Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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La storia ‘segreta’ della nuova Monesi e di Terenzio Toscano volato in cielo a 80 anni


Avevo conosciuto Terenzio Toscano nel 1971, poco dopo il suo rimpatrio dal Perù. Era il professore di matematica nella sezione B delle scuole Medie di Ormea. Poteva vantare una laurea in Scienze Geologiche conseguita presso l’Università di Genova. Mi parlava della sua attività lavorativa nella importante azienda agricola che la famiglia possedeva in Perù; ricordava l’ascesa al potere, con colpo di stato, di Velasco Alvarado, Generale dell’esercito che a fine 1968 depose il Presidente peruviano Belaùnde Terry.

Tre edifici a confronto realizzati negli anni ’50 e ’60 dai Galleani nella nuova Monesi di Triora: l’albergo Redentore dove hanno soggiornato big come l’allora ministro della Difesa, poi degli Interni Paolo Emilio Taviani, con la famiglia, ma anche Claudio Scajola, ancora da sposare, anche lui con famiglia e i Verda (la futura moglie), raggiunse il massimo splendore con la gestione della famiglia dell’ex sindaco di Briga Alta, Guido Lanteri, figlie piccole, moglie e una zia in cucina, una seconda zia cameriera nella camere, tra i clienti molti genovesi dell’high society

Iniziò, da dittatore, la sua fase politica con l’esproprio della compagnia petrolifera statunitense International Petroleum Company, per passare alle forti restrizioni della libertà di stampa (peraltro pratica comune tutt’oggi, vedi gli arresti, le chiusure di giornali scomodi al potere, accade nella Turchia di Erdogan, nella Russia di Putin, in alcuni stati a democrazia personale dell’ex Unione Sovietica, nella Cuba dei Castro, solo per citare i casi più eclatanti). Ebbene Velasco confiscò giornali, televisioni, numerosi settori produttivi e promulgando, nel 1969, la riforma agraria e della pesca.

Questo comportò lo spossessamento forzato della Azienda agricola famigliare dei Toscano nella quale era stato capitalizzato tanto lavoro ed innumerevoli risorse. La famiglia Toscano (padre, madre e due figli) si trovò “alla porta” dalla sera alla mattina, con l’ordine di lasciare il Perù! Non rimaneva che il rientro in Italia, al borgo d’origine, Piaggia, nel 1947 assegnato al nuovo comune di Briga Alta dove, prima di partire per l’America del sud, il padre aveva avuto la possibilità di costruire casa e riscattare terre di alpicoltura. Negli anni ’20 del secolo scorso molti brigaschi emigrarono in sud-America; alcuni di essi, in Argentina (Provincia Santa Fe), fondarono un Comune ancora oggi chiamato Lanteri, dal loro cognome!

Con pubblico contratto di locazione del 1953, Pietro Toscano (padre di Terenzio primogenito e di Enrico) concedeva in locazione trentennale per il canone annuo di £. 5.000 al de Galleani N.H. Federico, (padre di Roberto, Ingo ed Enrico, con l’appellativo di conte e banchiere) che accettava: “una superficie di terreno nei Comuni di Triora e Briga Alta, regione Tanarello, da scegliere nella maggior estensione di terreno di proprietà del Signor Toscano Pietro, per stabilire dal signor de Galleani impianti di uno o più seggiovie, skilift, fabbricati per Alberghi o Pensioni, stazioni di arrivo o partenze delle seggiovie con belvedere ecc….Quando il locatario intendesse costruire fabbricati od erigere infissi sul terreno, il locatore si obbliga a cedere il relativo appezzamento di terreno per la costruzione coi necessari accessori al prezzo di lire una al metro quadrato, e per un massimo di mq. 20.000 circa” L’art. 9 del contratto prevedeva che “L’iniziativa del sig. de Galleani è destinata alla valorizzazione e potenziamento turistico e sportivo invernale ed estivo della zona di alta montagna”, motivo evidentemente giustificante l’esiguità delle cifre in gioco.    

