Nelle vicinanze della piccola frazione Resi, di Bormida, nell’entroterra savonese, si trova un ippocastano monumentale ( nome scientifico Aesculus hippocastanum). L’albero ha una maestosa chioma, alto 20 metri e con un diametro del fusto di 350 centimetri. Poi un glicine che si trova a Bordighera, sul porticato esterno dell’edificio che ospita l’Istituto Internazionale di Studi Liguri, C. Bicknell, che lo stesso studioso costruì nel 1888. L’album ligure comprende 104 esemplari distribuiti su tutto il territorio. In boschi, parchi urbani, giardini storici e ville, e sono così suddivisi: 22 nella provincia di Genova, 38 in quella di Savona, 24 in quella di Imperia, e 20 in quella di La Spezia. I comuni coinvolti da questi alberi sono 54, 96 le piante singole, 8 i gruppi di alberi, 50 le specie di cui 19 esotiche. Altra bella notizia. I muretti a secco della Liguria sono stati dichiarati patrimonio immateriale dell’umanità Unesco. Ci sono 42mila ettari di terrazzamenti. Una vera e propria arte che permette di rendere coltivabili i territori e regala a liguri e turisti paesaggi unici.
ENTROTERRA: 4 ALBERI MONUMENTALI LIGURI NEL VOLUME NAZIONALE DEL MINISTERO
ASSESSORE MAI: “IMPORTANTE RICONOSCIMENTO DELLA BIODIVERSITÀ DELLA NOSTRA REGIONE”
COMUNICATO STAMPA – Sono 4 gli Alberi Monumentali della Liguria che, su proposta dell’assessore regionale all’Agricoltura e allo Sviluppo dell’entroterra Stefano Mai, sono stati inseriti nel volume pubblicato dal Ministero politiche agricole forestali e del turismo sugli Alberi Monumentali presenti in Italia. “Sono soddisfatto – ha dichiarato l’assessore Stefano Mai – che il Ministero abbia accolto la mia proposta di inserire nel volume nazionale degli Alberi Monumentali, 4 alberi liguri, uno per ogni provincia, a dimostrazione della ricchissima biodiversità del nostro territorio. Un Pino del Queensland per la provincia di Genova, un Ippocastano per quella di Savona, un Leccio per quella di La Spezia, e un Glicine per quella di Imperia”.
Il Pino del Queensland, nome scientifico Araucaria Bidwilli Hook, con i suoi 75 anni, 28 metri di altezza e diametro del fusto di 608 centimetri, svetta all’interno dei Parchi di Nervi, nei pressi della Villa Groppallo, un importante complesso storico – naturalistico formato dall’insieme di più giardini, appartenuti in passato a ville private, oggi di proprietà del Comune di Genova e trasformate in museo, che ha ospitato proprio quest’anno l’edizione di Euroflora. Le foglie sono verde lucente, ovato-lanceolate, acuminate e fortemente pungenti. Una sua particolarità è rappresentata dalle pigne, globose, che raggiungono 25-30 centimetri di diametro e alcuni chilogrammi di peso. Questa specie è nativa delle foreste subtropicali montane del Queensland australiano, dove viene chiamata bunya-bunya, presente da 800 a 1100 metri di quota, dove produce grossi semi eduli che sono stati un’importante fonte di nutrimento per gli aborigeni. Il nome scientifico (Araucaria Bidwilli Hook.) ricorda il naturalista inglese John C. Bidwill (1815-1853).
