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Lettera / Le bocce a Noli non era un gioco, ma di sera un vero spettacolo


La storia del gioco delle bocce a Noli meriterebbe a mio avviso un libro, o almeno una mostra nelle belle sale della Fondazione Sant’Antonio. I miei ricordi personali si riferiscono ai primi anni cinquanta dello scorso secolo. Quando ero piccolo, a Noli due erano gli sport più amati, la pallacanestro e le bocce.

di Massimo Germano

Noli quando si disputava il Memorial di bocce Scaglia – Parodi. Già dagli anni ’60 la Guida Turistica della Provincia di Savona citava alla voce attrezzatura turistica e svaghi: bocciodromo del Gruppo Bocciofilo Nolese di via Defferari.  Due campi  da Tennis Club Noli e uno  per minigolf. Il campo da calcio comunale. Il campo Giunta parrocchiale di pallacanestro e pallavolo. Lo sci nautico motoscafi ed istruttori. La caccia  nei valloni della costa e delle gole, in zona Tosse e Voze. La sagra del pesce. I cinematrografi Conchiglia di via Pareto e Lux (all’aperto) di via Cavalieri di Malta. C’erano i dancing e nighet club: Alì Babà, Anita,  Da Crancois, Gulliver (a Voze), Lido, Lilliput e Vittoria Dancing.

Entrambi erano molto seguiti, ma il gioco delle bocce aveva degli aspetti particolari, parlare di gioco è riduttivo, era un vero spettacolo che si celebrava generalmente al tramonto o nelle prime ore notturne, dopo cena, nelle sere d’estate.

Le rappresentazioni si svolgevano su due campi da gioco, due lingue di terra separate che guardavano il mare vicino al molo, nel punto forse più bello della passeggiata, a fianco degli storici Bagni Anita. Quello dei due che ancora resiste era il campo principale, mentre il secondo era meno frequentato, spesso era quello concesso in uso ai bocciatori forestieri calati durante le vacanze.
Le attività iniziavano al mattino con la cura del campo di gioco che veniva innaffiato, lavato e lisciato a lungo. Generalmente l’addetto alla manutenzione era uno che non giocava, i giocatori entravano in scena solo alla sera, di giorno non si facevano mai vedere. Circondato da occasionali spettatori svolgeva questa funzione preparatoria con metodo e precisione, attento a tutte le pieghe del terreno.
Si diceva infatti che fosse un campo particolarmente difficile e che bisognasse conoscerlo bene. Quando mio nonno invitava mio zio, medagliato bocciatore Savonese, a sfidare i Nolesi con la sua squadra, lui si defilava. Per mio nonno era solo paura: mio zio avrebbe sopportato di arrivare ultimo a qualsiasi gara, ma non di perdere la faccia a Noli.
Arrivava la sera, i primi spettatori si sistemavano nei pochissimi posti riservati mentre alla spicciolata si facevano vivi i giocatori. La formazione delle squadre era lunga e laboriosa, soprattutto se erano presenti i primi attori, cosa che non succedeva sempre. Allora la voce si spargeva rapida e diventava difficile persino avere un posto in seconda fila, bisognava storcere il collo per seguire lo scontro, io mi infilavo tra le gambe di mio nonno. Di solito due erano gli antagonisti principali, spesso uno era il più bravo a bocciare, l’altro il più bravo a  puntare. Il primo sapeva ripulire con delle fucilate basse e potenti il campo da ogni minaccia, il secondo pazientemente risistemava la sua boccia a due centimetri dal pallino riprendendo il punto. Il partito dei bocciatori sottolineava con rumorosa soddisfazione la bocciata chirurgica che spazzava via la boccia dell’avversario, mentre gli appassionati del punto si accontentavano di mormorii discreti quando silenziosamente una nuova boccia riprendeva lo stesso posto di quella eliminata dall’avversario.
Il capolavoro del puntatore era di mettere la boccia il più vicino possibile al pallino, ma non attaccata, per evitare che il bocciatore potesse spazzare boccia avversaria e pallino in una volta sola. Più affascinante e difficile il capolavoro del bocciatore, il  trucco fermo, colpo da maestro col quale la boccia bocciante si sostituisce letteralmente alla boccia bocciata, lasciando stupefatti gli spettatori. In questo caso non solo si rimuove la minaccia ma si guadagna il punto, è il massimo.
Naturalmente parlo della volata, non della raffa, un tipo di bocciata allora ancora tollerata in alcune regioni del nord, nella quale era consentito fare rotolare la boccia sul terreno. Una sera d’estate un ingenuo foresto va alla bocciata ed esegue una raffa. Ricordo ancora la faccia stupita e scandalizzata degli spettatori e le scuse imbarazzate del povero tapino. Tanto tempo è passato da allora, ma ancora oggi se vedo qualcuno giocare su quel vecchio campo mi devo fermare. Mi appoggio alla ringhiera e rivedo tutti quei volti, e mio nonno che mi sorride.
Buon Natale e Buon Anno Nuovo a tutti!
Massimo Germano

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