Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

Settimanale d’informazione senza pubblicità, indipendente e non a scopo di lucro Tel. 350.1018572 blog@trucioli.it

Varazze attentato ai cantieri Baglietto. Quel mistero lungo 74 anni che coinvolse anche i servizi segreti


Un fallito attentato ai Cantieri Baglietto di Varazze, nel febbraio 1949, fu tra le prime azioni terroristice inerenti la guerra arabo-israeliana. Quel fatto, ormai lontano nel tempo, resta ancora oggi coperto da un velo di mistero, che allora coinvolse forse anche i servizi segreti.

di Tiziano Franzi

Continua, inarrestabile, la lotta armata (vera guerra) fra Israele e Palestina, con reciproci attacchi che ogni volta causano decine di morti e feriti, soprattutto fra soldati e civili palestinesi. Ancora tra marzo e maggio 2023 quei territori a lungo contesi sono stati oggetto di violenza e di morte: scontri, attentati terroristici, lancio di razzi, raid aerei, scioperi e proteste. Mentre l’estrema destra governa lo Stato ebraico, la Terra Santa è nel caos.

Anche Varazze, seppure indirettamente, fu coinvolta nella guerra arabo-israeliana che ebbe inizio subito dopo la proclamazione dello Stato di Israele e che, pur con vicende alterne e promesse/speranze di pacificazione e accordi, è in atto ancor oggi.

Israele e Palestina dal 1947 al 1949- Il 14 maggio 1948 ci fu la proclamazione dello Stato di Israele, con un eccezionale accordo tra USA e URSS. Il giorno successivo si scatenò però la reazione degli Stati arabi, riuniti nella Lega Araba (fondata nel marzo del 1945 e a cui aderivano Egitto, Iraq, Arabia saudita, Libano, Yemen, Siria), che invasero Israele. Fu il primo conflitto arabo-israeliano (1948-1949).

Gli Stati arabi subirono una pesante sconfitta morale, oltre che forti perdite territoriali a vantaggio di Israele, che arrivò fino a Gerusalemme. Una delle principali conseguenze fu il problema dell’insediamento di 650.000 profughi palestinesi cacciati dalle loro terre, mentre Israele accolse 600.000 ebrei provenienti dagli Stati arabi.

A Varazze un fermo di Polizia nella notte- Nelle prime ore del mattino del 5 febbraio 1949 una pattuglia della Polizia Stradale di Savona controlla una Mercedes ferma in prossimità dei Cantieri Baglietto. Al volante c’è il trentottenne Francesco Zanoni,.di professione autista e mototrasportatore; non è l’intestatario del veicolo, che risulta appartenere al milanese Valerio Ascarelli – gestore di una ditta di autotrasporti – e risulterà in seguito in uso alla Comunità Ebraica di Milano, presso la quale Zanoni lavora come autista. Poco dopo, lo stesso afferma di avere rubato l’auto quella sera stessa a Sampierdarena. A bordo della vettura gli agenti trovano una borsa contenente indumenti femminili, di cui il conducente dice di non sapere nulla. Ma, soprattutto, vengono scoperti nel bagagliaio tre ordigni esplosivi-incendiari ad alto potenziale con il relativo timer; anche di questo materiale Zannoni afferma di non conoscere neppure l’esistenza a bordo, quando ha rubato la Mercedes.

Inizia così una vicenda che a tutta prima potrebbe sembrare un normale furto d’auto, ma che, a seguito di approfondite indagini, si rivela essere un importante tassello della guerra arabo-israeliana iniziata dopo che Israele nel 1948 aveva occupato i territori su cui aveva fondato lo “Stato di Israele”.

L’intera vicenda è ampiamente raccontata e documentata da Antonio Martino nel libro “Azione di guerra- Il fallito attentato israeliano ai Cantieri Baglietto di Varazze”, al quale rinvio per ulteriori informazioni e approfondimenti .

