Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Ecco perché Triora si candida a Villaggio di alpinisti. Primo comune ligure del ‘circuito’. La relazione storico – culturale. E Gerbonte foresta ligure: castagno 12 metri di diametro


E’ il paese più vasto della provincia di Imperia. Nel suo territorio (Parco Naturale delle Alpi Liguri) c’è l’unica ricca e affascinante foresta del ponente, estesa per 621 ettari. Tra le perle spicca il ‘Pane di Triora’. Ora una proposta che non merita affatto di finire nel ‘libro dei sogni’. Di Triora hanno scritto il romanziere Riccardo Bacchelli,  il prof. Enrico Martini, genovese, illustre botanico e naturalista di chiara fama internazionale, laureato in scienze Biologiche. L’alpinista scrittore (guida De Agostini) Euro Montagna. L’anno 2020 è iniziato sulle ali di promettente e straordinaria iniziativa per le sue potenzialità socio-economiche- turistiche- culturali) iniziativa. Purtroppo frenata quasi alla partenza da Covid – 19 e quando, nella sala conferenze del palazzo Stella, il Comune di Triora ha presentato la candidatura a far parte del circuito europeo denominato Bergsteigerdőrfer (locuzione inedita).

Il giorno della presentazione del progetto Bergsteigerdőrfer a Triora

Triora, con la sua ricchezza di madre natura, la sua storia, aspira al riconoscimento di “villaggio degli alpinisti”. La primogenitura ligure è opera del Cai di Sanremo  (Giancarlo Colucci), in sinergia con l’amministrazione comunale e proposta dal capogruppo di minoranza avv. Davide Oddo, origini trioresi, appassionato di montagna e di disinteressato amore per la terra che gli ha dato i natali.

Triora che può fregiarsi di far parte dei Borghi Più Belli d’Italia e Bandiera Arancione. A corredo della richiesta a Bergsteigerdőrfer viene allegata un’approfondita e dotta relazione, per evidenziare tutte le peculiarità della zona, con particolare riferimento ai requisiti richiesti dal circuito. E’ così giunta, a Triora, un’apposita delegazione, incaricata di valutare la candidatura. Ha visitato non solo il centro storico, le varie frazioni e le principali attrattive turistiche e paesaggistiche.  Nelle due giornate di sopralluoghi i rappresentanti del  Bergsteigerdőrfer sono stati accompagnati dal vicesindaco Gianni Nicosia e da  membri dell’amministrazione comunale che hanno illustrato i diversi aspetti necessari al proseguimento della pratica.

Al primo incontro (3 gennaio) una sala stracolma, con la significativa presenza dell’assessore regionale al Turismo, avv. Gianni Berrino (in corsa per il secondo mandato) ed il presidente del consiglio regionale Alessandro Piana, che hanno avvalorato il prestigio e la potenziale valenza turistica del progetto. Triora potrebbe essere il primo comune ligure ad entrare a far parte del circuito. Un’eccezionale opportunità da perseguire con tenacia, costanza, concretezza operativa, per dare vita ad un interscambio tra i paesi alpini, per custodire ed incentivare la cultura, la storia e le tradizioni, oltre che per beneficiare delle risorse naturali e paesaggistiche, farle conoscere ai giovani per tramandarle, come merita, alle generazioni a venire.

L’ESORDIO IN AUSTRIA – L’iniziativa è stata studiata e sperimentata dapprima in Austria, nell’ambito della “Convenzione delle Alpi”, che riunisce gli stati europei confinanti. Obiettivo il ripopolamento di certe aree in vista di uno sviluppo sostenibile e duraturo, che salvaguardi le caratteristiche del territorio. Un primo importante passo è stato compiuto, ma occorrerà diverso tempo prima di conoscere l’esito della candidatura di Triora. Si spera che la procedura possa concludersi entro un anno, dando ulteriore impulso all’economia del luogo, basata soprattutto sul turismo.

