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Liguria e Basso Piemonte

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Savona: la storia del Pci parte integrante dell’identità culturale della città


E’ stata l’occasione di un vero e proprio rilancio del dibattito storico- politico in sede locale e non solo la presentazione (Martedì 15 novembre) del testo curato da Pino Raimondo e Sergio Tortarolo (nel quale si esprime anche non usuale intreccio tra narrazione e analisi) “La radice rossa: Savona e il PCI”.

di Franco Astengo

Nel volume si traccia la storia della formazione del gruppo dirigente del partito comunista a Savona, nelle due fasi: quella dell’origine nell’immediato post-scissione di Livorno e poi per tutto il periodo della clandestinità e quella del “partito nuovo” dalla Resistenza ai primi anni’50 sfiorando anche l’articolata discussione che si sviluppò attorno alle vicende ungheresi nell’indimenticabile ’56.

Dagli interventi è emersa così anche la riproposizione di un’antica proposta : “fare della storia del PCI una parte integrante dell’identità culturale della nostra Città”, costruendo un vero e proprio percorso di “memoria storica“.

Questo intervento potrà allora servire a definire meglio, almeno dal punto di vista teorico, i possibili contorni di questa idea. I capisaldi sui quali poggiare un avvio di discussione possono essere individuati in quattro punti:

1) Il PCI, anzi inizialmente il PCd’I (denominazione tenuta fino al 1943 al momento dello scioglimento del Comintern) ha rappresentato almeno a Savona la “veste politica” della classe operaia delle grandi industrie. Non si intendono qui sottovalutare gli apporti di altre correnti di pensiero alla vita culturale, politica, amministrativa: se osserviamo però alcuni elementi concreti, proprio partendo dalla formazione del gruppo dirigente del partito e alla sua proiezione amministrativa fin dalla fase immediatamente precedente la scissione di Livorno e poi della strutturazione del partito questo dato risalta immediatamente come fondamentale. Si tratta di un discorso di identità relativo a Savona, al suo comprensorio, allo sviluppo della Valle Bormida, al resto della futura provincia: l’identità del partito coincideva in larga parte con l’identità della classe operaia e – di conseguenza – con l’identità del territorio. Certamente in un quadro di complessità e di contraddizioni non accantonabili nello sviluppo dell’analisi, ma il dato essenziale rimane quello appena esposto di una “identità operaia” che si può ben giudicare come “egemonica“;

2) Nelle origini del partito comunista a Savona si intrecciavano due filoni sui quali si innestava una presenza originale nel panorama politico: il filone che può essere definito come “spartachista” derivante essenzialmente dalla presenza di Mario Accomasso e quello ordinovista. Da questo intreccio (forse difficile da far comprendere a chi non è avvezzo alla materia) deriva un fatto straordinario: la costruzione del Partito Comunista d’Italia in Liguria, avviene a Savona presso il “Ridotto” del Teatro Chiabrera e la riunione è presieduta e diretta da Antonio Gramsci. Gramsci in quel momento è a capo della corrente degli intellettuali torinesi: minoritaria nel partito dove prevalgono la corrente napoletana dei Soviet guidata da Amadeo Bordiga e quella “massimalista” di Bombacci, destinato a terminare il suo percorso a piazzale Loreto a fianco di Mussolini. Gramsci però riuscirà, nel momento della tragedia dell’avvento al potere del fascismo e della trasformazione dello Stato da liberale a dittatura totalitaria, ad assumere la direzione del partito e mutarne profondamente gli indirizzi tracciando un solco che segnerà non soltanto la storia del partito comunista, ma quella d’Italia.

3) Il Partito comunista savonese è stato tra i primi, sul piano nazionale, ad assumere una funzione di governo locale. La storia è nota (ed è stata esplicitata molto bene nel corso dell’iniziativa cui si sta facendo cenno). Vinte le elezioni comunali del 1920 dalla lista socialista composta quasi “in toto” da rappresentanti operai ed eletto sindaco proprio Mario Accomasso al momento della formazione del PCd’I la maggioranza degli assessori e dei consiglieri passarono al nuovo partito. Savona si trovò così, con pochissime altre città d’Italia, ad essere governata da una giunta comunista che, successivamente (sostituito il Sindaco) andò avanti fino all’assalto fascista del 1922. In questa sede non si fa quella storia (del resto pregevolmente narrata in diverse pubblicazioni): si nota soltanto come il peso di quell’esperienza abbia fatto parte (anche con la continuità di alcuni protagonisti: “in primis” il futuro sindaco della Liberazione Aglietto) del bagaglio che ha accompagnato poi la lunga – ed egemonica – funzione di governo amministrativo nel secondo dopoguerra.

4) Il dibattito occorso all’interno della federazione savonese del Partito Comunista nella fase intercorsa tra Resistenza, Liberazione,

Il prof. Sergio Tortarolo

Ricostruzione (dal 1943 al 1956 ) di cui il testo di Tortarolo e Raimondo fornisce un’accurata e originale ricostruzione sulla base dei verbali delle riunioni degli organismi dirigenti, ha rappresentato un non secondario ( anche sul piano nazionale) punto di riferimento dialettico all’interno del complicato processo di costruzione del “partito nuovo” fin dalla svolta di Salerno in avanti in un periodo di crescita vertiginosa dal punto di vista numerico. Una crescita che presentò momenti molto complessi da affrontare ( amnistia, epurazione, rispetto della legalità, “rivoluzione tradita” e successivamente l’uscita dal governo e il quadro internazionale imperniato sulla logica dei blocchi fino ai fatti d’Ungheria).Un dibattito, ricordano gli autori, condotto in prima persona da quegli esponenti del movimento dei lavoratori che dirigevano il partito certo con grande fermezza ma certamente non con grigiore burocratico. Correva la “vulgata” di una federazione nella quale si “discuteva troppo” e in maniera “troppo aperta“. Una discussione sviluppata naturalmente nel segno del “centralismo democratico” e quindi per atti interni, ma risvolti pubblici ve ne furono e considerevoli se pensiamo – soltanto per ridurre in sintesi questo concetto – che echi di quel “discutere troppo” arrivarono fino alla Commissione Politica dell’VIII congresso, quello del “multicentrismo” e della “via italiana al socialismo” impostata da Togliatti.

Insomma: l’avvio di un confronto sul tema della storia (politica e culturale) del Partito Comunista a Savona intesa come fattore costituente, tra i più importanti, dell’identità della Savona industriale non appare certo un’ipotesi da tralasciare o da relegare nel limbo della sola nostalgia del tempo che fu. E’ possibile sviluppare una discussione di carattere storico non prevedendone un uso politico, ma sicuramente orientandola per definire meglio i connotati di una Città nella quale la centralità della presenza operaia non può essere dimenticata nei suoi molteplici risvolti culturali e sociali.

Franco Astengo


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