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Firenze e Albenga: derby clericale con divorzio in vista. Belfagor e i vescovi


Sul blog Uomini LIBERI (sic!), di Savona, è apparso un articolo pseudo-anonimo. Per stile e consuetudine pare scritto papale-papale dal dr. Eraldo Ciangherotti, affermato dentista, veterano, non per età, consigliere comunale militante in FI, e, come sussurrano gli angeli, amico di Mons. Antonio Suetta, vescovo di Ventimiglia. Ma attenzione, io sono il diavolo che legge….

di Belfagor

Se l’autore riesce a convivere come cristiano militando in FI partito che di cristiano ha solo il suo contrario in ogni campo della morale cattolica, pace all’anima sua.

L’autore, se non sbaglio bersaglio, pare sia stato informato dallo Spirito Santo che il vescovo di Albenga-Imperia mons. Guglielmo Borghetti, assai stimato, presto potrebbe spiccare il volo per Firenze al posto del card. Giuseppe Betori, come premio per avere riportato in vita la diocesi di Albenga, ‘massacrata’ da mons. Mario Oliveri – nato a Campo Ligure, classe 1944- in 26 anni di tradizionalismo esasperato e spinto fino a scoppiare (dal 1º settembre 2016 vescovo emerito di Albenga-Imperia).

Facciamo gli auguri e figli maschi e femmine a tutti, perché si sa che in conclave chi entra papa esce sempre cardinale con la testa mozzata. Se il papa è contento del vescovo Borghetti perché in otto anni scarsi avrebbe rimesso a posto i cocci della diocesi di Albenga dopo il ‘disastro’ di mons. Oliveri, fatti suoi e lo mandi puri a Firenze o dove vuole. Resta il fatto che il balletto dei vescovi e dei monsignori e pure dei cardinali è un vezzo che sarà duro a morire. Il clericalismo regna sovrano, basta vedere come, ancora nel III° Millennio, vanno vestiti e addobbati, più simili a satrapi persiani del VI sec. a.C. che a «umili servitori nella vigna del Signore», come disse, appena eletto il capo supremo, Benedetto XVI che vestiva scarpette rosse Prada o Tod’s.

Bisogna però che l’anonimo autore, molto conosciuto, militante cristiano e esponente autorevole di FI (ossimoro assoluto), studi meglio il clericalismo ecclesiastico. Il vescovo Guglielmo Borghetti non fu mai «commissario con pieni poteri» per esautorare il titolare mons. Mario Oliveri. Al contrario, egli fu nominato «vescovo coadiutore», come prevede il Diritto Canonico, che stabilisce: «in circostanze particolarmente gravi, anche di carattere personale, al Vescovo diocesano può essere assegnato un Vescovo ausiliare fornito di speciali facoltà» (can. 403, §2) e «La Santa Sede, se ciò le risulta più opportuno, può costituire d’ufficio un Vescovo coadiutore, che pure viene fornito di speciali facoltà; il Vescovo coadiutore ha il diritto di successione» (can 403. §3).

«Le circostanze particolarmente gravi, anche di carattere personale» erano così palesi nella gestione Oliveri, che si parlò inoltre del pericolo «di fallimento della diocesi sia dal punto di vista economico (un buco di oltre 6 milioni di €, oggi ripianato), sia dal punto di vista pastorale, in quanto mons. Oliveri aveva fatto di Albenga e Imperia una diocesi ‘ghetto’ chiusa al rapporto con le altre diocesi liguri”. E, a suo dire, non si occupava dei conti, entrate ed uscite. Mons. Oliveri, che pure fu un canonista apprezzato, uscì fuori di testa (?), ritirò i seminaristi dal seminario regionale, si attestò sulla liturgia preconciliare e mille altre posizioni che ce la mise tutta per farsi sbattere fuori senza nemmeno la consueta felpitudine clericale usa e abusa nel clericalismo nostrano e non solo.

Rileviamo che se dovesse accadere che mons. Borghetti sia promosso a Firenze, gli facciamo gli auguri di prosperità, ma sarà necessariamente il tradimento sostanziale che il trasferimento genera. Quando un vescovo è insediato, la liturgia tutta è centrata sul concetto di nuzialità e il segno primario del rapporto sponsale, tra vescovo e chiesa locale, è la consegna dell’anello, con il quale il vescovo sposa la sua chiesa. Se Borghetti va a Firenze e lascia Albenga-Imperia, compie spiritualmente un divorzio pubblico e diventa ‘bigamo’, perché mentre è viva la sposa Albenga ecc… egli ne sposa pubblicamente un’altra; leva l’anello ingauno e si mette l’anello fiorentino a forma di giglio. Nota a latere: “Come fanno questi episcopi concubini a tuonare contro il divorzio dei poveri cristi che ne hanno motivi a bizzeffe, in nome di una unità «indissolubile» teorica che essi invece stracciano come se niente fosse”?

Invito il dr. Eraldo Ciangherotti, in politica dal 2008, quando mons. Suetta si accomoda sulla poltrona dentaria per aggiustarsi qualche dente, di farglielo presente, magari lui potrebbe riferirlo a Borghetti e questi andare dal papa e dirgli: «Non possumus: nos cum ingauna Ecclesia coniugati fuimus, sumus, erimusque semper». Sono certo che il Papa gli farà un monumento a Firenze al posto del David di Donatello, ma non nudo, pudicamente coprendo le nudità con l’apposita mitria.

Belfagor

 


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