Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Liguria, ferrovia senza ruolo cardine
tanto per viaggiatori che per le merci
Già nel 1909 un ‘progetto’ da futuro migliore
il pessimo esempio che arriva da Vado Ligure


La questione relativa ad un trasporto sicuro, ecologicamente sostenibile, economico, comodo e veloce da, per ed all’interno di un’area dall’orografia poco amichevole come quella Ligure è quanto mai spinosa. Occorre, innanzi tutto, premettere un inquadramento generale dal punto di vista orografico: la Liguria è una sottile striscia di terra, con esigui spazi pianeggianti, molti dei quali sono già occupati dall’edilizia civile ed industriale, nonché da varie infrastrutture; a Nord, le Alpi e gli Appennini impongono ad un’arrampicata in uscita o ad una discesa vertiginosa in entrata, mentre il fianco settentrionale di queste catene ha pendenze ben più miti.

Ciò posto, la ferrovia dovrebbe rivestire più che mai il ruolo di cardine dei trasporti terrestri, tanto per i viaggiatori, quanto per le merci, poiché, grazie a questa, è possibile effettuare trasporti nelle loro più disparate declinazioni e, per quanto riguarda le merci, è il naturale proseguimento a terra di un viaggio in parte compiuto per mezzo di una nave, vettore ideale per grandi quantità a bassa velocità. A Vado Ligure, sta prendendo forma una nuova banchina, ma, purtroppo, a quanto pare, non si vede nemmeno l’ombra di un binario e le strade non hanno affatto le caratteristiche adeguate per consentire un’affluenza ed una defluenza delle merci. Nondimeno, pur essendo prioritario collegare le nuove banchine con dei binari, si pensa ad un nuovo casello autostradale, con tanto di bretella di collegamento, come se non bastassero gli scarichi degli autocarri che attualmente circolano ad ammorbare l’aria.

Invero, esiste già un fascio di binari, che termina all’altezza del civico 378 della Via Aurelia, prolungabile verso la nuova banchina, ma questo comporterebbe l’inevitabile sacrificio del fronte mare attualmente dedicato alla nautica amatoriale ed alla piccola pesca, che, ovviamente, dovrebbero trovare una nuova adeguata collocazione, il che non sarebbe di difficoltà insormontabile e consentirebbe all’infrastruttura in costruzione di essere utilmente collegata con la rete ferroviaria.

Si deve comunque osservare che questa non deve essere impiegata solamente per trasportare le merci a grande distanza, ma anche su tratte più brevi, ma una politica ben poco lungimirante, messa in atto da persone con molta probabilità asservite al mondo della gomma, ha fatto sì che la rete ferroviaria, resa snella fino all’anoressia, abbia ridotto al lumicino il numero degli scali merci, dei binari di precedenza e di quelli d’incrocio, ingessando la circolazione: così facendo, si è costretti a circolazioni omotachiche o, quanto meno, con poche diverse categorie, dove la minima perturbazione si propaga in cascata ed è pressoché impossibile l’inoltro di merci, se non a treno completo o quasi, essendo stato eliminato il servizio a carro singolo, a collettame ed a piccole partite. Anzi, il cosiddetto corridoio alto quattro metri, sbandierato come svolta ecologica, conviene solamente al mondo dell’autotrasporto e dell’edilizia, poiché si trasportano i semirimorchi anziché le merci, magari all’interno dei classici contenitori a sagoma unificata su di un’infrastruttura di più costosa realizzazione o da adeguare qualora già esistente.

Venendo alla disamina di quanto pubblicato dal quotidiano Il Secolo XIX domenica 5 maggio 2019, iniziamo le nostre considerazioni dalla linea costiera, ormai, in molte tratte, non più tale. Sull’onda di un clima volto all’esaltazione del mezzo stradale ed alla speculazione edilizia, una sessantina d’anni fa è stato posto in essere un vero e proprio programma denigratorio nei confronti della ferrovia, vista come un disturbo da allontanare, anziché un servizio da migliorare, tanto che furono costruiti palazzoni di appartamenti utilizzati per vacanze all’immediato ridosso di quella ferrovia di cui si agognava lo spostamento il più lontano possibile.

