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Intervista a De Carli/ Il partito fedele al Papa, il governo e il Vaticano dove c’è obbligo vaccinale. Strategie anti-Covid. Le parole del Pontefice


Intervista a Mirko De Carli (Popolo della Famiglia) sull’obbligo vaccinale.

di Gianluca Valpondi

Il governo italiano segue l’esempio del Vaticano rispetto alla strategia vaccinale anti-Covid. Chi si ribella, denunciando la deriva autoritaria? Il partito fedele al Papa, il PdF. È così? Ci spieghi? 

Mirko De Carli (Popolo della Famiglia)

Sicuramente la strategia adottata dal governo ha generato ulteriori divisioni sociali e ulteriore scontro sociale. Non è un caso che quel clima da unità nazionale che ha caratterizzato da febbraio fino a Natale la gestione del governo Draghi e ha visto in tante parti sociali guardare con rispetto, in alcuni casi con apprezzamento, l’operato del governo Draghi, è completamente saltato. Noi come Popolo della Famiglia avevamo detto una parola chiara: avevamo detto “guardiamo provvedimento per provvedimento e valutiamo provvedimento per provvedimento”. Abbiamo espresso parole forti di contrarietà accesa rispetto alle misure adottate per le politiche famigliari; per esempio il nostro no si è fatto sentire con forza rispetto all’assegno unico, che, come abbiamo ripetuto più volte, si è mostrato come una misura a danno della famiglia e non a sostegno della famiglia, e di certo non a sostegno della natalità, per citare una nostra esposizione rispetto alle politiche che ha sostenuto il governo Draghi. Rispetto alle politiche sanitarie, abbiamo detto che non eravamo entusiasti della strada intrapresa dal governo e che avremmo dato tempo fino al 31 dicembre – la fine dello stato di emergenza – per valutare che cosa? Per valutare il quadro epidemiologico e verificare se le scelte che si sarebbero poi prese per l’inizio dell’anno nuovo sarebbero state coerenti e adeguate al quadro epidemiologico in corso. In questo senso noi abbiamo visto una scelta da parte del governo sbagliata, non corretta, inopportuna e distante dai numeri reali.

Sono gli stessi scienziati e medici che ci hanno spiegato – anche coloro che hanno incarichi di prim’ordine all’interno delle task force del ministero della salute o del CTS (Comitato Tecnico Scientifico) – che la variante predominante oggi, che è la variante Omicron, è una variante che non crea più quel rischio di ricovero in terapia intensiva e quindi di malattia grave, e quindi di possibile letalità, dovuta al virus, che producevano le precedenti varianti, soprattutto nei confronti di coloro che sono vaccinati con doppia dose recente o terza dose. Per cui, ritenevamo che fosse necessario prendere delle scelte che andassero verso una cronicizzazione del virus e un superamento dello stato di emergenza, portandoci a dotarci di protocolli e di gestione delle politiche sanitarie di convivenza con il virus. Abbiamo visto invece un’accelerata del governo verso politiche restrittive che davano l’idea di una nuova emergenza dovuta al Covid e che portavano a delle limitazioni eccessivamente rigorose rispetto al quadro epidemiologico in corso: l’introduzione di obblighi vaccinali anche per i luoghi di lavoro, la riduzione della mobilità per coloro che non sono vaccinati, in modo che siano in una sorta di lockdown effettivo…e altre politiche che sono state adottate. Abbiamo quindi visto una serie di scelte che hanno tolto la praticabilità dei diritti costituzionali al lavoro, alla libertà di movimento etc…alle persone che hanno scelto di non vaccinarsi, consapevoli però che la diffusione del virus non è responsabilità solo di chi non è vaccinato, ma è responsabilità di ogni persona che è positiva, vaccinato o non vaccinato.

