Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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La cucina in Liguria nelle pagine degli scrittori. Da Rebora a Da Cuneo, Orengo, De Andrè, Rava, Petrini e SlowFood. Il pesto non è ligure ma…


Estraiamo alcune curiose notizie su cibi e piatti tipici, frutto di contaminazioni in area mediterranea, e di piatti poveri “rielaborati” e rivisti. Provengono da un interessante ricerca di G. Fechino.

di Giuseppe Testa

Il compianto prof. Giovanni Rebora, docente universitario di storia agraria medievale e di storia economica presso l’Università di Genova, organizzò nel 1983 ad Imperia il Primo Convegno di Cultura e Storia dell’Alimentazione, per rimarcare ancora una volta quale fosse l’importanza di questo nostro atto quotidiano.
In uno dei suoi numerosi libri, dall’emblematico titolo “La civiltà della forchetta”, afferma che il grande fenomeno del Rinascimento inaugurò anche un “modo di alimentazione” diverso da quello medievale e ne spiega le motivazioni con lo scambio oltre che delle merci, anche delle idee, mode, costumi che le persone, i mercanti e gli esploratori portavano con se muovendosi: ed i cuochi, i servi che si muovevano al loro seguito imparavano a conoscere e sperimentavano nuovi ingredienti e nuovi piatti. Il fenomeno, ovviamente, continuò nei secoli.
Genova, come ben sappiamo, è sempre stata un grandissimo centro di concentrazione e redistribuzione di prodotti di ogni tipo, un emporio dove confluivano bastimenti con equipaggi e carichi di prodotti da tutto il mondo conosciuto e da dove ripartivano verso l’entroterra o altri porti, già dai tempi dei Romani. Logico quindi che nella cucina ligure si trovino spesso termini e prodotti che possiamo incontrare anche in luoghi distantissimi; un esempio è la parola turca FISTIK che somiglia moltissimo all’antico genovese FESTECCO… indicanti entrambe il PISTACCHIO. (ricordiamo che a Istanbul la massiccia presenza dei mercanti genovesi è ben affermata dalla robusta torre di Galata).
Ancora, scopriamo che, in Liguria, il COUSCOUS tipico dei paesi del Maghreb, si preparava già nel 1600 e, anzi lo si produceva a Genova con il nome di scucussù, poiché i corallari liguri l’avevano gustato ed apprezzato muovendosi nel Mediterraneo nel corso delle loro campagne di pesca.
Così come i Corzetti, tipo di pasta a forma di piccolo dischetto stampato, che è diffuso soprattutto nel Levante ligure, sono identici ai Crosets provenzali e alle Orecchiette o Strascinati Pugliesi, guarda caso territori in cui si è verificata la presenza della dinastia degli Angiò (ed i mercanti liguri frequentavano tutte queste zone). Chissà forse uno di loro avrà riprovato a casa un piatto che gli era apparso quanto mai appetibile e lo avrà proposto agli amici.
Che dire poi, delle osservazioni fatte dal savonese Michele Da Cuneo, compagno di Cristoforo Colombo che, nelle sue lettere illustra frutti e piante incontrate nelle nuove terre paragonandole a quelle che conosce, e descrivendo il mais, ne vede la somiglianza formale con la spiga del sorgo (meliga) o l’ananas che definisce simile ad una grossa pigna da pinoli (e in inglese non è forse PINEAPPLE ?).
Un altro scrittore, ligure di adozione, Nico Orengo, racconta le vicende dell’umile acciuga che tanto sale aiutò a trasportare oltre giogo, eludendo dazi e gabelle della Repubblica Genovese, lungo quelle vie che furono già quelle della transumanza da tempi immemorabili: l’acciuga, il pesce dei poveri, u pan du mà, unisce la costa mediterranea con le valli e le colline piemontesi nella “ Bagna Cauda” ed è soprattutto il companatico più “Consumato”, appeso ad uno spago, con la polenta…
Perfino la Cima, piatto simbolo della cucina ligure, povera di carne e ricca di verdure è celebrata, non da uno scrittore ma da un poeta come Fabrizio De Andrè nel brano intitolato appunto “A Cimma” del 1990 in un testo, quanto mai poetico, dove sono citati non solo gli ingredienti che la compongono ma anche tutti i riti e le credenze legate a questa sontuosa preparazione: “… ti mettae ou bruggu reddenu’nte ‘n cantun che se d’a cappa a sguggia ‘n cuxina a striaa a xeua de cunta ‘e pagge che ghe sun a‘cimma a l’è za pinn-a a l’è za cuxia… ” (metterai la scopa dritta in un angolo che se dalla cappa scivola in cucina la strega, a forza di contare le paglie che ci sono, la cima è già piena e già cucita…).
Torniamo ancora a G. Rebora che riesce a darci anche una grande delusione: il mitico PESTO non è ligure di origine ma, probabilmente passa da Napoli alla Toscana come salsa di basilico con pepe e agresto… giunta in Liguria ad uno si sostituisce l’olio e all’altro l’aglio, un po’ come viene fatto in Provenza.
E anche il Capponmagro, tanto celebrato, non è altro che la Capponadda dei marinai, sia liguri che siciliani, trasformata dai cuochi genovesi dell’ottocento con l’aggiunta di pochi più nobili ingredienti, da piatto veloce a base di galletta secca e pesce di scarto, in un trionfo di sapore e colore.
Altri scrittori hanno usato il cibo e i piatti tradizionali nei loro testi: C.A. Rizzi ad esempio, nel suo libro “I cioccolatini di Soziglia”, già nel titolo ci accompagna in uno dei luoghi-simbolo della golosità ligure dove ancora oggi si trovano le goccioline di zucchero al rosolio, i quaresimali e lo sciroppo di rose e, appunto i mitici cioccolatini tanto cari ai genovesi veri.
Ancora, C. Rava nei suoi gialli ambientati fra la riviera di ponente e il basso Piemonte, cita piatti e vini, senza dimenticare di indicarci, fra le righe, dove poterli ritrovare e gustare. Questi sono soltanto alcuni spunti, colti nell’osservare un atto quotidiano ripetitivo ma quanto mai necessario e importante, gratificante in taluni casi, come il nutrirsi, che ci fanno incontrare un mondo di storie, collegamenti ed interazioni che, forse, non potevamo neppure immaginare.
La ormai famosa associazione fondata da C. Petrini, SlowFood, oltre alle sue molteplici attività a salvaguardia del cibo e delle biodiversità, ci fa anche conoscere tutto questo, ci apre una nuova visione sul mondo e sulle somiglianze fra le culture e lo fa in un modo sicuramente gradevole ed apprezzabile: cosa c’è di meglio infatti di un incontro conviviale, magari, restando in tema, gustando tanti buoni piatti eseguiti con le ricette della “mediterranea” cucina ligure.
Giuseppe Testa
Bibliografia
G. Rebora La civiltà della forchetta ed. Laterza 2000
G. Rebora Colombo a tavola ed. Ermes s.r.l 1992
N. Orengo il salto dell’Acciuga ed.Einaudi1997
C.A. Rizzi I cioccolatini di Soziglia ed. De Ferrari 1995
C. ava Suoi numerosi gialli con protagonista il Commissario Rebaudengo e la dott. Ardelia
F. De Andrè Le nuvole album 1990

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G. Testa

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