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Liguria e Basso Piemonte

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Liguria in cammino verso la ‘privatocrazia’. Luca Garibaldi: E’ necessario investire sulla Sanità Pubblica perché la cura è un diritto di tutti


L’Italia è un paese pronto a piegarsi ai peggiori governi dove quasi tutto funziona male e regna il disordine, il cinismo, l’incompetenza, la confusione e la corruzione.

 di  Gianfranco Barcella

L’assessore alla Sanità Ligure Angelo Gratarola con il presidente Giovanni Toti

E per le strade, si percepisce la presenza di un’ l’intelligenza particolare che si ingegna di far soldi con sommo cinismo. Circola come il nostro vivido sangue. Questa <mirabile virtù> non è spesa a beneficio di alcuna istituzione che possa migliorare almeno un poco la condizione umana e sociale. Tuttavia scalda il cuore e consola, anche se si tratta di un ingannevole e insensato conforto, la speranza che qualcosa possa cambiare e che la Sanità pubblica, almeno quella, si possa salvare! Perdiamo il 40% dell’acqua potabile in un clima siccitoso a causa delle tubature obsolete e fatiscenti; sono ancora 500.000 in Italia, le abitazioni non coperte dalla rete internet; la mafia  sta divorando anche il nord, moltissime maestranze dell’edilizia rischiano il posto di lavoro per la sospensione dei bonus edilizio, ma queste sono piccole sventure in confronto all’emergenza sanitaria che non si è certo conclusa con il covid-19.

La pandemia ha evidenziato  tutta la fragilità del nostro sistema sanitario nazionale. E dovesse presentarsene una nuova saremmo ancor più sotto pressione. Quell’evento traumatico poteva determinare una svolta, se fossero state mantenute le promesse di cambiamento. Ma non è stato così e ci ritroviamo sull’orlo del baratro. Manca moltissimo personale sanitario e la medicina territoriale sta sparendo. Intanto assistiamo alla fuga continua di medici ed infermieri perché in Italia sono mal retribuiti. La mancanza del 33% dei medici di Medicina d’urgenza non riesca garantire il turn over nei Pronto Soccorso. Per la Calabria siamo giunti al punto di chiedere aiuto ai medici di Cuba, per un anno e  poi si vedrà. Ma a Cuba esiste solo la medicina pubblica e non c’è commistione tra pubblico e privato. Per i cittadini cubani, le cure sono totalmente gratuite e sono interamente coperte dagli investimenti statali. I medici e gli specialisti cubani sono tra i più competenti del mondo e gli ospedali coprono un vasto campo di specializzazioni. Beati loro! I medici italiani come già accennato, sono i meno pagati in Europa; non hanno tutele né protezioni alcune contro le intemperanze dei pazienti e passano più di metà del loro tempo ad espletare pratiche burocratiche. Negli ultimi tempi non hanno neanche il <diritto alla disconnessione>, patendo uno stress insostenibile. Per di più hanno anche la sensazione di essere stati abbandonati dal potere politico, comprese le famiglie dei sanitari, morti per covid 19, colpiti nell’esercizio delle loro funzioni. E così i giovani laureati preferiscono la strada che porta fuori Italia.

Da qui a dieci anni sono previsti dieci mila medici in meno; intanto la legge sui tagli di spesa alla sanità del 2012, è ancora vigente. E per contro, la sensazione del paziente è quella di non trovare ascolto non solo al Sud ma in tutta Italia, ormai. Mancano in particolare gli anestesisti, i pediatri e ci ritroviamo senza le assunzioni delle nuove leve e le graduatorie non scorrono. Ed i pronto soccorso sono in affanno. Non è stata come una valanga, la caduta della medicina pubblica nel corso dell’ultimo decennio, ma piuttosto come il silenzioso scivolamento di un ghiacciaio che continua ancora a precipitare senza alcun clamore. Resta il misfatto pubblico di un giovane trentenne, colpito da infarto e morto, in un Pronto Soccorso Calabrese per la mancanza di un cardiologo, abilitato a somministrargli delle terapie. E le sentenze della Cassazione del 2021 ribadiscono che l’ospedale è responsabile, in nome del principio di garanzia, della protezione della salute dei malati, meritevoli di ogni cura e di ogni terapia necessarie per la loro <restitutio in integrum>. Le strutture organizzative dei nosocomi sono chiamate a rispondere delle inadempienze sia sotto il profilo penale che civile. Almeno dichiarino la loro bancarotta morale!

Riportiamo di seguito una lettera emblematica, scritta dai medici, rappresentanti di moltissime sigle sindacali  del Friuli Venezia Giulia: “I sanitari del Friuli Venezia Giulia da noi rappresentati, sentono il dovere di informare la cittadinanza di ciò che sta accadendo nel nostro Sistema Sanitario Pubblico. Il personale sanitario in primis denuncia la sua preoccupazione perché la Sanità Pubblica, fortemente depauperata delle risorse nel corso degli anni, rischia ormai di non riuscire più a garantire al cittadino una risposta adeguata. I medici lo hanno descritto in un recente articolo pubblicato sulla rivista medica internazionale The Lancet, e lo hanno manifestato in gran numero a Roma (dicembre 2022). Tutte le sigle sindacali, unite, lo stanno denunciando in un tavolo attualmente aperto in sede governativa. Le risorse nazionali destinate alla Sanità Pubblica sono state drasticamente tagliate sia in termini di posti letto (dal 2015, 35 mila in meno) che di personale (per i tagli al personale degli ultimi dieci anni, mancano 15.000 medici e, rispetto alla media europea, 60.000 infermieri), sia in ospedale che sul Territorio. La carenza dei medici di base, costringe molti altri colleghi ad aumentare oltre al massimale, il numero dei loro assistiti; ciononostante diversi cittadini sono tutt’ora senza Medico Curante, costretti a rivolgersi ad una apposita guardia medica. Le aziende sanitarie in alcuni casi, per garantire il funzionamento di alcune strutture essenziali (ad esempio Pronto Soccorso) sono costretti a pagare cooperative private per medici <a gettone> che coprano i turni vacanti. Intanto i cittadini sono costretti, per le lunghe liste d’attesa a rivolgersi al settore privato nella speranza di ottenere cure adeguate, pagando di tasca propria. Fino a quando potranno economicamente permetterselo? La salute è e deve rimanere un diritto fondamentale per  tutti (art.32 Costituzione).