Quindi il problema di avere le code a fare i tamponi, come altri problemi legati alla diffusione di questa variante, non è responsabilità di chi non è vaccinato solamente, ma di chi ha contratto, anche da vaccinato, il virus. Questo dobbiamo tenerlo in considerazione, come è fondamentale tenere in considerazione un altro dato, ovvero che la campagna vaccinale, che ha ottenuto dei risultati importanti, e noi siamo contenti di questo, ha permesso di evitare che si ospedalizzassero tante persone per la variante Delta e in parte per la variante Omicron, e quindi questo va sicuramente detto. Abbiamo ritenuto giusto raccogliere gli appelli del Papa. Siamo sempre vicini e in ascolto, in maniera laica, delle parole del Pontefice sulla campagna vaccinale, sulla bontà dei vaccini, e abbiamo detto che è necessario investire e sostenere, ma siamo convinti che la politica dell’obbligo vaccinale, che da sempre abbiamo contrastato come Popolo della Famiglia nei nostri programmi elettorali e nei nostri contenuti espressi come assemblea di partito, non fosse la strada giusta per ottenere risultati di alta vaccinazione. Non a caso, senza l’obbligo siamo arrivati a vaccinare in doppia dose quasi l’80% della popolazione: un dato tra i più alti al mondo, non solo in Europa. La scelta dell’obbligo con un quadro discendente di violenza virale della pandemia, che si sta tramutando in epidemia, come più volte abbiamo detto, ci conferma che queste scelte – dello stato di emergenza confermato fino a marzo, gli obblighi vaccinali introdotti e via discorrendo – sono assolutamente inadeguate e inopportune e ci hanno portato, da uno sguardo di valutazione provvedimento per provvedimento dell’esecutivo, a una posizione di fiera e ragionevole opposizione.

Molti non capiscono come conciliare le parole del Papa sugli aspetti etico-sociali-solidaristici del vaccinarsi con l’affermazione dell’anno scorso del Presidente del PdF Mario Adinolfi riguardo alla sua scelta di non vaccinarsi senza addurre motivazioni. Più recentemente, Adinolfi avrebbe dichiarato di essere, nel suo vissuto, refrattario ai farmaci di qualsiasi natura e che il vaccinarsi o meno è una scelta privatissima da prendere con il medico. È possibile conciliare la visione anche morale-sociale-solidaristica del vaccinarsi espressa dal Pontefice con il punto di vista espresso da Adinolfi? Ovviamente, se la posizione di Adinolfi non è stata qui da me correttamente esposta, ti chiederei una rettifica, così che risulti il più possibile chiara la linea politica del Popolo della Famiglia riguardo ai vaccini anti-Covid e alla strategia vaccinale connessa, anche rispetto alla linea tenuta dalla Santa Sede (tenuto conto del continuo riferimento del PdF alla Dottrina Sociale della Chiesa, di cui il Pontefice è maestro, bioetica inclusa). 

Su questo punto credo che si sia dedicata molta attenzione, puntando i riflettori su una scelta personale, che è quella del nostro presidente Adinolfi, che rimane e resta una scelta personale, come lui stesso ha detto, per quanto riguarda la scelta di non vaccinarsi e la scelta di proporre un’azione di disobbedienza civile rispetto alle misure restrittive e coercitive, che dal 24 dicembre ad oggi il governo Draghi ha deciso di mettere in campo. La linea politica che il presidente e la dirigenza nazionale del partito del Popolo della Famiglia ha illustrato e definito dopo la lettura e l’analisi attenta dei provvedimenti che da Natale in poi il governo ha posto, è conseguente a una presa di posizione, figlia di una riflessione lunga mesi del nostro partito. Da quando il governo Draghi è entrato in carica nel pieno delle sue funzioni, abbiamo sempre lucidamente detto di voler valutare il governo provvedimento per provvedimento. In particolare abbiamo posto attenzione ai temi che ci stavano a cuore e abbiamo dichiarato un forte dissenso rispetto alla scelta di varare l’assegno unico, che, dati alla mano, arrecava a oltre 400mila famiglie e oltre un milione di figli un danno economico rispetto al sistema fiscale precedentemente in vigore nel nostro Paese.

