Ricorre il V centenario della fondazione delle Scuole Pie di Carcare, fondate l’anno 1621 e visitate da S. Giuseppe Calasanzio (1557-1648) in persona, salito a Carcare da Savona nella bella giornata del 10 aprile 1623. Le Scuole Pie ed il Collegio di Carcare furono il primo istituto fondato dall’Ordine, dopo quelli di Roma e di alcuni paesi laziali ed ha rappresentato non soltanto per Carcare – allora ignoto paesello della Val Bormida – ma per la Liguria e per il basso Piemonte una incommensurabile fortuna.
di Gian Luigi Bruzzone
Grazie a lui infatti si elevò il livello dell’istruzione e dell’educazione, la promozione umana, la qualità della vita, e, insomma, le comunità ospitanti divennero più civili, se l’espressione calza. Di fronte a certe affermazioni di ieri e di oggi, quanto mai arroganti oltre che ideologiche e non storiche, si rimane perplessi: fino ai decenni del secolo XIX lo stato non s’interessava di fatto all’istruzione, salvi rarissimi casi, molto circostanziati e nella sostanza modesti. Se nel Medio evo operavano le scuole vescovili e le abbazie benedettine, con la Riforma cattolica saranno gli ordini religiosi nati appositamente con questo carisma a sobbarcarsi di codesto servizio a beneficio della comunità.
È un po’ il discorso degli ospedali: essi sono sbocciati dalla carità cristiana, mentre nell’odierna realtà – non di rado – sono divenuti apparati burocratici autoreferenziali.
Le Scuole Pie di Carcare e quelle di Savona, costituite l’anno appresso, nel 1622, riscossero da subito un vero entusiasmo e vocazioni anche nel patriziato, e bene se ne comprendono i molteplici motivi: non soltanto erano di ottimo livello qualitativo, ma l’insegnamento era impartito in lingua nazionale e la scuola era gratuita! Le Scuole Pie, nate in Roma nel 1598, sono le prime scuole popolari gratuite d’Europa!
Di sicuro il benemerito Collegio – così è tutt’ora chiamato – di Carcare meriterebbe una degna ed acconcia presentazione, fucina di docenti ammirabili, di allievi divenuti illustri e segnalatisi nella vita, di pedagogia all’avanguardia – ben prima del metodo adottato da S. Giovanni Bosco – di prestigio per le città e per i paesi ospitanti.
Nell’Ottocento poi, insieme con altri ordini religiosi, i PP. Calasanziani promossero il vero ed autentico risorgimento, non quello ‘contro’, bensì quello ‘per’, non quello seminante odio e divisioni, bensì quello desideroso del bene verace dei popoli. E’ un risorgimento quasi sempre snobbato, poiché contraddice e sbugiarda la solita solfa quarantottarda, a dire il vero ormai irrancidita.
Quale saggio di un discorso meritevole di approfondimento, propongo un contributo sull’inno “Fratelli d’Italia”.
L’ipotesi dell’ipoteca massonica nei confronti dell’unificazione italiana è per solito data per scontata, se non strombazzata1. In realtà il contributo massonico risulterebbe “tardivo e modesto“2 e gonfiato mercé strumentalizzazioni varie, quale quella col Garibaldi3, come del pari la componente liberale, peraltro ovvia.
In questi ultimi tempi tuttavia sono fioriti studi e monografie per una lettura più onesta e chiaroscurale sulla formazione dell’unità italiana4, spesso coraggiosi nell’evidenziare quanto la Chiesa sia stata vessata5 e nell’andare contro corrente. Di fatto o per pigrizia mentale o per malafede ideologica o di altro tipo, buona parte degli accademici snobba ogni studio confutante la versione divulgata6, si rifiutano di discutere, ritengono bestemmia il termine revisionismo7. Mostrano una ben meschina professionalità, ove si rammenti come l’etimologia greca di storia significa investigazione, ricerca.
