Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Savona, Angela Ruffino
“Donna & fotografa’ che scrive libri.
E in Valbormida Meinero (Slow Food)
progetta uno storico ritorno dei bachi da seta


“Vetrine d’artista” riservate ad Angela Ruffino,  scrittrice eclettica e fotografa di talento, dal 4 marzo al 2 aprile 2020, presso n. 3 Vetrine della sede centrale di banca Carige a Savona in corso Italia 10. Nel 2019  ha scritto il libro Mai per caso. Nel 2016, ‘Oltre la soglia di un ospitale’. Nel 2014, Le mie orme sulla polvere.

Angela Ruffino con Gianpietro Meinero alla Festa della Zucca di Rocchetta di Cairo Montenotte

Parlando di Angela Ruffino si può parlare di “Donna & fotografia”, lei autrice di diversi libri dove il “cammino”, la ricerca di nuovi spazi per il cuore e per la mente sono un tutt’uno per la sua esperienza non solo artistica, molto intima e personale.  La fotografia, per la sua straordinaria accessibilità, le ha dato il modo di raccontare il mondo e di raccontarsi in parallelo, in qualche modo, con la parola scritta.

Immagini colte durante i suoi numerosi viaggi dall’altra parte del Mondo, ma pure “rapiti” dentro luoghi della memoria più familiari, come i cimiteri. Testimonianze, ma anche storie,  per immagini, ricche di pathos, per esprimere sofferenza e bellezza. La sua ricerca è proiettata verso ciò che non vorremmo vedere (malattie, tragedie dell’indifferenza, solitudine) – visa pour l’image – una sorta di cronaca drammatica della quotidianità cercando di ricostruire un mosaico di colori, forme, sentimenti, emozioni rivolti all’investigazione costante del senso della vita di ogni persona nel rispetto dell’altro e della Natura che ci circonda.

Istantanee molto personali ma con una vocazione universale che hanno ottenuto, tra l’altro, riconoscimenti significativi come la serie dedicata al suo viaggio in Nepal, immagini scattate in bianco e nero, che le hanno assicurato il primo premio al concorso indetto a Ceva (Cuneo) a settembre 2018. Non dimentichiamo che la Ruffino è, anche, una scrittrice eclettica che raccontando i suoi viaggi, le sue mete, cerca di giungere alla ricerca di sé incontrando uomini e donne, usi e costumi diversi e, pure, lontani dal vecchio continente: diari molto intensi e personali dove ognuno di noi può ritrovare certe ansie, emozioni, paure che scandiscono la nostra vita quotidiana. Financo racconti di dolore di certe Donne colpite da gravi malattie e/o disavventure che riescono, con grande dignità e coraggio, a trovare la speranza e la forza di vivere.

Silvia Bottaro

IL GIORNALISTA PEZZINI E LA ‘FOLLIA’ DI MEINERO

TORNANO IN VALBORMIDA I BACHI DA SETA

IL BLOG ‘LIGURIA E DINTORNI’ DI STEFANO PEZZINI, COLLABORATORE A LA STAMPA – IL SECOLO XIX E IVG.IT , PUBBLICA UN CURIOSO E INEDITO SERVIZIO GIORNALISTICO CHE MERITA DI ESSERE LETTO

di Stefano Pezzini

Gianpietro Meinero nel corso di un evento a Rocchetta di cairo

Gianpietro Meinero, pensionato (?), fiduciario della Condotta Slow Food della Val Bormida, è un vulcano di idee e iniziative per la valorizzazione della biodiversità. Ha salvato, valorizzato, trasformato in economia la Zucca di Rocchetta di cengio, ha riscoperto e fatto riscoprire il moco, antico cereale valbormidese, il “pisello odoroso” (lo so, ha un nome che fa sorridere, ma si chiama così, ed è anche buono…), ed oggi si lancia in una nuova avventura: valorizzare il gelso, albero un tempo diffuso perchè serviva a nutrire i bachi da seta. Lui non lo dice, ma il sogno è far ritornare l’allevamento di bachi per riportare la produzione di seta nella valle. Follia? certo, ma senza follia e visione il telefono sarebbe ancora appeso al muro di casa e, per parlare con un utente di un’altra regione (se non provincia) si dovrebbe ancora passare dalle signorine della Teti (Sip per i più giovani, ma ormai vecchietti anche loro). Il post è un po’ lungo, ma interessante.