Il fermo dei tre attentatori- “Verso le 02:00 am del 5 Febbraio 1949 il tenente Criscione dr. Salvatore, comandante la sezione della Polizia Stradale di Savona, si trovò in servizio di pattugliamento notturno nel Comune di Varazze. La pattuglia autotrasportata controllò l’autovettura ferma sulla via Aurelia, nei pressi del cantiere navale Baglietto, al limite dell’abitato. La Mercedes, targata MI 116182, risultò essere di proprietà di Ascarelli Valerio e condotta da Zanoni Francesco. Interrogato l’uomo circa l’illecita provenienza e possesso dell’autovettura, gli agenti constatarono la provenienza furtiva a opera dello stesso autista, come confermato nel verbale sottoscritto negli uffici della Polizia Stradale. Gli agenti operarono una perquisizione dell’autovettura, rinvenendo una borsa da donna e, nel cassone posto dietro lo schienale dei sedili posteriori, numero tre cariche di esplosivo di alto potenziale con relativi dispositivi a orologeria e liquido contenuto in un termos. Tale stato di fatto mise in allarme la pattuglia che, arrestato Zanoni, procedeva immediatamente a una battuta nelle vicinanze, onde rintracciare la donna proprietaria della borsa.

Gli agenti riuscirono così a rintracciare sul margine della statale Aurelia una donna e un uomo che cercavano di nascondersi, che vennero fermati e identificati per Basevi Giuliana, insegnante, e Dror Joseph, cittadino israeliano. Si procedeva al blocco di Varazze e strade adiacenti onde controllare persone e mezzi circolanti, ma il provvedimento non portò ad alcun risultato. La pattuglia rientrò al comando della stazione di Polizia Stradale di Savona e, dopo avere interrogato i tre arrestati, questi vennero accompagnati in Questura.

La notizia comparve sulla cronaca savonese del quotidiano “L’Unità” del 6 Febbraio 1949 col seguente articolo :

[COMPORRE COME TITOLO DI GIORNALE]

Auto misteriosa fermata a Varazze .

Siamo stati informati che la notte scorsa è stata fermata nei pressi di Varazze una misteriosa macchina con a bordo due uomini e una donna bionda. La questura non ha voluto fornirci informazioni.

Il giorno seguente il Questore di Savona inviò le stesse informazioni al Prefetto. Secondo lui i fermati, malgrado le loro dichiarazioni negative, facevano parte di una organizzazione terroristica ebraica e stavano organizzando un attentato al piroscafo Star of Egypt che, fatto scalo a Genova ove aveva caricato un ingente quantitativo di materiale bellico diretto in Egitto, era giunto nel porto di Savona il 31 gennaio, per ripartirne la sera del 5 Febbraio.

Il 5 Febbraio il Questore comunicò al comando Nucleo Artiglieria di Albenga di inviare un ufficiale o altro personale competente per l’esame degli ordigni esplosivi sequestrati. Questa la breve relazione tecnica: « Le cassette si presentano approntate a uno scopo dinamitardo , di pronto e immediato impiego, duplice sistema di accensione elettrica a 58 secondi di ritardo a orologeria, mediante l’ausilio di un comune orologio da tasca e pila elettrica anodica a secco da 22,5 volt della ditta Mario Coppola di Roma, e un sistema di accensione a camicia a lenta combustione. Il sistema di accensione elettrico è regolabile con il tempo con quello a lenta combustione. Da un sommario esame al contenuto degli 11 cilindretti metallici anch’essi innescati risulterebbe che l’esplosivo è “incendiario” e avrebbe lo scopo di provocare incendi immediatamente dopo il funzionamento di ogni singolo ordigno. Infatti ciò è avvalorato dal fatto che le micce innescate che partono da ogni cilindretto, attraversando il diaframma centrale di ogni cassetta, si immergono nella massa di tritolo situata al di là del diaframma. Non appena il tritolo esplode, per effetto dei due sistemi di accensione sopraddetti, accende immediatamente tali micce, le quali dopo 20-30 secondi producono la detonazione di ogni singolo cilindretto, che nel frattempo è stato proiettato a una certa distanza, in modo da favorire la propagazione di incendi. Conclusioni : trattasi di ordigni approntati a scopo dinamitardo, dirompente e incendiario, per qualsiasi uso: distruzione di naviglio di medio e piccolo tonnellaggio, di fabbricati, costruzioni varie eccetera, confezionati di pronto immediato impiego. »

