Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Amarcord savonese e i nostri giorni. Per non dimenticare le storie vere


Per vivere il presente non si può dimenticare la storia vera, come giusto equilibrio tra “ amarcord” e realtà dei nostri giorni. Come si è arrivati e perchè alla dissoluzione industriale, dell’agricoltura, dell’artigianato, del turismo di qualità. Quale sarà l’evoluzione? Quali conseguenze ?

di Gian Luigi Taboga

Il territorio savonese , dove gli Appennini incontrano le Alpi Marittime, è  sempre stato un luogo di armonico sviluppo socio/economico  a vantaggio dei residenti e degli ospiti provenienti da altre regioni e Paesi sempre  accolti con degna  ospitalità.

Dopo un proficuo  sviluppo, durato decenni e che sembrava inarrestabile, qualche cosa ha invertito l’assetto generale provocando un progressivo regresso che la recente pandemia  e i venti di guerra  hanno fatto  drammaticamente esplodere.

L’industria siderurgica, meccanica, cantieristica e di alta tecnologia,  hanno subito perdite notevoli e irreparabili a Savona, in Valle Bormida e in molti centri della Riviera. Basta ricordare l’ILVA a Vado Ligure, I cantieri Baglietto di Varazze. Il cantiere di Pietra Ligure e tutti i piccoli cantieri sparsi nei centri rivieraschi, ad Albenga, Ceriale, Loano. La falcidia più ampia e dolorosa in valle Bormida con la Montedison, l’ACNA, la Ferrania ed in parte le vetrerie di Altare. La cartiera di Murialdo. La  Piaggio a Finale Ligure trasferita a Villanova d’Albenga. La fabbrica di armi Jager a Loano. Le fabbriche di laterizi e mattoni di altissimo valore a Loano ed ad Albenga, a Lusignano (Albenga). E l’industria conserviera (Ceriale), quella della lavorazione del pesce. A Ceriale i vagoni di ‘terra rossa’ destinata ai refrattari che raggiungevano ora le fabbriche della Francia del Sud, ma anche il basso Piemonte.

Una risorsa era anche l’industria estrattiva vedi Ghigliazza, i marmi lavorati, la pomice a Loano, l’argilla della piana albenganese, la ghiaia dei torrenti abbandonati per incuria agli eventi atmosferici più catastrofici.

Nel 2000 lo stabilimento grafico di Marco Sabatelli (Savona) aveva dato alle stampa un esemplare volume, edito dall’Unione Industriali della provincia di Savona, sezione imprenditori edili, dal titolo ‘Cento anni di lavoro’. ‘Il ruolo delle imprese edili (all’epoca erano attive 43, ora si contano sul palmo della mano) nella trasformazione del paesaggio urbano del ‘900 savonese’. Vorremmo aggiungere: sviluppo nel bene e nel male. Le conseguenze subite dal territorio e dal tessuto economico sociale.

SECONDE CASE E PALAZZONI IN RIVA AL MARE – E veniamo alle seconde case! Un fenomeno che dagli anni sessanta, per alcuni decenni, ha trasformato e stravolto il nostro territorio con conseguenze irreversibili per l’ambiente, il paesaggio, l’economia e i rapporti sociali. In quei momenti però nessuno o quasi trovava motivi di opposizione ma solo di condivisione ed interesse:

-gli agricoltori avevano colto l’occasione di monetizzare i valori dormienti delle aree agricole con quelli immobiliari di tanti appartamenti;

-gli impresari  avevano  escogitato uno sfruttamento sistematico delle aree acquisite senza contrasti di sorta;

-le agenzie di intermediazione nacquero  come funghi,  prosperando in un mercato immobiliare letteralmente impazzito;

-gli acquirenti acquistavano per investire nel mattone e avere finalmente “ la casa al mare”.

-operai e i  sindacati avevano raggiunto la piena occupazione, con remunerazioni più che soddisfacenti;

– gli amministratori locali, di qualsiasi colore politico, non ostacolavano volutamente  il fenomeno, con la compiacenza dei partiti rimasti assolutamente neutrali. Non c’è  oggi di che  meravigliarsi o scandalizzarsi, allora  tutti erano d’accordo perché  a tutti così conveniva.

Il fenomeno delle seconde  case ha trasformato la “villeggiatura” in turismo di massa, mutando  radicalmente in popolare  una locazione  riservata un tempo ad una clientela elitaria e benestante.

Questo è lo stato delle cose e con questo stato occorre ormai  fare i conti. Per  gestire una situazione così complicata, e ulteriormente peggiorata dopo i drammatici avvenimenti dei giorni nostri, occorrono  persone  eccezionali  che però bisogna trovare in loco. Diamoci da fare onde  trovarle,  senza aspettare che altri vengano  a trarci fuori  dal pasticcio  in cui noi stessi  ci siamo cacciati !

L’AGRICOLTURA E LE PRIMIZIE – Il mondo agricolo, fonte primaria del reddito e dell’alimentazione. Elemento essenziale per la salvaguardia del territorio e delle tradizioni è stato travolto, ci ripetiamo, dall’espansione edilizia che ha sottratto alle coltivazioni terreni fertili e produttivi relegando la produzione ortofrutticola a livelli insoddisfacenti anche per i consumi locali. Siamo diventati importatori. Un tempo la produzione di ortaggi e frutta della nostra Riviera non solo aveva conquistato i mercati del nord Italia ma anche quelli di mezza Europa.

