Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Don Farinella: perché non celebriamo Natale
No a orgia consumismo e scenografia pagana


Come lo scorso anno, nella Parrocchia di S.M. Immacolata e San Torpete in Genova, anche in questo 2019, per la seconda volta consecutiva, NON CELEBREREMO IL NATALE come atto liturgico per eccellenza. Lo facciamo per rispetto del mistero fondamentale della fede, oggi travolto e seppellito dall’orgia del consumismo e dalla scenografia pagana, di cui la maggior parte dei cristiani sono complici e collaboratori.
Abbiamo smarrito il senso Sapienza 18,14-15, ripreso dall’antifona d’ingresso dell’Eucaristia della Domenica 2a dopo Natale: «Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era a metà del suo rapido corso, la tua Parola onnipotente dal cielo, dal trono regale, o Signore, si lanciò in mezzo alla terra».
Il profondo silenzio è diventato grida di fiera e di corsa irrazionale di bancarella in bancarella alla ricerca di doni improvvisati e riempitivi del vuoto affettivo che spesso popola le nostre vite. Materialismo puro. I cristiani, dimentichi della «Parola che si lancia in mezzo alla terra», fanno finta di non sapere che quel «lancio» è un sussurro di amore al mondo intero e non la ragione dell’esclusione di chi è diverso, profugo, povero, perseguitato.
NATALE È DIVENTATO IL CONTRARIO DI QUELLO CHE DOVREBBE ESSERE. SE GESÙ NASCESSE OGGI DISERTEREBBE LE NOSTRE CHIESE E CONTRADE PER ATTESTARSI ESCLUSIVAMENTE IN MEZZO AI MIGRANTI E LA SUA CULLA NON SAREBBE UNA GROTTA, MA UN BARCONE IN MEZZO AL MARE E I MAGI NON VERREBBERO SU CAMMELLI E DROMEDARI, MA SU MOTOVEDETTE E NAVI ONG DI SALVATAGGIO CON COPERTE DORATE PER RISCALDARE LA PERSONA DI DIO CHE VIENE NEI POVERI.
A tutto c’è un limite, possiamo pensare quello che vogliamo, ma festeggiare oggi il Natale sarebbe essere complici della dissacrazione della povertà e della dignità dei Poveri, «alter Christus», immagine del Dio invisibile che ci interpella perché «i poveri li avrete sempre con voi» (Mc 14,7). È il testamento di Gesù che riprenderà, paro paro, alla fine della storia, quando ognuno di noi dovrà fare il bilancio finale della propria vita e della propria storia: «Avevo fame, avevo sete, ero forestiero, nudo… mi avete soccorso… non mi avete soccorso. Quando, Signore? Ogni volte che lo avete fatto…non lo avete fatto al più piccolo dei miei fratelli…» (Mt 25,35-45)
La nostra scelta di non celebrare il Natale 2018 all’inizio suscitò perplessità e critiche. Poi apprendemmo che altri ne hanno fatto una scelta di riflessione, pur non arrivando ad abolire il Natale. In altri Paesi, addirittura vescovi fecero la stessa proposta. In Brasile gruppi ecclesiali si sono posti il «tema»; tanti altri hanno impostato l’Avvento interrogandosi sul senso del Natale.
Quest’anno 2019 sentiamo che vi è maggiore con divisione e attenzione, più consapevolezza e chiarezza di pensiero e di idee. Noi ne siamo certi: un giorno sarà norma obbligatoria per tutta la Chiesa non celebrare il 25 Dicembre che, comunque, è una data convenzionale, non storica, e nulla più. A noi, apripista, spetta l’onere di portarne il peso iniziale e anche le contraddizioni dei contraccolpi.
Natale ha assunto la forma pagana della dissipazione e dello sperpero, offese a Gesù e al suo progetto di vita che pone i poveri al centro dell’interesse di Dio: Dio incarnato che si riconosce nei poveri (cf Mt 5,3). Molti sedicenti cristiani celebrano il Natale e vivono immersi nel razzismo, nell’odio verso i migranti, i diversi, i poveri dei poveri. Celebrare Natale con loro è complicità sacrilega. «LO SPIRITO DEL MONDO» è un demone che si scaccia con il digiuno e la penitenza, nel silenzio orante: «Nel silenzio profondo della notte» FAREMO DIGIUNO EUCARISTICO per alimentare in noi il desiderio del Dio di Gesù di Nàzaret e del suo Vangelo.
Valgono le considerazioni dello scorso anno. Il Natale, ormai anche per i praticanti cristiani è diventato una favoletta da ninna-nanna e da presepio, edulcorazione ignobile di quello che Francesco d’Assisi volle rappresentare per la prima volta. Papa Francesco è andato a Greccio e da lì ha voluto lanciare un messaggio sul «presepio» che deve essere fatto nelle chiese, nelle case, nei luoghi condivisi.
Siamo d’accordo con lui, preoccupato perché uomini e donne dalle mani impure tentato di appropriarsi di questo «simbolico segno» per manipolarlo, usandolo come arma letale contro i poveri del mondo, a difesa dell’etnia italiota, francesota, spagnelota, tedescota, occidentaliota. Ben venga il suo appello e il suo invito. Noi che conosciamo il valore dei simboli, anche quest’anno ce ne vogliamo privare consapevolmente, restando uniti al Papa che deve navigare a vista, con le sue sole braccia, in un mare in tempesta di conservatorismo fascistoide e antistorico che se potesse lo ucciderebbe con le sue stesse mani.
Con un gesto diverso, diciamo e facciamo esattamente quello che vuole il Papa: valorizzare i simboli senza essere complici di chi li manipoli come strumento «contro». Lo facciamo non gridando, ma «nel profondo silenzio», orante e liberante. Silenzio di Comunione con tutti i figli di Dio dispersi ai quattro venti, senza
distinzione alcuna. Vogliamo vivere il senso profondo del Natale che è l’incarnazione nel momento storico che noi viviamo, scegliendo la coerenza della nostra coscienza.
Manteniamo integro lo stupore di Colui che nasce non per celebrare la sua nascita, perché Egli è da sempre, ma perché possiamo celebrare la nostra rinascita di creature nuove.
LA CHIESA DI SAN TORPETE, PERTANTO, RESTERÀ CHIUSA DAL 24 DICEMBRE 2019, COMPRESO, FINO A DOMENICA 5 GENNAIO 2020.
RIAPRIRÀ LUNEDI 6 GENNAIO 2020 ALLE ORE 10,00 CON L’EPIFANIA.
Paolo Farinella, prete


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P. Farinella

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