I 104 anni del carabiniere Antonino Mazzone che dava la caccia al bandito Salvatore Giuliano. «Mi curo componendo poesie e ho ancora la patente». L’Arma lo festeggia con il colonnello Lucio Arcidiacono già comandante del Nucleo operativo e radiomobile di Savona e la Compagnia di Alassio.

Nell’album dei ricordi, il carabinieri Antonino ha lavorato con il giudice Rocco Chinnici. Alla sua festa c’era anche l’ufficiale Arcidiacono che ha catturato Matteo Messina Denaro.
«Salvatore Giuliano, quando non era ancora il leggendario bandito, lo abbiamo fermato più volte. Ma capitava che dopo qualche mese ce lo ritrovavamo, libero, per strada». I suoi ricordi vanno molto indietro nel tempo.
Quando Antonino Mazzone, classe 1921, faceva parte della squadra che dava la caccia ai latitanti. E tra questi c’era anche il «re di Montelepre». Ovvero Turiddu Giuliano, il bandito che inseguiva la chimera separatista e che nel 1947 organizzò la strage di Portella della Ginestra.
Nella sua lunga carriera Antonino è stato in servizio a Palermo. Oggi vive a Capo d’Orlando (Messina), dove fino a pochi mesi fa lo si poteva vedere alla guida della sua utilitaria. «Ora ho dei fastidi alla schiena — spiega — e ho preferito lasciarla in garage. Ma la patente me l’hanno rinnovata e appena mi sento meglio la riprendo».
In oltre 40 anni nell’Arma ha lavorato con personaggi simbolo nella lotta alla mafia. «Ho fatto parte del nucleo investigativo e poi sono stato in polizia giudiziaria nel pool di Rocco Chinnici, un grande giudice che la mafia ha fatto saltare in aria». A Palermo ha incrociato anche il generale Carlo Alberto dalla Chiesa, negli anni in cui guidava la Legione Carabinieri.
«Ero un bambino — conferma il figlio Franco —. Ricordo che per la Befana ci portavano tutti in caserma per darci dei regalini. E una volta dalla Chiesa mi prese pure in braccio».
Per i suoi 104 anni i carabinieri gli hanno organizzato una piccola festa, con tanto di torta decorata con lo stemma dell’Arma. A casa di Antonino Mazzone è arrivato anche il comandante provinciale di Messina, il colonnello Lucio Arcidiacono. Due segugi fianco a fianco con 50 anni di differenza.
Nonostante l’età l’appuntato Mazzone resta molto riservato sui suoi incarichi. «Ho lavorato spesso sotto copertura. Ero sempre in giro a fare indagini e la divisa la indossavo pochissimo». Conferma il figlio: «In effetti per lunghi periodi scompariva da casa e non sapevamo dove fosse».
Una vita avventurosa. «Ho girato il mondo: sono stato in Grecia, in Albania, Georgia, Gerusalemme». Tutto confermato dal suo foglio matricolare. Mazzone nel 1943 fu anche prigioniero in un campo di concentramento in Albania, da dove riuscì ad evadere.
Oggi vive da solo, con l’aiuto di una badante. «Fino a poco tempo fa andavo al circolo carabinieri — spiega —. Ora sto a casa. A me piace tanto la Scala quaranta, ma ho una mano che mi fa male e siamo stati costretti a passare alla Scopa». Dei suoi tre figli che ha avuto è rimasto solo Franco. Morte anche la prima e la seconda moglie.
Cosa mangia? «Di tutto. Prima avevo problemi con l’aglio, ora mangio anche quello. Non manca mai un buon bicchiere di vino a pranzo e a cena… ma con la gassosa». Cura il buon umore con la poesia. Per ogni situazione tira fuori una strofa: «Prendi la vita come è, perché di meglio non ce n’è».
Il curriculum del colonnello Arcidiacono è ricco di esperienze significative. Dopo aver frequentato il 175° Corso dell’Accademia Militare di Modena e la Scuola Ufficiali Carabinieri di Roma, ha iniziato la sua carriera come comandante di plotone presso il 1° Battaglione “Piemonte” di Moncalieri. Poi ha ricoperto incarichi di comando nell’organizzazione territoriale dell’Arma, guidando il Nucleo operativo e radiomobile di Savona e la Compagnia di Alassio. La sua lunga carriera, contraddistinta da un forte impegno nel contrasto alla criminalità organizzata e da una profonda conoscenza del territorio siciliano, lo rende una figura di grande spessore per la città di Messina.
2/Garlenda festeggia i 100 anni di Francesco Ciccione, una vita al servizio dell’Arma e dei cittadini come Amministratore. A festeggiarlo il Sindaco di Garlenda e anche quello di Villanova d’Albenga.
COMUNICATO STAMPA – Garlenda ha festeggiato i 100 anni del concittadino Francesco Ciccione, affettuosamente conosciuto come “Cè”.
Classe 1925, Ciccione è uno degli ultimi testimoni ancora in vita della Seconda Guerra Mondiale. Storico amministratore comunale, ha ricoperto con dedizione gli incarichi di Assessore e Sindaco, contribuendo per decenni allo sviluppo e alla vita civile della nostra comunità.
“Uomo di valori e profondo senso civico, è stato socio fondatore della Bocciofila e fondatore e primo presidente della Pro Loco. Un autentico punto di riferimento per Garlenda – ha dichiarato il Sindaco di Garlenda Alessandro Navone – La sua preziosa testimonianza “Chiamatemi patriota” è stata raccolta nel volume Cicatrici della Federazione Italiana Volontari della Libertà, a memoria del suo impegno e della sua storia”.
A festeggiarlo, insieme alla famiglia e agli amici, erano presenti il Sindaco di Garlenda Alessandro Navone, il Sindaco di Villanova d’Albenga Pietro Balestra, il Comandante Provinciale dei Carabinieri colonnello Augusto Ruggeri, quello della Stazione dei Carabinieri di Villanova, luogotenente Sandro Marangone, oltre ai rappresentanti, alla Pro Loco e agli amici dell’Associazione Carabinieri in congedo.
“ Francesco Ciccione ha dedicato una vita al servizio del paese nell’Arma dei Carabinieri e poi si è dedicato al suo paese al suo territorio. È una persona meravigliosa lucidissima che conosco da sempre – ha dichiarato il Sindaco Pietro Balestra – 10 anni or sono ricevuto l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica. Ho portato volentieri il saluto e l’augurio dei villanovese e dell’amministrazione comunale”.