Per quanto riguarda le politiche sanitarie, avevamo espresso dubbi e perplessità, ma avevamo concesso fino alla fine dello stato di emergenza, cioè il 31 dicembre scorso, il tempo per valutare questi provvedimenti alla luce del quadro epidemiologico. Una volta che abbiamo visto membri del Cts, membri della task force del ministero della salute e soprattutto scienziati fra i più rilevanti del nostro Paese dichiarare che si doveva passare a trattare la variante Omicron, che diventava predominante, come uno stato influenzale e non più in una logica di pandemia, passando quindi alla cronicizzazione della gestione del virus, abbiamo ritenuto di proporre politiche diverse da quelle avanzate dal governo: il superamento dello stato di emergenza nazionale e di tutti i protocolli ad esso connessi, una cronicizzazione per l’appunto della gestione del virus, e un lento e graduale ritorno alle piene e compiute libertà personali e individuali rispetto alle misure restrittive precedentemente introdotte, attraverso naturalmente una organizzazione del sistema sanitario e di prevenzione attraverso anche l’investimento e la diffusione delle cure, delle terapie e dei medicinali anti-Covid, che già in Italia a partire da inizio anno sono disponibili, ancora in quantità ridotte. Questa era la nostra scelta, che conferma una logica di fiera e ragionevole opposizione al governo Draghi, che da Natale in poi, forse troppo occupato dalla “questione Quirinale”, ha perso rapporto con la realtà, ha agito politicamente in dissenso con i numeri del quadro epidemiologico e ha preso scelte coercitive e di politica dirigista, che non possiamo assolutamente avallare: si valutano sempre le azioni, mai le persone, e ancora una volta lo confermiamo.

Rispetto alle dichiarazioni che il Papa ha fatto sulla questione vaccinale, naturalmente non ex cathedra come ben tutti sanno, noi abbiamo ritenuto giusto sottolinearne il valore e l’importanza in quanto abbiamo sempre sostenuto l’importanza della campagna vaccinale, in quanto necessaria per ridurre al massimo possibile la violenza virale del virus; sapendo anche che il vaccino era la principale freccia al nostro arco, ma non l’unica e che andavano fatti investimenti in altri campi, come la medicina di territorio, la prevenzione, le cure, le terapie, che erano campi necessariamente primari, da affiancare al vaccino. Non c’è contrarietà assolutamente tra le dichiarazioni del Santo Padre e la scelta di Mario Adinolfi, il quale non ha mai fatto una proposta no-vax, ha sempre ritenuto giusto e corretto promuovere la campagna vaccinale, ha fatto una scelta personale, che va rispettata, di non vaccinarsi – e non ha nessun obbligo a dover dichiarare le ragioni per cui ha scelto di non vaccinarsi – e ha sempre fatto una scelta di vita rispettosa di quelli che sono i protocolli di tutela della salute pubblica. Nel momento in cui sono stati imposti obblighi che riteneva inadeguati rispetto a quelle che erano le condizioni del quadro epidemiologico del Paese, ha ritenuto di porre un atto di critica e contestazione forte – rivolto al Paese e rivolto anche al nostro movimento politico – che ritengo adeguato e corretto: in tempi in cui viene messa in discussione la democrazia, occorre una voce forte e chiara e il nostro presidente ancora una volta l’ha fatta sentire.

