E’ iniziato dopo qualche decennio dalla morte di suor Maria Giuseppina di Gesù (nata Luisa Cepollini d’Alto e Caprauna) il processo di beatificazione. Gli scritti sono stati approvati dalla Congregazione delle Cause dei Santi nel 1966. Sarà la prima beata di Albenga verso la gloria degli altari ? Il terzo, quarto ‘santo’ ingauno dopo San Vittore, San Calogero e San Benedetto (pare originario di Taggia), diventato vescovo di Albenga. Per Maria Giuseppina un nome altisonante, famiglia nobile, legame a Lusignano e Alto. E’ nata il 12 febbraio 1880, battezzata la domenica seguente, giorno di festa di San Benedetto. E’ morta a 37 anni, nel 1917. Il papà Accellino era figlio del conte Giacomo Cepollina. Consacrata alla Madonna molti mesi prima della nascita da una prozia che viveva dalle clarisse di Alassio. La nuora era Carolina Corsi, primogenita del marchese di Savona, dove Luisa fu spesso ospite.
A sei anni, Luisa comincia a frequentare la scuola di Albenga delle Figlie di San Vincenzo. Abitava a Lusignano dove il conte Cepollini (vedi articolo precedente…. dichiarazione avv. Cosimo Costa) aveva ereditato una grande tenuta con casa di campagna che fece restaurare e costruì una strada carrozzabile di accesso. Nelle sue memorie- diario la ‘serva di Dio’ suor Giuseppina ha scritto che una sera “un nemico politico del conte Cepollini lanciò una grossa fascina attraverso la strada, mentre viaggiavano in carrozza con la sorella Teresa, recitavano le litanie della Madonna ed il De Profundis. I cavalli si impennarono, la carrozza si capovolse e si sfasciò e i viaggiatori caddero alla rinfusa nel letto di un torrente prosciugato, rimanendo illesi”.
Un altro ricordo della futura ‘beata’. Il mercoledì delle Ceneri del 1887, verso le sei del mattino, tutta la città di Albenga subì una scossa violenta accompagnata da un boato confuso, spaventoso. Era il grande terremoto che sconvolse la Costa Mediterranea, da Marsiglia a Livorno. Il palazzo Cepollini crollò appena i padroni e i servitori si furono messi al sicuro; poche furono le cose che salvarono, fra queste una statua della Madonna…poi religiosamente conservata…La casa di Lusignano era rimasta in piedi, quasi intatta e la famiglia Cepollini vi si recò insieme a molte persone rimaste senza casa.
IL CAPPELLANO DI CAPRAUNA
Nel libro “Adoratrice e apostola” – edito a Pinerolo nel 1953 dalla tipografia G. Alzani, in via Carlo Alberto, 10 – si racconta che un giorno “Luisa ebbe modo di incontrare un santo sacerdote, don Ferraro, cappellano di Caprauna andato a far visita al conte Cepollini. Appena vide la futura Serva di Dio, senza dire una parola, s’accorso di trovarsi in presenza di un’anima eccezionale e qualche giorno dopo scrisse al padre per indurlo a dare a Dio quella figliola che non era fatta per il mondo….Prima di entrare in convento, Luisa fece i suoi saluti ad Alto. Lusignano, ai suoi romitaggi di bimba, al mare di Albenga. La notte prima della partenza il padre andò a supplicarla di non partire, non imporgli una privazione che l’avrebbe condotta alla tomba dal dispiacere”.
A 10 anni, mandata a studiare a Torino dalle suore dell’Adorazione Perpetua del Sacro Cuore, congregazione fondata a Lione nel 1820 da Carolina Boudet Choussy de Grandpré e dal missionario padre Leonardo Furnion. Il 12 luglio del 1900, Luisa lasciava l’Italia per Lione dove entrava nella ‘Casa Madre’ delle suore.
Tra le testimonianze di grazie diverse relazioni di don Francesco Ferraro che è stato parroco di Roccavignale e cappellano di Caprauna; fungeva da cappellano nella chiesa privata estiva dei conti Cepollini. Cita il nome di una sua parrocchiana, Maria Secco, 70 anni, da due anni a letto incapace di ogni movimento. Dopo aver pregato con suor Giuseppina si rimise completamente e visse ancora parecchi anni. Fece stupore a tutti i conoscenti e la chiamavano ‘miracolata’.