Tuttavia, se nel Levante e nella tratta compresa tra Varazze e Finale Ligure Marina, l’operazione di raddoppio e spostamento a monte è stata compiuta con intelligenza, altrettanto non si può dire né per la variante tra San Lorenzo al Mare ed Ospedaletti, entrata in esercizio nel 2001, né per quella compresa tra quest’ultima stazione e quella di Andora, di parimenti bassa levatura, se non peggio, rispetto alla precedente ed entrata in esercizio nel 2016.

Se queste considerazioni sulla nuova linea sono inconfutabili dal punto di vista del traffico viaggiatori, per quanto concerne il traffico merci, si può, con poco o punto errore, affermare che la tratta sembrerebbe ideale proprio per il trasporto merci a lunga distanza, con l’aggravante di non aver mai compiuto lo scalo di Taggia e di non averlo nemmeno previsto in sede progettuale ad Imperia, ed in quest’ottica deve essere letta la proposta di variante tra Andora e Finale Ligure Marina: scarsa utilità per i viaggiatori, specie su brevi distanze, nulla per il cabotaggio delle merci.

Come ho già avuto modo di scrivere in diverse occasioni,  la vecchia linea, una volta realizzato il nuovo tracciato a monte, potrebbe rivestire davvero un nuovo ruolo nel trasporto locale e quale raccoglitrice e distributrice nei confronti della nuova, tenendo conto che, una volta liberata dal servizio, potrebbe essere, con tutta la calma dovuta, raddoppiata in sede, interrandola in corrispondenza del passaggio nei centri abitati, poiché si potrebbe sfruttare il sedime quale breccia di scavo, che andrà, necessariamente, realizzato a margini sottominati per consentire l’allargamento, ma, a prezzo di una difficoltà tecnica ampiamente superabile, si otterrebbe una nuova arteria vitale che, all’occultamento in area urbana, tipico delle metropolitane, aggiunge, al di fuori dell’abitato, l’incomparabile visione di un bel paesaggio, senza l’inconveniente di dover guidare un’autovettura imbottigliata nel traffico, tutti fattori il cui vantaggio è di gran lunga superiore a quello offerto da una pista ciclabile, che si potrebbe, quasi sempre, realizzare.

Circa l’attraversamento della barriera montuosa, riprendendo di quanto sopra osservato, non si debbono adeguare le gallerie tra Savona e Genova, bensì la nostra mentalità: sono le merci ad avere necessità di essere trasportate e non già i loro contenitori, specie se con gravame di tara inutile, dovuto alla massa ed all’ingombro dei semirimorchi, sui quali le merci, eventualmente contenute in casse mobili, possono essere poste una volta giunte alla destinazione ferroviaria per poi essere terminalizzate. Quanto mai apprezzabile aver pensato al completamento del doppio binario tra Savona e San Giuseppe di Cairo, lungo la via di Altare già predisposta allo scopo; va da sé che l’operazione resterebbe la classica Cattedrale nel deserto qualora non si procedesse né al raddoppio in direzione di Ceva oppure al triplicamento con variante a doppio binario passante per Millesimo, ipotesi questa già preconizzata dall’Ing. Domenico Regis in un rapporto presentato il 26 marzo 1900 alla Società degli Architetti e degli Ingegneri di Torino.

Ovviamente, la tratta esistente rivestirebbe un ruolo prettamente locale. Inoltre, il raddoppio della via di Altare consentirebbe di eseguire analoga operazione con tutta calma lungo la via di Ferrania, che presenta, sul versante meridionale, pendenza leggermente inferiore rispetto all’altra: a lavori fatti, si otterrebbe un quanto mai utile quadruplicamento della tratta di valico, considerando il prevedibile aumento del traffico merci a Savona e le auspicabili migliorie sulla linea della Val Bormida di Spigno, linea che conduce ad Acqui Terme ed Alessandria, consentendo di evitare il già trafficato nodo di Genova.

