESTINATARIO E PARTE ATTIVA DELLA POLITICA SUL CLIMA E L’AMBIENTE.

Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima. UNA SOCIETÀ I CUI BENEFICI SONO CORRELATI ALL’AMBIENTE SECONDO UN’OTTICA DI ECONOMIA CIRCOLARE. Il piano si struttura su cinque Linee di intervento, che si svilupperanno in maniera integrata:

  • Decarbonizzazione;
  • Efficienza;
  • Sicurezza energetica;
  • Sviluppo del mercato energetico interno dell’energia;
  • Ricerca,innovazione e competitività.

Obiettivi del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima sono:

  • -56% DI EMISSIONI NEL SETTORE DELLA GRANDE INDUSTRIA;
  • -34,6% da TERZIARIO, TRASPORTI TERRESTRE E CIVILE;
  • +30% RINNOVABILI.

Si dichiara e si ribadisce che: “L’AMBIENTE VERRÀ PRESERVATO CONCILIANDO SVILUPPO INDUSTRIALE E SCELTE ECOLOGICHE. QUESTO È L’OBIETTIVO DEL PIANO NAZIONALE PER L’ENERGIA E IL CLIMA” e che: “IL PIANO ENERGIA E CLIMA NON È SOLO UNA MANOVRA DI POLITICA ENERGETICA MA UN CAMBIO DI PARADIGMA” e, infine, che trattasi di:”UNA TRANSIZIONE EQUILIBRATA CHE AFFRONTA I CAMBIAMENTI CLIMATICI SENZA LASCIARE NESSUNO INDIETRO”.

Tale sforzo di immaginazione e di governance lo si deve al l’inedito contributo combinato disposto da ben tre Ministeri: Sviluppo economico, Ambiente e Trasporti. Un fatto epocale, senza dubbio. Quantomeno per il concerto interministeriale perseguito, in genere non facile da ottenere.

Ma c’è di più: si legge nella presentazione che: “IL PIANO ENERGIA E CLIMA È UN PERCORSO: GRAZIE AL PORTALE E ALLA VAS, VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA, TUTTI GLI STAKEHOLDERS POTRANNO DARE IL LORO CONTRIBUTO”.

Il contesto EU sembra essere stato soddisfatto, giacché il Piano (PNIE) affronta i sei punti caratterizzanti richiesti in sede EU per il 2030 nella Clean Energy for all Europeans Package, in continuità con il precedente Pacchetto energia e Clima 2020:

  • REGOLAMENTO EMISSION TRADIGN SYSTEM (ETS);
  • REGOLAMENTO EFFORT SHARING (ESR);
  • DIRETTIVA PRESTAZIONI ENERGETICHE DEGLI EDIFICI (EPBD);
  • DIRETTIVA EFFICIENZA ENERGETICA (EED);
  • DIRETTIVA FONTI RINNOVABILI (RED II);
  • REGOLAMENTO GOVERNANCE.

Il PNIEC è stato presentato in bozza come dovuto nel 2018 e entro dicembre dovrà essere, come già detto, presentato in EU in forma definitiva, definendo “traiettorie e misure in ordine alle cinque linee di intervento sopra dichiarate. Per la UE, nel 2030, l’Italia dovrà ridurre le emissioni nei settori non ETS del 33% rispetto ai valori 2005. Per il comparto ETS non è previsto un obiettivo nazionale, ma un’omogenea riduzione del 43% (vs 2005) a livello Europeo.

Nel Piano italiano, l’obiettivo della quota FER nei consumi finali lordi di energia, è pari al 30% al 2030 (18% al 2017). Una  accelerazione è prevista a partire 2020, concordemente con il dispiegarsi delle politiche impostate.

Nel Piano Nazionale, rispetto alle FER (fonti energetiche rinnovabili), si prevede la crescita della quota FER nei consumi elettrici, che salgono al 55% al 2030 (34% al 2017), con accelerazione dal 2025. Che, si aggiunge, è un “obiettivo sfidante anche visto l’andamento crescente dei consumi elettrici, dovuto all’elettrificazione”.