Alla fine dell’anno 1983, pur con molte difficoltà per sciogliere la ormai scaduta locazione in

La stazione di partenza di quella che è stata la seggiovia più lunga d’Italia e che ora ospita l’albergo – ristorante La Vecchia Partenza della famiglia Porro, artigiani della pasta fresca, a Nava con origini a Mendatica. Poi l’immagine di un pastore cuneese transumante sui monti di Monesi e le stalle realizzate nella proprietà dei Toscano anche con finanziamenti agevolati pubblici

corso, i fratelli Toscano provvedevano a costituire due società con finalità di sviluppo e rilancio della stazione turistica di Monesi. L’una per la valorizzazione fondiaria, l’altra con finalità gestionali ed apporto dei necessari servizi turistico-sportivi. Nel 1983 era infatti scaduto il termine contrattuale della precedente gestione de Galleani, caratterizzata, negli ultimi anni, da alterne vicende il cui epilogo sconfinò in guai giudiziari. Una ‘spiata’, con lo zampino probabile dei servizi segreti deviati (P2), portò al clamoroso arresto di Enrico Galleani dopo che il locale commissariato di polizia di Alassio scoprì in un garage, riconducibile al ‘banchiere’, 60 candelotti di dinamite. Il caso volle che il ritrovamento, le manette, il processo per direttissima (come impone il codice) nei reati di armi ed esplosivi, avvenisse in coincidenza con una difficile trattativa per la vendita della Banca Galleani (Alassio, Albenga, Laigueglia, di fatto primo istituto di credito locale e famigliare che finanziava gran parte di attività alberghiere e commerciali, artigianali della Città del Muretto e non solo) con una banca del Levante Ligure (Banco di Chiavari) e dopo che erano fallite trattative con altre banche nazionali. Il Banco di Chiavari, per un periodo finì nell’orbita del Banco Ambrosiano salito al disonore della cronaca per  la vicenda del patron Roberto Calvi (suicidato sotto il ponte dei frati neri a Londra dopo una misteriosa fuga attraverso la Svizzera), in rapporti con Sindona (morto in carcere per autoavvelenamento), ma anche con lo Ior negli anni del cardinale Marcinkus e dei forzieri in cui la mafia ‘ripuliva il denaro sporco’.

Non solo, causa lotte famigliari tra le mogli di due fratelli, arrivò alla banca d’Italia un esposto dettagliato in cui si svelava l’esistenza di ‘conti segreti’ e denaro in nero,  diffusa evasione fiscale. Seguì una lunga ispezione ‘straordinaria’, una multa milionaria. Insomma, il tutto negli anni cruciali di dissidi in famiglia e con il valore della banca che scendeva precipitosamente, tanto che degli iniziali sette miliardi si arrivò a poco più di tre, scorporando alcune proprietà immobiliari. Monesi restò tra due fuochi e con la successiva morte per incidente sul lavoro di Armando Lanteri segnò il ‘colpo finale’ del tracollo.

Si presupponeva che le ampiamente sollecitate Pubbliche Amministrazioni competenti si sarebbero dotate dei necessari piani e strumenti necessari per permettere un corretto recupero e sviluppo della zona. Azioni necessarie ed auspicate. A parole, ma senza fatti conseguenti; così se ne riempivano la bocca anche i pubblici amministratori. Ovviamente bisogna ammettere che è mancata una decisa azione propulsiva da parte dei sindaci, allora in carica, delle vallate. Si pensi a Triora che ha sempre visto Monesi Nuova come ‘estranea al territorio’, ma utile per fare cassa, tuttora di Imu il Comune introita 50 mila euro l’anno. Si pensi a Mendatica, forse la più interessata e coinvolta e che grazie Monesi turistica, ha visto lo sviluppo immobiliare e recupero dei ‘tecci’ nella Monesi ‘antica’ e dei pastori. Non è un caso se l’unico teccio rimasto di proprietà mendaighina (eredi Corrado) era quello dei vecchi pastori Pelassa – Porro (Peantugnin e Cicchetta); altri tre mendaighini hanno mantenuto proprietà ma in nuove costruzioni (ex albergo), o nella vecchia sede della Guardia di Finanza di frontiera. Sono un centinaio complessivamente le unite immobiliari censite, box inclusi.