Triora, dal latino Tria ora, ovvero tre bocche. Tre come le teste del cerbero, mitico guardiano infernale, raffigurato sullo stemma comunale, riprodotto anche al centro della piazza centrale. Tre come i principali prodotti del luogo: il grano (il borgo era noto come granaio della Repubblica di Genova), la vite, che cresceva ad altezze incredibili, e la castagna, che ha alimentato intere generazioni, meritando pienamente la nomea di pane dei poveri. 

Adagiata su uno sperone di monte dominante la valle Argentina, Triora ebbe sempre un’importanza strategica per la sua vicinanza ai confini, prima podesteria della Repubblica di Genova, poi uno degli estremi baluardi della nazione italiana. Originariamente basata sull’agricoltura (grano, vite e castagne soprattutto) sull’allevamento del bestiame e sullo sfruttamento forestale, l’economia con il passar degli anni ha subito una importante trasformazione a causa dell’inesorabile spopolamento della montagna.

TRIORA IL PAESE PIU’ ESTESO DELLA PROVINCIA DI IMPERIA – Situata in provincia di Imperia, della quale, con la sua estensione di 67,74, è tutt’oggi il comune più vasto, è stata per secoli alleato fedele della Repubblica di Genova, che la acquistò nel 1261 dalla contea di Ventimiglia, elevandola ad importante e vastissima podesteria. A testimoniarne il fervore ed il valore ben duecento balestrieri trioresi contribuirono alla vittoria dei genovesi nella celebre battaglia della Meloria e nel 1290, in numero maggiore, alla conquista di Cagliari. Difesa da cinque fortezze e da case torri, circondata da mura impenetrabili, Triora divenne un simbolo della lotta contro i conquistatori. Nel 1625 il Duca di Savoia, dopo aver occupato le città ed i paesi liguri, pensava che anche il borgo si arrendesse senza combattere. Dopo un’impari lotta, mentre si accingeva a sottoscrivere i capitoli della resa, giunsero rinforzi da ogni parte, si chiusero le porte e l’invasore fu respinto. Triora divenne in tal modo un simbolo di tenacia ed indomabilità.

Le truppe di Napoleone nel 1794, nel corso della campagna d’Italia, si fermarono a Triora. Il loro comandante, il generale Andrea Massena, fu ospitato nella casa dei Borelli, da dove diresse le operazioni militari. Sulle montagne soprastanti, cioè a monte Trono, al passo del Pellegrino, sul Saccarello, a Tenarda e a Collardente, si verificarono aspri combattimenti. Al Saccarello rimase mortalmente ferito il diciassettenne Eugène Costa di Beauregard, mentre il tenente Massimiliano Cordero di Montezemolo si distinse alla testa delle sue guardie, incurante delle ferite riportate. Anche i francesi subirono gravi perdite, con la morte del generale Bruslé a Collardente e del colonnello Langlois a Colle Sanson. Quando l’esito della guerra pareva volgere a favore dei Piemontesi, giunse inaspettato l’ordine di ritirarsi verso la fortezza di Saorgio. Triora e la Liguria Occidentale passarono sotto la Francia; gli antichi stemmi delle famiglie nobili furono tolti dagli artistici portali, le chiese vennero spogliate degli oggetti di maggior valore, i frati Agostiniani malamente scacciati. Fu l’inizio del periodo di declino per l’antica podesteria.

IL SANGUE DEI TRIORESI (60 CADUTI) NELLA PRIMA GRANDE GUERRA – L’importanza strategica e militare della zona di Triora risultò evidente dalla costruzione di caserme e fortificazioni militari, sia nel capoluogo e nei paesi vicini, che sulle più alte vette, quali cima Marta, colle Sanson e la zona del Saccarello, la più alta montagna ligure. A partire dall’unificazione italiana fino alla seconda guerra mondiale risiedettero in alta valle Argentina numerosi militari. Altissimo fu il contributo dei trioresi nella prima guerra mondiale; per la difesa dei confini della Patria persero la vita ben sessanta giovani: il loro nome è scolpito sulla lapide del monumento ai caduti, costruito nel 1919, primo dell’intera provincia.

