Trucioli

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La strage di Ustica. Ora la mia testimonianza. Rivelazioni (dimenticate) del generale Nicolò Bozzo ad un convegno a Savona organizzato dall’Istituto Alberti. Il ruolo di Krizmancic geometra jugoslavo e Dalla Chiesa


A proposito di Nicolò Bozzo e della vicenda di Ustica, di cui parla en passant Franco Astengo nell’ultimo numero di Trucioli: la testimonianza – importantissima – del generale dei carabinieri sull’aeroporto di Solenzara inopinatamente aperto la sera del 27 giugno 1980, non è l’unica e forse neppure quella più decisiva.

di Massimo Macciò

Nella sostanza, infatti, Bozzo sapeva che un aereo sarebbe stato abbattuto sui cieli di Ustica un mese prima che ciò accadesse.

A gennaio del 1980 l’allora tenente colonnello dei carabinieri era stato incaricato dal suo superiore Carlo Alberto Dalla Chiesa, con il quale collaborava nella lotta contro le Brigate Rosse, di contattare Benoit Krizmancic, un geometra jugoslavo  che, a quanto lo stesso Bozzo mi aveva raccontato in una delle nostre conversazioni, in quel momento lavorava alla costruzione di un aeroporto militare in Libia. Krizmancic, avendo sposato un’italiana, era in attesa della cittadinanza del nostro paese, e la ragione di scambio era semplice: una sostanziale velocizzazione delle complicate pratiche in cambio di confidenze sul presunto addestramento di brigatisti a Tripoli e dintorni.

Il primo contatto c’era stato a gennaio nei pressi di Serravalle Scrivia e Krizmancic aveva promesso di interessarsi della vicenda in occasione dell’imminente ritorno in Libia per lavoro. Ma, quando i due si erano nuovamente incontrati all’autogrill di Dorno a fine maggio Krizmancic, che parlava perfettamente arabo, aveva riferito a Bozzo un’altra cosa, e cioè di aver sentito al circolo ufficiali dello scalo di Bengasi che vi erano fermenti da parte dell’aeronautica contro il leader Muammar Gheddafi e che, anzi, vi sarebbe stata l’idea di sbarazzarsi di Gheddafi abbattendo il suo aereo fuori dai confini libici in occasione del prossimo viaggio ufficiale. Viaggio che – e questo Bozzo l’avrebbe saputo dopo – era stato programmato da Tripoli a Varsavia il 27 giugno 1980.

Il generale mi aveva raccontato di aver subito relazionato per iscritto il suo superiore – Dalla Chiesa, appunto – e di non aver avuto più riscontri diretti sulla questione per ameno dieci anni. Ma questo episodio contribuisce a spiegare alcuni aspetti della recente e fragorosa testimonianza di Giuliano Amato. Perché innanzitutto conferma ulteriormente che la “ipotesi Gheddafi” era quella giusta: il leader libico era effettivamente partito la sera del 27 giugno 1980 da Tripoli e aveva effettuato una brusca virata e un atterraggio di emergenza a Malta, poco prima di arrivare al “punto Condor”.

Ma questo consente anche di chiarire chi fu ad avvertire Gheddafi del piano orchestrato ai suoi danni. Bozzo, infatti, mi aveva riferito la sua convinzione sul fatto che Dalla Chiesa avesse trasmesso le confidenze raccolte da Krizmancic al SISMI (il servizio segreto militare) e quindi al suo pari-grado Giuseppe Santovito. Doverosamente, se vogliamo, perché la notizia non era d’interesse diretto nella lotta contro le BR ma poteva avere un riflesso piuttosto importante per la sicurezza militare.

Quindi, ha ragione Luigi Zanda (senatore PD e figlio dell’ex capo della polizia Efisio Zanda Loy- è stato anche prefetto a Savona- quando si dice convinto che non fu Bettino Craxi (che, peraltro, Amato cita dichiarando correttamente di non aver prove a riguardo) ma i servizi segreti ad avvisare Gheddafi. Ovviamente, con tutte le implicazioni del caso.

Le confidenze di Bozzo sono succintamente esposte già a pagina 1462 della sentenza-ordinanza del giudice Rosario Priore del 31 agosto 1999; sono state da me accennate in un articolo di Trucioli.it di qualche anno fa ma, soprattutto, sono già state raccontate dallo stesso generale il 17 gennaio 2004 a Savona, durante un incontro con gli studenti condotto insieme a Daria Bonfietti (presidente dell’Associazione Parenti delle vittime della strage) e a Franco Algostino (ingegnere del Politecnico di Torino).

In quell’occasione (e nell’articolo che ne era seguito il giorno successivo) era già stato detto tutto: di Gheddafi, del messaggio di Santovito, del MIG libico “nascosto” sotto il DC9 e di quant’altro contribuisce a spiegare lo scenario di guerra aerea del 27 giugno 1980. E, appunto, anche di Krizmancic. Molti studenti savonesi, quindi, queste cose le conoscevano già: forse è il caso che le vengano a sapere anche gli altri italiani.

Massimo Macciò

L’articolo de La Stampa di domenica 18 gennaio 2004 a pagina 36. Siglato e.b. (Ermanno Branca)

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