Le misure e gli orientamenti previsti da Piano Nazionale, sono:

  • Procedure competitive e PPA per grandi impianti;
  • Sostenibilità ambientale e concertazione con il territorio;
  • Promozione dell’autoconsumo;
  • Preservare e ottimizzare la produzione esistente, al netto dei bioliquidi;
  • Isole minori come laboratorio.

Gli obiettivi nel settore trasporti, previsti nel Piano, sono:

  • Obbligo di immissione in consumo più ambizioso di quello definito nella RED II (da 14% a 21,6%);
  • Quota dei biocarburanti avanzati pari all’8% al 2030 (più ambizioso del 3,5% previsto dalla RED II);
  • Crescita dell’energia elettrica rinnovabile su strada (fino a 380 ktep).

Per le FER nel settore termico si prevedono I seguenti obiettivi:

  • Peso crescente delle pompe di calore elettriche e a gas nel mix termico rinnovabile;
  • Contributo costante degli impianti di riscaldamento a biomasse solide;
  • Miglioramento delle prestazioni energetiche ed ambientali degli apparecchi a biomassa;
  • Ruolo crescente del solare termico e del TLR in sistemi integrati di produzione di calore efficiente e rinnovabile;

In ordine all’efficienza energetica, il Piano indica i seguenti obiettivi:

  • Riduzione dei consumi di energia Primaria al 2030 a 125 Mtep, pari al -43% rispetto a scenario riferimento Primes 2007. Con 0,935 Mtep cumulati ogni anno arriviamo al totale di 51,4 Mtep di risparmi di energia finale riconducibili a politiche attive dal 2021 al 2030 per conseguire il target art. 7 EED.

Potrei continuare l’illustrazione del Piano, dettagliando ancora circa gli obiettivi prefissati. Rimando a ciò che spiega il sito governativo Energiaclima2030 dove si può trovare molto altro. Ma il già descritto basta per fare delle riflessioni. Quello che già emerge leggendo quanto descritto innanzi è che il Piano Italiano mostra senza dubbio il fatto di volere e potere ottemperare con larghezza alle direttive EU.  Anzi, il Piano Italiano va ben oltre gli obiettivi assegnati per il 2030, avendo già conseguito in anticipo importanti risultati già negli anni passati. Ma in questo proposito assai diligente manca qualcosa da non sottovalutare.

Proprio partendo dall’obiettivo EU di includere l’ambiente fra gli obiettivi del Piano energetico comunitario, così ben recepito nel Piano nazionale, occorre riflettere circa l’assenza nel Piano nazionale di un aggancio dei temi dell’energia al risanamento e alla rinascita ambientale. Forse si sta perdendo una occasione non creando questa possibile sinergia, essendo state previste per il Piano energetico rilevanti risorse private, pubbliche, nazionali e europee che, almeno in parte potrebbero essere utilizzate anche per favorire investimenti al fine di creare una economia della bonifica, ad esempio. I rifiuti come fonte energetica è per molte economie europee un dato di fatto, fino al punto che siamo per loro fornitori paganti e non pagati  di materiale energetico che esportiamo a caro prezzo, sia esso ordinario rifiuto o materiale pericoloso.

Una assurdità. I nostri giacimenti di rifiuti, palesi o occulti, più o meno tremendamente pericolosi, dovranno diventare prima o poi una risorsa.E per prima cosa una risorsa energetica, la più collaudata in Europa, che fornisce risultati eccellenti per l’ambiente e l’economia nazionale di chi ha provveduto a creare una economia della bonifica prima e una economia del rifiuto, poi. mSe perdiamo questo treno energetico, favorito dalla montante green economy planetaria, perdiamo una occasione storica.

