Trucioli

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Lettera / Sono la Costituzione, per miei 71 anni non festeggiate, mettetemi in pratica
Non è vero che le donne italiane votarono….


Non festeggiatemi più, per favore care concittadine e cari concittadini, il 2 giugno prossimo le istituzioni e voi festeggerete la nascita della Repubblica italiana e, con essa, i miei 71 anni di vita. Permettetemi di non sentirmi festeggiata, io la Costituzione, e di parlarvi col cuore in mano.Basta retorica, per favore. A cominciare dalla regina delle retoriche: che il 2 giugno 1946 le donneitaliane hanno conquistato la parità con i maschi grazie al diritto di voto.

di Luigi Vassallo

Luigi Vassallo, insegnante, dirigente scolastico in pensione, ha frequentato l’Università di Napoli Federico II ed il liceo classico Carducci, è originario di Nola

Intanto non è vero che le donne italiane votarono per la prima volta il 2 giugno 1946, perché avevano già votato alle amministrative del marzo dello stesso anno. E poi quale parità? Nell’Assemblea Costituente, eletta il 2 giugno 1946, su più di 500 futuri padri e madri della Costituzione, le donne elette furono solo 21. E poi, fino al 1963, il Parlamento continuava a proibire alle donne la professione di giudice, perché – dicevano deputati e senatori maschi – le donne hanno le mestruazioni e almeno una volta al mese soffrono di pericolosi sbalzi di umori, incompatibili con l’equilibrio e la serenità necessari a un giudice. E fino al 1975 una donna sposata non poteva ottenere il passaporto senza il consenso esplicito del marito. E fino al 1981 un marito, che si sentisse tradito dalla moglie, poteva ucciderla confidando in una pena lieve, mentre lo stesso non poteva accadere a una donna che uccidesse il marito che le metteva le corna.Per non parlare di aborto e divorzio e dei cortei di donne che li reclamavano e che si esponevano agli insulti maschilisti: “Femminista, donna sciocca, uno in c..o e uno in b…a”. E ancora oggi le donne stuprate vengono, magari in silenzio, sospettate di “essersela chiamata”, mentre chi uccide una donna talvolta trova un giudice che gli riconosce un grande sconvolgimento emotivo come attenuante. E vogliamo tacere delle regole del gioco di fatto, ispirate a una cultura maschilista, che nelle carriere di lavoro creano un percorso ad ostacoli per il successo di una donna? La sovranità appartiene al popolo.

Parole sante! Ma del popolo fanno parte a pieno titolo anche quelli che credono che sulla Luna gli uomini non ci siano mai arrivati; quelli che sono contro i vaccini perché li considerano un complotto delle case farmaceutiche; quelli che vogliono un ambiente pulito ma si oppongono a sostituire treni veloci a camion inquinanti; quelli che mitizzano un mondo con poche tecnologie ma non rinunciano agli standard di benessere occidentali (come se la decrescita felice dovesse valere solo per gli altri); quelli che vogliono cacciare via gli immigrati perché ci rubano il lavoro, spacciano droga e stuprano le nostre donne (e magari non dicono una parola sui padroni italiani che sfruttano il lavoro in nero di questi immigrati o sui mafiosi italiani che assoldano la malavita immigrata o ci fanno affari insieme); quelli che urlano di voler bruciare i rom. Nel popolo sovrano ci sono anche gli altri, quelli che pensano a un mondo in cui coniugare accoglienza e sicurezza, in cui usare le tecnologie per migliorare la vita delle persone e non per ridurre queste ultime ad appendici della tecnica, in cui sostenere pace, pari opportunità per tutti,giustizia, solidarietà.

Negli ultimi tempi le elezioni democratiche, però, danno torto a questi ultimi e ragione agli altri, che votano per quelli che più somigliano ai loro fantasmi e alle loro idiosincrasie e si sentono, almeno per ora, rassicurati da chi amplifica negli slogan elettorali le loro paure e i loro rancori. E così gli eletti si sentono legittimati, dalla sovranità popolare, a prendere in giro(bollandoli come professoroni o gufi) intellettuali, giornalisti, economisti, scienziati, giudici, e additare ai loro fans on line i bersagli per i loro insulti in cui esercitare la loro distorta sovranità, in una parodia tragicomica della folla che vuole libero Barabba in cambio della condanna di Gesù. Tutto questo pone un problema serio: come garantire alla democrazia anticorpi che impediscano l’elezione democratica di chi possa mettere in crisi o provare a distruggere la democrazia stessa? Non è fantapolitica: accadde con Hitler, vincitore di elezioni democratiche; accade con Trump.Orban, Erdogan ecc.