La prosecuzione delle indagini- Le indagini si protrassero per buona parte del mese di febbraio, coinvolgendo le questure di Genova, Milano e Roma. […] Queste hanno permesso di accertare che i suddetti, quali membri di una organizzazione terroristica ebraica, si apprestavano a compiere un attentato dinamitardo contro il Cantiere Baglietto di Varazze, dove risultavano trovarsi in via di allestimento tre motoscafi di servizio, ordinati nell’autunno scorso dal governo del Pakistan. Attraverso laboriosissimi accertamenti- ostacolati dalla tenace reticenza dei fermati- il piano d’azione e i movimenti delle persone che sono risultati implicate nella organizzazione sono stati ricostruiti – sia pure parzialmente – nel modo seguente:

Il Dror giunse a Roma in aereo proveniente dalla Palestina il 22 gennaio ultimo scorso con generalità probabilmente fittizie, accompagnato dal nominato Frank Ben Zion (chiamato anche Yeuda) […] Qui si intrattenne alcuni giorni prendendo alloggio, a suo dire, in un albergo che non ha voluto o saputo indicare. Successivamente il Dror si recò a Genova. Quivi non sono noti i suoi movimenti, ma si presume che abbia preso accordi con elementi di quella Comunità Israelitica, predisponendo le intese e i mezzi per l’azione da svolgere.

Verso la fine di gennaio, il Dror si recò a Milano, dove, nei locali della Comunità Israelitica, prese contatto con le persone che l’avrebbero assistito e coadiuvato nell’esecuzione dell’impresa, e precisamente: certo Beni o Benedetto; la Basevi; lo Zanoni e certo Attilio o Tillim. […] Verso le 14 del giorno 3 il Dror e la Basevi partivano con la macchina guidata dallo Zanoni alla volta di Genova. […] La sera del giorno successivo ebbe luogo un convegno decisivo di tutti coloro che dovevano partecipare alla esecuzione dell’impresa e cioè il Dror, la Basevi, Yehouda, Attilio e due personaggi mai visti prima dalla Basevi e che essa ha così descritti: “due giovanotti stranieri, vestiti male,che parlavano solo l’ebraico”.

Quella sera stessa ebbe luogo il caricamento sulla macchina delle tre bombe a orologeria, e il Dror spiegò alla Basevi lo scopo della spedizione che essa, nell’ultimo interrogatorio, ha descritto in questi termini: «Dovevamo subito partire e sulla via Aurelia fermarci in una certa località a lui nota, ma che a me non comunicò, dove esisteva un cantiere navale, nel quale si trovavano alcune grosse imbarcazioni da guerra, forse motoscafi, che il cantiere aveva costruito per ordine del governo egiziano, e che erano già pronte per essere inviate in Egitto. Scopo della missione doveva essere quello di distruggere o danneggiare detti motoscafi in maniera da non poter raggiungere l’Egitto e quindi da non poter essere impiegati contro lo Stato di Israele. Mi precisò che il mio compito doveva essere quello di restare sulla via Aurelia, dalla parte del mare, in funzione di palo, in maniera che l’avrei dovuto avvertire con una forte risata dell’avvicinarsi di estranei. A compiere l’azione dovevano anche collaborare l’Attilio, lo Yehuda, i due giovanotti e lo Zannoni, nel senso che doveva attendere sulla macchina il nostro ritorno per rientrare a Genova ».[…]

Giuliana Basevi nella foto segnaletica della questura di Savona
Joseph Dror nella foto segnaletica della questura di Savona
Francesco Zanoni nella foto segnaletica della questura di Savona