Torniamo a palare della Toscano story. Una delle neocostituite società, la “Nuova Monesi srl” rilevava dalla precedente gestione quanto rimaneva degli impianti di risalita; l’altra, “Il Redentore srl”, acquistava i rimasugli di aree che presumibilmente avrebbero dovuto essere urbanizzate. Avendone ottenuta l’autorizzazione dal Comune di Briga Alta sul quale territorio insisteva, e dalle competenti autorità Piemontesi, la Soc. Nuova Monesi provvedeva sollecitamente alla sostituzione dell’impianto di risalita “Plateau” – ormai obsoleto ed inadeguato per le sopravvenute norme di sicurezza – con altro di nuova costruzione, efficiente, a con portata di 720 sciatori all’ora.

Sul versante ligure del compendio sciistico, era giocoforza demolire l’esistente seggiovia, ormai ridotta ad un rottame, non più rispondente alla normativa del settore, mai adeguata e non più adeguabile alle norme di sicurezza nel frattempo emanate dalla Regione Piemonte. Ma come abbiamo già avuto modo di scrivere, una seggiovia gemella, realizzata due anni prima, è ancora attiva nel comprensorio di Merano. Sta di fatto che i misteriosi ‘canali piemontesi’ misero più volte in campo la burocrazia, come quando occorreva il ‘nulla osta’ per gli impianti invernali e la commissione si trovava magari in ferie, si rinviavano date e scadenze, mentre la stagione della neve era alle porte.

Non solo. Altri aspetti primari hanno caratterizzato la sorte di Monesi. Mancavano i necessari strumenti urbanistico-territoriali ed era impossibile poter individuare nuove linee di impianti di risalita. Per poter garantire il funzionamento e mantenere aperta la stazione turistica divenne scelta obbligata la messa in opera di costosi interventi di aggiornamento e di adeguamento tecnico e normativo sulle due esistenti sciovie “Tre Pini” e “Ü Baghettû”.

Nella allora esistente situazione della normativa urbanistico-edilizia non fu legalmente possibile procedere nemmeno alla costruzione di un minimo riparo per gli attrezzi e per i mezzi battipista e di servizi igienici di cui pur si rilevava estrema necessità!

Contrariamente alle accuse di immobilità artatamente messe in giro da detrattori e da possibili speculatori, i fratelli Toscano, compatibilmente con le loro forze e disponibilità, erano assai attivi per assicurare il mantenimento e sviluppo di una nuova Monesi. Non avevano certo in mente una montagna aggredita dal cemento: ciò che interessava era una stazione turistico-sportiva di ampio respiro, utile a valorizzare le alte valli Arroscia e Tanaro. Immediatamente dopo il loro ingresso diretto nella gestione, illudendosi circa la ventilata sollecita definizione degli strumenti urbanistici da parte degli Enti Pubblici (che si scaricavano le responsabilità gli uni con gli altri) avevano avviato contatti e trattative con importanti tour-operators e compagnie turistico sportive, per definire le caratteristiche e le finalità della nuova Monesi.

Eppure la rassegna stampa di allora – con l’eccezione del giornalista montanaro Luciano Corrado – continuava ad additare i Toscano, ottusi e miopi, tra i maggiori responsabili del disastro di Monesi nuova. E bisogna ammettere che i due fratelli non hanno mai smentito, mai una dichiarazione stampa, sempre chiusi nella riservatezza, convinti, forse anche sbagliando, di avere di fronte solo nemici, o meglio un ‘gruppo di volpi’ imperiesi (politici e massoni, a proposito si tratta della provincia con il più alto indice di fratelli muratori in proporzione ai residenti). Quale influenza abbia avuto questo connubio, anche se è ingiusto fare di ogni erba un fascio, non è difficile immaginarlo e vedi i risultati finali, dove siamo arrivati.