Come non ricordare i vagoni di carciofi e di altre verdure, quelli di pesche e di albicocche che partivano per Milano e per la Germania dagli scali merci di Albenga, Loano, Pietra Ligure, Finale  Ligure. E come non ricordare qualche simbolo come le pesche Michelini di Borghetto Santo Spirito  e le Albicocche “Siccardi” di Valleggia o le arance “Pernanbuco” di Finale. Loano c’è chi la ricorda come un’estensione di agrumi, arance e mandarini. Nell’entroterra ingauno verso la Valle Arroscia la produzione di pesche, albicocche e cachi, era fonte di benessere e lavoro per centinaia di famiglie contadine.

La produzione agricola e di allevamento  erano in grado, assieme a quella della pesca locale, di fornire la materia prima per una straordinaria  industria ed artigianato alimentare. Si pensi alla fabbrica di conserve Pisonis di Loano che dava lavoro a centinaia di persone, l’oleificio Roveraro e la Saleo di Borghetto  Santo Spirito, la conservazione del pesce azzurro pescato nel nostro mare, le carni lavorate nel macello consortile di Loano o dal famoso salumificio Chiesa di Finale Ligure tuttora molto attivo sul mercato artigianale. L’elenco potrebbe allargarsi alla raccolta e alla conservazione delle castagne e dei funghi di Bardineto, Calizzano e di tutta l’alta Valle Bormida,  nonché alla produzione di legname e perfino carbone vegetale di alta qualità.

OSPEDALI  ORA CHIUSI, ORA RIDIMENSIONATI- Una capacità ricettiva straordinaria,  unita alla mitezza del clima, aveva fatto prosperate, dopo gli anni trenta fino agli anni sessanta, il fenomeno delle colonie estive, con un afflusso di migliaia di ragazzi e bambini specialmente dalla Lombardia e dal Piemonte, facendo conoscere e amare  il nostro territorio ai futuri turisti, dando un impulso notevole all’occupazione di personale  e ai  consumi di beni e servizi forniti localmente. Si pensi agli ospedali attivi, per tutti il Marino Piemontese, mentre il Santa Corona era arrivato ad occupare oltre 1400 dipendenti.

Grazie all’iniziativa privata e all’azione importante di promozione e assistenza delle allora “Aziende Autonome di Soggiorno” si verificò un vera e propria esplosione del turismo, sia nazionale che internazionale, con la nascita di strutture di accoglienza adatte per ogni tipo di clientela: dagli hotel di lusso alle più semplici pensioni famigliari, ai campeggi  in riva al mare che in alcune località, fortunatamente e lodevolmente, resistono, restano una potenzialità.

Anche la vita culturale e sportiva  trovava conforto e sostegno da una cospicua disponibilità di sale cinematografiche, teatri, campi e impianti sportivi di ogni tipo. Forse la realtà sportiva è  quella che maggiormente si è riorganizzata, grazie alla esemplare rete del volontariato, alla costruzione di palazzetti dello sport e nuovi impianti. E senza dimenticare l’importanza delle sale da ballo al chiuso e all’aperto, delle discoteche, delle sale cinematografiche al chiuso e all’aperto. Chi non ha più anni verdi ed ha vissuto un’epoca felice, c’è tanta nostalgia nel fare confronti. Nell’apprezzare il presente, ciò che di positivo si è raggiunto. Il confronto, purtroppo, non resta esaltante. E quale sarà il futuro delle generazioni a venire ? Come lo stiamo costruendo o distruggendo ?

UNA PROVINCIA RIMASTA SENZA CARCERE, UNICA IN ITALIA  – Ciò che c’era e non c’è più. Il carcere, Savona unica provincia italiana sprovvista, annunci a non finire sulla scelta del nuovo carcere, promesso e ripromesso. La chiusura del  tribunale di Albenga e dell’ufficio del  giudice di Pace a Finale, la perdita delle due caserme militari di Albenga. Il ridimensionamento delle strutture sanitarie di Albenga e Cairo Montenotte, la chiusura di ospedali periferici a Loano, Alassio e Finale Ligure. Più del 50% dei Comuni senza sportelli bancari, chiusura dei plessi scolastici. Vedi Balestrino, Verzi , Carpe e tanti altri. Chiusura dei seminari di religiosi e religiose a Loano, i Seminari di vescovili di Albenga e Savona senza seminaristi. Parrocchie alle prese per mancanza di parroci. Chiusura ( già avvenuta o prevista ) di  stazioni ferroviarie.

Mancano volontari per le pubbliche assistenze e donatori di sangue. Nessun parlamentare di Savona e provincia per la nuova legislatura. Accorpamento Camera di Commercio di Savona. E come ignorare la scomparsa delle sezioni dei partiti in quasi tutti i comuni con una carenza di partecipazione democratica alla vita politica del Paese. Astensione record alle consultazioni elettorali anche nella nostra provincia. Buon ultimo popolazione in calo, solo in parte suppliscono le nuove cittadinanze di extracomunitari, pensiamo solo al mondo delle badanti, dei cittadini di colore ed asiatici occupati nel settore dell’agricoltura, nella ristorazione, nelle aziende ricettive. Fino al crollo dei matrimoni e  nascite, invecchiamento della popolazione. L’Italia il paese più vecchio d’Europa, secondo al mondo dopo il Giappone. E non facciamo più figli. Ma anche allarmante incremento delle famiglie indigenti. I dati della Caritas sono eloquenti.

Gian Luigi Taboga 


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