Lo stesso rapporto Regis, trasmesso in allegato e liberamente diffusibile, oltre ad un collegamento tra la sopra citata linea della Val Bormida di Spigno con la Cavallermaggiore – Bra – Castagnole Lanze – Nizza Monferrato – Cantalupo – Alessandria, passante per Cortemilia, offrendo anche alla Val Bormida di Millesimo un collegamento ferroviario, fa menzione ad uno sbocco della ferrovia occidentale del Piemonte anche in direzione di Oneglia, in allora e per altri quattordici anni, Comune autonomo, prima di essere un quartiere del nuovo Comune di Imperia.

Purtroppo, le cose sono andate diversamente: il tronco da Ceva ad Ormea è rimasto monco e, al momento, adoperato solo per servizi turistici, in attesa di una quanto mai necessaria ripresa di quelli ordinari, viaggiatori e merci e la linea del Colle di Tenda, realizzata grazie all’interessamento dell’On. Biancheri, giace in uno stato poco più che vegetativo. Le possibilità di collegamento dell’alta Val Tanaro con la Riviera Ligure sono ben due: una da Garessio ad Albenga, passando per la Val Neva e l’altra da Ormea ad Imperia, passando per la Pieve di Teco.

Le opzioni non sono né antitetiche, né mutuamente esclusive: nel caso in cui prevalga la prima, nulla vieta di prolungare la linea esistente oltre Ormea verso Viozene e Limone Piemonte, operazione d’indubbia valenza turistica oppure verso Nava, Cosio d’Arroscia, Mendatica e Montegrosso Pian Latte, allungando il ramo cieco, ma servendo località poste in zone impervie, specie quando il clima non è proprio clemente. La seconda opzione, invece, pur presentando la necessità di superare il dislivello tra la Val Tanaro e la Valle Arroscia con un percorso elicoidale, finalizzato a contenere le pendenze entro limiti accettabili anche per il traffico merci, consentirebbe di portare il treno in un numero maggiore di località dove non è mai arrivato, specie alla Pieve di Teco: da lì è faccenda più che banale collegare Imperia attraverso Borgomaro, Chiusavecchia e Pontedassio, senza precludere la possibilità di avere una ferrovia anche in Valle Arroscia; visto che non si esita a traforare per creare strade ordinarie, la stessa cosa può essere fatta, più utilmente, a vantaggio delle ferrovie.

Non essendo esperto in materia economica, mi astengo da considerazioni su quanto pubblicato nel successivo giorno di lunedì 6 maggio; mi limito tuttavia ad invitare alla lettura del rapporto Regis e ad osservare con quale lungimiranza professionisti e Pubbliche Autorità pensavano a costruire un futuro migliore per i territori e per le popolazioni che vi abitano, il che è ben diverso dall’attuale andazzo di pensare al vantaggio immediato quanto effimero e limitato a poche persone.

Roberto Borri

ATTI DELLA SOCIETÀ DEGLI INGEGNERI

E DEGLI ARCHITETTI IN TORINO

 

LA FERROVIA OCCIDENTALE DEL PIEMONTE

TORINO – FOSSANO – MONDOVÌ – CEVA – SAVONA – ONEGLIA

Lettura fatta dal Socio Ing. Domenico Regis nell’adunanza del 26 marzo 1909

Coll’ultima legge ferroviaria, 12 luglio 1909, n. 444, Governo e Parlamento convennero che fosse riservata all’avvenire ogni decisione relativa ad una direttissima Torino – Savona; ma, intanto, per migliorare le attuali comunicazioni fra Torino e Savona, vennero deliberate le seguenti nuove costruzioni:

  • Il raccordo a Santo Stefano Belbo fra le linee Bra – Nizza e San Giuseppe – Acqui, per il quale raccordo già si stanziò la somma di 9 milioni;
  • Il raddoppio di binario sulla linea attuale Bra – Ceva, oppure la costruzione della Fossano – Mondovì – Ceva;
  • La costruzione di una seconda linea, di più miti pendenze, fra San Giuseppe e Savona. I fondi necessari per le due ultime costruzioni si sarebbero deliberati colla prima nuova legge di provvista di fondi per gli esercizi al 1911 – 1912.

