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Giorgia Meloni vecchi e nuovi problemi interni. 2/Zelensky e la guerra in Ucraina: tra voltagabbana e ricerca di soluzioni


Aprile 2023: non solo bivio per Giorgia Meloni, tra passato ed esteri, vecchi e nuovi problemi interni.

di Antonio Rossello

Nel mese di aprile del 2023, più che mai Giorgia Meloni appare dinnanzi non soltanto a un bivio. Da una parte, la premier ha il peso di una eredità scomoda, ovvero il passato della destra italiana che ancora alcuni tentano di strumentalizzare, mentre dall’altra ha la voglia di protagonismo internazionale, ovvero quella di portare l’Italia al centro del mondo come paese leader in diversi ambiti. Restano intanto le questioni spinose interne e gli scricchiolii nei partiti. Ma cosa succederà? Quali saranno le sue scelte? Che cosa succederà in campo avversario?

Il 25 aprile, sulla stampa nazionale abbiamo assistito all’ennesima dimostrazione di sciacallaggio della sinistra italiana. Nonostante la Meloni abbia già dichiarato in numerose occasioni l’incompatibilità della destra con qualsiasi nostalgia del fascismo, i progressisti hanno trovato un alibi per attaccare la premier e la sua fazione.

La parola magica non pronunciata sarebbe: “antifascismo”. Ma quanto è giusto utilizzare la stessa come clava politica? Non sarebbe giusto guardare avanti, lasciando indietro le divisioni del passato?

E così facendo potremo discutere ad oltranza sui principi, tuttavia nell’opinione pubblica c’è chi ha tenuto a sottolineare anche il rischio di distrazione, ovvero l’eccessiva attenzione verso alcuni temi che gettano ombra su altri, contingenti, come ad esempio le pensioni non adeguate. Boutade che rischiano di distrarre da questioni di grande importanza.

D’altro canto, il 26 aprile sui giornali si è parlato di un piano da 400 miliardi per infrastrutture, energia, salute, digitale e siderurgia. Tali argomenti sono stati affrontati nell’ambito della Conferenza bilaterale sulla ricostruzione dell’Ucraina, tenutasi a Roma. Si tratta di un progetto ambizioso che coinvolge numerose imprese europee e che potrebbe portare l’Italia ai vertici del continente in diversi settori. Ma in questo contesto, emerge anche il confronto tra la sovranità e la pace. Infatti, come ha dichiarato il presidente Mattarella: “Serve la pace, ma che rispetti la sovranità”.

Contemporaneamente, è stato riportato l’invito del presidente ucraino Zelensky alle aziende italiane di costruire il futuro del paese. L’Ucraina ha bisogno di ricostruire dopo anni di conflitti e la Meloni è sembrata intenzionata a rispondere affermativamente, portando l’Italia al centro della scena internazionale. “L’Italia può contribuire a realizzare un miracolo economico ucraino”, queste le sue esatte parole, nell’intervento a conclusione della Conferenza, citando il boom italiano del dopoguerra.

Comunque vada, passando dai massimi della geopolitica alla venalità dell’economia, quelli con cui si mangia, dietro a tanto fervore meloniano per la causa ucraina si agita qualche ulteriore sospetto. Sarà davvero generosità gratuita? Incombe un giudizio negativo di Moody’s sull’Italia, come pure una nuova è stata proposta di regolamento sul Patto di Stabilità presentata dalla Commissione Europea. Occorrerà una manovra correttiva da 8-15 miliardi e la ratifica del MES. Non sono bazzecole, il piatto piange e i possibili soldi derivanti dalla ricostruzione in Ucraina fanno gola al nostro governo. Questa è la verità, aldilà dei proclami, e bisogna arrivare tra i primi.

Con tanta carne sul fuoco, oggi più che mai, la premier non si trova di fronte soltanto a un bivio ma ad una multiforcazione… Da una parte, c’è la sua tentazione di voltare pagina e di guardare solo al futuro, dall’altra c’è la necessità di non dimenticare la storia e di non permettere a nessuno di strumentalizzarla. C’è la necessità di trovare un equilibrio tra sovranità e pace, tra identità e apertura verso l’esterno. Tenendo i piedi per terra, ai giornali espone, tra le altre cose, le ragioni per cui ha scelto di convocare il Consiglio dei ministri il Primo Maggio: “l’Italia è più grande, più forte e più varia di come viene raccontata”, spiega, dettagliando le intenzioni di stimolare la crescita dell’economia e detassare il lavoro.

Siamo curiosi di vedere quale saranno le mosse imminenti della Meloni e del suo governo. Una sfida importante, perché l’Italia deve guardare al futuro senza dimenticare la propria identità e la propria storia, possibilmente con la pancia piena. C’è ulteriormente un fattore, sinora parso giocare a suo favore, che adesso sembra accusare qualche scossone: la compattezza della maggioranza.

