Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Lettera/ A 6 Torino-Savona il vero dissesto?
E’ quello forestale! Soluzione senza sprechi


Al solito i politici fanno a gara per cavalcare i cosiddetti disastri ambientali, che però possano poi motivare le loro richieste di soldi per stanziamenti faraonici con la scusa di impedire il “dissento idro-geologico”.

E così, con i soldi sventrano le montagne con opere spesso disastrose dal punto di vista ambientale e paesaggistico (e non poche volte creando i fattori che poi innescano proprio i dissesti!). E quasi sempre senza risolvere i problemi per le finalità per cui si richiedono i fondi. Certi fenomeni fanno parte di eventi naturali incontrollabili, e gli unici rimedi sarebbero il lasciare stare le cose come natura ha creato: nei corsi dei fiumi è normale che vi scorra l’acqua; ed è normale che ogni tanto l’acqua si gonfi fino ad esondare nei casi eccezionali. E l’unica prevenzione dovrebbe essere quella di non costruire nulla nei e nelle prossimità dei loro alvei e/o di spostare altrove il già costruito!

Nel caso, poi, del viadotto sulla A6 Torino-Savona, non esiste alcun dissesto idrogeologico: caso mai esiste un dissesto forestale! Nel senso che se quell’area boschiva a monte, che sembrerebbe essere stata diradata e/o devegetazionata (per farne un oliveto, o una vigna?), fosse rimasta tale non si sarebbe forse favorito la permeazione nella falda dell’acqua di quella pioggia intensa di oltre 48 ore che ha caratterizzato quei giorni, e forse la vegetazione avrebbe potuto mantenere il terreno e impedire la frana.

Ma come si può impedire il libero utilizzo dei terreni agricoli? In casi del genere non esiste soluzione, né esistono colpevoli, se non sperare che gli eventi meteorologici che scatenano questi fenomeni franosi, non si verifichino. In simili casi non resta quindi che sperare che non vi siano morti e che i danni non siano troppi; e poi provvedere a ricostruire le opere danneggiate. Uno spreco di soldi è quasi sempre il tentativo (purtroppo, amato dai politici!) di realizzare le cosiddette opere di prevenzione, che quasi sempre non prevengono un bel nulla!

Inutile continuare a ribadire l’esempio americano, che da noi viene quasi sempre deriso: per fare un esempio classico, da loro nessuno cerca di creare ostacoli ai tornado! Ci si limita a ricostruire quanto danneggiato dopo il loro passaggio. Un altro esempio: quando, qualche anno fa (1993), il Mississippi inondò vastissime zone del suo medio corso, semplicemente le autorità decisero di lasciare stare le cose come erano, e ridare al fiume quello che il fiume si era ripreso, limitandosi a spostare altrove le fattorie e rinunciando (come invece da noi si fa ostinatamente!) a coltivare campi in quelle zone che un tempo erano foreste fluviali o paludi – o, come avviene da noi, a costruire e aprire strade in zone ad elevata probabilità franosa.

In America la soluzione fu invece: lasciare quella terra al fiume, perché del fiume era sempre stata. Acquistando al patrimonio pubblico i terreni privati come forma di indennizzo a chi li aveva dissodati nell’illusione che il fiume non se li riprendesse: naturali aree di espansione dove non realizzare opere, anche se magari per decenni non vengono allagati. Quindi, non ostinarsi a costruire case e strade in colline a rischio frane o lungo gli alvei fluviali dovrebbe essere la prima opera di prevenzione: e sarebbe a costo zero! Ma siamo in Liguria e… se non girano i dané…!

Murialdo, Franco Zunino, Segretario Generale AIW

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