Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

Settimanale d’informazione senza pubblicità, indipendente e non a scopo di lucro Tel. 350.1018572 blog@trucioli.it

Geopolitica: Russia e Ucraina venti crisi sul Quirinale per Mattarella


Geopolitica da tempi duri per il riconfermato presidente della Repubblica.Venti di crisi spirano sul Quirinale da Russia e Ucraina, e da un mondo globalizzato.

di Antonio Rossello, con immagine di Igor Belansky

Un arbitro imparziale della politica interna per sette anni ma anche un presidente credibile in politica estera: le tensioni tra Russia e Ucraina, le sfide globali tra Stati Uniti e Cina, il ruolo controverso della Nato richiedono che il riconfermato inquilino del Quirinale, Sergio Mattarella, si mostri ulteriormente una figura autorevole, garante del patto atlantico e dal marcato profilo europeista.


Si è risolto, in questi giorni, il grande punto interrogativo intorno all’elezione del presidente della Repubblica italiana. Abbiamo di nuovo Mattarella. Resta, quantunque, l’incognita di come, una volta ripresa la reggenza del Quirinale, egli saprà rappresentare il Paese, laddove incombe una crescente tensione sul fronte orientale. In tal senso, è evocativa l’illustrazione di Igor Belansky. Riguardo l’Ucraina, è vieppiù ventilata una possibile invasione da parte di truppe russe ammassate ai confini tra i due stati. O è un bluff di Putin? Se poi si, perché? Non lo sappiamo. Si susseguono, intanto, trattative ad oltranza. Incontri e dossier, voci, palesi o segreti, su più piani diplomatici intrecciati, nella speranza di scongiurare l’inesorabile peggio.

Sì, in questa vicenda geopolitica controversa, che da tempo si trascina, sono implicati gas, borse e ben altro. Passando per la Farnesina, si tratta di ripercussioni impreviste, e imprevedibili, rispetto ai già tanti grattacapi, di natura nazionale ed estera, che in primis a Palazzo Chigi, ma di riflesso anche al Quirinale, si devono affrontare.

Scelte, o mancate scelte, dell’Italia in politica estera potrebbero avere effetti profondi sulla politica interna. Dopo la Guerra fredda e la caduta della Prima repubblica, il Paese ha spesso faticato a formulare una strategia di fronte all’incertezza dovuta a un sistema internazionale instabile. Una carenza cronica che non vorremo si acuisse durante il confronto muscolare in atto fra potenze mondiali, nel momento in cui, forse per spaccare il fronte atlantico con una manovra di aggiramento, già abile nell’ammiccare singoli leader di partito, irritualmente Putin ha eluso il prestigio internazionale del premier Draghi, scavalcato ogni nostro vertice istituzionale, rivolgendosi direttamente al top dell’imprenditoria nazionale in odore di business.

Altre rogne in vista e si stanno moltiplicando, non diminuirebbero, peraltro, nemmeno se, non meno inquietante, si dovesse prospettare una guerra localizzata, o combattuta in modo non lineare, anche con mezzi alternativi alle armi, nella quale Mosca fosse dissuasa da un ampio dispiego di armate, non potendoselo permettere dal punto di vista economico o degli equilibri complessivi nell’area.

Gas, borse e ben altro, abbiamo detto. Vediamo in dettaglio perché, preso atto che la guerra non si fa più solo con fucili e cannoni.

Il Vecchio Continente dipende dal gas russo per il 40% dei suoi consumi. Ecco la ragione, da parte europea, di affannose ricerche di forniture da paesi produttori alternativi, derivanti da diverse opzioni d’uso di gasdotti esistenti o in costruzione avanzata. Inoltre, si discute maggiormente di fonti di energia rinnovabili. Ancora una volta, la corsa è contro il tempo. Il gas serve tutto l’anno ma soprattutto in inverno. Il rincaro del suo prezzo, infatti, tocca (e toccherà) praticamente tutti, dalle imprese che già questi mesi stanno vedendo gli importi delle bollette raddoppiare o triplicare, con il rischio che molti impianti si possano fermare per impossibilità di produrre a costi eccessivi, alle famiglie, la cui stima di maggior spesa annua si aggira intorno ai mille euro.

In aggiunta, materie prime alle stelle. Ad esempio, il prezzo internazionale del grano è balzato di quasi il 10% in una sola settimana, con tensioni sul mercato alimentare e rischio concreto di carestie. Ritoccare il listino o avere difficoltà per rimanere a galla? Questa è la domanda che imprese e attività si stanno ponendo, dopo l’ondata di aumenti recentemente abbattutasi.

La situazione è grave, per i venti di guerra che gelano le Borse mondiali: vengono bruciati centinaia di miliardi a seduta. La speculazione è dietro l’angolo, con i cinesi pronti ad assalire la diligenza, ovunque, sul pianeta. E, pure, per gli eventuali attacchi hacker, di cui i russi sono considerati specialisti all’avanguardia, con istituzioni pubbliche e aziende private che ovunque temono di essere messe in ginocchio. Servizi e produzioni collasserebbero.

Non ci interessa ragionare oltre sui possibili effetti della crisi, bensì sulle logiche dei contendenti. Stando all’osservazione asettica, c’è un Paese, ad un tempo vicino e lontano, l’Ucraina, con un piede sul crepaccio; tuttavia, è il destino del mondo ad essere in realtà sul ciglio dell’abisso. La domanda da un milione di dollari: che succede se la Russia attacca? La risposta sul piano geopolitico è ancora più complicata, dal momento che forze e debolezze possono essere valutate solo in relazione al movimento delle altre potenze.