Ci riferiamo al fattaccio del 28 aprile: il voto con cui la Camera ha bocciato la relazione del governo sullo scostamento di bilancio – complici le numerose assenze nelle file del centrodestra – facendo fibrillare il governo di Giorgia Meloni. Sono stati in totale 45 deputati dei 4 gruppi di maggioranza i non presenti al voto sullo scostamento. Da una parte si è teso a sminuire la portata ‘politica’ dell’episodio, derubricandolo a mero incidente d’Aula, dall’altra si è fatta autocritica e c’è stato chi non ha nascosto la preoccupazione che il precedente possa aprire una sorta di vaso di Pandora e rendere accidentata la navigazione della maggioranza. Da Londra, l’inquilina di Palazzo Chigi non ha mascherato la sua irritazione: quello su Def “è un brutto scivolone, una brutta figura, ma non vedo segnali politici”.

Si adopererà senz’altro per ricucire ogni strappo con gli alleati, forte dell’unità del suo partito. Sebbene la distinzione tra falchi e colombe sia presente anche all’interno di Fratelli d’Italia, la leader – secchiona com’è, si è sempre documentata – ha saputo trovare un equilibrio tra queste posizioni diverse, riuscendo così a rafforzare il partito e a consolidare la sua posizione politica.

E chissà se ora, godendo, potrà gustarsi la scena ad allarme rosso che si sta verificando in casa Pd. Qui, l’arrivo della sua avversaria femminile, Elly Schlein, alla segreteria ha vistosamente destabilizzato gli equilibri interni, portando già all’addio di Andrea Marcucci ed Enrico Borghi, che ha scelto di aderire ad Italia viva. Secondo i rumors, queste prime fuoriuscite rischiano di generare una vera e propria slavina, un terremoto, un fuggi fuggi di quella parte Dem cattolica, moderata e riformista. Quelli che insomma non guardano benevolmente certe aperture libertarie del nuovo vertice. Fonti qualificate della minoranza del Pd non escludono un clamoroso colpo di scena, ovvero l’addio addirittura dell’ex ministro della Difesa, presidente del Copasir Lorenzo Guerini, già leader di Base Riformista che sosteneva Bonaccini alle primarie. Work in progress…

Antonio Rossello

Zelensky e la guerra in Ucraina: tra voltagabbana e ricerca di soluzioni.

di Antonio Rossello

Volodymyr Zelensky

Il presidente ucraino Zelensky ha avuto tante vite: il comico nazional-popolare, il populista in cerca di facili consensi e ora si muove tra contatti internazionali, difficoltà belliche e incertezze politiche, finanza spregiudicata e scomodi retroscena.

Un comico televisivo d’assalto che, con banalità antisistema, seppur vere, è diventato eroe mondiale, davanti a cui si alzano i Parlamenti del mondo. Rifiutando le reiterate offerte degli Usa di lasciare l’Ucraina, si è dimostrato statista di pregio, ma avrebbe scheletri nell’armadio, pare con ville lussuose e forse denaro all’estero. Ecco un ritratto del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, il quale si trova al centro di una serie di polemiche e di interrogativi riguardo alla sua azione politica in merito alla guerra che da oltre un anno sta sconvolgendo il paese.

In questi giorni, infatti, Zelensky ha fatto parlare di sé per una serie di contatti internazionali, tra cui quelli con il premier italiano Giorgia Meloni e il presidente cinese Xi Jinping.  Se nel primo caso, più che altro sembra che, riguardo alla futuribile ricostruzione in Ucraina, l’Italia stia cercando un posto al sole, nel secondo c’è qualcosa di più sostanzioso sul piatto della bilancia. Qualche positiva avvisaglia sul cammino verso la pace, ma veri negoziati si potranno avere quando gli sviluppi sul terreno offriranno garanzie. E il primo passo sarebbe convincere Putin a contenere l’aggressione. Pechino lo farà mai?

Non si perderà d’animo uno come Zelensky, un vero e proprio propugnatore della diplomazia su Instagram: il presidente dell’Ucraina sa anche utilizzare il social network per comunicare coi leader del mondo e, laddove non riuscirà per altre vie, continuerà ad agire in questa modalità ad oltranza. Tuttavia, sullo sfondo di questi movimenti diplomatici, anche arditi, si stagliano le difficoltà belliche che stanno mettendo a dura prova l’Ucraina, come dimostra l’articolo che parla della controffensiva delle forze ucraine per la riconquista dei territori occupati dalla Russia.

Questa è l’era in cui le dichiarazioni propagandistiche possono essere puntualmente smentite dalle immagini satellitari. Così si è scoperto che l’esercito della Russia ha costruito una linea difensiva di oltre 800 chilometri, triplicata in alcuni punti, e mobilitato un gran numero di soldati per mantenerla, in attesa di un’annunciata controffensiva dell’Ucraina. Dopo un’offensiva russa nei mesi scorsi, con progressi limitati, l’esercito ucraino sta preparando la sua controffensiva, annunciata per la primavera, anche se potrebbe essere rinviata all’estate. Ma c’è chi presume sia l’ennesima intimidazione di Kiev, per giungere prima ad un tavolo negoziale. Comunque, l’armata russo sembra aver imparato dagli errori del passato e ha organizzato le sue difese con l’obiettivo di mantenere il conflitto come una guerra di logoramento.

