Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Da Pornassio avventure di Don Gialìs
Il parroco smemorato, il vescovo, il curato


Le avventure di Don Gialìs. La visita. Freddorara si era preparata per benino in occasione della seconda festa importante del paese. Nella chiesa era comparso qualche vaso di fiori.

Don Gialìs passeggiava sulla piazza davanti alla chiesa col breviario in mano, ma c’era da giurarci, i suoi pensieri vagavano come sempre in spazi senza confini. Il giorno dopo, un gentile rintocco di campane avrebbe annunciato la festa e Don Gialìs, dopo la funzione, sarebbe andato a pranzo dalla famiglia più in vista della comunità. Un altro invitato certo, era il reverendo Don Egidio, curato in alcune parrocchie di paesi vicini, assai noto per la sua allegria e le sue doti di showman, gradito alla gente per aver risvegliato le tradizioni cristiane riproponendo le confraternite e per il suo eloquio colto e nello stesso tempo molto vicino alla realtà della gente.

Il giorno si presentava con un sole splendente e l’aria di festa si percepiva così, senza una ragione. La strada che si inerpicava sulla montagna come una ferita tra le fasce strette e i muri a secco che sostenevano ulivi secolari all’ingresso del paese, si restringeva ancor più per poi allargarsi in uno spazio ricavato davanti alle prime case. Un’attenta gestione del territorio da parte del Comune aveva ricavato in quello spazio alcuni parcheggi per le auto, pochi per la verità, la conquista dei quali era un vero successo. I parcheggi quella mattina erano tutti occupati tranne il primo. Erano le 10 meno un quarto quando una macchina nera si presentò all’ingresso del paese ed iniziò le manovre per parcheggiare. Nella casa di fronte, al secondo piano da una finestra aperta una donna si affacciò gridando e gesticolando come volesse segnalare un pericolo o forse un divieto.

L’autista si fermò e uscì dall’abitacolo. La donna urlò: “ Lì non ci potete stare , il posto è riservato a Don Egidio. Andate a parcheggiare per la strada!” L’autista , col sorriso sulle labbra disse: “ E’ la macchina di Sua Eminenza il Vescovo” .Ma la donna non dava segno d’aver capito, forse un tantino sorda. Allora la porta di destra della macchina si aprì e Sua Eminenza, in piedi, mostrò la sua figura col capo coperto dallo zucchetto rosso “ Sono il Vescovo, signora , non si preoccupi Don Egidio mi cederà volentieri il posto”. La donna comprese e arrossì forse e si ritirò precipitosamente all’interno. Il Porporato e il suo segretario si avviarono verso la chiesa. Entrarono. Ad eccezione di due vecchine nella prima panca, la chiesa era vuota. I due andarono in sagrestia, vestirono i paramenti sacri e tornati all’Altare iniziarono la funzione. Passarono pochi minuti; dalla porta della sagrestia che comunicava con la canonica, uscì Don Gialìs fischiettando con le mani dietro la schiena.

Il Vescovo si voltò col volto corrucciato e Don Gialìs ripiegò in sagrestia. Il Vescovo lo seguì e si chiuse la porta alle spalle. Forse il presule perse il suo aplomb abituale e le grida passarono la porta echeggiando nelle navate. Le vecchine si fecero ripetutamente il segno di croce. Don Gialìs la settimana prima aveva invitato il suo superiore ma poi se ne era completamente dimenticato. Un discreto gruppo di fedeli era entrato ed era arrivato anche Don Egidio. La cerimonia riprese e la festa continuò al tavolo imbandito col buon vino della zona e la comicità di Don Egidio che non perse l’occasione di sfruttare l’episodio scimmiottando le mosse del povero prete svampito.
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