Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Il XXXIII canto-bis del Paradiso
A 700 anni dalla morte di Dante Alighieri
a leggere l’anonimo studioso si scopre che…


Dopo l’Inferno XXXIV-bis e il Purgatorio XXXIII-bis, poteva mai mancare… un salto in Paradiso XXXIII-bis del solito Pseudo-Dante? Eccolo! Si può proprio dire: “finis coronat opus” (la fine corona l’opera, è coronamento dell’opera). 1321-2021: A 700 anni dalla morte di Dante Alighieri l’anonimo studioso, oltre al XXXIV canto-bis dell’Inferno e al XXXIII canto-bis del Purgatorio». Ha rinvenuto, rimasto ignoto fino ad oggi, anche il XXXIII canto-bis del Paradiso». A leggerlo si scopre che l’uno, il «XXXIII originale». E l’altro, il «XXXIII-bis», procedono umilmente sulle stesse rime.

PARADISO XXXIII                    PARADISO XXXIII-bis (pseudoDante)

«Vergine madre, figlia del tuo figlio,            Mi guardo intorno e un poco mi ripiglio,

umile e alta più che creatura,                ché ‘l mal flagello, per la curvatura,

termine fisso d’eterno consiglio,         3    pare a tratti ritrarre il proprio artiglio.

tu se’ colei che l’umana natura            Di certo quella vita fra le mura,

nobilitasti sì, che ‘l suo fattore            accolta con fastidio e con tremore,

non disdegnò di farsi sua fattura.         6    per troppa gente è stata una iattura;

Nel ventre tuo si raccese l’amore,            ma sono tanti che c’han messo il cuore,

per lo cui caldo ne l’eterna pace            mostrando quel carattere pugnace

così è germinato questo fiore.             9    che ha reso il popol tutto vincitore.

Qui se’ a noi meridiana face                Se per molti il remedio più efficace

di caritate, e giuso, intra i mortali,            avuto ha solo effetti minimali,

se’ di speranza fontana vivace.         12    a Medici e Infermieri certo spiace,

Donna, se’ tanto grande e tanto vali,            ché lor lotta gestita contra i mali

che qual vuol grazia ed a te non ricorre,            per elli è stata dura, quindi occorre

sua disianza vuol volar sanz’ali.         15    considerarli esseri speciali.

La tua benignità non pur soccorre            Non posso, a tal riguardo, non proporre

a chi domanda, ma molte fiate            le persone in eterno addormentate:

liberamente al dimandar precorre.         18    la loro fine non poté disporre

In te misericordia, in te pietate,            in riti sacri e lacrime versate

in te magnificenza. In te s’aduna            che tanti cuori e anime accomuna

quantunque in creature è di bontate.         21    agli estinti cui erano legate.

Or questi, che da l’infima lacuna            Sì, c’è stata, si sa, qualche sfortuna,

de l’universo infin qui ha vedute            ma ‘l disastro avuto ha punte acute,

le vie spirituali ad una ad una,         24    pur se la cura è stata più opportuna

supplica te, per grazia, di virtute            nel salvare le forme più temute,

tanto, che possa con li occhi levarsi            quelle da cui è d’uopo riguardarsi

più alto verso l’ultima salute.             27    e per cui tante vite fûr perdute.

E io, che mai per mio veder non arsi            Osiamo dir vicina la catarsi,

più ch’i’ fo per lo suo, tutti miei preghi            non certo per inutili ripieghi,

ti porgo, e prego che non sieno scarsi,          30    ma per l’impegno serio di lavarsi

perché tu ogni nube li disleghi            le mani e la distanza dai colleghi,

di sua mortalità co’ preghi tuoi,            le mascherine messe prima e poi

sì che ‘l sommo piacer li si dispieghi.         33    sì ch’ognuno nel morbo non anneghi.

Ancor ti prego, regina, che puoi            Qualcuno, e c’è stato anche fra noi,

ciò che tu vuoli, che conservi sani,            per sfuggire ai divieti quotidiani

dopo tanto veder, li affetti suoi.         36    è ricorso ai più strani sviatoi:

Vinca tua guardia i movimenti umani    :        chi doveva portare fuori i cani,

vedi Beatrice con quanti beati                chi acquistar pe’ i figli dei… gelati,

per li miei preghi ti chiudon le mani!»          39    chi era in grado oggi, e non domani.

