Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Cairo Montenotte, la ricchezza delle parole


Poco distante da noi tutto si sconvolge in maniera violenta [il vento gelido soffia con impeto, la pioggia lascia il posto alla grandine abbondante] e tutto si altera in maniera irreversibile.

Inoltre chi è coinvolto [come noi] emotivamente e fisicamente nell’azione non riesce ad avere il controllo pieno della sua percezione e a rendersi conto di quanto succede. Mentre muove braccia e gambe deve guardare dove mette i piedi e cosa tiene in mano, non può vedere o capire altro. Ogni parola in più suona strana e non occorre andare oltre l’essenziale, uscire dalle righe necessarie per la storia che ci narriamo.

Usiamo le parole con moderazione: tutto lo spazio è utile, non dobbiamo sprecarlo con il superfluo e con l’inutile, non possiamo infiorare di parole il nostro testo. Anche le parole più scabre e spigolose trovano il posto adatto nel muro a secco del racconto antico o in quello moderno che chiede un minimo spazio per costruire dal nulla un ricovero per la notte, un riparo per gli attrezzi dell’orto e per i paletti di sostegno da piantare accanto alle piantine di pomodoro o alle zucche estive.

Quando apriamo la finestra sulla via al mattino e facciamo il nostro sforzo giornaliero per essere vivi, oltre al respirare e al guardare fuori dalla finestra, ci muoviamo per prendere una sedia e quando ci siamo seduti apriamo il primo foglio bianco, afferriamo come un bisturi la penna biro e cominciamo a scrivere con la consueta confidenza che abbiamo con le parole scritte. A seconda dell’ora le impressioni che si hanno sono differenti: non è questione di luna o di configurazione astrale, è piuttosto conseguenza di testa e di stato d’animo, di senso del consueto o di spazio lasciato alla fantasia che costruisce a partire da pochi resti recuperati con sguardi mirati.

La disposizione a reinterpretare risultati ed esiti in maniera nuova può dare altra linfa allo  sviluppo di belle storie vive; bisognerebbe che almeno si uscisse di casa e si completasse quel passeggio quotidiano utile per far muovere le cose credute ferme, [sbalzarle giù dai tavolini dei bar mentre si passa] sono tutte a nostra disposizione con quel tanto di misterioso e di oscuro, proprio adatte al libro che si sta scrivendo da solo tra l’ingresso del paese e la piazza principale, mentre noi camminiamo sul lastrico.

Un testo infinito che ci scorre sotto il naso quasi in modo monotono ma il fatto è che noi non riusciamo a leggerne neanche una frase, lo viviamo quasi senza rendercene conto, siamo come nell’occhio del ciclone.

Bruno Chiarlone Debenedetti


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B. Chiarlone

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