LE CAVE DI ARDESIA – La partenza dei militari ed il progressivo abbandono delle campagne acuirono lo spopolamento, al quale per un trentennio si pose freno con lo sfruttamento delle numerose cave di ardesia esistenti sul territorio e con l’installazione di due fabbriche di bambole artigianali.

Trascorso questo periodo, non restò che dedicare la massima attenzione al turismo ed alla valorizzazione delle antiche tradizioni, prima fra tutte il fenomeno della stregoneria, che ebbe come tragico teatro l’intero territorio triorese, culminando con la condanna a morte di ben cinque donne. E’ stato creato un museo che, oltre gli oggetti quotidiani, raccoglie le testimonianze di questa tragedia. Le fattucchiere hanno dato un benefico scossone alle attività commerciali, facendo conoscere ai visitatori i numerosi monumenti, fra cui basti citare la Collegiata, con tele trecentesche, una delle quali firmata dal senese Taddeo di Bartolo nel 1397; l’oratorio di san Giovanni Battista, ricco di un ligneo altare dorato e di preziose tele; la chiesa foranea di san Bernardino, con intriganti affreschi quattrocenteschi; i resti della chiesa di santa Caterina d’Alessandria, con uno straordinario portale in caratteri gotici del 1390; e poi avanzi del castello, palazzi, strettoie, aie, selciati, immersi in un’atmosfera d’altri tempi.

In un’apposita sala del museo sono raccolti oggetti e reperti delle numerose campagne archeologiche, che testimoniano antiche presenze in varie zone del territorio (Loreto, Goina, Creppo, Realdo, Borniga). In una teca sono esposte bellissime teste processionali dal corpo finto, casualmente ritrovate nella chiesa di San Bernardino.

Al museo etnografico e della stregoneria, istituito nel 1983, è stato affiancato pochi anni fa il museo etnostorico, realizzato nell’antico palazzo Stella, dove si spense nel 1900 il beato monsignor Tommaso dei marchesi Reggio, giunto a Triora per inaugurare il monumento al Redentore sul Saccarello.

RICCHISSIMO DI FLORA – Il comune di Triora ha un’altezza minima di 460 metri, rilevata lungo le sponde del torrente Argentina, ed una massima di 2.164 metri, al monte Saccarello. Questo notevole sviluppo altitudinale comporta una varietà geomorfologica, ospitando una flora ricchissima come numero di specie. Si va infatti da un significativo insieme di piante mediterranee ad altre tipiche di orizzonti superiori fino a giungere ai cosiddetti arbusti contorti, quali ginepri nani e rododendri e perfino ad alcune forme tipiche dei pascoli e delle rupi alpine. Piante ignorate dalla maggior parte dei turisti hanno catturato l’attenzione dei botanici, che in queste zone hanno trovato materiale interessantissimo per i loro studi.

Si tratta dei veri e propri endemismi, quali la Moehringia lebrunii oppure la Moehringia sedifolia, fiorellini bianchi a cinque o quattro petali apparentemente insignificanti, posti sulla stessa rupe lungo la strada da Triora a Realdo. Oppure della Saxifraga cochlearis, veri e propri zampilli di fiori sgorganti dalle nude rocce calcaree, della vistosa e della delicata Campanula macrorrhiza, per finire al Rhaponticum bicknellii, alto più di un metro e mezzo, i capolini simili alle infiorescenze del carciofo, largamente presente alla Bottesina, nei pressi di quello che può essere definito un vero e proprio santuario di fiori ed animali.

