Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Poste: all’ufficio di Vezzi Portio succede che…
Finale, approvato il recupero aree Ghigliazza


Il colloquio si è svolto un giorno di aprile, esattamente il giorno 23 aprile 2018, c.m. , alle ore 10.30 circa, tra una impiegata delle poste dell’ufficio di Vezzi Portio, sezione staccata di Spotorno ed una utente. L’utente, che per necessità, ha richiesto la cifra di € 10,00 le permetteva di poter esercitare il diritto dell’offerta che Vodafone, semestralmente le offriva, quindi il valore che versava era solo una pro forma [bastavano solo 3 €], e voleva verificare, di persona, se il nuovo servizio che l’ufficio era svolto con efficienza e, nello tempo, apprendere come viene svolta la pratica di una ricarica telefonica verso il proprio gestore di telefonia mobile. Leggi anche il comunicato ufficiale della Regione Liguria, assessore Marco Scajola, per il piano di recupero (approvato) delle cave Ghigliazza.

Qui di seguito, per punti, il colloquio tra la sportellista e l’utente: Vorrei, per favore ”

1 – una ricarica da € 10 verso il gestore telefonico Vodafone;

2 – l’impiegata logicamente si mette al lavoro al computer;

3 – al momento del pagamento, fa osservare che, vicino al POS, c’è un tablet, con varie cifre ed una penna e chiede di cliccare se accetto o no;

4 – in fase successiva, guardando, di nuovo il computer, accenna al nuovo valore di ricarica del valore di € 60;

5 – tra lo sbigottimento della utente e di sua figlia che l’accompagnava, dice di vedere se può stornare l’operazione;

6 – telefona, non si sa a chi e richiede l’immediato pagamento;

7 – non avendo la cifra richiesta. l’utente che nel portafoglio ha solo € 40, glieli li da;

8 – la figlia reagisce e l’impiegata la apostrofa dicendo: mi spiace che sua figlia …….,

9 – l’utente ribatte perché non lo dice a me ?;

10 – la sportellista, di rimando: ci rimetto io ! ……….”

Non è la prima volta che tale impiegata maltratta i clienti, a detta di altri utenti, non è disponibile a fare la “maestra”, sembra che si comporti così perché ritiene che l’ufficio che la direzione che le ha assegnato non sia consono alle proprie capacità. Più una persona è anziana e più si sente disprezzata, come se invecchiare è un “delitto”. Più una persona è anziana e più viene trattata “coi piedi” e trattata da “idiota”.

In questo piccolo paese di anziani ce ne sono a bizzeffe e purtroppo ad almeno il 90 % devi “insegnare” e spiegare lentamente le varie procedure, altrimenti entrano “in panico” e si ritrovano solo, a conti fatti, con un “pugno di mosche” in mano e con il portafoglio il cui fondo si tinge di verde. Non tutti hanno una istruzione, i più anziani, sopra tutto, sono in possesso [se va bene] solo della quinta elementare; pertanto si chiede, a chi opera presso questo Comune, oltre ad un senso civico anche la comprensione nei riguardi di coloro che si trovano in difficoltà.

Per garantire uno sviluppo sostenibile e un equilibrato governo del territorio, lo Stato, le regioni, le città metropolitane, le province o aree vaste, le unioni di comuni, i comuni, anche in forma associata, le unioni di comuni montani e gli enti parco, per quanto di rispettiva competenza, possono promuovere l’efficienza e la qualità dei servizi essenziali, con particolare riferimento all’ambiente, alla protezione civile, all’istruzione, alla sanità, ai servizi socio-assistenziali, ai trasporti, alla viabilità, ai servizi postali nonché al ripopolamento di comuni anche attraverso progetti sperimentali di incentivazione della residenzialità, con le modalità previste dalle normative vigenti.

E quindi, alla suddetta impiegata ed alla direzione da cui dipende viene posta una semplice domanda “Do ut des” o Do ut facias ? –

Nonostante le “belle parole” che l’Amministratore delegato di Poste Italia Spa Matteo Del Fante ha detto ed illustrato alle Commissioni riunite di Ambiente e Trasporti della Camera dei Deputati, presso la Sala del Mappamondo, sulle prospettive di sviluppo del gruppo e sugli eventuali programmi di rimodulazione della rete degli uffici postali, anche alla luce delle disposizioni relative ai servizi postali nei piccoli comuni come prevede la legge sui piccoli Comuni approvata di recente (articolo 9 della legge 6 ottobre 2017, n. 158), per la riqualificazione e il recupero dei centri storici dei medesimi comuni (G.U. n. 256 del 2 novembre 2017) e successive disposizioni, il medesimo ha tralasciato, si spera non volutamente, che il servizio offerto da P.I. oltre a favorire il pagamento di imposte, tasse e tributi nonché dei corrispettivi dell’erogazione di acqua, energia, gas e di ogni altro servizio di pubblica utilità, nei piccoli comuni può essere utilizzato per l’attività di incasso e trasferimento di somme la rete telematica gestita dai concessionari dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, previa convenzione con gli stessi concessionari, nel rispetto della disciplina riguardante i servizi di pagamento e delle disposizioni adottate in materia dalla Banca d’Italia, è un servizio effettuato con personale efficiente e disponibile nei confronti della clientela [art.9 L. 6 ottobre 2017, n. 158].