E accade anche in Associazioni civili di periferia, dove può farsi strada una spirante dittatore in miniatura che, eletto democraticamente, si dia da fare per stravolgere i valori fondanti di quell’Associazione. C’è stato un tempo in cui l’anticorpo fu trovato, da chi era al potere, in un sistema elettorale riservato solo ai “galantuomini” cioè a chi, essendo istruito e benestante, veniva per automatismo ritenuto anche moralmente ineccepibile (cosa non sempre vera) e quindi affidabile per la conservazione del sistema politico senza scosse. Poi, il peso crescente delle masse popolari nel sistema economico, i cui beneficiari erano prevalentemente i signori al potere e i loro simili, ottenne a quelle masse progressivamente l’accesso al sistema politico per far sentire la propria voce, fino ad arrivare a un suffragio universale, prima solo maschile, poi aperto anche alle donne.

Ma se il“sovrano” è, politicamente, immaturo e incapace di usare responsabilmente il suo diritto di voto? Quando c’erano i sovrani, poteva accadere che sul trono, per successione familiare, salisse a volte un minorenne (persino un bambino piccolissimo) o un minorato: in questo caso la corte ristretta affidava la “guida” del sovrano a un consigliere autorevole e competente. Ma chi può essere un consigliere autorevole e competente in democrazia? Gli articoli di cui sono fatta si aspettano cittadini e non sudditi. E cittadini si diventa, non si nasce.Si diventa trovando identità e senso della propria vita in un nucleo di valori fondanti, che, come le regole del gioco sono riconosciute dai giocatori di tutte le squadre e dai tifosi di tutte le squadre, ci fanno sentire tutte e tutti italiani, a prescindere dalle nostre simpatie politiche o dalle nostre preferenze religiose o dai nostri gusti in qualsiasi dei settori della vita che di per sé non siano incompatibili con me, la Costituzione.Questo nucleo di valori fondanti non te lo trovi nel tuo DNA alla nascita, cara cittadina e caro cittadino, ma lo devi apprendere: in famiglia, nell’associazionismo e soprattutto a scuola.

Per questo un governo democraticamente orientato favorisce una scuola che contribuisca alla formazione di una cittadinanza responsabile, anche se questa può sviluppare un pensiero critico verso chi governa.Al contrario, un governo antropologicamente refrattario a un’autentica democrazia diffida di una scuola che produca sapere critico e, se può, le mette i bastoni fra le ruote.Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge. Davvero? Uguali davanti alla legge, forse, nel senso che la legge, sulla carta, non guarda in faccia a nessuno e un diritto è un diritto sia per chi mi è simpatico sia per chi mi è antipatico e un dovere è un dovere sia per chi è cortese e gentile sia per chi è rozzo e buzzurro. Ma basta proclamare “la legge è uguale per tutti” perché i cittadini siano uguali davanti alla legge, anche se qualcuno ci ammonisce che“fare parti uguali tra disuguali è il massimo dell’ingiustizia”?

Qualche dubbio in proposito era venuto anche a quelli che scrissero queste parole perché io, la Costituzione, le custodissi e le garantissi. In verità sapevano che nei fatti i cittadini non sono uguali,perché uno può nascere in una famiglia benestante e un altro in una famiglia che fatica a tirare avanti, uno può vivere in una grande città e un altro in uno sperduto paesello, uno può avere alle spalle una famiglia istruita e un altro una famiglia con scarsa cultura e così via. E allora a che serve dire che sono uguali davanti alla legge?E così i miei autori (e prima di loro quelle e quelli che mi pensarono nelle carceri dove venivano torturati dai nazifascisti, sulle montagne dove li combattevano, nelle fabbriche dove scioperavano per il pane e per la pace, nelle città dove nascondevano i perseguitati dai nazifascisti) capirono che doveva essere compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale alla effettiva realizzazione della libertà e dell’uguaglianza per tutti. Perciò un governo che si dà da fare per adempiere questo compito è un governo che va d’accordo con me, la Costituzione; un governo che non agisce per questo compito o agisce per annullarlo non posso considerarlo mio figlio legittimo, al massimo figliastro o figlio degenere.

E cosa possiamo dire della dignità sociale? La dignità sociale è il valore che la società tutta(istituzioni e cittadini) riconosce alle singole persone. In questo riconoscimento un ruolo non secondario ce l’hanno quelli che governano, perché coi loro gesti e atti possono orientare l’opinione pubblica. Un governo di tutti, un governo che prende sul serio il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale ha a cuore non la dignità sociale di chi occupa i primi posti della fila per nascita o se li conquista sgomitando grazie ai suoi mezzi economici e sociali o alle sue capacità individuali. Un governo di tutti si fa carico della dignità sociale degli ultimi della fila, dove sono stati precipitati dalla casualità della nascita o da eventi poco favorevoli.