È questo il momento di agire con decisioni forti e organizzate sul piano nazionale e internazionale, cercando supporti scientifici, organizzativi, normativi laddove questa sinergia rifiuto-energia già funziona. E sappiamo bene dov’è che funziona: coincide con quei Paesi dove esportiamo, pagando, i nostri rifiuti (Francia, Austria, Germania, Olanda, Inghilterra, Spagna, Slovenia). La plastica la esportiamo finanche in Vietnam e in Malesia. È il momento di mettere in moto un grande progetto per una grande impresa federale europea, che coniughi energia e salute del territorio.

Abbiamo i margini necessari grazie al buon andamento della produzione di energia da FER già arrivata oltre le richieste EU. Perciò sarebbe utile rinunciare ad essere i primi della classe in quel comparto per finanziare la nascita di una economia straordinaria della bonifica prima e di una economia ordinaria del rifiuto poi, dirottando obiettivi e provvidenze, dirette e indirette. Per fare questo, però,  occorre iniziare, con ogni urgenza, dall’eliminare ciò che il prof. Cassese ha indicato con chiarezza : ” Il corpo politico, impegnato in una campagna elettorale permanente, non governa. Procure, Corte dei conti e apparato amministrativo contribuiscono al blocco della economia nazionale”.

Occorre, perciò,  riscrivere regole e competenze, far accettare un rischio ragionevole a chi dirige e firma, togliere dalla PA la “paura della firma[6], per poter amministrare un Piano energetico  rivisitato in extremis quest’anno  e in itinere, negli anni a venirereso autenticamente innovativo agganciando le vere emergenze ambientali. In premessa il Piano energetico italiano richiama ecologia e ambiente più volte. Nessuna contraddizione, perciò. Solo un reindirizzo necessario, indispensabile.

Il combinato disposto: energia, rifiuti, nuova amministrazione,  cambierebbe molto di ciò che non funziona nella nostra economia, con la “protezione” di un favorevole trend dell’economia internazionale che si vorrebbe green, da intendersi, senza dubbio, comprensiva del risanamento e della rigenerazione territoriale. Il recupero di un intero comparto ora in crisi gravissima dell’economia nazionale, le costruzioni di ogni tipo, avrebbe trovato ossigeno già nel 2010, recuperato, senza esiti notevoli, nel 2017[7], quando il prof. Prodi fece lanciare dalla sua Nomisma un piano intelligente di contenimento dei consumi energetici dell’edilizia pubblica.

Prima che sia troppo tardi. Il Sistema Europeo di Scambio di Quote di Emissione (EU ETS) è il principale strumento adottato dall’Unione europea, in attuazione del Protocollo di Kyoto, per ridurre le emissioni di gas a effetto serra nei settori energivori. Istituito dalla Direttiva 2003/87/CE (Direttiva ETS), l’EU ETS regolamenta il cap&trade in Europa per gli impianti industriali, per il settore della produzione di energia elettrica e termica e per gli operatori aerei.

Quadro 2030 per il clima e l’energia (fonte: ec.europa.eu)

                    a.Politica

Il quadro 2030 per il clima e l’energia comprende obiettivi e obiettivi politici a livello dell’UE per il periodo dal 2021 al 2030.

                    b.Obiettivi chiave per il 2030: una riduzione almeno del 40% delle emissioni di gas a effetto serra (rispetto ai livelli del 1990), una quota almeno del 32% di energia rinnovabile, un miglioramento almeno del 32,5% dell’efficienza energetica. Il quadro è stato adottato dal Consiglio europeo nell’ottobre 2014. Gli obiettivi in materia di energie rinnovabili e di efficienza energetica sono stati rivisti al rialzo nel 2018. Emissioni di gas a effetto serra – una riduzione pari ad almeno il 40%. Un obiettivo vincolante di ridurre entro il 2030 le emissioni nell’UE di almeno il 40% rispetto ai livelli del 1990. Ciò consentirà all’UE di progredire verso un’economia a basse emissioni di carbonio e di rispettare gli impegni assunti nel quadro dell’accordo di Parigi.