In particolare (si era nell’anno 1983), qualora la stazione turistica fosse stata in grado di accoglierli, l’Agenzia “Arthur-tour” di Boston si sarebbe potuta impegnare – a partire dall’inverno 1985 – a garantire alcune migliaia di presenze a Monesi da parte di cittadini americani fruenti di particolari “combinazioni neve” in Europa. La nota società “Intersport” di Berna nel 1983-84 aveva ripetutamente inviato suoi consulenti a Monesi per studiarne le suscettibilità. Aveva fatto seguito la visita del CEO che si era dichiarato disposto ad un impegno teso alla creazione ed alla gestione di una idonea e rilanciata stazione turistica . Anche una società turistica facente capo a una nota compagnia aerea nordamericana si era dimostrata interessata all’inserimento di Monesi (per la prossimità con la Costa Azzurra) nei propri programmi di viaggi turistici, data la possibilità di utilizzare l’aeroporto di Nizza normalmente fruibile dalla compagnia madre.

Quando si rappresentavano questi ‘piani e progetti’ di rilancio alla Pubblica Amministrazione, per tutta risposta una volta venne detto che “Monesi si sarebbe anche potuta espropriare… “! Che razza di amministratore!? Viene oggi da pensare; e si può ben immaginare la reazione dei fratelli Toscano che in Perù erano già stati espropriati di metà della loro vita! Una pubblica vergogna! Peggio del dittatore rosso peruviano ? Sta di fatto che dovettero far fronte alla ‘minaccia’ mettendo in campo un poderoso studio legale di Genova.

L’impossibilità di poter assumere qualsiasi futuro impegno per carenza di normativa urbanistica, quindi di certezza su ciò che sarebbe stato realizzabile e sulla predisposizione dei necessari progetti esecutivi, impediva la prosecuzione di seri e concreti rapporti. L’annoso perdurante stato di incertezza sulle intenzioni della P.A. circa il futuro di Monesi consigliava di non proseguire oltre. Chi poteva rischiare con i soldi propri ?  Nel periodo in cui fu sindaco Guido Lanteri ci furono altri tentativi di coinvolgere una grosso banca (allora San Paolo di Torino) che però era solo interessata a finanziare, eventualmente, operazioni di natura edilizia.

Monesi di Triora è stato il classico triste esempio di intervento nel quale l’investitore privato dipende totalmente dalle previsioni e dalla volontà dell’Ente Pubblico e deve programmare il ritorno dell’investimento esclusivamente in base a quanto gli viene concesso di fare. Era stato concesso niente: è stato realizzato niente! E’ vero che negli ultimi 15 anni è stata realizzata una nuova seggiovia, solo primo tronco e con la pazzesca limitazione (a tutela della nidificazione del gallo forcello) a non essere più attiva tutto l’anno come accadeva in passato, ma solo in presenza di neve. A questo si aggiunga che a fronte dell’impegno della Regione con la giunta Burlando (quattro visite e sopralluoghi a Monesi del presidente Burlando in compagnia di Raffaella Paita che fallirà nella scalata alla presidenza con la vittoria del forzista Giovanni Toti, ex direttore di Rete 4 del Gruppo Mediaset -Berlusconi), finì per perdersi il promesso finanziamento della Fondazione Carige, prima per i continui rinvii burocratici, lungaggini all’italiana, poi si aggiunse il ‘tracollo’ del gruppo dirigente con il ‘sommo pontefice’ della banca, Giovanni Berneschi, finito agli arresti ed accusato di aver sottratto una sessantina di milioni di euro, di aver concesso finanziamenti a gruppi imprenditoriali insolventi o che come gli ‘eredi Orsero‘  di Pietra Ligure di aver ‘distratto’ 60 milioni finiti misteriosamente nei paradisi fiscali e non recuperati.  Sta di fatto che il milione e rotti che serviva per completare la seggiovia fino a sotto il Redentore non sono stati trovati, eppure la struttura era un’attrazione da un milione di ‘biglietti’ venduti nel periodo in cui restò attiva tutto l’anno.

