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Lettera 2/ 1944: la sorte dei soldati italiani prigionieri in Germania


Spett. Trucioli.it: Ho apprezzato l’articolo di Luigi Vassallo “Dall’8 settembre 43 alla Costituzione: La Patria  muore o rinasce?”.

Tuttavia egli ha dimenticato che gli IMI (soldati italiani prigionieri in Germania) dal 1° luglio 1944 diventarono liberi lavoratori in Germania con gli stessi diritti e paghe dei cittadini tedeschi simili ai lavoratori andati volontariamente in Germania prima della guerra ed anche durante la guerra. Soltanto una minoranza preferì rimanere IMI tra cui il famoso scrittore Guareschi per mantenere fede al suo giuramento al re. Moltissimi si arruolarono nelle FLAK (forza antiaerea della Luftwaffe). Cordiali saluti, Eugenio Battaglia.

RISPONDE LUIGI VASSALLO –  Dai dati ufficiali, tra cui il rapporto del maggiore Andreatta, costruito con numerose testimonianze firmate, si ricavano i seguenti dati: 810.000 soldati italiani fatti prigionieri dai tedeschi dopo 8 settembre 1943, dei quali 94.000 passano subito col governo fascista di Salò, 103.000 passano successivamente cedendo alle pressioni dei reclutatori fascisti, 615.000 rifiutano di passare coi tedeschi e i fascisti.

Quelli che non cedono ai reclutatori fascisti subiscono un duro trattamento: fame, mancanza di medicine, divieto di assistenza da parte della Croce Rossa Internazionale, lavori forzati.

Dal luglio 1944, a seguito di un incontro tra Hitler e Mussolini, lo stato degli IMI viene mutato in quello di “liberi lavoratori”. Cambia il nome, ma non il trattamento. Come si legge nel rapporto Andreatta, i cosiddetti liberi lavoratori ricevono un nutrimento insufficiente, un vestiario militare senza indumenti invernali, devono scendere nelle più profonde miniere, sono sottoposti a duri turni di lavoro; chi si infortuna o vede alla stanchezza viene violentemente punito.

L’odio verso i militari italiani che hanno rifiutato di passare coi tedeschi e coi fascisti è confermato dalle decine di ufficiali fucilati dai tedeschi perché non considerati prigionieri di guerra, dalle migliaia di soldati bastonati a sangue o fatti morsicare dai cani e ancora dal fatto che quelli che passano coi tedeschi e i fascisti ricevono immediatamente da mangiare sotto gli occhi degli altri che muoiono di fame.

Non escludo che ci furono situazioni o zone particolari in cui alcuni IMI poterono godere di trattamenti umani, quasi da lavoratori non costretti, ma i dati ufficiali confermano, almeno per la maggioranza degli IMI, un’altra storia. Infine, alcuni di quelli che accettarono di passare coi tedeschi e i fascisti, una volta arrivati in Italia, si unirono ai partigiani.

Grazie per l’attenzione, Luigi Vassallo


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