IL GIGLIO ROSSO O DI SAN GIOVANI – Numerose sono le piante a protezione parziale o totale, che con i loro colori caratterizzano interi campi o declivi. Il giglio rosso o di san Giovanni, quello pomponio, le varie specie di orchidee, la genziana, la genzianella, la primula (anche quella impolverata), il botton d’oro, l’anemone, l’astro delle alpi o l’arnica montana rappresentano i vari periodi dell’anno. Di interesse prettamente didattico è la Pinguicula vulgaris, che colpisce per le inconsuete abitudini alimentari, cioè quelle di invischiare piccole prede. Ai Balconi di Marta ci si può imbattere nell’affascinante nigritella delle Alpi sud-occidentali. L’arnica montana o la genziana sono solo alcune delle erbe note per le qualità medicinali, abitualmente usate dalle popolazioni dell’alta valle Argentina. Ne costituiscono un eloquente prova le testimonianze raccolte trent’anni fa in una pubblicazione edita dalla Pro Triora editore “La medicina popolare in alta valle Argentina”.

BEN 14 QUALITA’ DI PIANTE, ALCUNE MONUMENTALI: TRE PINI IPPOCASTANI – La vegetazione arborea è straordinaria: sul territorio comunale si incontrano specie di ogni genere. Sul fondovalle ed alle quote meno elevate predominano i boschi misti di nocciolo, carpino, acero, frassino, salice, castagno e quercia, mentre alle quote superiori la fanno da padroni i pini, gli abeti, i faggi, le betulle per finire alle immense foreste di larici plurisecolari ed alle boscaglie di pino mugo. Molti di questi alberi hanno assunto dimensioni gigantesche, tanto da essere classificati “monumentali” dalla Regione Liguria. Si tratta di tre ippocastani, scelti, assieme ai platani, per alberare i viali e le piazze. Posti davanti alle chiese di Sant’Agostino e di San Bernardino, hanno ormai raggiunto un’altezza da venticinque a trenta metri con una chioma veramente vistosa.

LA FORESTA DEL GERBONTE CON UN CASTAGNO DI 12 METRI DI CIRCONFERENZA – Inoltre sono compresi nell’elenco trentacinque larici ed una decina di abeti bianchi della foresta demaniale di Gerbonte ed infine trentacinque fusti di aceri di monte in località Pin-Abenin. Ma il primato della grandezza spetta di diritto ad un gigantesco castagno, della circonferenza di oltre dodici metri, immerso nel bosco vicino alla località Goletta, zona dove si rifugiavano i partigiani nel corso dell’ultima guerra mondiale.

RICCARDO BACCHELLI ROMANZIERE – Il bosco, a causa dell’abbandono delle campagne, sta proliferando disordinatamente, cancellando a poco le fasce coltivate a grano e a vite, “gradinate e terrazzate fino a incredibili altezze, con una somma di lavoro e di fatica che spaventa, per piantarvi giù in basso l’olivo lento e prezioso e l’avara vite, e per seminarvi più su un pugno di frumento stentatissimo, e per falciarvi infine qualche fascio di buon fieno montanino” (ebbe a scrivere Riccardo Bacchelli). In qualche caso, a diminuire la tristezza e la malinconia, sono comparsi cespugli di ginestre, di assenzio o di valeriana rossa, che nascondono le numerose frane e smottamenti. Quando i primi freddi annunciano l’inverno sulle montagne è tutta una sinfonia di colori: dal rosso acceso dei faggi al verde-giallo degli aceri fino al rosa intenso di certi ciliegi selvatici ed all’arancio dei larici, in contrasto con il sempreverde delle pinete.

ENRICO MARTINI: UN A FAUNA SENZA UGUALI – Il dislivello, la vastità e la morfologia del territorio comportano anche un’eccezionale varietà dal punto vista faunistico. Estremamente ricca è la microfauna, tanto da far scrivere allo studioso Enrico Martini che “l’entità del fenomeno, in rapporto alla modestia della superficie complessiva, non ha eguali in Italia”. Sopra distese di erbe aromatiche e medicinali svolazzano nugoli di farfalle dai mille colori, ragni, api, mosche, calabroni e via dicendo. A costituire una prova indiretta dell’esistenza di comunità animali complesse, legate ad estesi ambienti naturali in buono stato di conservazione è la presenza di predatori. Dagli anfratti rocciosi si alza minacciosa in volo l’aquila reale, il biancone, lo sparviero, la poiana, il gheppio, il corvo imperiale ed anche il gufo nero, il più grande rapace notturno europeo, raro ed ormai in via di estinzione. Un esemplare, rinvenuto lungo la strada da Triora a Loreto, è stato imbalsamato ed esposto in una vetrina del museo etnografico, quale prova della sua maestosa bellezza.

