Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Savona il 25 aprile del magistrato partigiano
finito in carcere e assassinato a Genova.
E il mito Cascione da Stellanello a Bellinzona


La lettera di Nicola Panevino, magistrato napoletano, in servizio al tribunale. Quando era a Savona è stato catturato ed assassinato a Genova. Panevino uno dei magistrati partigiani cui è stata dedicata la lapide nel palazzo di giustizia genovese. Spedì dal carcere, il 18 marzo 1945, in occasione del primo onomastico di sua figlia, una lettera. Nessuna nobile dichiarazione d’intenti, solo un’immagine di purissimo amore paterno. Il giudice, fucilato il 23 marzo successivo, un mese prima della Liberazione. Nella vita vale la pena di essere retorici, qualche volta.

Il giudice partigiano, Nicola Panevino, origini napoletane era in servizio al tribunale di Savona

“Piccola  mia  è  ben  triste  cosa  che  tu  debba  passare  il  tuo  primo  onomastico  con  il  papà  gettato  in  una  galera;  ma  ciò  non  deve  rappresentare un cattivo auspicio sia perché è il  volere  di  Dio  che  si  attua  e  sia  perché  questa  galera lungi dall’infamarci ci onora davanti agli  uomini  e  ci  purifica  davanti  a  Dio.  Ringrazio  Dio che tu non abbia ancora i lumi della ragione per sentire i dolori che la povera mamma tua ed  io stiamo sopportando. Quando un giorno quella  ragione  tu  avrai  acquistato,  Iddio  ci  avrà concesso  la  grazia  che  oggi  impetriamo  e  lo  ringrazieremo  insieme.  Allora  io  sarò  ad  accarezzare la tua testina bionda e quella bruna  di mamma tua e con animo lieto io racconterò i  particolari di questi tristissimi giorni. È proprio  questo il primo voto augurale che io formulo per  il  tuo  onomastico,  e  penso  che  non  mi  si  possa  accusare di egoismo perché sono certo che la mia  liberazione  non  può  rappresentare  che  il  tuo  bene, non ultimo fattore per la tua felicità in un  prossimo  futuro.  Altro  augurio  che  tu  cresca  bella,  sana  come  eri  quando  ti  ho  lasciata,  oggi  tre mesi. E godi di quelle benedizioni che Dio non  nega ai suoi angeli terreni; tu sei tra essi. Abbi,  angioletto  mio,  anche  la  mia  benedizione  assai  povera  di  fronte  all’altra,  ma  pur  essa  sublime,  perché resa tale da una amara e scottante lacrima  che  affiora  in  questo  momento  il  mio  ciglio.  Ti  bacio con la mamma. Papà tuo.”

IL 25 APRILE E IL DR. CASCIONE

 Cascione scrisse le parole della famosa canzone (su musica russa) durante o dopo uno spostamento dalla Valle dell’Impero a Vendone, passando per Stellanello. Secondo il prof. Mela la famiglia Cascione che coltivava l’arte della fusione di campane nell’Imperiese, é originaria della Svizzera, precisamente del Canton Lucerna. Vicino a Bellinzona risiede un Cascione.
DAL CORRIERE DELLA SERA DEL 25 APRILE

La storia dell’eroe pallanuotista che scrisse la prima canzone partigiana e con le sue vicende ispirò battaglie e nuova musica lungo tutto il ‘900 tra Italo Calvino e Fabrizio De André.

di Giulia Cavaliere

Non si dice ‘nome di battaglia’ per caso, ma perché qualcuno, quel nome, l’ha usato davvero per combattere. Il nome di battaglia di Felice Cascione è U Megu, “il medico”, visto che lui, ligure di Porto Maurizio, Imperia, è riuscito a laurearsi in Medicina all’Università di Bologna nel 1942 e pratica sempre, in ogni condizione, il lavoro di medico. Capitano della squadra del GUF di Imperia in quanto acclamato centrovasca di pallanuoto, sport che si era abituato a praticare nel porto, ben presto si affranca dal fascismo e si avvicina attivamente all’antifascismo attraverso incontri sempre più frequenti con esponenti del Partito Comunista d’Italia della sua città, naturalmente in via clandestina. Prende parte alle manifestazioni per la caduta del fascismo quando il 25 luglio del 1943 viene instaurato il Governo Badoglio, e viene arrestato (con la madre) per poi partire immediatamente per la Resistenza con la nascita della Repubblica Sociale Italiana dopo l’armistizio dell’8 settembre.