Li occhi da Dio diretti e venerati,            Ma tutti un po’ ci siamo abbandonati

fissi ne l’orator, ne dimostraro            al fatto di lasciar ogne riparo,

quanto i devoti preghi le son grati;         42    essendo d’aria e libertà affamati.

indi a l’eterno lume si drizzaro,            E non è certo, dico, un caso raro

nel qual non si dèe creder che s’invii            che cedere si debba ai logorii

per creatura l’occhio tanto chiaro.         45    anche per la mancanza di denaro:

E io ch’al fine di tutt’i disii                e qui basta evitare i brontolii

appropinquava, sì com’io dovea,            di quando si discute in assemblea

l’ardor del desiderio in me finii.         48    in cui non cessan mai i borbottii

Bernardo m’accennava e sorridea            che sfocian sempre in lunga logorrea

perch’io guardasse suso; ma io era            senz’affrontar la realitade vera

già per me stesso tal qual ei volea;         51    per porre in atto ciò che occorrea.

ché la mia vista, venendo sincera,            Doppo lo Inferno e il Purgatorio c’era

e più e più entrava per lo raggio            ne ‘l Paradiso da finire il viaggio

de l’alta luce che da sé è vera.             54    Sperando poi d’uscir de la bufera.

Da quinci innanzi il mio veder fu maggio        Paradiso è abbracciarsi quand’a maggio

che ‘l parlar nostro, ch’a tal vista cede,            potremo abbandonar la nostra sede

e cede la memoria a tanto oltraggio.         57    e stringerci le mani con coraggio;

Qual è colui che somniando vede,            Paradiso ascoltar è chi ci chiede

che dopo il sogno la passione impressa            solidale amicizia oppur ci stressa,

rimane; e l’altro a la mente non riede,         60    chi è in difficoltà e più non crede

cotal son io, che quasi tutta cessa            al lieto fine e più non si interessa;

mia visïone ed ancor mi distilla            Paradiso è scortare chi vacilla

nel cor lo dolce che nacque da essa.        ..63    ne’ momenti infelici e ne la ressa

Così la neve al sol si disigilla;                di aspertità non ha vita tranquilla;

così al vento ne le foglie levi                Paradiso è alfine se sollevi

si perdea la semenza di Sibilla.         66    a ‘l Cielo ch’è lontan la tua pupilla

O somma luce, che tanto ti levi            e che i tormenti sa rendere lievi

da’ concetti mortali, a la mia mente            a chi è giusto e vive onestamente:

ripresta un poco di quel che parevi,         69    Francesco afferma con parole brevi

e fa la lingua mia tanto possente            chela speranza è ‘l mezzo più potente

ch’una favilla sol de la tua gloria            e chi spera fa cosa meritoria

possa lasciare ala futura gente         72    non sol per sé, ma per tutta la gente.

ché, per tornare alquanto a mia memoria        E Angelo Bagnasco alla memoria

e per sonare un poco in questi versi,            richiama, in questi tempi tanto avversi,

più si conceperà di tua vittoria.         75    che ‘l covid abbia forza inibitoria

Io credo per l’acume ch’io soffersi            al disamore in cui noi siamo immersi

del vivo raggio, ch’io sarei smarrito,            e, sull’esempio del pasqual convito,

se li occhi miei da lui fossero aversi;         78    di vera fede ognun possa avvalersi:

e’ mi ricorda ch’io fui più ardito            da colui che nel bene è raddolcito

per questo a sostener, tanto ch’i’ giunsi            in fino a chi, ma questo io l’aggiunsi,

l’aspetto mio col valore infinito.         81    nel male e nel peccato è più incallito.

Oh abbondante grazia ond’io presunsi            Cercando aiuto da Fra Ezio giunsi,

ficcar lo viso per la luce eterna,            ch’al par de l’evangelica lucerna

tanto che la veduta vi consunsi!         84    con magno piacimento io raggiunsi

Nel suo profondo vidi che s’interna,            là, nell’Antica Farmacia fraterna

legato con amore in un volume,            di Sant’Anna ov’egli dà il suo lume

ciò che per l’universo si squaderna;         87    per lenire e sanar la pena odierna

sustanze e accidenti e lor costume            con natural sustanze: lo suo acume,

quasi conflati insieme, per tal modo            a vantaggio d’ognun ognora lodo,

che ciò ch’i’ dico è un semplice lume.          90    ché lo spande com’è lo suo costume:

La forma universal di questo nodo            s’è ver’il detto chiodo scaccia chiodo,

credo ch’i’ vidi, perché più di largo,            ei spiega claro e sanz’alcun embargo,

dicendo questo, mi sento ch’i’ godo.         93    come purificare proprio ammodo

Un punto solo m’è maggior letargo            quegli schermi pe ‘l volto in stile largo

che venticinque secoli a la ‘mpresa,            che dinanzi s’infilano a difesa

che fe’ Nettuno ammirar l’ombra d’Argo:     96    dal vil morbo, non già dal mostro Argo.

