Trucioli

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Loano, l’ultimo ‘gran ballo’ delle aree agricole descritto da Dino Sandre


Intervento, in consiglio comunale, a Loano, di Dino Sandre capogruppo “è tempo”, sulla variante in zone agricole del Piano Regolatore Generale 1998. Un documento-analisi  chiaro, esplicito, rigoroso, ma pacato; dovrebbe far riflettere i cittadini, a prescindere dalle appartenenze e dai legittimi interessi. La fotografia di cosa  accade in una vasta area a valorizzazione agricola  di cui tutti invocano il rilancio come bene sociale primario. Tra sconfortanti interrogativi rimasti senza risposta. E qualche segnale incoraggiante.

Perché è stata ‘devastata’, deturpata, sacrificata alla bieca speculazione immobiliare gran parte della zona agricola? Ci sono stati  ‘padrini’ occulti ( non troppo) della pianificazione delle varianti affaristiche?  24 piani aziendali realizzati a fronte di 174 richieste.  Una regia protrattasi nel tempo. Ci sarà forse una tormentata ‘verità giudiziaria’, ma molto più determinante, penalizzante,  è aver sottratto alla comunità loanese la gestione corretta ed onesta di un piano regolatore, della programmazione economica del territorio inteso a bene comune.  A chi dire grazie? Perché addossare tutte le responsabilità a dei cittadini  e non anche a chi doveva fare soltanto il proprio dovere di pubblico amministratore al di sopra delle parti?

Ecco l’intervento integrale di Dino Sandre nel parlamentino loanese. Merita un’attenta lettura. Essere informati per conoscere Loano di ieri e di oggi, meglio se all’insegna della fiducia e della speranza per il domani, il futuro delle prossime generazioni.  Complimenti e grazie a Dino Sandre da trucioli.it per questo pregevole contributo all’approfondimento di una tematica di interesse collettivo. L’invito ai buoni esempi, all’etica politica e al buon senso prima di tutto. Non deve lasciare indifferenti.

IL TESTO DELL’INTERVENTO

Tralasciamo per un momento l’aspetto tecnico di questa pratica per puntare l’attenzione sulla normativa esistente e su quali erano e sono gli obiettivi che  si  volevano raggiungere col piano regolatore del 1998 al capitoloV-zone agricole.

In allora si diede  la possibilità di costruire  in  zone agricole,  con determinate regole di attuazione  che salvaguardassero il paesaggio, il territorio, l’ambiente e dessero all’iniziativa  privata, una ricaduta pubblica.
Potremmo sinteticamente riassumere  a due gli obiettivi  del  98 : uno locale, individuale, privato, ed uno più generale, collettivo , pubblico.

L’obiettivo privato riguardava e riguarda  la possibilità  di costruire in area agricola, con determinati vincoli volumetrici, nel rispetto dell’insediamento  locale storicamente conformato, con la possibilità di recupero di  edifici esistenti,  con tutta una casistica di criteri tecnici  da rispettare. Condizione per la costruzione di una casa agricola  era ed è la realizzazione di un piano di sviluppo aziendale su terreni asserviti all’abitazione, che il titolare doveva e deve  realizzare e   mantenere.
L’obiettivo pubblico doveva essere conseguente all’intervento privato  su cui, il Comune,  aveva il compito di  indirizzare e vigilare   sul recupero del territorio,  sullo   sviluppo edilizio  che si integrasse  all’esistente,  sul  il ripristino ed il mantenimento di essenze e piante tipiche dei luoghi, sul  miglioramento dell’aspetto dei fondi e di conseguenza di tutte le zone che erano  interessate dalle nuove edificazioni. Una regia che seguisse attentamente l’iniziativa privata,  perseguendo e mantenendo una rotta di  crescita armonica del paesaggio, approdando ad  un risultato finale di riqualificazione e rilancio  del territorio, con  l’eventuale possibilità di incentivare un indotto economico legato alla realizzazione dei piani aziendali.

