Bologna, patria di Guglielmo Marconi, 11 maggio 2024, centocinquantesimo della nascita del grande scienziato.
di Sergio Bevilacqua
Al Nuovo cinema Modernissimo, un gioiello del Liberty riportato proprio ora agli antichi fasti da una fine ristrutturazione, si celebra un gioiello della scienza, la Radio, fonte di una delle più grandi rivoluzioni dell’umanità, la mediatizzazione estrema che collega tutti con tutti nel mondo di oggi. Anteprima per pochi intimi di “Marconi. L’uomo che ha connesso il mondo“, presente il cast, tra cui Stefano Accorsi, interprete dell’inventore bolognese. Abbiamo ricordato con Stefano e con il principe Giovanelli, discendente di Guglielmo Marconi, i comuni salotti romani di qualche lustro fa… Ed è stata l’utile introduzione per intuire qualcosa di più della miniserie TV che andrà in onda in prima serata su Rai 1 il 20 e 21 maggio.
Conosco bene lo scetticismo, giustificato da lustri di cose inguardabili, che accompagna le produzioni audiovisive italiane. Ma gli ultimi anni come per miracolo hanno cambiato il quadro: non ci contavo, e invece è avvenuto. Anche se non è da tutti accorgersene, perché il linguaggio filmico è sempre ambiguo e se lo guardi con intransigenza critica e voglia di distruzione ciò può avvenire quasi sempre. Gioco facile quando poi alle spalle ci sono decenni di disastri patetici.
Invece anche questo “Marconi” sorprende positivamente e conferma ciò che penso, e cioè che il vento del cinema italiano è cambiato e che avvengono prodotti di ottima qualità drammaturgica. Non è solo la ottima interpretazione del bolognese-a-sua-volta Stefano Accorsi nei panni del mitico Guglielmo che mi dà questo sentire: l’opera è incalzante, ben costruita, avvincente e giustamente colorita. I luoghi ed eventi identitari e conosciuti nella cultura popolare soprattutto delle prime generazioni post-belliche riguardo al bellissimo profilo di scienziato (Bologna, Pontecchio poi divenuta Pontecchio Marconi, Roma, il piroscafo Elettra come il nome della figlia, il caso del Titanic, il premio Nobel, i rapporti con Fermi, la scherma con il fascismo…) sono disegnati in modo leggero ed efficace, con un ottimo risultato divulgativo per le serate di prime time televisivo, per cui nasce la cosiddetta miniserie.
Un aspetto molto interessante, dove si sente la mano della regia di Lucio Pellegrini e non solo la vivacità del caso, potremmo definirlo il tema “scienza e potere”: e non mi abbandonerei alle retoriche ideologiche sul fascismo e basta. Ogni potere politico combatteva (e combatte, ma ora non da solo: ci sono i Grandi Gruppi Globali ad avere più forza degli Stati…) per avere le scoperte al suo servizio, e si contendeva gli scienziati che le potevano produrre. La metafora sottostante la bella produzione mostrata in anteprima al Modernissimo è proprio quella: le logiche politiche s’inseriscono come puri processi, facilitanti o meno, lo sviluppo di una certa sostanza dirompente, pragmatica nel senso più pieno, che in quegli anni era proprio legata alla fisica sperimentale, sia nelle comunicazioni (caso Marconi) ma anche alla fisica della materia (casi dei ragazzi di via Panisperna ed Enrico Fermi). Comunicazioni e nucleare: ecco lo scontro antropologico, prima che politcoide, del momento.
Tutto questo c’è. E la costruzione filmica è corretta nel linguaggio e nel montaggio. Le interpretazioni attoriali reggono alla perfezione per un’opera di divulgazione. Da non perdere in tv: sono certo di questo consiglio e riguarda anche i tromboni, non solo i semplici fruitori di un ottimo spettacolo di prime time televisivo.
Sergio Bevilacqua