Purtroppo non solo è taciuto l’apporto dei cattolici al così detto Risorgimento8, ma i credenti stessi “sembrano troppo subalterni, mancando di fierezza culturale”9. Eppure, tacendo l’inoppugnabile constatazione che l’identità nazionale era ben presente nei popoli italiani dei secoli passati10, alcuni studiosi sostengono che esistesse un progetto cattolico, del quale il sommo pontefice era promotore, per realizzare una confederazione italiana. Asserto documentabile ad abundantiam, ma tale progetto “si scontrava con le reali mire del partito risorgimentale di ispirazione liberal-massonico, coniugato con le ambizioni espansionistiche sabaude e fu quindi accantonato almeno dal 1848. Fu Antonio Rosmini che, con lo spessore della sua statura intellettuale, aveva teorizzato un’unione politica dei diversi stati della penisola che avessero mantenuto ciascuno la propria sovranità. Una sorta di unione italiana che potrebbe forse assomigliare alla novecentesca unione europea, almeno come la si è concepita fino agli anni Ottanta e non quindi il super-stato voluto poi dai socialisti dagli eurocrati di Bruxelles“11.
Focalizziamo ora, a mo’ d’esempio, il caso del Canto degli italiani chiamato inno Fratelli d’Italia dall’incipit, particolarmente menzionato in occasione del centocinquantesimo anniversario testè trascorso. Esso divenne inno ufficiale della Repubblica su delibera del consiglio dei ministri nella tornata del 12 ottobre 1946, sia pure in via provvisoria. “Saggia lungimiranza: era l’unica condizione affinché – in virtù dell’inimitabile legame tra pensiero e azione esistente in Italia – potesse durare per sempre”12.
Sebbene la notizia sulla vera paternità dei Fratelli d’Italia sia stata da tempo precisata, anche su periodici a diffusione nazionale13, oltre che locale14, tuttavia continua la fama divulgata che Goffredo Mameli (1827-49) ne sia l’autore, perfino in altisonanti convegni, quale quello celebrato in Genova l’anno 199815 e quello celebrato in Bologna l’anno 200116. E però non dispiacerà un richiamo in proposito, si intende per mero amore della verità e per dare unicuique suum.
Il giovane Mameli allievo delle Scuole Pie di Genova fino all’anno scolastico 1840-41, nel settembre del 1846 era stato inviato al collegio delle Scuole Pie di Carcare, fondate da San Giuseppe Calasanzio in persona nell’anno 1621, fra le più antiche dell’Ordine. A Carcare era stato accompagnato dal padre Raffaele Ameri17, già suo insegnante col quale era rimasto in rapporto18, con lo scopo di fargli cambiare aria, ossia per toglierlo dalla maretta che caratterizzava l’università genovese in quel torno di tempo, agitato se non pericoloso per un giovane entusiasta come Goffredo. Per dirla franca, il ragazzo era stato espulso per un anno dall’ateneo di Genova (facoltà di giurisprudenza) essendosi bisticciato con tanto di busse in un’aula.
A livello esteriore si poteva sottolineare il motivo che nel collegio carcarese aveva studiato Giovanni Battista Mameli, fratello maggiore di Goffredo, e che l’aria della Val Bormida avrebbe rinforzato la salute fisica e psichica. Questo padre Raffaele Ameri – è significativo – trovandosi in Roma quale assistente generale dell’Ordine, impartirà i conforti religiosi a Goffredo moribondo nel luglio 1849.
Era allora docente di retorica nelle Scuole Pie di Carcare padre Atanasio Canata 19(1811-82) il quale al termine di ogni anno scolastico approntava – conforme alla pratica pedagogica del suo Ordine – un’ accademia nella quale facevano mostra di sé gli allievi con l’intervento dei loro parenti e delle autorità20. Un vero avvenimento sociale, tanto più se il collegio si trovava in un borgo un poco defilato come Carcare. Il tema di ogni accademia era sviluppato tramite una prolusione, seguita da versi, cantate, recite varie e da ultimo dalle premiazioni ai discenti migliori nel profitto e nel comportamento: il tutto sotto la regia e la sostanziale paternità (o quanto meno attenta revisione) del docente titolare.
Con frequenza il soggetto era aderente al momento storico, ossia patriottico, scelto dal professore di retorica di conserva coi colleghi scolastici e col superiore della comunità. Religione e patria celebrò l’accademia del 1847; l‘Italia di Dante quella del 1849; le agonie d’Italia quella del 1850.