IL GALLO FORCELLO  E IL LEGGIADRO PICCHIO MURAIOLO – Fra gli altri uccelli meritano una citazione ed ammirare il gallo forcello, al limite sud-occidentale del suo areale, la rarissima coturnice delle Alpi, il codirossone, il merlo dal collare meridionale, il leggiadro picchio muraiolo, simile ad una gigantesca farfalla. “I maggiori motivi di interesse sono legati alla persistenza di individui di specie tipiche dell’orizzonte alpino, che qui si configurano come “relitti” di epoche passate, nettamente più fredde, acquistando un significato culturale altissimo” (Enrico Martini). Fra questi la lepre variabile, che deve il suo nome al mutamento del manto: grigio-fulvo-bruno in estate, bianco in inverno. Singolarmente rimane invariabilmente nera nel corso di tutte le stagioni la punta delle orecchie. Inoltre l’ermellino, predatore indomito, la marmotta, che appare fischiando dalle lunghe tane scavate, e l’avicola delle nevi, dalla lunga coda.

I BRANCHI DI LUPI – Ad attirare la massima attenzione degli escursionisti sono però i grossi mammiferi, quali i daini, i camosci, i caprioli od i cinghiali. Da oltre un decennio è ricomparso l’animale cattivo per antonomasia: il lupo, dapprima in pochi esemplari, oggi avvistato in branchi. La ricchezza del territorio è stata ulteriormente evidenziata dall’istituzione del Parco naturale regionale delle Alpi Liguri, avvenuta con legge regionale n. 34 del 15 novembre 2007, suddiviso in quattro zone non contigue, a ridosso di crinali di confine con il Piemonte e la Francia, rientranti in altrettanti SIC (siti di importanza comunitaria) di Rete natura.

La zona Saccarello-Garlenda (di 984 ettari) è a protezione speciale, con il territorio occupato dal Flysch ad elmintoidi, cioè da un’alternanza di calcari marnosi, arenarie ed argilliti. Più ampia, estesa ben 2261 ettari, è la zona di conservazione del monte Gerbonte, con profondi canaloni, gole selvagge, cavità naturali e canali carsici.

Il territorio è suddiviso in molte frazioni o semplici gruppi di case. Vi si giungeva attraverso le mulattiere, costruite magistralmente, il selciato per lo più in pietra. Soltanto nell’anno 1906 la strada della valle Argentina, costruita a prezzo di gravi sacrifici, soprattutto finanziari, raggiunse l’abitato di Triora. Dovettero trascorrere oltre cinquant’anni perché fossero collegate le altre frazioni: Loreto, Cetta, Creppo, Bregalla, Verdeggia e Realdo. Più recentemente furono collegate altre località, cioè Goina, Carmeli, Borniga, il Pin e l’Abenin.

IL PONTE DI CETTA, ALTO 120 METRI – Per giungere a Cetta negli anni tra il 1958 ed il 1961 fu costruito un ponte straordinario, alto ben 120 metri, autentica attrattiva, perfettamente inserito nel contesto ambientale, con gole rocciose e paurosi strapiombi. Non va tuttavia dimenticato che, dopo la proclamazione del regno d’Italia, per raggiungere con automezzi le postazioni strategiche, furono realizzate diverse rotabili, cioè la “colle Sanson-Collardente-monte Tanarello-colle delle Selle vecchie”, la “Molini di Triora-Carmo-Langan”, la “carmo Langan-colle Belenda-colle Melosa-monte Grai-baraccamenti di Marta-colle Sanson”. Una serie di strade secondarie consentì inoltre il trasporto dei cannoni dai ricoveri di Marta e Sanson fino alle batterie campali. Molti anni dopo, cioè tra il 1930 ed il 1938 fu realizzata la strada militare Nava-colle San Bernardo-colle del Garezzo-Collardente-Marta. Tale arteria, tuttora esistente, attraversa posti semplicemente meravigliosi, percorrendo anche due splendide gallerie: quella grandiosa del Garezzo e quella di Vesignana, vero e proprio gioiello architettonico.