Fossano – Mondovì – Ceva.

Si deve all’Ing. Montezemolo e ad un Comitato formatosi a Mondovì la pubblicazione di un opuscolo nel quale vennero indicati i difetti principali della linea attuale Bra – Ceva, e venne spiegato come il semplice raddoppio del binario non toglierebbe le forti pendenze né i difetti della linea e, che per migliorare la linea, togliendovi alcuni dei suoi difetti, e collocarvi il doppio binario, sarebbe necessaria una spesa superiore a quella che occorrerebbe per la costruzione della Fossano – Mondovì – Ceva. Nello stesso opuscolo sono inoltre indicate le principali condizioni di una linea studiata dall’ingegnere Montezemolo per tale ferrovia, che sono le seguenti:

Lunghezza della linea Fossano – Mondovì – Ceva km 35.6
Pendenza massima per mille 5
Raggio minimo delle curve metri 1000
Lunghezza complessiva delle gallerie metri 12100
Quota del punto culminante metri 432

L’ing. Fornaseri, capo dell’Ufficio tecnico della provincia di Cuneo, studiò pure, forse contemporaneamente all’Ing. Montezemolo, una linea per questa ferrovia, che ne riuscì poco diversa. Di questa linea ebbi dall’Ingegnere Fornaseri la planimetria ed il profilo, che ho l’onore di presentare alla Società. Col progetto Fornaseri si hanno le seguenti condizioni:

Lunghezza della linea Fossano – Mondovì – Ceva km 38.130
Pendenza massima per mille 6
Lunghezza complessiva delle gallerie metri 7800
Quota del punto culminante metri 424

La costruzione di questa ferrovia non presenta difficoltà, tranne che nella costruzione di tre alti viadotti, difficoltà che, 50 anni fa, era più grave di quel che sia attualmente, grazie al progresso fatto in questi ultimi anni nella costruzione di ponti in cemento armato. L’Ing. Porcheddu, il cui ufficio fu il primo ad aprirsi in Italia per costruzioni in cemento armato, autore di pregevoli lavori che ebbero tutti buon esito, mi ha favoriti due tipi di ponti per i due più alti viadotti, quello cioè sulla Stura e quello sul Pesio, che io sono lieto di presentare alla Società, aggiungendo che il costo di questi viadotti in cemento armato, fatti per doppio binario, potrebbe essere approssimativamente di £ 3000 a metro lineare.

Ceva – San Giuseppe del Cairo.