Dopo quindici anni  nessuno  dei due obiettivi è stato raggiunto ed i risultati dell’attuazione delle norme  contenute nel Piano sono  a dir poco deludenti.
Da una parte, l’iniziativa  del privato si è dimostrata  troppo spesso distante ed incurante agli indirizzi , con conseguenti abusi e tutto quello che ne è conseguito.
Dall’altra, un’amministrazione  immobile, distratta nello svolgere il compito che gli competeva: quello di seguire e vigilare sullo sviluppo e crescita  delle zone agricole, affinchè queste si evolvessero  e si conformassero alla normativa e a quelli che erano gli obiettivi espliciti ed impliciti del   piano regolatore.
La summa di questi due atteggiamenti è stato il caos, la mancanza di una guida,di un filo conduttore, in una parola  il disordine.

Ora  c’è la necessità di porre rimedio. Si vuole porre rimedio. Si vuole  mettere ordine.
Apprezziamo il lavoro e l’impegno dell’assessore all’edilizia privata e dell’ufficio tecnico  ma : mettere in ordine cosa?   A quanto è stato edificato?  Ai piani aziendali non attuati? il cui numero l’Amministrazione non conosce, o meglio,  “non è definibile”, come  ha risposto ad una nostra interpellanza a risposta scritta, a fronte di   soli   24 attuati, su una richiesta di 174.  Mettere in ordine a tutti i servizi e sotto-servizi non realizzati?   O forse mettere ordine  ad un modo di agire?   incurante  dei criteri normativi?  Incuranza diventata prassi e regola al punto tale che, una volta  iniziati i tardivi controlli col contagocce, questi  hanno portato alla luce irregolarità, violazioni ambientali, lottizzazione abusiva,  cambi di destinazione d’uso degli edifici,  creazione di volumi non assentiti, false dichiarazioni,  mancata  realizzazione di piani aziendali……….. al punto da richiedere l’intervento della Procura.
Mettere in ordine come? Con regole più restrittive?  Intervenendo  sull’impianto normativo al fine di renderlo più coerente con gli scopi nello stesso indicato?
E’ appurato  che il solo  normare  non  è sufficiente se, alla  norma , non è accompagnato  un ruolo attivo dell’amministrazione, ruolo che si esplica solo con  la presenza ed il controllo del e sul  territorio.
E’ proprio l’ assenza  e la lentezza  dell’azione amministrativa, che per troppo tempo ha sottovalutato ed ignorato i segnali di quanto stava avvenendo, che   annullano l’urgenza che si esprime nel “considerato”   della proposta  di deliberazione;    dove viene evidenziata :  “la necessità di intervenire in tempi rapidi”.
I tempi rapidi  richiesti hanno alle spalle troppi tempi morti,  tempi lunghi di ignavia e disinteresse al bene pubblico.
Non si tratta, come viene riportato  in proposta di  delibera , “di alcune vicende connesse all’attuazione delle zone agricole”.
Si tratta di un modo di agire acquisito e diffuso, indifferente ed incurante dei compiti sia da  una che dall’altra parte, generalizzato, che  l’inerzia dell’amministrazione ha  inconsciamente,  silenziosamente e irresponsabilmente consentito, causando  una crescita disordinata,  sganciata da requisiti e vincoli , con la  disgregazione degli obiettivi del piano stesso.
E’ grazie ad un’amministrazione sorda e orba,  che guardava da un’altra parte che tutto questo è potuto accadere. Un’amministrazione ingessata nella formale e frettolosa approvazione  d’ufficio di  decine e decine di  Piani aziendali e  conseguenti  permessi di costruire per case agricole,  incurante dell’azione del privato ed indifferente  dell’interesse pubblico,  che per un’amministrazione deve sempre  essere  presente.

In conclusione richiamiamo un passaggio del programma amministrativo del 2006, che parte di voi aveva sottoscritto,  e che, a proposito delle casse agricole, ancora   illudeva affermando :
“dovranno realisticamente essere premiati, anche con incentivi volumetrici, quegli insediamenti in zone agricole e montane che cureranno direttamente la conduzione del fondo e la salvaguardia del territorio,  rispetteranno i requisiti di riqualificazione ambientale, con un occhio di riguardo alla bio edilizia ed alle fonti di energia alternativa”.
Realisticamente,  alla prova dei fatti , si è  dovuto amaramente constatare come per  la conduzione dei fondi, per la salvaguardia del territorio, per la riqualificazione ambientale,  poco se non nulla    è stato   fatto,  disattendendo gli   obiettivi  del capitolo V del Piano regolatore del generale del 1998  che l’adozione tardiva di questa variante non servirà a recuperare ed a migliorare.

Dino Sandre


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