Né il fatto stupisca: padre Atanasio era ammiratore di Vincenzo Gioberti – del Gioberti alla prima maniera, per dir così – e in sostanza di tendenze cattolico-liberali, come parecchi altri confratelli fra cui il rettore padre Giovanni Battista Garassino21. I suoi allievi lo idolatravano e lo ricordarono per l’intera esistenza. Richiamo l’evocazione per lui espressa da Giuseppe Cesare Abba nel celebre diario della spedizione: “O frate calasanziano maestro mio; cosa fai, in questo momento, nella tua cella, donde, in quello scoppio del ‘48 che noi sentimmo appena da fanciulli, l’anima tua di trovatore si lanciò fuori ebra di patria? E quasi voleva andarsene dalla terra, quel giorno del ‘49 orrendo, quando dalla cattedra dicesti ai tuoi scolari: Fummo vinti a Novara! Ci narravano i più grandi che il padre maestro, dicendo così, era caduto sfinito: e noi mirandolo per i corridoi del collegio, rapido, sempre agitato, fronte alta, capelli bianchi all’aria, e l’occhio in un mondo ch’egli solo vedeva, ci sentivamo mancare le ginocchia e pensavamo a Sodello di cui, leggendoci Dante, ci voleva infondere la gentilezza, la forza e lo sdegno”22.
Nei molti mesi trascorsi nel sereno ambiente di Carcare Goffredo Mameli si trovò bene sia con gli studenti, sia con i docenti, in particolare con padre Canata. Non esageriamo nelle ipotesi se ci figuriamo conversazioni patriottiche e poetiche, compresa la partecipazione di testi del docente al giovane entusiasta. Un’attenta analisi contenutistica dei Fratelli d’Italia ne collocherebbe la composizione al 1846 (anno della permanenza in Val Bormida di Goffredo) per alcune allusioni a fatti accaduti durante l’VIII congresso degli scienziati italiani23, mentre risultano assenti allusioni per avvenimenti pur importanti, ma successivi. E si noti, nell’inno non si menziona né il tricolore, né la dinastia sabauda, né si colgono infiltrazioni ideologiche mazziniane (di fatto l’inno non piaceva all’agitatore genovese) od anticlericali. E la strofa Uniamoci, amiamoci non profuma forse di…oratorio?
Nel settembre 1847 il canto fu presentato da Ulisse Borzino al compositore genovese Michele Novaro in una riunione di patrioti tenuta a Torino nella casa di Lorenzo Valerio con le precise parole: “Questo te lo manda Mameli”, e non “è di Mameli”. Del resto i versi non soltanto risultano sproporzionati per cultura, per una certa quale complessità e per tecnica prosodica ad un diciannovenne Goffredo, per di più ignorantello ed alquanto rozzo, ma differisce nello stile e nei concetti con gli altri scritti conosciuti di lui24, là dove molte sono le analogie con i versi conosciuti del Padre Canata. L’inno fu cantato per la prima volta in Genova il 10 dicembre 1847, nel 101° anniversario dell’insurrezione popolare contro gli austriaci scatenata da Balilla e subito impressa più volte25. Dopo il successo tributato alle strofe e alla musica di questo canto nazionale è comprensibile a livello umano e psicologico che il giovane Goffredo non avesse più il coraggio di dichiarare la vera paternità del testo.
E il Padre Canata? Perché non disse nulla? La risposta ci sembra ovvia: amava come figlio ogni allievo26 e una volta morto in guerra per le ferite infertegli dai suoi commilitoni, come offuscare la fama di un eroe, l’immagine di un patriota? Il padre calasanziano fu signore e religioso, distaccato da tutto, comprese le sue idee ed i suoi scritti. In alcuni versi editi postumi tuttavia sembra alludere proprio a questo furto letterario, là dove recita
A destar quell’alme imbelli
meditò robusto un canto
ma venali menestrelli
si rapìan dell’arpe il vanto:
sulla sorte dei fratelli
non profuse allor che pianto,
e, aspettando, nel suo core
si rinchiuse il pio cantore27.
Oppure nella poesiola burlesca La gazza letterata recita
E scrittore sei tu? Ciò non ti quadra…
Una gazza sei tu, garrula e ladra28.