Il tronco Ceva – San Giuseppe del Cairo è la parte più elevata di tutta la linea, quella che attraversa i più alti monti, dove la ferrovia attuale si eleva a metri 515 sul mare, mentre, nella traversata dell’Appennino, si eleva solamente a metri 359 sul mare. Ora è razionale che, in questo breve tronco, invece di due forti salite e corrispondenti rapide discese, come trovansi nella ferrovia attuale, abbiano a stabilirsi due gallerie basse, come venne già proposto dalla Commissione nominata dal Sindaco di Torino nel 1903 per lo studio delle ferrovie che interessano Torino, essendo relatore l’Ing. Giuseppe Lanino. Ora, da uno studio che ho l’onore di presentare alla Società, queste due gallerie risultano relativamente brevi, facili a costruirsi per modo, che potrebbero essere compiute in tre anni. La linea riuscirebbe sempre di grande potenzialità. La galleria più lunga, cioè la galleria di Montezemolo, avrebbe la lunghezza di 8770 metri e potrebbe attaccarsi da quattro pozzi, tre dei quali avrebbero le profondità di 62, 75 e 95 metri. L’altra sarebbe lunga 4 kilometri, e vi si potrebbe fare un pozzo verso il suo mezzo, profondo metri 45. La galleria di Montezemolo avrebbe solamente la pendenza del 2‰ da ambo le parti, necessaria per lo scolo delle acque, l’altra avrebbe la pendenza del 7.5‰ verso San Giuseppe, dove è necessario scendere. Il terreno, nel quale debbono aprirsi le due gallerie, è un tufo facile a tagliarsi, come scrive nella lettera qui unita il Prof. Sacco (vedi lettera in fine), per cui il lavoro vi potrebbe procedere speditamente; ciò che non sarebbe così facile se si dovessero aprire le gallerie nelle rocce, che formano in generale la catena dell’Appennino, od in alcuni terreni argillosi che trovansi su altra linea pure in progetto per Savona. Le due gallerie sarebbero separate dalla valle della Bormida di Millesimo, ed in questa valle la nuova linea si unirebbe all’attuale dove è la stazione di Cengio e Millesimo, la quale stazione però dovrebbe trasportarsi alquanto più a monte, perché ora è troppo angusta ed incomoda. Questa stazione sarà una stazione di smistamento, di sollievo a quella di Ceva ed a quella di San Giuseppe del Cairo; perché, siccome, da Cengio, fino a Torino, la linea è quasi sempre in discesa ed ha assai miti pendenze, così tutti i carri di carbone o di altre merci diretti a Torino saliranno da Savona in piccoli treni fino a questa stazione, dove si formerà un lungo treno, che una locomotiva potrà trasportare in breve tempo a Torino. A Ceva, ho pensato al trasporto della stazione al Sud dell’abitato, studiando anche se convenisse meglio metterla sulla destra del Tanaro o sulla sinistra, nel sito detto La Torretta, dove io la collocai quando feci lo studio per la ferrovia di Oneglia, nel 1856. Si risparmierebbe la discesa alla stazione attuale, che, nel 1856, non vi era ancora; ma mi sono persuaso che i vantaggi che si avrebbero nel trasportare la stazione di Ceva alla Torretta non giustificherebbero le maggiori spese che si dovrebbero fare ed ho creduto più conveniente di tenere il tracciato Fornaseri, col quale egli intende elevata la stazione attuale di circa 3 metri; ciò che è possibile senza una troppo grande spesa. La spesa per la costruzione del tronco Ceva – San Giuseppe del Cairo non è grande, appunto per la facilità di costruzione delle due gallerie; le quali, fatte a doppio binario, possono valutarsi in ragione di £ 1200 al metro. Osservando poi che i tratti allo scoperto sono brevi ed in parte trovansi sulla linea già esistente, o si appoggiano alle scarpate della linea esistente, e non presentano difficoltà; può ritenersi che per l’intiero tronco basteranno 16 milioni.

Torino – Carignano – Carmagnola.

Nella ferrovia già esistente Torino – Fossano, al tronco Torino – Trofarello – Carmagnola sarebbe bene sostituire un nuovo tronco indipendente Torino – Carignano – Carmagnola, di circa 3 km più breve, che era già nel progetto Peyron per la linea Torino – Savona ed allora non si fece per risparmiare nella spesa; ed io ricordo che l’antica Società dell’Alta Italia voleva costruirlo per rendere la linea di Genova indipendente e potervi migliorare il servizio dei treni diretti. Ora, un Comitato promotore fece conoscere che colla costruzione di questo nuovo tronco, invece del raddoppio di binario sulla Trofarello – Carmagnola, le due linee di Alessandria e di Fossano partirebbero da Torino indipendenti; e, di più, le due linee avrebbero ambedue un ponte sul Po, mentre, ora, per tutte le ferrovie del Piemonte, da Casale fin presso Saluzzo, vi è un solo ponte sul Po, e, qualora questo venisse a guastarsi, nascerebbe grave disturbo in tutto il servizio ferroviario del Piemonte.