Oltre al problema di avere le code a fare i tamponi, hai parlato di alcuni altri problemi legati alla variante Omicron, senza specificare quali, ma sottolineando che anche i vaccinati sono responsabili dei contagi. A ben pensarci però, e tu stesso lo hai detto, il vero e serio problema è che per chi non è vaccinato il Covid rischia ancora di essere ben più di un’influenza. E mi riallaccio qui al discorso del Santo Padre Francesco ai membri del corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede del 10 gennaio: «(…) In questi giorni vediamo come la lotta alla pandemia richieda ancora un notevole sforzo da parte di tutti e come anche il nuovo anno si prospetti impegnativo. Il coronavirus continua a creare isolamento sociale e a mietere vittime e, tra quanti hanno perso la vita, vorrei qui ricordare il compianto Mons. Aldo Giordano, Nunzio Apostolico ben conosciuto e stimato in seno alla comunità diplomatica. Allo stesso tempo, abbiamo potuto constatare che laddove si è svolta un’efficace campagna vaccinale il rischio di un decorso grave della malattia è diminuito. È dunque importante che possa proseguire lo sforzo per immunizzare quanto più possibile la popolazione. Ciò richiede un molteplice impegno a livello personale, politico e dell’intera comunità internazionale. Anzitutto a livello personale. Tutti abbiamo la responsabilità di aver cura di noi stessi e della nostra salute, il che si traduce anche nel rispetto per la salute di chi ci è vicino. La cura della salute rappresenta un obbligo morale. Purtroppo, constatiamo sempre più come viviamo in un mondo dai forti contrasti ideologici. Tante volte ci si lascia determinare dall’ideologia del momento, spesso costruita su notizie infondate o fatti scarsamente documentati. Ogni affermazione ideologica recide i legami della ragione umana con la realtà oggettiva delle cose. Proprio la pandemia ci impone, invece, una sorta di “cura di realtà”, che richiede di guardare in faccia al problema e di adottare i rimedi adatti per risolverlo. I vaccini non sono strumenti magici di guarigione, ma rappresentano certamente, in aggiunta alle cure che vanno sviluppate, la soluzione più ragionevole per la prevenzione della malattia. Vi deve essere poi l’impegno della politica a perseguire il bene della popolazione attraverso decisioni di prevenzione e immunizzazione, che chiamino in causa anche i cittadini affinché possano sentirsi partecipi e responsabili, attraverso una comunicazione trasparente delle problematiche e delle misure idonee ad affrontarle. La carenza di fermezza decisionale e di chiarezza comunicativa genera confusione, crea sfiducia e mina la coesione sociale, alimentando nuove tensioni. Si instaura un “relativismo sociale” che ferisce l’armonia e l’unità. Infine, occorre un impegno complessivo della comunità internazionale, affinché tutta la popolazione mondiale possa accedere in egual misura alle cure mediche essenziali e ai vaccini. Purtroppo occorre constatare con dolore che per vaste aree del mondo l’accesso universale all’assistenza sanitaria rimane ancora un miraggio. In un momento così grave per tutta l’umanità, ribadisco il mio appello affinché i Governi e gli enti privati interessati mostrino senso di responsabilità, elaborando una risposta coordinata a tutti i livelli (locale, nazionale, regionale, globale), mediante nuovi modelli di solidarietà e strumenti atti a rafforzare le capacità dei Paesi più bisognosi. In particolare, mi permetto di esortare gli Stati, che si stanno impegnando per stabilire uno strumento internazionale sulla preparazione e la risposta alle pandemie sotto l’egida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ad adottare una politica di condivisione disinteressata, quale principio-chiave per garantire a tutti l’accesso a strumenti diagnostici, vaccini e farmaci. E parimenti, è auspicabile che istituzioni come l’Organizzazione Mondiale del Commercio e l’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale adeguino i propri strumenti giuridici, affinché le regole monopolistiche non costituiscano ulteriori ostacoli alla produzione e a un accesso organizzato e coerente alle cure a livello mondiale (…)». Condividi le parole del Pontefice? Come le commenteresti?

Il problema si pone sul piano di quella che è la tutela della salute pubblica. Se la diffusione dei contagi della variante Omicron, che ora è diventata predominante, dipendesse dalle persone non vaccinate, allora ci sarebbero degli elementi che porterebbero a dover applicare per questioni di tutela della salute pubblica – solo nel caso in cui ci fosse una propagazione del virus ingovernabile e con effetti virali acuti – una serie di limitazioni tollerabili costituzionalmente nei confronti di coloro i quali rifiutano terapie sanitarie e rifiutando terapie sanitarie recano danni a loro stessi e all’altra parte di popolazione che si è messa in salvaguardia. Dato che così non è, e a dirlo non siamo noi, ma sono i medici e gli scienziati anche degli organismi competenti e legittimati dallo Stato, e quindi sappiamo tutti oramai che il contagio può dipendere sia dai vaccinati che dai non vaccinati, allora il problema è un altro, e cioè che dobbiamo cercare di tutelare e garantire la salute pubblica di tutti, senza puntare il dito contro qualcuno.