Gli ultimi come i disoccupati, i disabili, gli anziani, i malati, non di rado le donne, i poveri assoluti e quelli relativi.Come vi pare che si comporti il vostro governo, che magari proprio voi, col vostro voto, avete messo in sella?Se di una squadra di calcio i giornalisti esaltassero solo il goleador e snobbassero la fatica e il sudore degli altri calciatori che hanno portato palla perché lui segnasse i goal o se in una corsa ciclistica venisse celebrata solo l’epopea del campione lasciando nell’ombra le sgroppate del gregario che gli ha portato le borracce o lo ha sostenuto nelle difficoltà in salita, quale sarebbe, in questi casi, la dignità di chi, senza essere campione con diritto alla prima pagina, permette, con la sua modesta esistenza, allo sport di vivere la sua quotidiana vicenda?E quale dignità sociale vogliamo riconoscere, nei tornei sportivi o in quelli più drammatici della vita, ai vinti, senza i quali i vincitori non avrebbero di chi sentirsi superiori? Penso anche ai tornei elettorali e a certi vincitori che non si fanno scrupolo di irridere e umiliare quelli che hanno perso le elezioni, anziché cogliere nelle proposte di chi ha perso elementi utili a tutti, per un progetto dei vincitori a beneficio non solo della propria parte, ma di tutto il Paese.

Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantito dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica. Quando i Costituenti negli anni 1946 e 1947 prepararono la mia nascita ebbero come faro la libertà: quella economica (cioè la libertà dal bisogno, da conseguire attraverso la dignità di un lavoro), quella politica (cioè il diritto di aderire a qualsiasi partito senza obbligo di dire sempre sì a chi comandasse), quella religiosa (cioè la libertà di credere in questo o quel dio o in nessun dio),quella sociale (cioè la libertà di andare dove si vuole, con chi si vuole, escluse le intenzioni di reato,o di praticare questo o quell’interesse privato o pubblico, tranne ovviamente qualsiasi cosa potesse minacciare me, la Costituzione). E tutte queste libertà i miei Costituenti non le pensarono solo per se stessi, i loro figli e i loro nipoti.

Le pensarono per tutte le donne e tutti gli uomini, ben sapendo che la libertà non si può dividere a pezzi e bocconi, perché o è di tutti o è di nessuno. Libertà dunque anche per chi non le abbia a casa sua. E, quando loro mi scrissero, non arrivavano ancora immigrati da noi; ad emigrare, care concittadine e cari concittadini erano i vostri padri e madri o i vostri nonni e le vostre nonne.Oggi sento chi, forte di un voto popolare (che, secondo lui, è una specie di giudizio di Dio che assolve da qualsiasi responsabilità verso i compiti che io, la Costituzione, riservo a chi vince le elezioni), disquisisce distinguendo tra chi fugge dalla guerra e ha diritto all’asilo e chi fugge dalla povertà o da un clima sociale antidemocratico e non avrebbe diritto all’asilo. Non mi pare che i miei Costituenti avessero fatto questa distinzione.Ma se apriamo la porta a tutti quelli che scappano da casa loro dove li mettiamo?

Domanda di buonsenso. La risposta deve essere cercata, soprattutto da chi si sente capace di aspirare a governare(senza che glielo abbia prescritto un medico), in un impegno progettuale che non può essere pensato e praticato solo a casa nostra, ma, come hanno scritto i miei autori, deve ammettere limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni.I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore. Quale disciplina, quale onore nel governante che si vanta che “stiamo riscrivendo la storia”,come se fosse all’alba di una nuova era planetaria?

O in quello che sproloquia su un tunnel che non esiste? O in quello che si vanta che “abbiamo abolito la povertà” senza arrossire davanti ai milioni di poveri nelle nostre strade? O in quello che galvanizza la folla promettendo che rimanderà a casa tutti i clandestini, ben sapendo che non ha i mezzi per farlo e che prima delle elezioni urla che i clandestini sono più di 500.000 e dopo le elezioni ammette che sono solo 90.000? O in quello che contro quelli che non lo sostengono si comporta come un tifoso ultra contro i tifosi della curva avversaria? O in quello che spaccia per “pace fiscale” un nuovo condono agli evasori, dimenticando che l’unica pace possibile con chi commette reati è obbligarlo al rispetto dei doveri inderogabili di tutti i cittadini? O in quello che celebra l’8 settembre (giorno dello sfacelo nazionale con un re e un governo in fuga e l’Italia occupata a metà da due armate contrapposte) come l’alba del miracolo economico italiano?

Per concludere questo mio sfogo, voglio ricordarvi che uno di quelli che contribuirono a scrivermi ha detto che io, la Costituzione, sono una dichiarazione polemica contro il fascismo, per quello che è stato, ma anche contro qualsiasi governo della Repubblica, per quello che deve essere e non è ancora. Perciò non consideratemi come uno spartito ammuffito da suonare solo in celebrazioni retoriche.Perché tutto quello che siete, tutto quello che potete, anche la libertà di parlare contro di me e di brigare per riportare indietro le lancette della storia, tutto questo lo dovete al fatto brigare per riportare indietro le lancette della storia, tutto questo lo dovete al fatto che io, la Costituzione, sono ancora viva.Allora, non festeggiatemi più, piuttosto mettetemi in pratica. Con affetto, la vostra Costituzione.

Luigi Vassallo


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