C’è pure la lettera del canonino padre Paolo Gandolfo, curato della cattedrale di Albenga. Narra di essere stato colpito da tifo nel 1949, a 66 anni e il medico curante dichiarò lo stato disperato. Poi fu affetto da condrite tifica, per complicazioni allo stomaco, con dolori fortissimi. Subì tre operazioni a gennaio, aprile e maggio, con 4 mesi di degenza all’ospedale di Albenga. “Nel costato rimasero 4 fontanelle o fistole con spurgo continuo e sofferenze atroci. Lo curavano il professori Abbo di Albenga e Morano di Milano. Altri particolari della testimonianza: “Fu allora che dietro insistenze della nobile signora Rolandi-Ricci e della cara famiglia Cartagenova mi sono deciso a far ricorso all’intercessione della gloriosa Serva di Dio, di cui avevo sentito e letto cose straordinarie. Dopo aver iniziato una novena di preghiere a suor Giuseppina, mi cessarono come per incanto i gravi dolori, da quel giorno cominciai a riposare, appoggiarmi sui due fianchi e sembravo rinato a nuova vita…ho sentito il dovere di rendere nota questa dichiarazione a suor Giuseppina a titolo di riconoscimento….per la beatificazione di quest’anima santa“.
LETTERA DI IGNAZIO ABBO
Il 25 ottobre 1949 il dottore dell’ospedale di Albenga, Ignazio Abbo, attestò: ” Ho avuto in cura il can. rev. don Paolo Gandolfo, ricoverato presso questo ospedale e successivamente operato….per estesa ostecondrite tifica delle ultime cartilagini costali destre e sinistre. Nonostante tutte le cure chirurgiche e mediche esperite, il processo non fu dominato, tanto che recentemente persisteva ancora in regione sternale una fistola della ferita. Tale cicatrizzazione sarebbe avvenuta il giorno 19 dicembre 1948″.
Dagli atti si legge ancora che suor Maria Giuseppina, per ordine della Superiora, scrisse la sua autobiografia. Il volume dal titolo “Un’Adoratrice del S. Cuore‘ messo in vendita presso le suore dell’Adorazione di Torino nel 1947.
All’età di tre anni durante una funzione solenne nel Duomo di Albenga il predicante gridò dal pulpito ‘Guai al mondo‘ e la piccola con le braccia verso la folla ripete ad alta voce “Guai al mondo”. La sua prima predica ? Il 7 marzo del 1887 incontrò nel giardino del castello di Lusignano un personaggio sconosciuto, vestito di marrone, che le sorrise e le disse “Gesù”. “Gesù è l’amore“. Lo sconosciuto era Sant’Antonio da Padova che le fu vero direttore spirituale.
Nel 1898 mentre Luisa pregava nella cappella di N.S. Misericordia di Savona le parve animarsi la statua della Madonna: “Sono la Madre di Gesù che è la Misericordia“. L’8 dicembre 1900 vestì l’abito religioso. Due anni dopo pronunciò i voti temporanei e nel 1903 da Lione mandata nella casa religiosa di Torino; nel 1906 richiamata in casa Madre e le venne affidata la direzione del noviziato. Nel 1915 mandata nella Casa di Brescia. L’ultima tappa della sua vita. Sofferente, fece ancora scuola, ma dovette tornare a Torino. La sua cella era diventata la meta di un pellegrinaggio incessante delle suore.
Albenga, da tempo memorabile, si sparano titoli sui soldi pubblici versati dallo Stato ad enti religiosi per la ristrutturazione di immobili quali strutture ricettive per pellegrini. Tra gli ‘annunci’ si è ripetuto alla noia che la città aveva tutte le potenzialità per dare vita al ‘turismo religioso’. Se è fiorito, da cronisti di provincia, non ce ne siamo accorti. E’ un filone su cui – amministratori comunali e diocesi – dovrebbero trovare comunione di obiettivi, nell’interesse reciproco. A farsene portavoce potrebbe essere proprio quel pio assessore ingauno che non perde occasione per mettersi in mostra con trovate e spesso a suon di brutte figure, seppure per lui sono ‘lampi di genio’. La ‘beata’ Maria Giuseppina lo illumini e lo protegga. Albenga aspetta i fatti, il rilancio alberghiero, un turismo non effimero capace di convivere per molti mesi all’anno con l’economia agricola, purché non sia benedetta, contrariamente a quanto si è letto, da altre aree fertili sacrificate sull’altare dell’affarismo di stampo Opus Dei. Raro ‘opus‘, ma maxima pecunia.
Luciano Corrado