Dal colle del Garezzo si giunge a Monesi di Triora, stazione sciistica invernale in alta valle Arroscia, nata nel 1953 e frequentata, soprattutto negli anni Sessanta, da moltissimi appassionati per la qualità delle piste, tanto da essere denominata “piccola Svizzera delle Alpi Marittime”. Furono costruiti l’albergo del Redentore, un bar, un negozio di articoli sportivi, tre condomini, tre sciovie ed una seggiovia, in tutto perfettamente inserito nel contesto ambientale. La località, anche perché isolata da una gigantesca frana, ha conosciuto un periodo di declino. Il Comune di Triora si sta attivando per consentire a tutti di giungere in questo meraviglioso angolo, ai piedi del monte Saccarello, senza costruire nuovi impianti di risalita, né altre importanti infrastrutture, ma rispettando lo stato di fatto. LA VIA DEL SALE E LA STATUA DEL REDENTORE- Ad alcuni chilometri da Monesi, in località Loxe, ha inizio la “via del sale” che, con un percorso mozzafiato tra rocce ed un paesaggio “lunare”, permette di giungere a Limone Piemonte. Se invece di svoltare a destra si continua la strada verso il monte Saccarello, si giunge a poche centinaia di metri dalla vetta e dall’altura sottostante dove si erge la statua del Redentore. E’ questa uno dei monumenti eretti nel 1901 sulle più alta vette d’Italia; in ghisa e pesante quaranta quintali, è alta 5,60 metri ed è posta su di un piedestallo in pietre dell’altezza di 8,40 metri. Vi si celebra una Santa Messa ogni anno la prima domenica di agosto, ma è meta agognata per molti escursionisti, che appongono la loro firma, spesso accompagnata da una frase o una dedica, nella vicina cappella-rifugio.

IL RIFUGIO PIU’ ALTO DELLA LIGURIA CON 31 POSTI LETTO – Ad una distanza relativamente breve, tra la cima della Valletta ed il monte Cimonasso, la sezione sanremese del Club Alpino Italiano costruì nel 1950 il rifugio più alto della Liguria, dedicandolo in seguito a Tino Gauzzi, uno dei soci fondatori. Ampliato nel 1984 con l’aggiunta di un piano, ha una capacità di trenta posti letto ed è posto ideale per rinfrancarsi prima di affrontare le asperità. Recentemente, ad opera della famiglia Porro di Nava, allo storico rifugio se n’è aggiunto uno, chiamato “La Terza”, poiché costruito dov’era situata la terza stazione della seggiovia del Redentore, una delle più lunghe d’Italia. In questa accogliente struttura, in grado di ospitare una trentina di persone, le camere sono dotate di ogni comfort: dalla TV al wi-fi, dai bagni alla cucina indipendenti.

Adeguatamente provviste di servizi sono le strutture ricettive, costituite, oltre che dai rifugi, da numerosi B.&B., che offrono ai visitatori le specialità culinarie tipiche della zona.

LA CUCINA BIANCA – Si tratta soprattutto della “cucina bianca”, basata su prodotti del territorio, dagli ortaggi ai latticini, dalle uova ai farinacei, dalle lumache alle trote, fino ai funghi, largamente ricercati nei boschi. Per insaporire i piatti tipici si usano le piante aromatiche, largamente diffuse e conosciute. A propagandare le specialità della tradizione sono, oltre gli esercizi pubblici (bar-ristoranti ed osterie), le associazioni presenti sul territorio, in particolare le pro loco o i comitati di Triora, Verdeggia, Realdo, Creppo, Cetta, Goina, che ne hanno fatto l’oggetto di feste o sagre.