È logico che il rischio maggiore di una malattia grave ce l’hanno anche con la variante Omicron, anche se in maniera inferiore rispetto alla variante Delta, i non vaccinati, ma è una scelta libera loro. È come se a una persona gli prescrivi del cortisone per curarsi e non lo prende perché ritiene quelle cure con i farmaci tradizionali inadeguate e inopportune per la propria salute: non lo si può obbligare a fare nulla. Stessa cosa in questo caso. Uno Stato si deve occupare di evitare che ci sia la propagazione del virus per evitare di avere una sorta di epidemia dolosa; allora per fare questo è fondamentale mantenere sistemi di prevenzione, fare informazione, mantenere quelle regole elementari come il distanziamento, le mascherine, il gel, che conosciamo ormai tutti bene da quasi due anni; ed evitare discriminazioni, che arrecano odio e divisione sociale. Le misure che hanno introdotto gli obblighi vaccinali e le misure che hanno introdotto ulteriori restrizioni per i non vaccinati non risolvono il problema, perché non abbiamo le terapie intensive in una situazione di collasso e soprattutto il problema oggi non sono i non vaccinati, il problema è che il virus circola e con i protocolli non aggiornati alla situazione attuale porta in un lockdown indiretto il Paese, perché coloro che contagiano sono coloro che circolano e sono prevalentemente ovviamente i vaccinati, perché i non vaccinati, per le restrizioni che hanno, circolano molto meno o quasi più non circolano, perché non gli è consentito di fare quasi più nulla. In merito alle dichiarazioni del Pontefice, possiamo vedere che sono dichiarazioni di assoluto buon senso. Naturalmente noi che facciamo politica in uno Stato repubblicano e siamo espressione di un movimento politico come il Popolo della Famiglia, che è di ispirazione cristiana, non possiamo che guardare con attenzione alle parole del Santo Padre, sempre sotto un aspetto di piena e compiuta laicità.

L’invito a vaccinarsi, l’invito a tutelare la salute anche attraverso i vaccini, l’accessibilità di queste terapie anche a coloro che non se lo possono permettere – penso ai Paesi più poveri, alle fasce di reddito più povere del mondo – è un invito fondamentale. Questo non vuol dire però che il Papa imponga un obbligo vaccinale; indica una strada sempre nella scelta libera e nel pieno libero arbitrio della persona, e quindi non a caso non viene mai citata la parola “obbligo”, viene invitata la persona a farlo. Io credo che anche il cristiano che, come nel caso del nostro presidente del PdF, abbia scelto di non vaccinarsi per motivi personali, sia coerente con la parola del Papa, che ripeto non è una parola ex cathedra in questo caso, perché non ha fatto campagne no-vax, non ha fatto campagne contro il vaccino, anzi ha sostenuto la campagna vaccinale, ha invitato chi volesse farlo a farsi il vaccino, ma lui per motivi suoi personali, che vanno rispettati, ha scelto di non farlo. Questo credo che sia una puntualizzazione doverosa e necessaria.