Per conseguire l’obiettivo: i settori interessati dal sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (ETS) dovranno ridurre le emissioni del 43% (rispetto al 2005); a questo scopo l’ETS è stato rivisto per il periodo successivo al 2020. I settori non interessati dall’ETS dovranno ridurre le emissioni del 30% (rispetto al 2005); ciò si è tradotto in singoli obiettivi vincolanti nazionali per gli Stati membri. Energie rinnovabili – aumento della quota ad almeno il 32%. Un obiettivo vincolante in materia di energie rinnovabili per l’UE per il 2030 pari ad almeno il 32% del consumo finale di energia, compresa una clausola di revisione entro il 2023 per una revisione al rialzo dell’obiettivo a livello UE.

L’obiettivo iniziale di almeno il 27% è stato rivisto al rialzo nel 2018. Efficienza energetica – aumento di almeno il 32,5%. Un obiettivo chiave di almeno il 32,5% per l’efficienza energetica da raggiungere collettivamente nell’UE nel 2030, con una clausola di revisione al rialzo entro il 2023. L’obiettivo iniziale di almeno il 27% è stato rivisto al rialzo nel 2018.

                    c.Sistema di governance

Verrà ulteriormente approfondito un processo di governance trasparente e dinamico che contribuirà alla realizzazione degli obiettivi dell’Unione dell’energia, compresi gli obiettivi del quadro per il clima e l’energia 2030, in modo efficiente e coerente. L’UE ha adottato norme integrate di monitoraggio e comunicazione per garantire il progresso verso il conseguimento degli obiettivi in materia di clima ed energia per il 2030 e dei suoi impegni internazionali nel quadro dell’accordo di Parigi. In base ai principi per legiferare meglio, il processo di governance comporta consultazioni con i cittadini e le parti interessate. I piani nazionali per l’energia e il clima. Gli Stati membri sono tenuti ad adottare piani nazionali integrati per il clima e l’energia per il periodo 2021-2030. Gli Stati membri dovevano presentare i loro progetti di piani entro la fine del 2018. I piani finali devono essere presentati entro la fine del 2019.

Strategie nazionali a lungo termine. Nell’ambito del sistema di governance, gli Stati membri sono inoltre tenuti a elaborare strategie nazionali a lungo termine entro il 1º gennaio 2020 e a garantire la coerenza tra le loro strategie a lungo termine e i piani nazionali per l’energia e il clima.

MiSE, MATTM, MIT, con la collaborazione di GSE, RSE, ISPRA, ENEA, PoliMi. Al PNIE è aggiunta una “C” che sta per Clima, in ossequio alla sopravvenuta esigenza planetaria di una Green economy che salvaguardi la terra dai cambiamenti climatici imputati al carbonio eccessivo prodotto dalle attività umane. Il nostro è un Paese che piange vittime di un ambiente disconnesso o reso pericoloso e che conta 4 miliardi di danni l’anno per disastri ambientali. Il nostro è un Paese che ha una quarantina di grandi e pericolosissimi siti (SIN) impraticabili per profondo inquinamento, centinaia di siti di media grandezza nelle medesime condizioni, centinaia di migliaia di grandi, medi, piccoli e micro-siti contenenti amianto nelle varie forme. Il nostro è un Paese che in 60 anni è passato da 2,9% a 7,9% di suolo consumato e edificato malissimo, che ha costruito su terreni marginali impropri, come ex paludi, alvei di fiumi apparentemente disseccati, arenili, colline franose, etc.; è un Paese senza regole urbanistiche scientifiche e logiche, se non assenti o violate con sistematicità, come avvenne per Roma per il Piano Piccinato negli anni’60: una legge-ponte ne bloccò l’entrata in vigore per più di un decennio, rendendolo obsoleto e contraddittorio.