Il Glicine, nome scientifico Wisteria Sinensis (Sims) Sweet, si trova a Bordighera, sul porticato esterno dell’edificio che ospita l’Istituto Internazionale di Studi Liguri, C. Bicknell, che lo stesso studioso costruì nel 1888, e che raccoglie preziosi reperti archeologici, oltre a ricche collezioni naturalistiche. Clarence Bicknell fu, dapprima, pastore protestante di Bordighera, poi, mecenate e studioso sensibile ed attento, fine acquerellista, promotore della lingua esperanto, apprezzato botanico, ma soprattutto infaticabile esploratore, nonché scopritore delle incisioni rupestri preistoriche di Monte Bego, nelle vicine Alpi Marittime. Pubblicò diversi contributi sulle incisioni rupestri del Bego, nonché due importanti volumi sulla flora locale tra cui l’opera “Flowering plants and ferns of the Riviera”, 1880-1916, oggi conservata presso l’Università di Genova, che comprende una collezione di preziosi acquerelli illustrativi della flora ligure. Questo rampicante di oltre 100 anni di età, alto 7,5 metri e con un diametro del fusto di 160 centimetri, con la sua fioritura spettacolare ricopre di colore tutta la facciata del museo. Si tratta di una specie ornamentale, originaria della Cina e introdotta in Europa nel 1816, ampiamente impiegata nei giardini. Il nome scientifico venne dato in onore di Caspar Wistar (1761-1818) professore di anatomia all’Università di Pennsylvania.
Il Leccio, nome scientifico Quercus ilex L., si trova in località La Gira, nel punto centrale di un tornante della statale Aurelia e caratterizza il paesaggio della collina panoramica che sovrasta il bellissimo golfo di La Spezia. Ha circa 300 anni, alto 16 metri e con un diametro del fusto di 400 centimetri e la sua ampia e maestosa chioma si estende per circa 25 metri con le sue fronde largamente espanse. Questa tipologia di albero si stima che possa raggiungere anche i 1000 anni di età. Oggi appare isolata, ed è testimone dei boschi che in passato improntavano la fisionomia del paesaggio vegetale delle regioni mediterranee. In Liguria le leccete occupano oggi poco meno di 12.000 ettari, circa il 3% della superficie forestale regionale. I boschi di leccio, un tempo diffusissimi su tutte le colline immediatamente a ridosso del mare, sono stati oggetto, nel passato, di intensa utilizzazione, sia per fornire legname ai cantieri navali della zona, sia durante le guerre. La lecceta è stata anche in parte sostituita da coltivi, da pinete e in molti casi da insediamenti antropici. La distribuzione attuale è quindi molto frammentaria, ma prevalentemente localizzata lungo la linea costiera, in particolare nella riviera di levante, tra Chiavari e le Cinque Terre, e in quella di ponente nell’Imperiese, dove la lecceta può risalire anche nell’entroterra, fin verso i 1000 metri, nelle aree aventi esposizione soleggiata. Il leccio, consacrato a Pan, la divinità pastorale greca della regione dell’Arcadia, era sacro anche per gli etruschi che lo consideravano albero divinatorio, con i suoi rami agitati verso l’alto che chiamavano la pioggia a fare germogliare le sementi.
L’ippocastano, nome scientifico Aesculus hippocastanum L., si trova lungo la strada nei pressi della piccola frazione Resi, di Bormida, nell’entroterra savonese. L’albero ha una maestosa chioma, alto 20 metri e con un diametro del fusto di 350 centimetri. Si tratta di una specie originaria dell’Europa sud-orientale, coltivato ora come pianta ornamentale dall’Europa centrale all’Asia occidentale. Il castagno d’India fu già introdotto in Italia dai romani e successivamente reintrodotto a Vienna nel XVI secolo. Aesculus è il nome latino che fu applicato da Linneo, medico, botanico e naturalista svedese, a questo genere; Hippocastanus era invece il nome latino di questa specie, o in riferimento alle cicatrici a forma di ferro di cavallo che le foglie lasciano sul fusto dopo la caduta, o allusivo all’uso di somministrare il frutto ai cavalli bolsi.
“Attualmente l’elenco regionale – continua l’assessore Stefano Mai – comprende 104 esemplari, che sono distribuiti su tutto il territorio ligure, in boschi, parchi urbani, giardini storici e ville, e sono così suddivisi: 22 nella provincia di Genova, 38 in quella di Savona, 24 in quella di Imperia, e 20 in quella di La Spezia. I comuni coinvolti da questi alberi sono 54, 96 le piante singole, 8 i gruppi di alberi, 50 le specie di cui 19 esotiche”.