Quello che chiami lockdown indiretto sarebbe, se non sbaglio, solo per i non vaccinati senza accertata (dalle autorità competenti) certificazione di incompatibilità medica col vaccino: comunque si bloccherebbe il Paese? E poi: tenuto già conto del direi ragionevole taglio del governo ai tamponi ai “contatti” dei contagiati, non sono comunque proprio i non vaccinati ad invocare, o comunque a necessitare, di continui tamponi (in ogni caso più dei vaccinati)? E ancora: se anche possono contagiare, i vaccinati non contagiano con carica virale più bassa dei non vaccinati? Se ci aggiungiamo poi che curare se stessi è comunque un obbligo morale che se non adempiuto finisce per ricadere in ogni caso anche sulla collettività, è giusto riservare a vaccinati e non vaccinati lo stesso identico trattamento? O non si rischia di trattare allo stesso modo casi diversi, cadendo nell’ingiustizia? Nello Stato della Città del Vaticano poi c’è già, a quanto pare, una sorta di obbligo vaccinale, e nessuno, intellettualmente onesto, si è sognato di denunciare una deriva autoritaria in Vaticano. 

Il problema è che oggi abbiamo un lockdown indiretto di persone che sono positive all’Omicron, ma senza sintomi, e abbiamo persone che sono bloccate a casa per 5 giorni, e che bloccano il sistema produttivo del Paese. La prova è nel mio lavoro e nelle mie attività istituzionali, dove stiamo tornando da remoto praticamente su tutto come nei momenti più gravi della pandemia, e dove sostanzialmente si annullano e si chiudono luoghi di lavoro per quarantene o code a fare i tamponi molecolari presso i drive in cittadini.

Allora noi oggi abbiamo questo reale problema. Come dicono molti medici di famiglia e le loro associazioni di categoria, dobbiamo smetterla di fare tamponi continui e smetterla di ricercare i positivi. Noi dobbiamo semplicemente verificare la possibilità di mettere in stato di tutela temporanea – se poi sono vaccinate con tripla dose, solo per pochi giorni – se hanno sintomi, prima di poter tornare alla vita normale, le persone che sono sintomatiche, come avviene per l’influenza.

Nel caso di positivi asintomatici, dobbiamo consentire loro di poter vivere, naturalmente con alcune limitazioni riguardanti il distanziamento…le solite limitazioni, l’uso delle mascherine etc…una vita normale, perché noi oggi sappiamo che per i tripla dose vaccinati i rischi non ci sono con l’Omicron, tranne che se hanno altre patologie, e naturalmente è tutto affidato anche alla responsabilità sanitaria della singola persona. Se noi continuiamo a bloccare il Paese su retoriche delle cariche virali ed altro, ci troviamo un Paese completamente bloccato, davanti, ripeto, ad una pandemia che diventa sempre più endemia e epidemia con il passare del tempo.

Quindi, gli stadi di passaggio sono questi: pandemia, endemia e epidemia. E saranno veloci, come molti medici dicono, nei prossimi mesi, grazie alle varianti più deboli che ci sono in circolazione come Omicron. E dall’altra parte abbiamo un Paese che vive ancora con i protocolli di tutela della salute che riguardano le varianti più gravi che hanno bloccato il Paese. Essendo la variante Omicron una variante che ha una propagazione in percentuale molto più alta delle precedenti, ma per i vaccinati non ha conseguenze da ricovero in ospedale e per i non vaccinati qualsiasi variante ci sia è rischiosa, quindi il problema non si pone diciamo, dispiace per la loro salute ma sul piano della gestione sanitaria è assolutamente governabile, visto la situazione dei reparti di terapia intensiva, dobbiamo avere il coraggio di superare questi protocolli di stato di emergenza e gestire come già Spagna, in via di avvio questa strada anche per la Francia, Inghilterra…di fare del virus come un’influenza.

Nello Stato della Città del Vaticano si è scelto una sorta di obbligo vaccinale perché è una situazione completamente diversa: parliamo di uno Stato con un’età della popolazione molto alta, una circolazione di cittadini stranieri altissima, perché è uno Stato che dialoga con tutto il mondo in poche centinaia di metri quadri; le persone che ci abitano sono molto anziane, molto adulte, quindi probabilmente tutelarle è la strada corretta, ma paragonare la scelta dello Stato del Vaticano con quella del governo italiano, di un Paese come l’Italia, è assolutamente un paragone inopportuno.

Gianluca Valpondi


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