L’intiera linea.

Pertanto dalla riunione dei varii tronchi citati nasce una ferrovia nel Piemonte occidentale, che partendo da Torino si eleva leggermente fino oltre Mondovì, cioè per circa 80 km, camminando sempre in piano ed allo scoperto, e conservando sempre miti pendenze, cioè non superiori al 6‰ fino a Ceva, e non superiori al 7.5‰ fino alla stazione di Cengio e Millesimo; dalla quale stazione poi scenderebbe prima a San Giuseppe e poi a Savona con pendenza non superiore al 16‰; misurando da Torino a San Giuseppe km 120 circa, mentre l’attuale linea ne ha 125. Dalla stazione di San Giuseppe, la ferrovia attuale si eleva ancora fino a Ferrania, da dove scende a Savona con forti pendenze; ora, colla legge sopracitata venne stabilito di fare una nuova linea con più miti pendenze; e questa potrebbe entrare in galleria subito dopo la stazione di San Giuseppe, dopo la quale toccherebbe ancora la linea attuale nella valle del Letimbro, dove potrebbe avere ancora una fermata comune; e poi, passando nella valle del Quazzola, scenderebbe a Savona colla pendenza del 16 per mille. L’intiera linea Torino – Mondovì – Savona avrebbe la lunghezza compresa fra 143 e 144 kilometri; sarebbe lunga poco meno che l’attuale ferrovia, più lunga che la direttissima per Cartosio, che si fece studiare a Torino; ma potrebbe percorrersi più celermente e ne costerebbe meno l’esercizio. Principalmente, questa linea è necessaria per la città di Mondovì, Cuneo, Fossano, Savigliano, Racconigi, Saluzzo ed altre del Piemonte occidentale, che avrebbero in essa una buona ferrovia per giungere al mare, che ora non hanno, e non potrebbero averla dalla direttissima per Cartosio, che si vorrebbe a Torino.

La Torino – Alba – Savona.

Per sfollare il porto di Savona dei carboni che in più gran parte sono diretti a Torino, si pensò di costruire il raccordo già citato, fra le due linee San Giuseppe – Acqui e Nizza – Bra. Ora, tale raccordo si vorrebbe da molti formato dal tronco Ponti – Santo Stefano Belbo; ma le due linee Nizza – Alba e Castagnole – Asti, che dovrebbero servire a tale trasporto, ora non sono atte a tale servizio e diverrebbero necessarie molte spese per metterle in grado di sostenere un servizio intenso di merci. D’altra parte, queste linee non hanno miti pendenze ed hanno molte contropendenze: lo stesso tronco Ponti – Santo Stefano Belbo, che si dice in piano, oltrepassata la Bormida, sale a Monastero ed a Bubbio con pendenza che nel progetto Fenolio è dell’11.5 per mille, poi scende nella valle del Belbo con pendenza che, nella lunga galleria, è del 9 per mille ed allo scoperto è dell’1.5 per mille; e queste non sono miti pendenze. Per fortuna, la legge non fissa la stazione di partenza sulla linea San Giuseppe – Acqui, per cui il tronco di raccordo potrebbe partire dalla stazione di Merana; nel qual caso passerebbe a Cortemilia, e sarebbe di gran bene nella valle del Belbo, ubertosa valle che non ha ferrovie.

La città di Alba e con lei tutta la vasta zona agricola che ad essa fa capo, solcata dalle valli del Belbo, dell’Uzzone e della Bormida, dove le industrie non possono fiorire come nel vicino circondario di Acqui, appunto perché non vi sono ferrovie, giustamente desidera una migliore comunicazione con Torino ed al mare; e per Alba sarebbe necessario e giusto che si addivenisse alla costruzione della linea con tanto senno e patriottismo studiata dall’Ing. Molineris, la quale segna il più breve cammino fra Torino e Savona.