Dire che la politica ed i suoi maggiori rappresentanti imperiesi abbiano brillato per ‘salvare’ Monesi è un eufemismo. Non c’è neppure da fare retorica se si pensa che alcuni esponenti di spicco del potere politico ed economico imperiese aveva la ‘seconda casa’ o villa a San Bernardo di Mendatica, a Monesi, un sindaco di Mendatica è stato  autorevole vice presidente della Provincia in quota Lega Nord, un ex assessore in Regione e parlamentare ha origini a Mendatica. Non ha neppure giovato, anni or sono, quando la Provincia di Imperia (gli anni dei 13- 15 dirigenti, prima in Liguria, seconda solo alla Sicilia) fu protagonista con le iniziative della “Alpi Liguri Sviluppo e Turismo srl” . Gli anni del presidente Giuliano e soprattutto del presidente della società Gabriele Saldo, con seggiovia costruita dalla Provincia.  Con la Srl Alpi Liguri finita nel baratro di debiti ed insolvenza. Si è passati dalla gestione allegra alla liquidazione, con un capitale di 74 mila euro interamente versato e bruciato con un ‘buco’ di oltre due milioni.

Quel Saldo, già capogruppo di Forza Italia in Regione, esordio da vigile urbano nel Comune di Imperia, arrestato il 23 agosto 2017, tornato libero dopo gli arresti domiciliari, finito nei guai nell’ambito del suo ruolo di direttore di Rivieracqua ( su designazione politica), forse senza tener conto del flop della carovana di ‘Alpi Liguri’.  A  Saldo, assistito dall’avvocato Alessandro Mager, sono contestati la truffa e la rivelazione di segreti d’ufficio con il fardello dell’aggravante per presunti concorsi truccati. Le sentenze faranno ‘verità giudiziaria’, resta l’amarezza che un altro esponente di spicco con origini a Mendatica non ha lasciato un’eredità esaltante, senza per questo indicarlo a unico capro espiatorio.

Monesi dove si è sempre chiesto un’esame di coscienza ai fratelli Toscano, noi aggiungiamo che dovevano pure guardarsi alle spalle perchè in troppi hanno ignorato che molti altri avrebbero dovuto guardarsi allo specchio. La proprietà dei Toscano (700 ettari, territorio di Triora e Briga Alta, tra le province di Imperia e Cuneo) è in vendita dalla scorsa estate, ora, dopo la morte di Terenzio, restano eredi il fratello Enrico che vive ad Alassio e Tiziana Sabato che è stata dichiarata ‘erede universale’ nelle volontà testamentarie ed ha trasferito da anni la residenza da Piaggia (Briga Alta) a Pieve di Teco. Monesi può ritrovare la sua gloriosa storia con le armi della cultura e della buona politica, sottraendo alla burocrazia lacci e laccioli. Non è un caso il successo, pure nei piccoli paesi montani, del M5S che ha superato la Lega, ovvero i partiti: il sorpasso dei movimenti più vicini alla protesta. Restano i gangli della politica, servono atti consequenziali. Con le priorità assolute.

Quando leggiamo che dopo la visita di Salvini all’isola di Ischia (colpita dal terremoto a Casamicciola dove si è costruito di tutto e di più), anche l’isola di Capri chiede lo ‘stato di crisi’ (i prezzi immobiliari da quelle parti arrivano fino a 18 mila euro il mq. e nei 5 stelle lusso si paga fino a 800 – 1200 euro per la mezza pensione), potremmo chiederci come mai non ha fatto visita a Monesi alluvionata e ‘vietata’ da 17 mesi, e per quale ragione durante la campagna elettorale di marzo, per le politiche, non abbiamo ascoltato una pubblica dichiarazione in Tv a proposito di Monesi. E che tristezza, sempre in tv, seguire le conferenze stampa, dichiarazioni, incontri, senza che un giornalista presente rivolgesse una domanda sulla sorte di Monesi. Ci sarà pure una ragione.

Redazione di trucioli.it


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