L’Amministratore delegato prosegue: “Al fine di perseguire l’obiettivo della coesione sociale e territoriale, in conformità alla normativa europea e nazionale, e fermo restando il rispetto della normativa regolato-ria di settore, i piccoli comuni, possono proporre, sulla base delle modalità stabilite nel contratto di programma tra il Ministero dello sviluppo economico e il fornitore del servizio postale universale, iniziative volte a sviluppare l’offerta complessiva dei servizi postali, congiuntamente ad altri servizi, in specifici ambiti territoriali, individuati tenuto conto di ragioni di efficienza e razionalizzazione della fornitura dei medesimi servizi e valorizzando la presenza capillare degli uffici postali appartenenti al fornitore del servizio postale”

Efficienza e cortesia è lo slogan di Poste Italiane, ma il più delle volte questo “slogan” è disatteso; non è ne l’una ne l’altra. Non è la prima volta che tale impiegata maltratta i clienti, a detta di altri utenti, non è disponibile a fare la “maestra”, sembra che si comporti così perché ritiene che l’ufficio che la direzione che le ha assegnato non sia consono alle proprie capacità.

Più una persona è anziana e più si sente disprezzata, come se invecchiare è un “delitto”. Più una persona è anziana e più viene trattata “coi piedi” e trattata da “idiota”. In questo piccolo paese di anziani ce ne sono a bizzeffe e purtroppo ad almeno il 90 % devi “insegnare” e spiegare lentamente le varie procedure, altrimenti entrano “in panico” e si ritrovano solo, a conti fatti, con un “pugno di mosche” in mano e con il portafoglio il cui fondo si tinge di verde. Non tutti hanno una istruzione, i più anziani, sopra tutto, sono in possesso [se va bene] solo della quinta elementare; pertanto si chiede, a chi opera presso questo Comune, oltre ad un senso civico anche la comprensione nei riguardi di coloro che si trovano in difficoltà.

Alla luce di quanto sopra descritto occorre fare una considerazione: l’unico fronte ancora credibile nel rapporto tra Stato e cittadini è quello dei servizi, specie se di piccola dimensione. Questa condizione di credibilità dello Stato sta progressivamente perdendo la sua dichiarata coerenza sacrificando le sue ragioni di scelta ad una mera considerazione di funzionari burocrati che a volte si chiamano: “spending review”, altre “salva Italia”, che non conoscendo la condizione reale di sperpero, o non volendola affrontare, anche per molte ragioni di convenienza umana, rendono sempre più difficile la vita dei cittadini e delle Istituzioni oneste che tendono a rappresentarne i reali bisogni che a differenza delle dichiarazioni mediatiche altisonanti, per i cittadini sono azione diretta e quotidiana.

E quindi, alla suddetta impiegata ed alla direzione da cui dipende viene posta una semplice domanda “Do ut des” o Do ut facias ? –

  1. Do ut des è una frase latina
    dal significato letterale «io do affinché tu dia» e senso traslato «scambiamoci queste cose in maniera ben definita».
  2. In un certo senso si può parlare di un “contratto” che viene siglato con l’accettazione dell’offerta da parte del secondo attore, che si impegna pertanto a consegnare quanto pattuito. Nel diritto privato
    i contratti di scambio sono appunto indicati come do ut des, in contrapposizione ad esempio a quelli do ut facias
    in cui il pagamento è a fronte di un’opera.
  3. La locuzione latina do ut facias (letteralmente “io do affinché tu faccia”) definisce – in diritto romano – uno dei cosiddetti contratti innominati.
  4. Si tratta di convenzioni
    a forma libera tutelate -in deroga il principio generale di tipicità
    vigente in materia contrattuale- a condizione che le prestazioni concordate siano entrambe lecite e che una di esse sia già stata eseguita. In presenza di tale requisito sorge per l’altra parte l’obbligo di adempiere
    la controprestazione.

    Nel caso specifico, la prestazione già eseguita (do) consiste nella trasmissione del diritto e proprietà
    mentre la controprestazione (facias) può consistere in un qualsiasi altro comportamento.

Alesben B.

 VIA LIBERA AL RECUPERO AMBIENTALE DELL’EX CAVA GHIGLIAZZA

 ASSESSORE SCAJOLA: APPROVATO UN CONCRETO PROCESSO

DI RIQUALIFICAZIONE DEL TERRITORIO ATTESO DA ANNI

GENOVA. La Giunta regionale, su proposta dell’assessore all’Urbanistica Marco Scajola, ha dato il via libera al progetto di recupero paesaggistico e ambientale dell’ex Cava Ghigliazza a Finale Ligure. Il progetto, dopo aver passato il vaglio della valutazione di impatto ambientale, è stato al centro di una forte condivisione a livello territoriale al fine di ridurre il più possibile gli effetti del processo di recupero. Il progetto interesserà infatti circa 96 mila metri cubi dell’area, ovvero 23 mila metri cubi in meno rispetto alle precedenti previsioni urbanistiche, e contemplerà, oltre ad imponenti sistemazioni di messa in sicurezza della zona, insediamenti di carattere residenziale, alberghiero e commerciale. “L’approvazione di oggi della Giunta regionale – afferma Scajola – consente di avviare dopo quasi vent’anni un concreto processo di riqualificazione ambientale dell’ex Cava Ghigliazza e di ricucire una ferita aperta da una attività di escavazione che si è protratta a lungo in un territorio dal grande valore paesaggistico come questo. Si tratta di un progetto destinato a cambiare il volto di questa parte del finalese e che, oltre ad un completo recupero e messa in sicurezza dell’area, con una cubatura ben al di sotto dei limiti imposti dal Piano urbanistico comunale, prevede anche la creazione di un palazzetto dello sport, un’ampia dotazione di parcheggi pubblici e, non ultima, l’importante valorizzazione del sito archeologico delle Arene Candide attraverso un’area museale ed un percorso attrezzato per la visita del sito. Insomma – conclude Scajola – un programma di ampio respiro che, oltre a restituire un territorio di pregio ai finalesi, vuole essere anche un volano di sviluppo attraverso nuovi servizi alla comunità ed attrattive turistiche e culturali”.



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Alesben B

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