L’errore più grave, per noi «occidentali», è pensare che possa sussistere una questione limitata a Russia e Ucraina (cioè popoli «fratelli»), con i nostri bravi, USA e NATO, ad essere imbarazzati su come tenere a freno le spropositate ingerenze di Mosca, a costo di incrinare le già deboli relazioni, rievocando minacce e paure della Guerra Fredda.

La postura russa appare sempre più minacciosa, ma l’attuale è solo il caso più recente. La responsabilità è soprattutto del Cremlino «tradizionale», quello dello Zar, quello del Soviet supremo e ora quello del presidente, cioè dell’ambizione di costruire rapporti di sudditanza e non di fratellanza con gli altri paesi. Con la fine del comunismo, la Russia mostrò tutti i segni della sconfitta strategica patita: un dimezzamento della forza economica e un ritorno indietro di duecento-trecento anni per quanto riguarda il rango di potenza. Quindi, mentre Mosca ricostituiva la propria potenza, suo malgrado, altrettante crescevano a ritmi anche superiori. Il nuovo vertice politico russo si è così dovuto mantenere fedele alla vecchia linea, anche per reggere gli scossoni del confronto. Se per nostra fortuna i cosacchi non sono mai giunti in Piazza San Pietro, con lo smembramento dell’impero sovietico, con il quale la Russia è venuta quasi a confondersi, ne hanno fatto le spese stati ex URSS, ex Patto di Varsavia, ma non solo.

Ma non bisogna nemmeno essere ciechi innanzi alle molte pecche degli USA. Non essere bambini che danno per scontato di parteggiare sempre per i cowboy, buoni ed «evoluti», e non per gli indiani, cattivi e «selvaggi». Nel ventesimo secolo, nei due conflitti mondiali, il contributo dell’America alla vittoria delle democrazie occidentali è stato senz’altro determinante. La storia, però, insegna che non si fa mai nulla a fondo perduto e che gli interessi sono sempre alti. Nelle successive guerre e guerriglie, al centro di alcuni torbidi intrighi statunitensi sono stati paesi dell’America Latina e terzomondiali, lasciati respirare un po’ di più solo all’occorrenza di affaires più scottanti, quali Corea, Vietnam, Afghanistan e Iraq. Washington non ha dunque alcun mandato morale per giudicare moralmente nessun paese del globo terrestre.

Anche guardando la NATO attraverso la lente, occorre fare un viaggio dall’ingenuità alla lucidità: certi suoi membri – non facciamo nomi per formale rispetto dei più contigui alleati – non differiscono tanto dagli Yankees, avendo alle spalle una storia di imperialismo e colonialismo, manipolazione e strategie. Esportatori globali di civiltà e progresso per mero altruismo o guerrafondai bramosi di profitti? Siamo in presenza di una contraddizione irrisolvibile, o di un tertium non datur che impone una scelta?

E, per fortuna, Pechino – capitale di paese che non ha forse mai avuto una grande storia di aggressioni militari, ma non ha certo brillato in termini di difesa dei diritti umani – pare ancora tacere sul caso specifico, soltanto perché lo stesso non è particolarmente d’intralcio per i suoi attuali obiettivi di espansione economica. Se è rinata la Via della Seta, la quale oltre 2000 anni fa si era già imposta come rotta commerciale via terra, il confronto, si sa, è oggi con un mondo che ha marciato a ritmi sostenuti, trainato dall’Asia, con protagonisti emergenti la Cina e, in parte, l’India.

Nel contesto multipolare si ripropongono, così, avvenimenti che paiono la commedia di un mondo arcaico, condannato a inseguire la modernità, quando invece non dovrebbe più sussistere un diritto alla sopraffazione. Vi sono confini e libertà da rispettare. Da due anni, secondo i media, il pianeta pare soggiogato soltanto dal covid, ma oggigiorno non è facile nascondere sotto la sabbia i misfatti di continuo perpetrati. Prime vittime del generale bombardamento di disinformazione, propaganda e bugie sono i comuni mortali, soprattutto quelli più anziani, maggiormente orfani delle trapassate ideologie, che non parlano lingue straniere, che non leggono su internet altre voci fuori dal coro. Ma anche noi rischiamo di essere vittime dello stesso meccanismo perverso che veicola grida, strepiti, accuse feroci tra parti in lizza e spreco di demagogie. Mascheramenti di convenienze.

In ultima analisi, il punto non è l’Ucraina o l’Italia. Il punto è l’Europa continente, ovviamente Ucraina e Italia comprese, non la sola Unione Europea che ha inglobato ormai buona parte della sfera d’influenza russa. In termini globali, il mondo delle potenze è ormai popolato da attori di stazza continentale e il combattimento si va facendo più aspro. Siamo tutti di fronte ad una concorrenza fra diverse volontà nazionali di potenza completamente fuori dal tempo, espressa con linguaggi anacronistici, falsamente pacifica nei toni ma violenta nei modi. E dobbiamo preoccuparcene. Dovrà, più di noi, preoccuparsene il riconfermato inquilino del Quirinale. Ci auspichiamo risulti, ancora, non soltanto una figura capace di apparire bene, di padroneggiare con scioltezza differenti idiomi, di calcare con maggiore o minore protagonismo simbolico la scena internazionale.

La crisi geopolitica, la pandemia, l’inflazione, il costo delle bollette e delle materie prime: questi fattori creano una miscela esplosiva e chiedono alla politica intera, non solo a Palazzo Chigi, e quindi a chi siede sul Colle, azioni efficaci. Serve un presidente della Repubblica che dall’Italia, attraverso l’Europa, sappia gettare il giusto sguardo sulla Russia, sull’America e sul mondo. Globalizzazione e guerra sono fenomeni distinti e solo parzialmente sovrapposti. Ma con interfacce e sinergie talmente dense da rendere assai povera la più fervida immaginazione.

Antonio Rossello


Avatar

A. Rossello

Torna in alto