Non mancano altri pesanti indizi a corroborare quanto andiamo sostenendo e basti segnalare come in ogni studio sul Mameli, in particolare quelli di autori coevi che lo conobbero, fra cui la biografia stesa dallo scrittore garibaldino Anton Giulio Barrili29, si abbia il più rigoroso silenzio sulla permanenza di Goffredo nelle Scuole Pie di Carcare: reticenza talmente ostentata e falsa da far sentire puzza di bruciato30.
Alla spontanea domanda del perché di codesto inganno, la risposta scaturisce semplice come acqua zampillante per ogni storico onesto e verace: il così detto risorgimento deve non poco ai cattolici e ai valorosi maestri delle scuole condotte dagli ordini religiosi (gli unici a promuovere la cultura e la formazione, stante il disinteresse dello stato, cui si aggiunse ed aggiunge sovente l’arroganza). E appunto per questo, il movimento patriottico fu inquinato dai laicisti e la Chiesa perseguitata, per far credere il contrario di quanto era accaduto; che cioè l’indipendenza e l’unificazione italiana si devono per la gran parte ai cattolici. Se sono calpestati i dati di fatto, figuriamoci l’interpretazione sedicente storiografica. Il tempo passa, ma il livore permane.
di Gian Luigi Bruzzone
- La liberazione d’Italia nell’opera della massoneria. Atti del convegno di Torino, 24-25 settembre 1988 a cura di A. A. Mola, Foggia, Bastogi, 1990.
- Cfr. Massimo INTROVIGNE, Risorgimento e massoneria; camicie rosse e grembiulini in “Avvenire”, 29 0ttobre 2010.
- Francesco PAPPALARDO, Il mito di Garibaldi. Una religione per la nuova Italia, Milano, Sugarco, 2010.
- Gigi De FIORE, Controstoria dell’unità d’Italia. Fatti e misfatti del Risorgimento, Milano, Rizzoli, 2008; Pierluigi GUIDUCCI, I giorni della gloria e della sofferenza. Cattolici e risorgimento italiano, Leumann, LDC, 2011.
- Giacomo BIFFI, Risorgimento, stato laico e identità nazionale, Casale Monferrato, Piemme, 1999; Angela PELLICCIARI, Risorgimento da riscrivere: liberali e massoni contro la Chiesa, Milano, Ares, 1998; Eadem, L’altro risorgimento: una guerra di religione dimenticata, Casale Monferrato, Piemme, 2000; Eadem, Risorgimento anticattolico: la persecuzione della Chiesa nelle memorie di Giacomo Margotti, Casale Monferrato, Piemme, 2004…
- Cfr. ex. gr.: Marcello VENEZIANI, La casta degli storici che non insegna nulla in “Il Giornale”, 28 agosto 2010.
- Paolo MARCESINI, Sergio Romano, felice di essere revisionista in “Il secolo XIX”, 11 gennaio 1999.
- Gianni SANTAMARIA, Risorgimento senza cattolici in “Avvenire”, 26 settembre 2002; Francesco TRANIELLO, Religione cattolica e storia nazionale. Dal Risorgimento al secondo dopoguerra, Bologna, il Mulino, 2007; Antonio AIRO’, I cattolici che fecero l’Italia in “Avvenire”, 11 ottobre 2007.
- Così Paolo MIELI, La goccia cinese, Milano, Rizzoli, 2002 e cfr. Roberto BERRETTA, Faziosi d’Italia, unitevi in “Avvenire”, 27 settembre 2002.
- Cfr. ex. gr. : Giacomo BIFFI, L’unità d’Italia, Siena, Cantagalli, 2011.
- Così lo studioso Giuseppe Brienza: Antonio GASPERI, Intervista al giornalista e saggista cattolico Giuseppe di Enzo Brienza in ZENIT.org.,10 giugno 2010. Segnalo dello stesso Brienza anche: La rivoluzione italiana e i moti antireligiosi del 1848 in “Nova historica. Rivista internazionale di storia”, IV, 15, 2005, pp 57-70.
- Quirino PRINCIPE, L’armoniosa alternativa in “Il Sole 24 h”, 25 luglio 1999.