Il nostro è il Paese dei dieci condoni; un Paese dalle infrastrutture invecchiate, mal manutenzionate, incomplete; un Paese che si è dato norme che abbisognano di continui ricorsi commissariali e contro-norme sblocca-cantieri (una contraddizione mai risolta, né rilevata nella sua ampiezza). Una intelligenza del fenomeno  che, ove applicata, dovrebbe imporre un urgente nuovo e rivoluzionario codice appalti (basterebbe copiare ciò che funziona fin troppo bene altrove, accettando qualche rischio in più per nostre peculiari capacità criminali- quelle si ben organizzate- ma qualunque rischio accettato sarebbe comunque meglio della paralisi attuale che produce in abbondanza vittime, disoccupazione e povertà). Di intelligere il fenomeno perché una proposta concreta trovi posto nei programmi politici non si vede traccia,  per costruire, ricostruire, bonificare, rigenerare, riordinare territorio già naturalmente difficile (saturo di rilievi e perciò di acque veloci ed erosive, esposto ai mari da ogni parte, sismicamente instabile, etc). Un territorio già devastato dagli ultimi 70 anni di anarchia.

Finora si è fatto  troppo poco, facendolo malissimo e sempre in enorme ritardo. Il nostro è un Paese che richiede anche 15 anni per passare dal rilievo dell’esigenza di un importante lavoro pubblico all’apertura del relativo cantiere e anche 30-40 e persino 60 anni (la SS 156) per concludere le opere e collaudarle, fallendo clamorosamente l’appuntamento con le possibili provvidenze europee, che in genere hanno un tempo di 4-5 anni per non divenire perenti, cioè inutilizzabili.

Il nostro è un Paese che per un’iniziativa privata che voglia costruire, ricostruire, risanare, rigenerare, bonificare, riordinare un piccolo brano di territorio vede passare non meno di tre anni per ottenere un primo consenso delle autorità preposte e più di dieci anni per concludere le opere, fallendo troppo spesso le possibilità di credito, gli obiettivi aziendali, per non parlare dei già citati sostegni finanziari europei.

Sabino Cassese, Corriere della Sera 19 novembre 2019, così conclude: “La burocrazia, additata come il maggiore colpevole, è invece depauperata e debole. È la maggiore azienda del Paese (20 per cento degli occupati), ma negli ultimi dieci anni ha perduto circa l’8 per cento degli addetti. È invecchiata (età media poco inferiore a 51 anni) e mal pagata. Ha perduto tutte le tecnostrutture, che sono state esternalizzate. È composta in larga misura di personale entrato senza concorso o con assunzione di idonei. Non ha né personale preparato dall’università (più del 60 per cento non è laureato), né personale preparato «on the job», né un sistema di valutazione del merito. Minacciata da leggi che mettono in mano alle procure persino la confisca dei beni, ha scoperto l’arte della procrastinazione, se non lo «sciopero della firma», per proteggersi. E la situazione peggiorerà, perché l’ineffabile ministra della Pubblica amministrazione, Fabiana Dadone, ha dichiarato che «abbiamo prorogato le graduatorie vecchie, quelle del 2011, al 31 marzo prossimo e quelle dal 2012 al 2015 al 30 settembre 2020 e stiamo aumentando la utilizzabilità degli elenchi del 2019» (Repubblica, 11 novembre 2019). Gli idonei (cioè i non vincitori di concorsi) sono stimati in 85 mila. Questi bloccheranno la strada ai giovani che si affacciano sul mercato del lavoro.

ENERGIA, ACCORDO NOMISMA-ENEA PER SVILUPPARE SOLUZIONI V.I.P. (VALORIZZAZIONE IMMOBILIARE PATRIMONI).