Si possono ad esempio gustare le patate-int’a főglia, le paste, ovvero le torte di verdura cotte sul treppiede con l’uso di tralci di vite, i tagliain, i sügeli o i bügaeli. Queste ultime due specialità “povere” sono state l’oggetto di un’accurata ricerca culinaria, culminata nella pubblicazione edita dalla Pro Triora “Sügeli e bügaeli”, titolo scelto per esaltare la qualità dei prodotti caseari (formaggio, ricotta, brüzzu) preparati dagli ultimi pastori, che pascolano le loro mandrie e greggi sugli estesi pascoli. Vi predomina la pecora brigasca, razza autoctona che deve il nome a Briga, oggi La Brigue, comunità per secoli in contrasto con Triora per il possesso e l’uso dei pascoli, fonte di reddito primario per gli abitanti, che qua e là costruirono malghe, alcune delle quali tuttora esistenti e talvolta trasformate in confortevoli ed ospitali abitazioni, senza alcuna alterazione. Sono rimasti pochi produttori, che con grande passione e sacrificio, a causa della riduzione del territorio a pascolo, sono costretti a spostare continuamente le loro greggi.

IL PANE DI TRIORA – Un discorso particolare merita il pane di Triora, dalla caratteristica forma rotonda, u pan rundu, molto apprezzato e conosciuto, tanto da far meritare a Triora l’inserimento nelle “Città del pane”. Sono sempre più numerosi coloro che scelgono Triora e dintorni per compiere le loro passeggiate, le escursioni, anche a cavallo. Altri si inerpicano lungo le scoscese strade o sentieri in mountain-bike. I più temerari si cimentano nel free climbing, arrampicata libera nella zona di Loreto oppure discendono fiumi e valloni con le canoe. C’è stato un periodo in cui dal ponte di Loreto si effettuavano salti con l’elastico e nel vicino torrente ci si arrampicava su massi erratici, effettuando il cosiddetto bouldering, nel quale eccelleva il campione Christian Core, ideatore del centro di Triora, che vi dedicò anche la guida Triora blocchi, con 150 rocce da scalare a mani nude. Queste passioni continuano tuttora, pur se a livello amatoriale, e gruppi di giovani raggiungono la gola di Loreto per dedicarsi a questi difficili ma appaganti sport.

LA CARTOGUIDA AGOSTINI E LO SCRITTORE ALPINISTA EURO MONTAGNA – Per gli appassionati del trekking hanno solo l’imbarazzo della scelta. Sulla cartoguida edita dalla De Agostini l’alpinista scrittore Euro Montagna aveva suggerito alcuni itinerari dall’impegno variabile, ma caratterizzati da un unico motivo portante: il contatto con la natura. Dal passo della Guardia, lungo un tortuoso percorso dal proibitivo dislivello, detto Chizzeirora, si giunge al passo Garlenda e da qui al monte Saccarello. La vetta può essere raggiunta dal passo di Collardente, dalla Bassa di Sanson oppure dal colle del Garezzo, costeggiando il monte Fronté, dove una statua della Madonna è un’ulteriore dimostrazione della fede degli antichi, testimoniata anche dalle numerose chiesette costruite lungo le mulattiere.

Da Realdo invece un percorso conduce a cima Marta. La frazione Creppo è base di partenza per numerosi itinerari, dal più semplice al più impegnativo, vale a dire il tracciato che ricalca in parte la mulattiera collegante Drondo, proseguendo poi verso i casolari di Borniga e del Pin.  Lungo i principali sentieri, in gran parte ogni anno ripuliti e resi accessibili dal Comune e da alcuni volontari, sono state allestite aree attrezzate utilizzando blocchi di ardesia, tavoli e panche lignee.