Così la mente mia, tutta sospesa            Si dice che l’Italia è già in attesa

mirava fissa, immobile e attenta,            d’un vaccino sicuro, tal che annienta

e sempre di mirar faciesi accesa.         99    l’acre virus forzandolo alla resa;

A quella luce cotal si diventa,                verrà provato, qualchedun rammenta,

che volgersi da lei per altro aspetto            su molti volontari tra un mesetto

è impossibil che mai si consenta;        102    per frenar la virosi ch’è violenta.

però che ‘l ben, ch’è del volere obietto,            L’impegno forse giungerà ad effetto

tutto s’accoglie in lei; e fuor di quella            grazie a due aziende: italiana è quella

è defettivo ciò ch’è lì perfetto.        105    di Pomezia, è lì che un bel gruppetto

Omai sarà più corta mia favella,            di giovani studiosi sono in sella

pur a quel ch’io ricordo, che d’un fante            al fine di approntare l’adiuvante

che bagni ancor la lingua e la mammella.    108    contra questa epidemica procella;

Non perché più ch’un semplice sembiante        l’altra, che lotta nello stesso istante,

fosse nel vivo lume ch’io mirava,            è quella inglese e là si ricercava,

che tal è sempre qual s’era davante;        111    ad Oxford dico, cura più probante,

ma per la vista che s’avvalorava            mentre la pandemia che avanzava

in me guardando, una sola parvenza,            con rinnovata e grave virulenza

mutandom’io, a me si travagliava.        114    tutto e tutti tuttora minacciava.

Ne la profonda e chiara sussistenza            Se ‘l trattamento in esta evenïenza

de l’alto lume parvemi tre giri            otterrà ‘l risultato cui tu aspiri,

di tre colori e d’una contenenza;        117    favorita sarà la convivenza

e l’un da l’altro come iri da iri            e uscire si potrà fuor dei ritiri,

parea reflesso, e ‘l terzo parea foco            ove noi siam rimasti non per poco,

che quinci e quindi igualmente si spiri.        120    e rigustare l’aere che respiri.

Oh quanto è corto il dire e come fioco            Particulare laude qui invoco

al mio concetto! e questo, a quel ch’i’ vidi,        per l’ Uomini di Scienza e i loro gridi

è tanto che non basta a dicer ‘poco’.        123    a cui s’è data retta pressappoco;

O luce eterna che sola in te sidi,            pe ‘i Governanti, quelli a cui dissidi

sola t’intendi, e da te intelletta            di porre in chiaro e distillare spetta,

e intendente te, ami e arridi!            126    se d’alcuno di loro tu ti fidi;

Quella circulazion, che sì concetta            pe ‘i Politici, se di fila eletta,

pareva in te come lume riflesso,            che molti, non vo’ dir di qual congresso,

da li occhi miei alquanto circunspetta,        129    bazzican un’azione alquanto infetta;

dentro da sé, del suo colore stesso,            pe ‘i Volontari, quei d’ogni complesso,

mi parve pinta de la nostra effige;            che affiancano chiunque li dirige

per che ‘l mio viso in lei tutto era messo.    132    e la lor opra elli mai han smesso.

Qual è il geomètra che tutto s’affige            Qui giunti esto canto hic esige

per misurar lo cerchio, e non ritrova,            glorificar coloro in cui si trova

pensando, quel principio ond’elli indige,    135    il rispetto e l’ossequio ch’ancor vige;

tal era io a quella vista nova:                son tanti, a dire il vero, e lo comprova

veder voleva come si convenne            quanti pe ‘l morbo fu ‘l lor passo indenne,

l’imago al cerchio e come vi s’indova;        138    tanto che la lor vita si rinnova:

ma non eran da ciò le proprie penne:            s’elli eran malcontenti quando avvenne,

se non che la mia mente fu percossa            li salvò, graziaddio, la contromossa

da un fulgore in che sua voglia venne.        141    che positivi effetti tosto ottenne

A l’alta fantasia qui mancò possa;            per cui l’Italia ebbe sua riscossa

ma già volgeva il mio disio e ‘l velle,            e consentì di uscir da tristi celle

sì come rota ch’igualmente è mossa,        144    sic libertade nostra fu promossa

l’amor che move il sole e l’altre stelle.            pe ‘l costante gioir di sole e stelle.

            D.A.                         B.P. (pseudoDante)



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B. Poggio

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