Solo nel 2021, il 54%dei cittadini italiani ha dovuto rivolgersi al privato, per una spesa complessiva di 37 miliardi di euro. Dall’altro lato i professionisti sanitari sono costretti a lavorare in un Sistema Sanitario Pubblico sempre più svilente ed impoverito: turni di lavoro insostenibili in Servizi carenti, mal organizzati e assolutamente non all’altezza delle importantissime responsabilità e dell’impegno a cui sono chiamati a rispondere, con evidente rischio di aggressioni. Lavorare in una Struttura Pubblica sta così perdendo attrattiva: le nuove generazioni di medici prediligono specializzazioni con un futuro sbocco in aree extraospedaliere o nella libera professione. Dai dati del biennio 2021-2022 sono rimasti vacanti il 60% dei posti di specializzazione medica in Medicina d’Urgenza e il 20% di quelle di anestesia. In questo periodo di crisi di sistema è necessario comprendere che bisogna fare squadra  se vogliamo ancora usufruire di una Sanità Pubblica, accessibile a tutti, vicina al cittadino e capace di una risposta efficace e di qualità. Occorre  quindi una profonda e lungimirante riprogrammazione strategica delle politiche sanitarie, un cambio di paradigma che realizzi un netto investimento nella Sanità Pubblica che, soprattutto, non  dimentichi quanto il capitale più prezioso sia quello umano”.

Dobbiamo purtroppo denunciare che anche nella nostra Liguria <la sanità pubblica soffre molto> e le parole di denuncia dei medici friulani valgono anche per noi. Non si riesce più a rispondere ai livelli essenziali di assistenza mentre procede a piè sospinto il progetto di privatizzazione.

Preoccupa l’incalzante privatizzazione anche di altre funzioni pubbliche, dai trasporti, alla gestione dei beni culturali, dall’istruzione oltre che nella sanità. Si genera una nuova fusione tra pubblico e privato all’interno dello Stato stesso che ha funzioni direttive, ma è il privato che spesso amministra. Ricordo che lo Stato Moderno  è nato per separare il pubblico dal privato, sostituendo le relazioni puramente patrimoniali, tipiche del Feudalesimo con un sistema di cariche pubbliche volto alla gestione degli affari comuni.

Ma dalla seconda metà del XX secolo si è assistito ad un’inversione di marcia. Viviamo in altre parole in uno Stato privatizzato, o forse sarebbe meglio dire in una <privatocrazia>. L’Italia non fa eccezione. Come è stato reso noto a tutti dalla pandemia covid-19, anche da noi il sistema sanitario è stato parzialmente privatizzato. La Lombardia, a seguito di un processo di esternalizzazione dei servizi sanitari iniziato negli anni Novanta, circa il 50% delle istituzioni sanitarie si trova oggi in mano ai privati.

Una domanda allora si impone: può questo nuovo modello  di Stato governare in modo legittimo? Dobbiamo tener conto, per rispondere al  quesito, che la spinta a privatizzare è emersa in risposta ad una crisi di legittimità che ha colpito molti Stati Moderni a seguito di una espansione repentina del loro apparato burocratico-amministrativo subito dopo la seconda guerra mondiale. Forse bisognerebbe istituire nuovamente i tribunali popolari che erano in funzione nell’antica democrazia greca, per valutare l’opportunità di queste commistioni tra pubblico e privato. 

Almeno qualche voce di indignazione si sente ancora! Luca Garibaldi, consigliere regionale della regione Liguria, (P.D.) ha così commentato la condizione della Sanità Pubblica della nostra regione: “I dati della fondazione Gimbe, sui livelli essenziali di assistenza per la Liguria nel 2020, dimostrano la fragilità del sistema sanitario ligure che, nel periodo della pandemia, rispetto ad altre regioni non è stato in grado di garantire adeguati servizi di prevenzione. E’ una carenza che ha radici lontane. Già prima della pandemia, infatti,la Regione contava su un sistema fragile non in grado di rispondere alle esigenze dei cittadini, come di mostrano i dati che registrano per la Liguria, tra il 2018 e il 2020, il peggioramento maggiore. Il gap la nostra regione è di 44,1 punti: peggior risultato italiano”.

“Da tempo -ha proseguito Garibaldi– la Liguria continua a soffrire di una sanità pubblica che non riesce a rispondere  ai livelli essenziali di assistenza e preoccupa che  si faccia più fatica proprio sulla prevenzione in una regione come la nostra, con una popolazione prevalentemente anziana. Abbiamo chiesto un cambio di rotta a partire da maggiori investimenti sulla Sanità e sul personale, attraverso incentivi e misure ad hoc per sostenere chi ogni giorno si trova ad affrontare situazioni di emergenza e si prende cura della salute dei cittadini. Invece la Regione continua nello smantellamento della Sanità Pubblica, senza risolvere il tema delle liste d’attesa, che continuano ad aumentare. E’ necessario invece tornare ad investire sul pubblico perché la cura è un diritto di tutti”.

Gianfranco Barcella

 

 


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G.F. Barcella

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