IL LAGO ARTIFICIALE DELLA TENARDA – Piuttosto riposante è risalire lungo la strada da Molini di Triora a Colle Melosa, situato nel vicino comune di Pigna. Prima di giungere in questa incantevole località, si può ammirare il lago artificiale di Tenarda, la cui costruzione terminò nell’anno 1963. L’invaso, del volume totale di circa due milioni di metri cubi d’acqua, per la maggior parte sito nel comune di Triora, fu un vero toccasana per Sanremo, alla continua ricerca di fonti di approvvigionamento idrico. La diga permette di addurre ogni anno, principalmente durante la stagione estiva, circa un milione di metri cubi, tramite una condotta che giunge fino all’impianto di Poggio di Sanremo. Contemporaneamente fu costruita su terreni comunali una casa d’abitazione per i custodi. Oltre il lago le macchie di larici si protendono verso le cime montuose ed attorno alla piramide del Gerbonte, che emerge da un altopiano orografico e dà il nome alla grande foresta demaniale, dell’estensione di 621 ettari.

UN PAESE SENZA SUPERSTRADE – Sul territorio comunale non esistono autostrade né superstrade. Entrambe sono ad Arma di Taggia, a trenta chilometri di distanza dal capoluogo di Triora. Non vi sono villaggi turistici o insediamenti di tipo industriale o artigianale, né si prevede l’espansione di insediamenti costruttivi, in contrasto con le caratteristiche urbanistiche locali, in particolare il Piano regolatore generale e gli altri strumenti attuativi. Il Comune ha sempre favorito e incentivato in ogni modo la ristrutturazione delle antiche abitazioni, il recupero delle fasce con i loro magnifici muretti a secco, vero e proprio patrimonio dell’umanità. E’ importante che chiunque giunga in alta valle Argentina e in alta valle Arroscia, dove è situata Monesi di Triora, possa godere delle bellezze naturali, architettoniche, paesistiche delle nostre magnifiche montagne.

Allo scopo di far conoscere e propagandare le varie peculiarità della zona, sotto ogni aspetto, l’Associazione turistica Pro Triora nel 1990 ha creato una casa editrice, la Pro Triora Editore. Anno dopo anno sono state stampate pubblicazioni sulla storia e le tradizioni, le bellezze naturali e paesaggistiche, le emergenze architettoniche, la medicina popolare, la cucina, l’escursionismo e lo sport, le vicende stregonesche. Da ormai ventisette anni esce una rivista di informazione e cultura, “Le stagioni di Triora”. Più datate sono le due riviste della zona a cultura brigasca, “A Vastera” e “Rni d’aigura”, riguardanti le tradizioni di Verdeggia, da sempre triorese, e Realdo, passata all’Italia in seguito al trattato di pace del 1947.

TRA ‘I BORGHI PIU’ BELLI D’ITALIA’ E ‘BANDIERA ARANCIONE’ – Per la migliore conoscenza dei luoghi, oltre alle pubblicazioni, alle riviste ed ai numerosi depliants illustrativi, si possono consultare diversi siti, cioè quello ufficiale del Comune di Triora, www.comune.triora.im.it , quello del museo etnografico, gestito dalla Pro Triora, www.museotriora.it, e quello più recente, www.trioradascoprire.it. La continua propaganda e la sinergia fra il Comune, le varie associazioni, compresa la “Triora Promotion”, nata pochi anni or sono, e gli esercizi pubblici hanno prodotto i primi riconoscimenti, tanto che si è ottenuta la Bandiera arancione e Triora è stata inserita fra i “Borghi più belli d’Italia”.

Sempre per promuovere efficacemente e valorizzare un turismo sostenibile a misura d’uomo, a contatto con la natura ed il paesaggio, si ha ferma convinzione che la partecipazione al progetto Bergsteigerdőrfer, comportante l’ottenimento del riconoscimento di “villaggio degli alpinisti”, sia un’eccezionale opportunità da sfruttare. Ciò per creare una sorta di interscambio tra i paesi alpini, per custodire ed incentivare la cultura, la storia e le tradizioni, oltre che per beneficiare delle risorse naturali e paesaggistiche.


L.Corrado

L.Corrado

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