La ferrovia occidentale del Piemonte deve avere i due sbocchi a Savona e ad Oneglia.

La nuova ferrovia, di grande potenzialità, Torino – Fossano – Ceva, che risulterebbe nel Piemonte Occidentale, rimetterebbe la secolare via di traffico, che fu sempre frequentatissima prima della costruzione della ferrovia Bra – Ceva, ed è ancora attualmente molto frequentata da carri per trasporti di merci di scambio fra l’alto Piemonte e la Liguria occidentale. La quale via di traffico ha sempre avuto due sbocchi al mare, uno cioè a Savona e l’altro ad Oneglia. Ora, fatta la linea Fossano – Ceva, vi è da sperare che gli stessi sbocchi si rimetteranno in ferrovia, uno cioè colla Ceva – San Giuseppe – Savona e l’altro colla linea Ceva – Garessio – Oneglia; linea che da 50 anni si desidera, e chi ha l’onore di parlarVi studiava già negli anni 1856 e 1857, e potrebbe presentarvi i disegni. Nell’ultima legge ferroviaria, si tenne anche conto delle necessità strategiche, perciò mi pare bene qui di citare due scritti di persone competenti relativi all’importanza di questa ferrovia per la difesa dello Stato alla frontiera Sud – Ovest: nel n. 32 (18 aprile 1908) della Gazzetta di Mondovì leggesi un importante articolo su tale oggetto del Commendatore Antonio Botto, Generale nella riserva, nel quale il distinto Generale ricorda innanzi tutto come su queste Alpi nostre si arrestavano per ben quattro anni, dal 1792 al 1796, le truppe della prima Repubblica Francese, lottando infruttuosamente contro la eroica difesa del piccolo Piemonte, finché il giovine Bonaparte le guidò alle vittorie di Montenotte, Dego, Millesimo, Ceva e Mondovì, preludendo così alla sconfitta che egli doveva infliggere, quattro anni dopo, all’Austria sui campi di Marengo. Passa, quindi, colla sua ben nota ed apprezzata competenza ad esaminare le poche opere di difesa delle nostre Alpi, debolmente fra loro collegate; osserva come, malamente, si potrebbe provvedere allo spostamento di un buon nerbo di truppe con le attuali linee ferroviarie, e dimostra la convenienza della Torino – Fossano – Mondovì – Ceva col prolungamento su Oneglia. Nel n. 21 (22 settembre 1908) della Rassegna dei lavori pubblici e delle strade ferrate, leggesi un articolo intitolato: Le ferrovie del Piemonte e le grandi manovre, nel quale l’egregio Autore, dopo di aver discorso lungamente sulle recenti ultime grandi manovre, dice che, dai più competenti, è stato giudicato che, perduto il possesso del mare, uno sbarco del nemico nella Liguria occidentale non sarebbe stato evitato; e giunge infine alle seguenti conclusioni sulle ferrovie: L’assoluta insufficienza della linea Savona – San Giuseppe, non ostanti le sue difficili condizioni di esercizio, non hanno bisogno di ulteriore dimostrazione; ed al doppio binario su questa ultima non potrà utilmente supplire il nuovo congiungimento dell’Acqui – San Giuseppe con la Nizza – Bra, anche se fatto passare, come si è accennato, per Cortemilia.  Né ciò può bastare, se si intende provvedere anche all’avvenire. Si tratta, certo, di provvedimenti meno urgenti; ma essere meno urgenti non significa che debbono essere trascurati. Nell’interesse della difesa militare le comunicazioni attraverso l’Appennino Ligure, nella lunga distesa che corre fra Genova e Ventimiglia, non possono essere effettuate per mezzo di una sola linea od anche di due, ma con un solo obbiettivo come Savona. E si consideri anche che, sulla ferrovia Cuneo – Ventimiglia, non si può fare assegnamento, poiché attraversa, per un breve tratto, il territorio Francese. Adunque, anche nell’interesse della difesa militare, su quel lato così vulnerabile e debolmente difeso, occorre una seconda linea con sbocco ad Oneglia, che quelle popolazioni, per il loro commercio, da tanti anni aspettano.