Sottoscritto un protocollo d’intesa tra Nomisma ed ENEA per promuovere strumenti tecnico-economici utili ad avviare processi di valorizzazione del patrimonio immobiliare delle Amministrazioni Pubbliche attraverso l’efficientamento energetico. Roma, 22 novembre 2017 – Promuovere interventi di efficientamento energetico per ottimizzare i consumi e ridurre i costi energetici ai fini della valorizzazione del patrimonio edilizio della Pubblica Amministrazione è l’obiettivo del Protocollo d’Intesa firmato da ENEA e Nomisma.

L’Accordo, sottoscritto dal Presidente di ENEA Federico Testa e dall’Amministratore Delegato di Nomisma Luca Dondi dall’Orologio, avrà durata triennale e punta alla creazione di un team che supporti le Amministrazioni a valutare con competenza, trasparenza e tempestività le componenti ritenute determinanti per la sostenibilità dei progetti: socio-economico-immobiliare in un’ottica di marketing territoriale, tecnico-strutturale in una logica di diversificazione funzionale, finanziaria per la credibilità delle iniziative. La novità del metodo proposto da ENEA e Nomisma sta nel procedere in maniera integrata sulle tre componenti sin dalle prime fasi di analisi e con un livello di dettaglio non eccessivamente oneroso, per definire la sostenibilità e le condizioni di fattibilità di un’idea progettuale in tempi rapidi e a costi contenuti.

“Con questo accordo vogliamo rendere disponibili le competenze tecnico-scientifiche, maturate in qualità di Agenzia Nazionale per l’efficienza energetica, alle Amministrazioni Pubbliche interessate a valorizzare il proprio patrimonio immobiliare attraverso interventi di efficientamento e riduzione degli sprechi – ha sottolineato il Presidente dell’ENEA Federico Testa. La collaborazione con Nomisma si inserisce nel solco di progetti già avviati dall’ENEA per la promozione della rigenerazione urbana del territorio nazionale e il miglioramento delle prestazioni energetiche”.

Per Luca Dondi dall’Orologio, Amministratore Delegato Nomisma: “Da centro studi economici, Nomisma sta sempre più assumendo i connotati di società in grado di sviluppare tools tecnico- economici. Abbiamo maturato una significativa esperienza nell’attività di valorizzazione dei portafogli immobiliari e siamo consapevoli dell’importanza di sostenere con incisività i processi decisionali, specie pubblici, prima ancora di elaborare complessi progetti di rifunzionalizzazione degli asset immobiliari. Attraverso la collaborazione con ENEA ci prefiggiamo l’obiettivo di sperimentare l’efficacia di un nuovo prodotto agile e flessibile che metta un’Amministrazione finalmente moderna e pragmatica nelle condizioni di valutare iniziative specifiche, concrete e credibili per trasformare il patrimonio in occasione di sviluppo socio-economico-territoriale o, quantomeno, per ottimizzarne i flussi di cassa.”

L’accordo consente inoltre di soddisfare il crescente fabbisogno di valorizzazione del patrimonio immobiliare e di far emergere una domanda da parte dei soggetti proprietari: amministrazioni pubbliche, proprietari immobiliari, condomini. In questa prospettiva, Nomisma ha creato un sito web (www.nomisma.it/vip-solutions) per raccogliere manifestazioni di interesse da parte di proprietari immobiliari per interventi di riqualificazione energetica e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico italiano.

Ad oggi, secondo un censimento realizzato dal Dipartimento del Tesoro (relativo al 66% degli Enti Pubblici), la Pubblica Amministrazione detiene circa 864 mila immobili per un totale di 353 milioni di mq di superficie. Tra gli immobili adibiti a fini istituzionali, la parte preponderante in termini di superficie è rappresentata da edifici scolastici (89,5 milioni di mq), impianti sportivi (47 milioni di mq) e uffici (39,4 milioni di mq), mentre gli immobili con finalità residenziali e commerciali occupano una superficie pari a 40,3 milioni di mq.

Giampiero Cardillo

 


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