I partigiani liguri, afferma Cascione, non hanno ancora una bandiera e quindi serve almeno che abbiano una canzone. Non esistono ancora, infatti, vere e proprie canzoni nate dalla nuova esperienza partigiana e i brani cantati sono perlopiù quelli comunisti, socialisti e tutt’al più anarchici; parliamo di canti come L’Internazionale, Bandiera rossa, Canzone del maggio, Addio Lugano Bella (per la quale viene utilizzata di volta in volta una variante legata all’area geografica ove si trovava la specifica Brigata che la sta cava cantando, nel caso di Cascione, naturalmente, Imperia). Nel casone nel comune di Stellanello dove si trova da partigiano e insieme a Giacomo Sibilla – che porta Ivan come nome di battaglia ed è un reduce dalla campagna di Russia – Cascione completa la stesura della sua poesia Fischia il vento, che aveva già iniziato a scrivere quando si trovava a frequentare l’Università a Bologna, e la trasforma in canzone. Ivan, infatti, nella regione del Don, aveva ascoltato la canzone russa Katjuša da ragazze e prigionieri. Proprio su quest’aria russa tornata con lui in patria, dunque, vengono adattati i versi scritti da Cascione.

Felice Cascione, però, non è solo l’autore di quello che, ufficialmente, risulta essere il primo canto – tra i molti che nasceranno – della storia della nostra Resistenza, ma è anche colui che, fatti prigionieri due fascisti – il tenente Di Paola e il milite Dogliotti – esponenti entrambi della GNR (Guardia Nazionale Repubblicana) decide di non condannarli a morte ma di tentare di avvicinarli alla causa partigiana, pronunciando ripetutamente ai compagni, le seguenti parole: «Ho studiato vent’anni per salvare la vita di un uomo, come posso acconsentire a dare la morte a due persone che hanno errato perché non hanno avuto, come noi, la fortuna di essere educati alla libertà, alla bontà, alla giustizia? Non è certo colpa loro se le loro madri non li hanno saputi educare alla libertà. I due prigionieri hanno salva la vita». Naturalmente non finirà bene e, una volta riusciti a fuggire i due prigionieri, pur a seguito di uno spostamento geografico della Brigata, Cascione viene coinvolto in uno scontro con i nazifascisti e, ferito da loro o suicida di fronte alla fine imminente, muore da partigiano il 27 gennaio del ’44.

Se tra le ispirazioni dirette della canzone La guerra di Piero di Fabrizio De André (1964) ci sono certamente le storie di guerra dello zio materno e una citazione molto esplicita dalla canzone Dove vola l’avvoltoio scritta da Italo Calvino e musicata poi da Sergio Liberovici (1958), è abbastanza evidente come la storia appena raccontata e la scelta di risparmiare il nemico fatta da Cascione, sembrino ispiratori della vicenda di Piero, il protagonista del brano, che nello scontro risparmia un avversario che poi non gli “ricambia la cortesia”. Chissà, forse la storia eroica e commovente di Felice Cascione, U Megu, il primo cantautore partigiano della storia, potrebbe essere arrivata alla penna di De André proprio attraverso le parole di Italo Calvino. La brigata di Felice Cascione, dopo la sua morte, prese il nome di Divisione Garibaldi “Felice Cascione” e Italo Calvino vi aderisce con il fratello Floriano; nei suoi scritti, lo scrittore  ricorda Cascione così: «Il tuo nome è leggenda, molti furono quelli che infiammati dal tuo esempio s’arruolarono sotto la tua bandiera»: molti, anche lui.


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