29 giugno 2025 festa di San Pietro Apostolo a San Pietro in Carpignano (Quiliano). Quanto è importante salvaguardare la nostra storia anche negli immobili? Anni ’60 l’area diventa di proprietà di una società petrolifera e corse seri rischi.
Quel che sta accadendo e accadrà a Loano (SV), vale a dire la cessione dell’ex Istituto Rossello a privati per realizzare altri tipi di utilizzo, lontani dalla salvaguardia storica del territorio, è stato denunciato la settimana scorsa dal nostro coordinatore, Luciano Corrado, con un adeguato lavoro da reporter: https://trucioli.it/2025/06/19/loano-a-sorpresa-palazzo-di-7-piani-e-box-per-riqualificare-istituto-rossello-e-bocche-cucite/
Questa vicenda mi fa venire in mente il sito di San Pietro in Carpignano, nel Comune di Quiliano, pertinente alla festa dei Santi Pietro e Paolo che i cattolici festeggeranno fra pochi giorni, il 29 giugno. Quello scrigno di arte e storia è stato dimenticato e abbandonato per secoli, e ha rischiato una fine ingloriosa, che provo a ripercorrere in alcuni tratti.
Nonostante risultasse da più fonti che l’antico entroterra di Vada Sabatia fosse intensamente abitato e coltivato già all’epoca della prima occupazione romana, oltre che essere sbocco naturale dei prodotti agricoli coltivati nelle Langhe, quell’ambiente così ricco di promesse è stato quasi inesplorato fino ai tardi Anni Settanta del Novecento.
Eppure, le alterne vicende storiche, che hanno causato spostamenti geografici anche consistenti del capoluogo dei Liguri Sabazi, avrebbero dovuto incrementare le ricerche nel territorio compreso tra i loro due maggiori centri, Savona e Vado, alternativamente occupati nei momenti di massima espansione di quel popolo, in grado di offrire una visione più chiara degli eventi legati alla loro vicenda, che nel capoluogo più stratificato rischiano di essere compromesse da successive occupazioni di spazio.
Sul disinteresse per l’area di Vado – Sabatia ha già scritto su “Trucioli”, in tempi recenti (anno IX, numero 33 del 22 aprile 2021), Danilo Bruno, oggi Presidente della Società di Storia Patria Savonese: https://trucioli.it/2021/04/22/a-chi-giova-silenzio-tombale-sullantico-abitato-vada-sabatia-ma-don-queirolo/
Possiamo leggere cosa scriveva al riguardo, oltre quarant’anni fa, Gian Piero Martino su “Sabazia” (numero 1, anno 1982, pp. 3 – 11):
« Il primo attento esame storico-architettonico del complesso di San Pietro in Carpignano risale al 1956, e si deve a Bruna Ugo, che ne individua le caratteristiche preromaniche, tra le più antiche del savonese, e rileva la presenza di abbondante materiale romano di reimpiego sia nella muratura stessa — l’esempio più evidente è dato dalla colonna di granito che sostiene il campaniletto probabilmente trecentesco — sia nei campi circostanti, documentando così l’origine romana dell’insediamento.
Sempre dalla Ugo apprendiamo che nei campi posti sul lato sinistro della cappella alcuni lavori di sterro avevano causato la distruzione di un mosaico a tessere bianco-nere e, probabilmente, di un vicino pavimento in laterizio.» (p. 3)
Negli infausti Anni Sessanta, quando la Liguria e molte altre parti d’Italia diventano oggetto di speculazioni e abusi volti alla cementificazione più selvaggia, di cui vediamo ancora oggi gli scempi prodotti e le ferite inferte al paesaggio. Sarebbe utile riguardare il film di Francesco Rosi Le mani sulla città. L’opera del 1963, vera e propria denuncia sociale riferita al la Napoli di Achille Lauro, è coeva al “sacco di Palermo”, il tutto in un intreccio perverso tra impresari edili, finanza, politica e mafia.
In quegli stessi Anni Sessanta l’area di San Pietro in Carpignano diventa di proprietà di una società petrolifera e corre seri rischi.
« (…) l’acquisto della chiesetta e dell’area circostante da parte di una società petrolifera ed il conseguente timore di danni irreparabili al complesso provocarono un diretto intervento del Soprintendente di allora, prof. Frova, il quale, resosi conto del grande interesse culturale del sito, ottenne un vincolo archeologico su tutta la zona.»
E finalmente, negli Anni Settanta, possono iniziare le prime e faticose ricerche, accompagnate da studi sistematici.
« L’occasione per le prime indagini sul terreno si presentò nel 1977, in seguito ad alcuni scavi eseguiti dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali ed Architettonici allo scopo di consolidare il campanile, che minacciava rovina. L’affioramento, infatti, di alcune strutture antiche consigliò l’esecuzione di una serie di saggi stratigrafici che, sotto la direzione della dott.ssa Tiné portarono, nell’arco di due anni (1977-78) alla scoperta dell’abside di un edificio di culto più antico, costruito inglobando un precedente muro romano, ed al recupero di molto materiale ceramico di epoca classica ed altomedievale. L’importanza della scoperta unita alla gran copia di reperti raccolti — anche se provenienti da giacitura secondaria, documentando le origini romane dell’insediamento e la sua continuità — diedero nuovo impulso alle ricerche. Dal 1979, quindi, chi scrive conduce con frequenza annuale regolari campagne di scavo sia all’interno del complesso sia nei campi circostanti, anche se imponenti trasporti di terra e ripetuti lavori di bonifica hanno completamente stravolto l’aspetto del territorio dal XVII secolo ad oggi. » (p. 3)
L’autore del testo si rende subito conto dell’ampiezza dell’area da studiare, fa i conto con la scarsità dei mezzi e con la esiguità delle risorse umane e competenze disponibili e preposte a una simile opera, Scrive, infatti, che «La vastità della superficie da esplorare ed il desiderio di documentare puntualmente tutta la storia dell’insediamento vanificano, a tutt’oggi, qualunque tentativo di ricostruzione cronologica: l’area indagata, infatti, rappresenta circa un terzo dell’insieme, ed una parte infinitamente minore dell’intera zona, la cui estensione rimane da definirsi: è soltanto possibile individuare alcuni cardini cronologici, ai quali ancorare le strutture finora individuate, nella presunzione che le prossime indagini non comportino grossi aggiustamenti, e proporre una prima sintesi storica. » (p. 4)
Da allora, per fortuna, e grazie all’impegno di studiosi, volontari, Comune di Quiliano e altre istituzioni ed enti che hanno finanziato scavi, lavori e studi, molto è accaduto e oggi possiamo fruire di San Pietro in Carpignano come di un bene storico e architettonico di prima grandezza, meta di turisti e scolaresche.
Il 24 e 25 maggio scorsi il sito è stato offerto al pubblico nella manifestazione “Monumenti Aperti”: https://www.quilianonline.it/cultura/sotto-i-riflettori/
Per approfondire qualche aspetto della sua conoscenza, si può fruire dell’intervista a Rinaldo Massucco, pubblicata da “Quiliano on line”: https://www.quilianonline.it/cultura/un-territorio-pieno-di-sorprese/
Ezio Marinoni