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Liguria e Basso Piemonte

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Savona i professori di Renzi. Sono 30, ci sono anche avvocati, alcuni mai entrati in classe


Eccoli, i nuovi professori. Quelli “di fascia C”, gli ultimi assunti con la riforma Renzi. Gli insegnanti abilitati, in un modo o nell’altro, all’insegnamento che non hanno trovato posto tra gli eletti della “fascia A” e neppure nel purgatorio della “fascia B”. A Savona ne sono arrivati 30, sulla base di un algoritmo piuttosto misterioso ma che si basa, in sostanza, sul numero degli studenti e delle classi.

Molti sono avvocati o professionisti di vario genere. In genere vengono dalla Calabria e dalle altre regioni del Sud: più d’uno ha lasciato coniuge e figli al paese natio e adesso cerca affannosamente casa a Savona. Parecchi non sono mai entrati in una classe in vita loro. Cominciano ora: si siedono accanto al professore “ufficiale”, stanno a sentire educatamente le parole – più o meno urlate – del docente alla classe, parlano solo quando sono interrogati, salutano educatamente all’ingresso e all’uscita. Sarebbero degli splendidi studenti. Ma sono professori.

Di cosa, in realtà, non si sa. Sono tutti a disposizione del preside, pardon: Dirigente Scolastico, nella nuova versione musolare e semionnipotente delineata dalla legge 107. Ufficialmente si devono occupare del “potenziamento”, una delle tante parole mitiche della scuola (nella riforma voluta da Renzi il termine compare 30 volte), di cui nessuno conosce bene il significato. Declinato dal politichese, suona più o meno così: gli ultimi assunti saranno impegnati in “iniziative di potenziamento dell’offerta formativa e delle attività progettuali, per il raggiungimento degli obiettivi formativi individuati come prioritari” ossia in progetti che avrebbero dovuti essere predisposti dal P.T.O.F. (un orribile acronimo che sta per Piano Triennale dell’Offerta Formativa) che a sua volta sarebbe dovuto essere pronto entro il 30 novembre. Del P.T.O.F per ora non c’è neanche l’ombra, ma comunque ” il dirigente scolastico può effettuare le sostituzioni dei docenti assenti per la copertura di supplenze temporanee fino a dieci giorni con personale dell’organico dell’autonomia”, cioè con questi ultimi arrivati. Tradotto in termini più semplici: l’avvocato sarà mandato a sostituire l’insegnante di biologia che si prende un raffreddore, la nuova arrivata specializzata in lettere antiche dovrà spiegare le equazioni al posto della collega di matematica a letto, e così via. Poi, se resterà tempo, faranno qualcos’altro.

Sembra una barzelletta, ma purtroppo non c’è niente da ridere. Il destino dei nuovi arrivati, in fondo, non è troppo dissimile da quello degli altri neoassunti: la cd. “Buona Scuola”, dopo l’uragano della sentenza della Corte di Giustizia Europea che ha bollato come scandaloso il precariato sine die dei docenti italiani, ha dovuto in fretta e furia immettere in ruolo poco meno di centomila persone ma li ha legati mani e piedi al volere dei dirigenti scolastici, che d’ora in avanti potranno decidere chi assumere “in coerenza con il piano triennale dell’offerta formativa” (chi sa cosa vorrà mai dire) e, da subito, decidere quanto pagare (il famoso “bonus” a totale disposizione del preside) e chi confermare ogni tre anni (con tanti saluti alla continuità didattica). Degli “ambiti territoriali” (altro elegante brocardo per indicare l’albo professionale dei docenti, forse provinciale, forse regionale, forse chissà) non c’è ancora traccia, e nessuno sa bene che fine faranno coloro che non saranno confermati in ruolo.

Quello dei fantomatici “ambiti territoriali” è una delle tante incognite legate ai futuri decreti attuativi, ossia a quegli atti che il governo potrà emanare senza più chiedere niente a nessuno. Ce ne sono una marea, e vi si può trovare di tutto: dalla redazione di un nuovo Testo Unico sulla Scuola (ma i princìpi e i criteri direttivi non dovevano essere stabiliti dal Parlamento?) alla ridefinizione del ruolo dell’insegnante di sostegno, dalla revisione dei percorsi dell’istruzione professionale, graziosamente scippata alle Regioni, alla rivisitazione delle scuole italiane all’estero. Sono tutti ancora ancora di là da venire ma una cosa è chiara: se vorrà, il governo potrà rovesciare definitivamente la scuola da capo a piedi senza nessun controllo parlamentare.


 

 

 



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