Presso il cantiere Baglietto, come è risultato dagli accertamenti praticati, sono in via di allestimento tre motoscafi di servizio, da metri 18,76, di cui uno ultimato e non ancora collaudato, un altro da ultimarsi fra circa dieci giorni e il terzo da ultimarsi entro un mese circa. Tali motoscafi furono commissionati alla ditta Baglietto nell’autunno scorso da un suddito dell’Egitto per conto del suo governo, ma è impressione degli stessi dirigenti del cantiere- impressione probabilmente diffusa anche fra le maestranze- che i tre natanti (facilmente trasformabili in mezzi da guerra) siano in realtà destinati a uno dei paesi della Lega Araba. E’ da notare che i tre motoscafi sono situati sul fondo del cantiere, verso la parete prospiciente il mare e cioè precisamente sul lato ispezionato dal Dror prima del suo fermo e che l’accesso all’interno del cantiere, dalla parte della spiaggia, non sarebbe difficile, data la modesta altezza (tre o 4 metri) e l’esistenza di una serie di finestre invetriate. […]

L’istruttoria e il processo- Nel corso dell’istruttoria vengono interrogati nuovamente Giuliana Basevi, Francesco Zanoni, Beniamino Matalon, Boris Lando e Joseph Dror. Quasi tutti fanno qualche passo indietro rispetto alle ultime dichiarazioni, sottolineando la propria estraneità ai fatti costituenti reato, cioè il possesso di esplosivi e l’intenzione di far detonare gli ordigni nei cantieri Baglietto. Joseph Dror invece offre finalmente una propria versione dei fatti: per motivi patriottici ha accettato l’incarico di rilevare materiale pericoloso da nascondere nei pressi di Varazze perché fosse in seguito recuperato, trasportato in Palestina e soltanto qui impiegato- presumibilmente- a scopo bellico. Afferma che non è mai stata sua intenzione compiere alcun attentato in territorio italiano e che non solo ignorava la presenza in zona di imbarcazioni destinate all’Egitto, ma anche il fatto che nel luogo scelto per nascondere il materiale si trovasse un cantiere.

Il tre giugno il giudice istruttore pronunciò la sentenza di assoluzione per tutti e il rinvio a giudizio di Joseph Dror.

Il 22 iniziò il processo, in cui il P.M. chiese che venisse ritenuto l’imputato responsabile dei reati a lui ascritti e quindi fosse condannato a cinque anni di reclusione e a cinquantamila lire di multa. Su richiesta dell’avvocato difensore d’ufficio Giovanni Russo la decisione venne modificata e l’imputato condannato ad anni tre e mesi quattro di reclusione e lire quarantaquattromila di multa. L’avvocato Russo propose appello.

[…] Il 9 agosto il Tribunale di Savona, vista la rinuncia all’appello fatta dallo stesso Dror, su conforme parere del P.M., ordinò l’esecuzione della sentenza. Ma il 26 agosto Dror venne graziato con D.P.R. n. 602 intitolato” Concessione di amnistia e indulto per reti elettorali” e il 2 settembre venne scarcerato. Non è chiaro perché Dror abbia ottenuto la grazia per un reato evidentemente non elettorale. […]

L’8 settembre il questore informò la Questura di Napoli, ufficio P.S. Scalo Marittimo, che Dror era stato munito di foglio di via obbligatorio valido fino al 14, con l’obbligo di presentarsi entro detto termine, per imbarcarsi sul piroscafo Gabile in partenza da Napoli e diretto in Palestina. «Pregasi pertanto assicurare l’avvenuto esodo del predetto dall’Italia.» Il questore di Napoli rispose che il Dror non aveva preso alloggio presso gli alberghi della città. Da successivi accertamenti risultò che il 13 settembre aveva lasciato il territorio nazionale diretto a New York. ”

Restò così impunito Joseph Dror, ritenuto a tutti gli effetti responsabile del progettato attentato ai danni dei Cantieri Baglietto, che – forse grazie all’intervento dei Servizi Segreti (di quale nazione?) – riuscì a fare perdere le proprie tracce.

Tiziano Franzi


Avatar

T.Franzi

Torna in alto