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Draghi taumaturgo? Dalla malattia del Covid a quella della politica italiana: assenza di partiti veri


Draghi taumaturgo? Vedo già molti che sorridono sarcasticamente (da Fratelli d’Italia in qua) e altri che annuiscono speranzosi (dal PD in là).

di Sergio Bevilacqua

Io sono ancora in osservazione, ma credo che si possa dire oggi che Draghi sia stato chiamato da Mattarella (e non dal Parlamento, che ha ratificato) a occupare una posizione, quella di Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana, per incapacità del Parlamento Italiano. Il Parlamento della Repubblica Italiana è composto da troppi parlamentari, forse, ma certamente da nessun partito capace, che supporti e organizzi i parlamentari per fare il giusto contrappeso istituzionale alle attività di quello che si chiama “esecutivo”, cioè il Consiglio dei ministri, oggi guidato da Draghi, che si chiama così, “esecutivo”, proprio perché deve eseguire le decisioni del Parlamento democraticamente eletto, con alcune limitate eccezioni precisamente identificate dal nostro diritto pubblico e amministrativo.

Desidero sottolineare che questa ridicola cagnara sul Covid, che si sta facendo solo in Italia, tra posizioni autoritarie DEI governi (ricordo a tutti che iniziò Conte) e confusione penosa di esponenti politici e dibattito popolare, è così, come non è in Europa. In Europa, i partiti (prima rappresentanza “professionale” in politica del popolo e collegamento concreto tra Paese reale-il popolo appunto- e Paese legale -lo Stato democratico, in tutte le sue forme e fasi-) funzionano e si fanno rispettare, e nessun esecutivo (il governo) può andare contro un volere popolare espresso da organizzazioni civili, capaci di forme di pressione coerenti e struttura stabile.

In Italia, è avvenuto il massacro culturale e istituzionale di quegli organismi fondamentali della democrazia che sono i partiti. Ciò ha creato le condizioni di fatto di un potere che sposta il patto democratico-repubblicano a una condizione non più liberale, a una surroga assolutista che si è manifestata nel ruolo assunto negli ultimi 15 anni dalla Presidenza della Repubblica.

Come i singoli cittadini, anche bravi e avveduti, gli stessi leader politici sono fragilissimi rispetto allo Stato e alle sue istituzioni, se non hanno alle spalle solide organizzazioni che rappresentano la condizione collettiva, che sono sempre i partiti: i sondaggi sono semplici credenze e sono volatili e le scansioni elettorali troppo differite… La cosa pubblica si governa soprattutto correntemente, ed è correntemente che occorre avere la force-de-frappe per affrontare i problemi del governo e, soprattutto, dell’opposizione: tale forza le nostre istituzioni la affidano principalmente ai partiti politici.

Inoltre, un Parlamento fatto di centinaia di persone singole, connesse per comunanza di piccoli interessi personali (come per quasi tutte le forze politiche rappresentate in Camera e Senato) o di poc’altro, ove le Segreterie dei partiti non riescono a esprimere coesione e orientamento per assenza di organizzazione interna, lascia clamorosi spazi di manovra all’Esecutivo, non più seriamente controllato dal Parlamento nella sua funzione di amministrazione dello Stato, e inficia buona parte della stessa efficienza legislativa parlamentare.

Cari amici, questo della rifondazione dei partiti è il vero nodo da sciogliere per la democrazia italiana. Non più politicanti praticoni, ora basta! Basta individui abituati al solo lavoro delle professioni, basta miti di solo imprenditori abituati alla gestione di profitti in modo diretto, basta vuoti capipopolo e strilloni, basta piacioni televisivi: occorre la seria selezione di veri esperti della società moderna e del funzionamento concreto di Stato e delle istituzioni democratiche, che conoscano i problemi e le risorse insostituibili del fare società in democrazia, che significa soprattutto indirizzare e controllare lo Stato.

Solo queste figure, che sono la moda dei politici nelle democrazie esperte, perché i partiti li selezionano efficacemente secondo i requisiti di competenza necessari, possono fare il giusto contrappunto agli Esecutivi, ai Governi, rimettendo al centro il popolo con le sue esigenze e i suoi diritti democratici, fornendo così la risposta atta a risolvere la condizione gravissima della democrazia parlamentare italiana. Perché i partiti li selezionano adeguatamente.

Negli Stati moderni, non ci può essere democrazia vera senza un popolo organizzato in partiti funzionanti sui temi generali di:

  1. progetto complessivo e analitico per il funzionamento dello Stato;
  2. struttura organizzativa in grado di gestire tale progetto correntemente, tramite risorse umane stabilmente dedicate, orientando il lavoro dei parlamentari e degli amministratori pubblici;
  3. selezione delle candidature elettive secondo criteri di competenza, necessaria in tutti gli ordinamenti democratici per garantire il controllo del popolo sulle 10000 amministrazioni dello Stato che gestiscono almeno 10 milioni di sofisticati processi operativi che consumano denaro del popolo e fanno la civiltà del Paese;
  4. raccordo continuativo tra popolo e istituzioni sotto forma di sindacati di aerea di servizio pubblico e materia, dunque non solo dei lavoratori o dei settori economici, ma anche dei consumatori, degli utenti di servizi sociali e sanità, delle provvidenze economiche e di ogni altra relazione tecnico-economica con lo Stato. Senza organismi siffatti, presenti ovunque in Europa e in Occidente, la democrazia italiana sarà sempre solo apparente e lo Stato democratico non potrà avvalersi del suo popolo (e viceversa) nel portare avanti le giuste politiche e strategie interne ed estere.

Non vorrei che, perché ciò avvenisse, dovessimo trovarci a votare partiti, magari europei, dominati da altri popoli… Vero che esistono leggi di proporzionalità demografica, ma ci sono anche altri valori che una buona democrazia deve far valere. Tali meccanismi e valori possono stare, per motivi meccanici di vero e proprio funzionamento della democrazia, soltanto in organizzazioni efficienti ed efficaci nello svolgere il loro ruolo di rappresentanza professionale del popolo: ancora, e non mai abbastanza, vista la condizione agonizzante in cui si trovano qui, queste organizzazioni in tutto il mondo civile sono I PARTITI.

Al di là quindi di consenso e dissenso alla figura di Draghi, occorre effettuare tutte le possibili pressioni per fare sì che la democrazia italiana esca da questo pericoloso tunnel dell’antipartitismo, che ci conduce dritti verso una nuova dittatura. Draghi e Mattarella non sembrano molto interessati ad affrontare questo nodo della conseguente debolezza del Parlamento, la cui persistenza obbliga a procedere con “governi del Presidente”, molto fragili verso le nostre interlocuzioni strategiche e comunitarie, antipatici al popolo e contrari, nel loro perdurare, alla democrazia, in particolare la nostra, di tipo parlamentare.

Sergio Bevilacqua


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