Spiega Gianpietro: “Gran parte dell’attività che la Condotta Slow Food delle Valli della Bormida ha svolto in questi 15 anni è stata nel nome della conservazione e valorizzazione della biodiversità che rappresenta il perno centrale della sua politica a difesa dei beni comuni. Una biodiversità strettamente legata all’agricoltura e al cibo, un insieme di culture, tradizioni e saperi che appartengono al nostro territorio, tramandate di generazione in generazione. A questi saperi, e alla cultura che li sottende, abbiamo sempre fatto riferimento nella costruzione di progetti che hanno trovato realizzazione sul territorio. Così è stato per Il Mercato della Terra, la Zucca di Rocchetta, il Moco delle Valli della Bormida , e per le antiche varietà di mele della valle. In prossimità del Congresso siamo chiamati a sviluppare ulteriormente questa azione, e a questo proposito vi invitiamo a leggere i documenti preparati in particolare nel nostro caso sulla biodiversità”.

Prosegue: “Venendo nel concreto sulla situazione contingente, è stata delineata una nuova iniziativa quella di riportare sul territorio il Mù ovvero il gelso nero (Morus nigra). Abbiamo già prodotto e inviato alla Regione e al Comune la documentazione per inserire un esemplare radicato a Cengio nell’elenco degli alberi monumentali nazionali. L’età di questo Gelso che ha una circonferenza di 420 cm è presumibilmente di oltre un secolo, (probabilmente due) da fine 1800 fino agli anni 30/40 del 1900, il Gelso era coltivato sia per il frutto che per la produzione di foglie per l’allevamento dei bachi da seta, attività molto diffusa in Valle Bormida. Merita riportare cosa raccontava Padre Isola nell’opera “Carcare e le scuole Pie” (1897), i Carcaresi erano abili coltivatori, ognuno di essi possedeva almeno un piccolo appartamento e un podere nel quale, oltre alle tradizionali coltivazioni (grano,viti,ortaggi e alberi da frutto), si dedicava anche alla coltura del gelso per l’allevamento del baco da seta, dalla cui vendita si ricavavano buone somme di denaro, sufficienti per affermare che a Carcare la povertà era ai più “del tutto sconosciuta”. A Cengio e nei paesi a valle , Saliceto , Monesiglio nei primi del 1900 era diffusa la coltura del Gelso proprio per l’allevamento del baco da seta e proprio a Monesiglio era allocata una “filanda” nata da un piccolo laboratorio nel 1850 e chiusa 70 anni fa”.

Conclude: “Testimonianze confermano che l’esemplare in oggetto faceva parte di una diffusa presenza di Gelsi coltivati in questa zona che per la sua collocazione è al riparo da venti freddi essendo posizionata a ridosso dei calanchi e rocce di Cengio Alto. Ancora oggi, nel periodo di maturazione dei frutti, vi è un notevole afflusso di persone a raccogliere i frutti. Il secondo step (indipendentemente dal riconoscimento a meno dell’albero segnalato come albero monumentale) prevede la possibilità di far adottare nel nostro territorio (un po’ come è stato per le mele antiche) delle nuove piante di Gelso nero. L’obiettivo intanto è quello di richiamare l’attenzione , far mettere a dimora un buon numero possibile di piantine di Gelso e già questo sarebbe un buon risultato per la difesa della biodiversità e la storia locale e avere nei prossimi anni nuovi Gelsi anche per i frutti. Non sappiamo se da questa nostra nuova iniziativa scaturirà lo stimolo per reintrodurre il baco da seta, cosa che in Italia si sta già sperimentando , intanto ci portiamo avanti , piantando i Gelsi…In occasione del decimo MelaDay di sabato 14 marzo, edizione che sarà “celebrativa” con il report statistico, fotografie, schede pomologiche, le marze e vie dicendo, presenteremo l’iniziativa con la possibilità di “adottare” le prime piantine di Gelso”.

Stefano Pezzini

 


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