Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Privatizzazioni, Cooperative, medici a gettone che non sono viti da assemblare. Carenze di organici. Chi lucra su bisogni fondamentali dei cittadini


La riflessione dell’illustre Collega Chiara Rivetti è condivisibile appieno e dimostra come tutte le progressive rimozioni di vincoli regolamentari dalle attività umane, in ispecie quelle economiche, abbiano portato gravissimi danni, a cominciare da un peggioramento della qualità e da un aumento dei costi, con vantaggi solo per pochi.

di Roberto Borri

Non si deve assolutamente perdere di vista l’aver fatto rientrare anche i servizi pubblici essenziali ad alta rilevanza sociale: a cominciare con la privatizzazione della telefonia, facendo credere alla popolazione che l’azionariato sarebbe stato diffuso tra la medesima, abbagliata, inoltre, dall’illusione che l’apertura di un mercato concorrenziale avrebbe portato vantaggi per l’utente, ormai trasformato in cliente hanno vigliaccamente privatizzato profitti che non ci dovrebbero essere e socializzato perdite.

Si deve osservare che le tariffe elevate, in essere prima della privatizzazione selvaggia, sono state utilizzate quale leva fiscale surrettizia, poiché, come noto, gli Italiani pretenderebbero, con una fiscalità Statunitense, un servizio pubblico Europeo settentrionale.

Non è difficile osservare come, oggigiorno, servizi come telefonia terrestre o cellulare, poste, rete Internet ad alte prestazioni, energia elettrica, trasporto terrestre, ferroviario od aeronautico, siano erogati negli areali in cui questi forniscano una maggior profittabilità, dove esista un fiorente mercato, venendo meno il concetto stesso di servizio pubblico, anzi, siamo costretti a creare mercati da decreti emanati a cura di Enti come la Commissione Europea: cricca di persone ufficialmente nominate da Onorevoli Deputati regolarmente eletti, ma, invero, la cui nomina è pesantemente influenzata dai potentati economici.

L’Italia, per quanto possibile, ha tentato di resistere a quest’insana trasformazione, peraltro mai digerita, poiché, per fortuna, nel nostro bel Paese, esistono ancora persone che hanno ben radicata la mentalità del servizio pubblico, avendo vissuto le nazionalizzazioni od avendo goduto dei vantaggi offerti dai servizi veramente pubblici grazie al loro fare capo alla Pubblica Amministrazione e non già a Consigli d’Amministrazione di Società per Azioni, che hanno per fine la distribuzione di dividendi ai Soci e la, spesso, lauta remunerazione delle persone che ricoprono le cariche sociali, in particolare Presidenti ed Amministratori Delegati.

Privatizzata in maniera subdola ed infame anche la Pubblica Istruzione, non restava da privatizzare che la Sanità: infatti, non sia mai che, in Europa ed, in ispecie, in Italia, sia ammesso un sistema diverso da quello Statunitense, fondato sul profitto e sulla remunerazione di capitali investiti (ivi comprese le spese universitarie dei Medici per diventare tali, tanto da portare i Sanitari ad esigere pagamenti per un consiglio telefonico) e sulle polizze di assicurazione, queste, spesso, emesse da Società proprietarie di cliniche private o convenzionate con le medesime, le quali Società pretendono un premio maggiore qualora si desideri che la polizza copra anche il servizio erogato da altri loro colleghi.

La dr.ssa Chiara Rivetti segretaria regionale Anaao Piemonte

Lugubri termini provenienti dal mondo degli affari, provenienti dal nostro idioma, come l’appellativo azienda riferito ad Unità Sanitarie o ad Ospedali o perfidi albionismi come la parola manager, di evidente infausto significato, sono entrati in un contesto dal quale dovrebbero essere categoricamente esclusi.

Si è instaurato il concetto in base al quale la Pubblica Amministrazione compera (sic!) servizi da erogatori, che possono essere pubblici o privati e poi rivende questi servizi all’utenza, che, a sua volta, paga una tassa inferiore al costo reale, ripianato con una fiscalità generale sempre meno sufficiente, a causa di un’evasione che non siamo capaci di combattere come si dovrebbe.

Ecco allora che i privati ricercano e trovano il loro tornaconto, senza avere alcun ritegno nel fondare Società per Azioni a fine di lucrare sul bisogno fondamentale dei Cittadini, remunerando il capitale investito, come in una qualunque attività d’impresa.

Il dilagante fenomeno delle cooperative o dei Medici a gettone rappresenta l’ultima evoluzione in ordine di tempo di un fenomeno affine a quello sopra descritto, fenomeno che ha interessato dapprima i servizi non prettamente sanitari di supporto a questi ultimi e poi i servizi sanitari propriamente detti, a cominciare dagli infermieri generici, in oggi, operatori socio – sanitari, passando, poi, agli infermieri professionali, per arrivare, ora, ai Medici.

Si deve altresì osservare che, per diventare servi di Esculapio nella forma più completa, occorre frequentare un corso di sei anni, dove i posti sono stati, giustamente, contingentati, affinché ogni allievo abbia la possibilità d’imparare nelle migliori condizioni, ascoltando le lezioni ed eseguendo le attività pratiche senza affollamento, ma il numero è stato programmato troppo basso rispetto alle effettive necessità, senza tenere conto né delle esigenze cliniche, né di una corretta gestione dei Pazienti, senza sovraccaricare chi se ne debba prendere cura, né della gobba pensionistica.

Per fare fronte a queste deficienze d’organico, si ricorre alla subfornitura, come se i Medici fossero viti da assemblare in un sistema meccanico, ma, come, da più parti, osservato, senza il benché minimo controllo sulle effettive capacità del personale e con Società che di cooperativo hanno poco o nulla, assomigliando più ad organizzazioni di caporalato, giacché è fin troppo noto che un Medico possa essere estromesso da una cooperativa quale socio non gradito: un licenziamento senza giusta causa sotto mentite spoglie.

Roberto Borri

 

 

 


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Roberto Borri

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