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Certezza del sapere, complottismo e ginecoforia. Il vero bene. Il valore 3 A: Amicizia, Amore, Arte


Non voglio sembrare accademico e, semmai lo apparissi, è soltanto per una comunanza di forma espressiva e non di sostanza.

di Sergio Bevilacqua

Non voglio sembrare accademico e, semmai lo apparissi, è soltanto per una comunanza di forma espressiva e non di sostanza: in ambiti di Scienza non-esatta (cioè, basata su sistemi di conoscenza aperti, non chiusi, ma pur sempre sistemi…), le conoscenze migliori agiscono secondo il ciclo EGEE (Euristica, Gnoseologia, Epistemologia, Ermeneutica). L’Ermeneutica dice semplicemente che nulla è certo definitivamente, ma che il lavoro delle tre fasi precedenti è prezioso per far funzionare le cose, anche se il ciclo è sempre vivo e cangiante, come peraltro cambia anche la realtà. Ovviamente questo lavoro del ciclo EGEE dice quanto sia distante la semplice “opinione”: tanto quanto la “magia” dalla scienza.

Veloce glossario (ridotto) di questi quattro “paroloni” che costituiscono l’acronimo EGEE: 1. Euristica: la domanda di sapere; 2. Gnoseologia: l’organizzazione del sapere raccolto; 3. Epistemologia: l’identificazione di gradi di certezza del sapere; 4. Ermeneutica: la revisione continua del sapere raccolto e organizzato attraverso le fasi precedenti.

L’EGEE è, approfondito e specificato, il percorso conoscitivo che anima anche il più rozzo teorema manageriale P-D-C-A, il famoso Plan Do Check Action. La prima differenza è che lo scopo del PDCA è puramente operativo, clinico, ed è diverso dallo scopo scientifico, anche se, nei sistemi aperti, la verifica pratica (la “clinica”) è essenziale.

Il ciclo conoscitivo EGEE dei sistemi aperti, necessario per chiarirne la fisiologia in modo da facilitarne la conoscenza e la clinica, necessita dell’Ermeneutica: essa è l’antidoto all’errore pratico strutturale e, sul piano epistemologico, porta chiarezza al dato di fatto che c’è scienza anche dove non c’è scienza “esatta”. L’obiezione a tale dato di fatto è un’illusione primitiva: la coscienza gnoseologica dice che le scienze “esatte” hanno ottenuto innumerevoli successi pratici. Questi successi però riguardano soprattutto PRAGMA, la realtà materiale, poco PSICHE, la realtà della natura umana, e ORGA, la realtà delle società umane. Il ciclo EGEE rappresenta dunque la strutturazione logica del sapere sui sistemi aperti (PSICHE e ORGA).

Il suo metodo operativo è l’Organalisi, dialettica, operativa e dinamica. La base del sapere organalitico deriva da casi concreti e da estrapolazioni ragionate. Infatti, data la loro strutturale aleatorietà di sistemi aperti, per essere operative e performanti nel loro ruolo antropologico e olistico, Psiche e Orga hanno bisogno di visione, capacità di adattamento e cambiamento. Cioè, clinicamente di EGEE. Non si può ridurre un sistema aperto a sistema chiuso: le riduzioni a segni, simboli e le relative convinzioni, opinioni, portano al disagio e al disastro le società umane (aziende, enti pubblici, famiglie, bacini economici, amicizie, ecc.) e si presentano come illusioni ingenue.

Se un sistema aperto dovesse poi evolvere in sistema chiuso, l’EGEE lo scoprirebbe: rientrando in un altro ciclo, quello dei “sistemi chiusi” appunto, l’ermeneutica figurerebbe vieppiù marginale, e dunque la formula del ciclo conoscitivo evolverebbe da EGEE (sistemi aperti) a EGE(e) (sistemi chiusi), ove la quarta lettera tra parentesi sta a significare un ruolo minore e ridotto, a volte addirittura assente della revisione del sapere (ermeneutica appunto), essendo il sistema caratterizzato da gradi prevalenti di certezza (“chiusura”).