Su questa stregua, molti si chiedono se Zelensky si possa alla fine reputare spacciato o se, invece, stia cercando di trovare una soluzione che posizioni il suo paese sulla scena internazionale a pace avvenuta. Il presidente ucraino sembra, infatti, muoversi tra la ricerca di soluzioni diplomatiche e la necessità di tenere sotto controllo le posizioni dei falchi e delle colombe che fanno parte del suo cerchio magico. Un arcipelago le cui aspettative vanno oltre le dichiarazioni di impossibile guerra ad oltranza nonostante le armi e i soldi americani. Il premier è nei confronti di costoro alla costante ricerca di un equilibrio, una sorta di tregua senza pace. Non basta a proteggerlo il gruppo di quarantenni rampanti e grintosi che hanno accompagnato la sua ascesa e che gli fanno da pretoriani.

Dunque, deve affrontare una trafila di compromessi, senza senza eroi di governo, sotto la minaccia della partita politica interna che si possa in ogni istante riaprire. Una storia oscurata dai Tam-tam bellici, nella dialettica tra fuga e rientro dei padroni dell’Ucraina, che controllano i settori nevralgici dell’economia. Sono i signori che di tanto in tanto capita a tutti di veder circolare su auto di lusso anche sulle strade italiane. Una presenza fatta di danari pronti a compare di tutto, ove ci sia profumo d’affari, non badando tanto al preminente interesse patriottico. Arricchiti intraprendenti che si assomma all’esercito degli espatriati ai tanti disperati: badanti attempate e fuggiaschi, per lo più donne e bambini.

La commistione di intrallazzi è molto complicata: non sarebbero quindi solo gli oligarchi russi a utilizzare le società offshore per occultare i loro patrimoni all’estero. Da un’inchiesta giornalistica internazionale Pandora Papers, era a suo tempo emerse che pure Volodymyr Zelensky e alcuni dei suoi più fidati collaboratori – tra cui l’amico Serhiy Shefir, primo consigliere pubblico della presidenza ucraina, e Ivan Bakanov, capo del servizio di sicurezza del Paese – avevano a disposizione una rete di società con sede tra le Isole Vergini britanniche, Cipro e Belize, e che alcune di queste furono utilizzate per acquistare costosi immobili a Londra. Scheletri nell’armadio imbarazzanti per colui che venne eletto tre anni fa con l’obiettivo di contrastare la corruzione imperante e lottare contro l’evasione fiscale.

In una cornice di palesi ambizioni da parte ucraina di aderire a Nato e Ue, si parla anche di un possibile ruolo personale da protagonista sulla scena internazionale che in futuro Zelensky sembrerebbe voler ricoprire. Se non un delirio di onnipotenza, effettivamente in lui si intravede una propensione ad essere onnipresente. Dopo il primo attacco russo, si è fatto portatore di una narrazione eroica sin da quando lo si vide in pole position a Kiev, nel momento in cui la popolazione si stava adoperando per contenere l’avanzata dell’armata di Putin.

Zelensky, non ancora raggiunta la fatidica soglia dei cinquant’anni, ha appunto dimostrato un profilo del tutto anomalo rispetto ali altri leader europei e la sua è una storia che non può essere accomunata a nessun omologo, tra capi di stato e primi ministri. Dagli studi in giurisprudenza al percorso artistico, come attore e sceneggiatore, un insolito ed irrituale percorso dalle mille vite. La perfetta ortogenesi per chi ha saputo costruirsi la strada per divenire un’icona mondiale della resistenza contro l’invasione russa.

Per quanto bravo a dribblare fra i guai, non gli basta più la sola invocazione di una “punizione giusta” contro i crimini russi in Ucraina.  L’incertezza politica, che regna nel paese a causa della guerra e delle sue conseguenze economiche e sociali, potrebbe essere uno dei fattori che stanno condizionando l’azione del presidente ucraino. Alcuni osservatori parlano, infatti, di un possibile voltagabbana di Zelensky, che sarebbe condizionato dalle difficoltà belliche e dal cattivo andamento della guerra.

In questo scenario complesso, il presidente ucraino sembra muoversi tra molte incognite. La ricerca di una soluzione alla guerra sembra essere la priorità per il paese, ma la difficoltà di trovare un accordo con la Russia e l’incertezza politica interna stanno rendendo difficile l’azione di Zelensky. Il futuro dell’Ucraina dipende, quindi, anche dalle scelte del suo presidente, che dovrà trovare il giusto equilibrio tra le esigenze del paese e le pressioni internazionali, non tralasciando la propria ambizione.

Antonio Rossello


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