Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

Settimanale d’informazione senza pubblicità, indipendente e non a scopo di lucro Tel. 350.1018572 blog@trucioli.it

Bruno Bini, fondatore della redazione di Savona del Secolo XIX e protagonista dello storico sorpasso sulla Stampa


Ricordare Bruno Pasquino Bini, l’amico e il giornalista che se n’è andato improvvisamente  nella sua casa di Bogliasco, è come riavvolgere il film di una vita, riscoprire momenti densi di significati, non solo professionali, rivedere volti e compagni di viaggio, riprovare emozioni e dolorosi rimpianti.

di Luciano Angelini

Il segretario di redazione Bruno Bini, il direttore Carlo Rognoni, Gino Pellosio e Mario Muda, di profilo Sergio Del Santo (foto archivio Trucioli.it)
1969. Bruno Bini, con immancabile pipa, e Luciano Angelini nella prima redazione provinciale del Secolo XIX in piazza Mameli

Una storia principiata sul finire del ’68, un’amicizia destinata a sopravvivere oltre. Ci siamo incontrati per la prima volta in un bar di via Don Bosco, a Savona. A fare da trait d’union Franco Martinelli, all’epoca il deus ex machina della distribuzione di giornali, riviste e quant’altro riguardasse la carta stampata. Bruno, in compagnia di Amedeo Massari, era alla ricerca di collaboratori in vista dell’apertura della redazione di Savona del Secolo XIX, primo tassello di un progetto di più lungo respiro per trasformare il Decimonono da quotidiano tutto (o quasi) genovese in voce autorevole dell’intera Liguria, da Sarzana a Ventimiglia.

Da quel momento è iniziata la “nostra” avventura, o meglio l’impresa di conquistare la leadership delle vendite in una piazza già ben rappresentata con una pagina di notizie locali da testate autorevoli e da corrispondenti di qualità: “Il Lavoro” e “Il Mercantile” (quotidiano del pomeriggio cresciuto sull’onda dei successi del Savona Fbc) con Enrico Fabbri; “La Gazzetta del Popolo” con Ivo Pastorino; Il Nuovo Cittadino con Nicolò Siri; l’Unità con Fausto Buffarello. Il Secolo XIX con Carlo De Benedetti e Franco Rognone. La Stampa non aveva pagine e la corrispondenza era affidata a Matteo Fiorito.

C’era da battagliare, insomma. Bruno da fiero ex incursore del Varignano si rivelò l’uomo giusto al posto giusto per carisma, iniziativa, determinazione, personalità, capacità di aggregazione, schiettezza nei rapporti, a cominciare dalla scelta dei collaboratori. Un compito non facile per uno che veniva dalla Toscana e non era mai stato a Savona. Ma dimostrò già in partenza di vedere lungo e di saper motivare le persone.

La squadra fu costruita tassello dopo tassello dopo aver scandagliato quelle dei futuri avversari. Non ebbe dubbi quando puntò su Armando Moreschi, banconista della Coop di giorno, feroce cronista de Il Lavoro e milite della Croce Bianca nel resto della giornata e della notte, che trascorreva giocando a carte con medici e infermieri di turno al pronto soccorso del vecchio San Paolo, quello di corso Italia; si fece convincere dalle parole della mamma di Gino Pellosio, giovane appena uscito dal Liceo Classico con la vocazione del giornalismo; si convinse, lui che non andava oltre caccia e pesca di cui teneva rubrica su una rivista specializzata, sul progetto di dare ampio spazio allo sport e sul calcio dilettanti frutto dell’esperienza di Riviera Notte; si rivelò buon diplomatico e opportunista nel non privarsi dell’esperienza e dell’autorevolezza del professor De Benedetti, che mal aveva sopportato il drastico cambiamento di rotta e di leadership; comprese subito, seppur lontanissimo come deriva politica, le potenzialità di Franco Astengo, futuro politologo oltre che storico a 360 gradi. Pietro De Martini, già prima firma di Tuttosport a Roma ‘60’, part time tra Publirama ed eventi sportivi; i corrispondenti Angelo Regazzoni a Varazze, Stefano Delfino e poi Pier Paolo Cervone a Finale Ligure, Remigio Vercellino a Cairo Montenotte, completavano la squadra.

Qualche tempo dopo la redazione si potenziò con Sergio del Santo, sottratto alla Stampa, e Luciano Corrado, gavetta a Loano, Albenga e Alassio, dove si rivelò cronista di razza seguendo i sequestri Berrino e Sara Domini, nipote del re dei registratori Geloso, poi mastino del Palazzo di giustizia. Gino Ferrando, fotografo e mito di Zinola era il prototipo del fotoreporter: i fatti li fotografava e spesso era lui stesso a dare notizia: “Ehi, alza il culo, ho visto passare un pullman di pellegrini che andavano a Balestrino per le apparizioni della Madonna”.

Vivevamo di pane e cronaca, Quanti ricordi. Ancora poche settimane fa abbiamo rievocato la notte in cui il Mago di Tobruk, al secolo Vittorio Scifo da Niscemi, ucciso dalla mafia nel 1981, fuggì dal soggiorno obbligato ad Urbe (fu rintracciato mesi dopo a Parigi). Fino alle tre del mattino rimanemmo con una pattuglia dei carabinieri nella speranza di fare lo scoop. Attesa vana, ma non infruttuosa. Bruno girò la macchina e andammo in darsena. “Aspettiamo l’arrivo dei pescherecci, compriamo un tonnetto e lo portiamo da foto Ferrando (come lo chiamava lui, nda) per organizzare una bella cena alla Madonna del Monte (storico ritrovo per grandi bisbocce della redazione e amici carissimi come Gianni Folco, suo compagno di caccia, Franco Cerbasi, capo di gabinetto della Questura, e il colonnello Aldo Lampani, comandante della Polstrada, nda). Per molte settimane a Zinola ricordavano di due pazzi che alle quattro del mattino urlarono “foto Ferrando” fino a quando Gino non scese in strada in pigiama.

Erano tempi pionieristici, se rapportati ai decenni successivi. Articoli e foto si mandavano alla sede centrale per telescrivente e per fuori sacco (una busta che veniva affidata al vagone postale per Genova o a qualche compiacente capotreno). Altro che fax, telefonini, computer, e-mail. La “campagna delle Province” diede anche la dimostrazione dell’importanza di una stretta sinergia con il reparto diffusione: Amedeo Massari, autentico deus ex machina del progetto, schierò  sulla piazza di Savona fior di ispettori: Rino Mortola, Rodolfo Meoli, Gianni Montagna, Frescia, che controllavano l’andamento delle vendite edicola per edicola, l’esposizione delle locandine, effettuavano i livellamenti, tutte le sere, in base all’andamento delle vendite e alle notizie annunciate dal capo della redazione, fornivano le richieste di copie per il giorno dopo.
Chi ha conosciuto Bruno Bini, chi ha lavorato con lui, chi si è sentito apostrofare con il suo  proverbiale “oh, Pallino”, chi ha vissuto quella indimenticabile stagione, non può non riconoscere e ricordarlo come l’artefice dello storico ed unico “sorpasso” della storia del Decimonono.  La sua scomparsa è un po’ il simbolo, tra fusioni, tagli, rinunce, incertezze e perdita di identità, di un simbolico e triste ammaina bandiera di quella che fu la “Campagna delle province”. Ma questa è un’altra storia.

Bruno, poche settimane fa, in una delle tante telefonate di questi anni, mi disse: “A Savona ho vissuto gli anni più belli”. Grazie, Bruno.

Luciano Angelini 


Avatar

Luciano Angelini

Torna in alto