La realtà del cambiamento (o del progresso…) nell’umanità è dato da un metodo (quello sperimentale), da alcune conseguenti, principali scoperte/invenzioni (motori, elettricità, radio, energia nucleare e microprocessore) e da molti esseri mediocri che le hanno cavalcate con tenacia, spesso in modo maniacale e ottuso, ma spesso efficiente ed efficace. Questi ultimi, sacrificando alcuni requisiti dell’Umano, hanno creato milioni di attività economiche, si sono arricchiti e hanno rappresentato lo strumento della specie per ottenere una migliore esistenza e capacità di vita nella catena alimentare e nella concorrenza con le altre specie. Insomma, i capitani d’impresa, gli imprenditori, devono essere intesi come martiri (sic) della biologia umana, costretti a fare una vita in condizioni sub-umane per ottenere quel risultato. I loro valori sono quelli di: 1. Libertà. Ma se non possono lasciare i loro poveri conti e 4 o 44 fabbriche o uffici perché, se no non sanno cosa fare… 2. Potere. Ma se c’è sempre qualcuno che è più potente o col quale dovere fare i conti… 3. Denaro? Ma se c’è sempre qualcuno che è più ricco… Il mito dell’imprenditore (che tra l’altro io sono stato, e di massimo successo nel mio settore) è stato uno dei miti più popolari degli ultimi due secoli, ed è finito. Nessun imprenditore vero può decidere qualcosa senza i suoi Consigli di Amministrazione, i suoi Comitati di direzione manageriali, le organizzazioni finanziarie, ecc.

Inoltre, la verità scientifica non si misura con il superficiale e ridicolo successo economico. Esso è un gioco per ingenui ignoranti, diffuso presso la gran parte della gente. Segno di grandezza è invece l’uso delle facoltà elevate, che si esprime nella conoscenza, nell’arte e nella capacità di guida e cambiamento. Il denaro non è misura di questo. Non lo è il potere. Non lo è la bellezza. Questi sono puri e semplici miti. Il vero bene e il vero valore, tra cui la qualità della vita in tutte le sue varie componenti, è l’uso dei sentimenti umani, le 3 A: Amicizia, Amore e Arte.

Chi è in grado di provarli e di vivere in sintonia con essi, è arrivato, e sta esprimendo la più alta espressione della nostra Specie, il suo vero successo. I modi per arrivarci implicano un lavoro fine su se stessi. Credo di poter dire che le migliori pratiche immanenti sono lo Yoga, la Psicanalisi, la Sociatria Organalitica e l’EGEE. Poi c’è la trascendenza, che non è il mio campo.

Il resto è, in modo progressivamente minore verso le 3 A sopra, umanità minore: un pitecantropo o un neandertaliano che crede di essere e invece non è mi fa pena qualunque portafoglio abbia. E questa pena attraversa le classi economiche, non avviene solo presso redditi elevati, anche se lì è particolarmente grave e antipatico. Dipende soprattutto da come sei, non da quello che hai: ovviamente, se sei stato abbastanza forte da sconfiggere gli idoli creati dal Progresso stesso per poter avvenire, e dei quali idoli vivono un sacco di esseri malinconici, ricchi e poveri.

È un povero essere umano chi insegue il potere, chi insegue la superficiale bellezza, la ricchezza materiale. L’importanza di queste persone è che sono delle vittime del progresso, che serve a perseguire il disegno dell’immagine e somiglianza. Non hanno discrezionalità fondamentale, perché i loro atti sono sempre dovuti a società umane, ove il potere è sempre mediato. Non si guardi al piccolo imprenditore locale, che conta molto poco, essendo al massimo oggi un piccolo ingranaggio di un grande meccanismo, si guardi a quelli grandi, quelli globali: nessuno di loro può decidere niente senza che decine e centinaia di persone lo valutino e lo sappiano.

Quindi, non esistono organizzazioni sataniche di quella dimensione, la possibilità di complotti plutocratici: se i neuroni specchio funzionanti avvertono l’istanza satanica, distruttiva dell’altro, intervengono muovendo sistemi umani per impedirlo. Siamo in una botte di ferro, ma la guerra potrebbe chiuderla soffocandoci tutti: allora, però, la Donna insorgerebbe e impedirebbe il disastro.

Sergio Bevilacqua


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