- Cito soltanto gli ultimi: Lorenzo CHIARLONE, E Mameli ‘rubò’ l’inno nazionale a un prete in “Avvenire”, 7 febbraio 2002; Ottavio ROSSANI, Ma che Mameli, Fratelli d’Italia è l’inno di Canata in “Corriere della sera”, 24 dicembre 2002; Aldo A. MOLA, L’inno di Mameli? Non è di Mameli in “Panorama”, 9 marzo 2006; Giorgio DELL’ARTI, L’inno rubato da Mameli in “La Stampa”, 15 gennaio 2011.
- L’indignazione di P. Ferrettino. Mameli: l’inno copiato, ma nessuno lo dice in “Liguria. Val Bormida & dintorni”, gennaio 2002; L. CHIARLONE, L’inno nazionale potrebbe non essere stato scritto da Mameli. Il vero autore fu P. Canata da Lerici? In “Il Mare”, Rapallo, febbraio 2002; E’ certo che Goffredo Mameli è stato nel collegio di Carcare in “Liguria. Val Bormida & dintorni”, marzo 2002; Domingo RODINO, Cairo Montenotte fra cronaca e storia. Fatti e misfatti del xx secolo (con qualche digressione), Rocchetta di Cairo, Grifl, 2002; A. A. MOLA, Fratelli d’Italia o d’Europa? In “La Bisalta”, Cuneo, 24 gennaio 2003. In quest’ultimo scritto, il Mola afferma con coraggiosa franchezza: “Senza il sostegno del clero, la lotta per l’idipendenza e per l’unificazione non sarebbe mai decollata nella sua fase più cruciale. L’Italia, insomma, deve molto più a P. Anatasio Canata e ai suoi confratelli, i PP. Ameri e Garassini, che a giovani generosi ma politicamente inconcludenti”.
- Fratelli d’Italia, Goffredo Mameli e Genova nel 1847, Genova, “Quaderni dell’Istituto mazziniano”, n°8, 1998.
- Con la partecipazione di Roberto Leydi, Ilaria Porciani, Carlo Marinelli etc. Cfr. Jacopo PELLEGRINI, Attenti all’elmo di Scipio in “Avvenire”, 18 maggio 2001.
- Raffaele Ameri (Genova, 1801-65) docente nelle scuole dell’Ordine, trovandosi nella casa generalizia in Roma al tempo della Repubblica romana “Goffredi Mameli ad mortem vulnerati obsidentibus Romam Gallis, jam alumni Genuae P. Raphael, confessionem excepit”: Religiosi scholarum piarum qui provinciae Liguri et Pedemontanae ab anno 1800 ad annum 1850 adscripti fuerunt. Vol. iv, Florentiae, ex off. Calasancriana, 1926, pp. 17-20.
- Dell’andata e del soggiorno in Carcare del Mameli non si può dubitare, documentandolo – fra l’altro – due lettere del P. Ameri al confratello P. Antonio Agostino Muraglia, datate Carcare, 17 settembre e 24 settembre 1846, edite in Vittoriana SARDO DERAPALINO, Un collegio nelle Langhe. Storia delle Scuole Pie di Carcare, Savona, Sabatelli, 1972, pp. 144-148 (con riproduzione fotografica). Non solo, lo attesta una missiva dello stesso Mameli all’amico Avv. Giuseppe Canale, reperita di recente; cfr.: Damiano CASATI, Il collegio di Carcare. Personalità e didattica dell’istruzione scolopica nell’Ottocento, Rocchetta di Cairo, Grifl, 2007, pp. 228-250.
- Atanasio Canata (Lerici, 1811-Carcare, 1867) docente a Chiavari e dal 1840 a Carcare fino alla morte precoce. Pedagogo, insegnante esemplare, autore di tragedie, versi e studi varii, stimato da parecchi dell’età sua. Cfr. Francesco MARSILIO, Orazione funebre del P. A. Canata…celebrata in Carcare…il XXIX maggio MDCCCLXVIII, Savona, Bertolotto, 1868; Luigi LEONCINI, Brevi cenni intorno alla vita e agli scritti del P. A. Canata, Genova, Armanino, 1893; Giovanni Battista GARASSINI, Cenni storici di un amico in “Rassegna nazionale”, 1895; Oreste BARDELLINI, Atanasio Canata, La Spezia, tip. Moderna, 1929 etc. Segnalo la profonda amicizia del Canata con un musicista: G. L. BRUZZONE, Antonio Rebbora (1815-1861) in Musicisti liguri tra Otto e Novecento. Atti del convegno, 18 ottobre 2001, Genova, Accademia Ligure di scienze e lettere, 2002, pp. 106-142.