Colla legge già citata 12 luglio 1908, venne autorizzata la spesa di 551 milioni per costruzioni ferroviarie nelle varie parti d’Italia, ma quasi nulla nel Piemonte. Si potrebbe protestare per l’ingiustizia; ma ora conviene fare tutto il possibile per ottenere la costruzione di quel poco che ci venne concesso. Colla stessa legge venne pure stabilito che: Con la prima legge di provvista dei fondi per gli esercizi successivi al 1911 – 1912 sarà provveduto per il raddoppio di binari da Bra a Ceva, ovvero per la costruzione della Fossano – Mondovì – Ceva, e per la costruzione di una seconda linea Savona – San Giuseppe. Come ho spiegato, al raddoppio di binario sulla linea attuale è da preferirsi la costruzione della ferrovia Fossano – Mondovì – Ceva, la quale sarebbe utile non solamente a Torino, ma a tutte le città del Piemonte occidentale. E questa ferrovia, colla seconda linea Savona – S. Giuseppe, prevista nella legge, dovrebbe presto costruirsi. Si penserà, poi, al tronco Ceva – San Giuseppe, che le congiunge. Ma se si starà aspettando che ciò venga dal Governo, vi è da temere che si debba aspettare per molto tempo, anche per le opposizioni che potrebbero sorgere. Egli è necessario che persone autorevoli, riunite in Comitato, se ne interessino seriamente; e, veduta la lentezza colla quale procedono in Piemonte le costruzioni ferroviarie, della quale lentezza si ha una prova nel raddoppio di binario sulla Torino – Bussoleno, il Comitato studi se non sarebbe possibile ottenere tali costruzioni da una Società privata, come già si fece per la Torino – Savigliano; ben inteso che ora ciò dovrebbe farsi secondo le prescrizioni della nuova legge. Io vorrei che queste mie parole fossero sentite dalle Autorità amministrative e politiche della città del Piemonte occidentale, alle quali Autorità spetta la responsabilità dell’ordinamento ferroviario della nostra Regione.

Lettera del Dottor Federico Sacco, Professore di Geologia nel Regio Politecnico di Torino, All’ing. Domenico Regis

Castello del Valentino, 21 novembre 1908.

Gentile Collega, ho dato un’occhiata al tracciato comunicatomi del progettato tronco Ceva – San Giuseppe e sono lieto riferirLe che, salvo le osservazioni di dettaglio per le quali occorrerebbe almeno una speciale visita di sopraluogo, nel complesso, la linea si presenta in ottime condizioni quanto alla roccia da attraversarsi e ciò sia all’alto dello scasso, sia per susseguente sostegno della galleria. Si tratta, infatti, di terreni oligocenici e miocenici costituiti essenzialmente di marne (volgarmente, tufo) grigie con interstraterelli arenacei, soggiacenti ad una formazione arenacea, che non verrà neppur toccata dalla galleria e sovrastanti ad una zona conglomeratica che verrà toccata per poco verso San Giuseppe. Il tutto con dolce inclinazione verso il Nord all’incirca. Difficilmente, si giungerà a toccare qualche spuntone roccioso, che affiora poco a Sud. Le ottime qualità di terreno, senza sorpresa di difficili veli acquei, fanno prevedere un lavoro facile di scasso e di rivestimento e quindi una spesa corrispondentemente assai limitata. Augurando quindi l’effettuazione della progettata linea, colgo l’occasione di segnarmi.

Della S. V. Devot. Dott. FEDERICO SACCO.

 

 

 

 


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Roberto Borri

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