Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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La mia ‘triste’ generazione 40 anni dopo


Eccoli qui, radunati per una rimpatriata in una pizzeria, i ragazzi della generazione che non voleva più cambiare il mondo, ma sognare che il mondo si consegnasse alle loro esigenze. La generazione di mezzo, quella dei cinquantenni che, mettendoci molto del loro, hanno perduto i diritti faticosamente acquisiti dai padri lasciando ai figli un mondo senza futuro ed ideali. Eccoli qui, riuniti per una serata dove si mescolano delusioni, rassegnazioni, proccupazioni ma ormai nessuna rabbia, perchè aumenterebbe soltanto il disagio profondo dell’anima

Eccoli qui, con le loro storie, le storie di tutta un’altra vita di quella che avevano sognato sui banchi di scuola, metà anni ’70, il terrorismo che occupava le prime pagine dei giornali ma che presto sarebbe stato sostituito dal mortale disimpegno, del quale stiamo pagando ancora le conseguenze.

Eppure quarant’anni fa, anche nella mia classe, qualcuno aveva già intuito tutto, capito dove avrebbe soffiato forte il vento: bastava solo farsi accompagnare da lui in un vortice che, per far strada, avrebbe schiacciato amici, sentimenti, affetti. Eccolo adesso questo mio coetaneo stanco, una buona pensione, ma una vita coniugale in frantumi e la gioia di un nipotino che dice di conoscere <più di suo figlio>, frase che riassume in un secondo un fallimento durato quarant’anni e che si è voluto nascondere, fingere come non ci fosse e che ora viene fuori nel confessionale di una serata nostalgica.

E poi, sperando che il mondo non cambiasse, un’altra mia amica, figlia di una generazione operaia sconfitta, delusa, quasi estinta. “Credo che il mondo abbia avuto un senso fino a quando sono esistiti due blocchi, almeno avevi il tuo pensiero, lottavi magari per qualcosa, magari sbagliato, ma lottavi. Eri comunista o fascista, credente o ateo, ricco o povero. E oggi?”

Già, ora in cosa puoi credere, in una politica che è antagonista alla società, che se ne frega dei tuoi bisogni? E’ un senso di angoscia che ti assale, mentre esci e con la ritrovata truppa cerchi di trovare qualcosa che ti faccia assaporare il gusto di questa vita che passa.

E allora penso, quarant’anni dopo, di avvicinarmi ad una coetanea per la quale uscivo di testa tanto mi piaceva, ma al contrario di oggi ero frenato più che dalla timidezza, dalla paura di un rifiuto. Ora che si ha un’età dove puoi nascondere il pudore confessi quel sentimento e lei, ora sposata con figli, risponde <se me lo avessi detto, ti avrei risposto di si>. Eccola la frase che ti lascia senza respiro, che ti fa precipitare nel vortice di come poteva cambiare, essere diversa la tua vita, e non un cumulo di macerie.

Passa tutto in secondo piano a pensarci, a riflettere, anche una causa di lavoro appare meno importante. Si è fatto tardi, è ora di rientrare con la certezza che si è seminato poco e raccolto nulla, o quasi niente. E guardando lei che si allontana adatti a modo tua una canzone dei tuoi vent’anni consapevole che ad Albenga, come a San Siro, le luci non si accenderanno più.

Guglielmo Olivero

 

 


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