- Cfr. G. L. BRUZZONE, Un polimetro sull’origine di Venezia di Anton Giulio Barrili in “Atti dell’Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti”, CLI, 1992-93, pp. 411-429; Idem, L’accademia sulle grotte di P. Celestino Massucco tenuta in Savona nel 1822 in “Archivum Scholarum Piarum”, XVII, 1993, pp. 165-200; Idem, Una romanza sulle rovine di Crema composta in un’accademia ligure del 1851 in “Insula Fulcheria”, Crema, XXIII, 1993, pp. 219-233.
- Giovanni Battista Garassini (Taggia, 1815-Carcare, 1894) docente nelle scuole dell’Ordine, provinciale, mente superiore, maestro mai dimenticato dagli allievi. Cfr. L. LEONCINI, Il P. G. B. Garassini provinciale delle Scuole Pie di Liguria in “Rassegna nazionale”, febbraio 1895, pp 588-605.
- G. C. ABBA, Da Quarto al Volturno. Noterelle di uno dei Mille, Bologna, Zanichelli, 1880, p 219. Cfr. anche Idem, Ricordi e meditazioni, Biella, 1911, pp 166-167 (riproduce una rievocazione già apparsa su un periodico nel 1882); Idem, Un collegio nelle Langhe a metà Ottocento in “La Stampa”, 27-28 ottobre 1910.
- Cfr. Diario dell’ottavo congresso degli scienziati italiani convocati in Genova nel settembre MDCCCXLVI, Genova, Ferrando, 1846.
- G. MAMELI, Scritti, Genova, tip. Dagnino, 1850.
- Alessandro BIMA, La prima edizione a stampa dello spartito dell’inno Fratelli d’Italia in “Percorsi. Saggi e rassegne sulle fonti della Biblioteca di storia e cultura del Piemonte”, 2, 2002.
- Testimonia la venerazione del docente per gli allievi il regolamento che si faceva leggere ad ogni lezione: “1. Preparati diligentemente e ordinatamente alla scuola. 2. Presentati con festiva gravità agli allievi. 3. Procura di trovarti in scuola prima di loro. 4. Prega dinanzi ad essi con raccoglimento e devozione. 5. Prendi cura speciale degli ingegni più tardi. 6. Stimola i discepoli allo studio piuttosto con la lode che con le riprensioni. 7. Nelle gravi commozioni d’animo mantieni il silenzio. 8. I giovani chiamandoti Padre, trattali da padre e curali come figli.
- I versi, composti nel 1849, videro la luce postumi per cura del confratello Luigi Leoncini: A. CANATA, Opere. Liriche, Torino, 1889.
- I versi videro la luce postumi per cura del P. Leoncini: A. CANATA, Opere. Poesie bernesche, Torino, 1889.
- A. G. BARRILI, Scritti editi e inediti di Goffredo Mameli ordinati e pubblicati con proemio, note e appendici, Genova, Società ligure di storia patria, 1902. A meglio comprendere il nostro giudizio, si rammenta come il Barrili fosse allievo [cfr. nota 20] ed amico degli Scolopi ed abitasse a pochi passi dal Collegio di Carcare, tanto da salutare i Padri dalla finestra! In altre parole, il silenzio sul soggiorno del Mameli in Carcare è voluto per non ‘sputtanare’ un giovane eroe, peraltro mistificato come anticlericale dai disonesti.
- Sposa la tesi della paternità per l’inno al P. Canata, il noto Prof. Mola: A. A. MOLA, Storia della monarchia in Italia, Milano, Bompiani, 2002, pp 367-369 [riportate in “Ricerche”, Roma, XXII, 74, ottobre-dicembre 2002, pp. 11-16]; Idem, Silvio Pellico, carbonaro, cristiano e profeta della nuova Europa, Milano, Bompiani, 2005.